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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 352 | Data di udienza: 30 Novembre 2016

* TRIBUTI LOCALI  – RIFIUTI – TARI – Piano finanziario – Profili tecnico-gestionali – Profili economico-finanziari – Costi di gestione e costi comuni – Scostamento rispetto all’anno precedente – Giustificazione – Relazione di accompagnamento – Costi d’uso del capitale – Inserimento – Obbligatorietà – Componenti del costo – Ammortamenti, accantonamenti e remunerazione del capitale investito – Istituzioni scolastiche statali – Criterio forfetario – Contributo sostitutivo del Ministero dell’istruzione – Contributi Conai – Detrazione dai costi – Riduzioni in senso stretto e riduzioni atipiche deliberate dal Consiglio Comunale – Art. 14, cc. 15, 16, 18 e 19 d.l. n. 201/2011 – Differenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Puglia
Città: Lecce
Data di pubblicazione: 23 Febbraio 2017
Numero: 352
Data di udienza: 30 Novembre 2016
Presidente: Di Santo
Estensore: Lattanzi


Premassima

* TRIBUTI LOCALI  – RIFIUTI – TARI – Piano finanziario – Profili tecnico-gestionali – Profili economico-finanziari – Costi di gestione e costi comuni – Scostamento rispetto all’anno precedente – Giustificazione – Relazione di accompagnamento – Costi d’uso del capitale – Inserimento – Obbligatorietà – Componenti del costo – Ammortamenti, accantonamenti e remunerazione del capitale investito – Istituzioni scolastiche statali – Criterio forfetario – Contributo sostitutivo del Ministero dell’istruzione – Contributi Conai – Detrazione dai costi – Riduzioni in senso stretto e riduzioni atipiche deliberate dal Consiglio Comunale – Art. 14, cc. 15, 16, 18 e 19 d.l. n. 201/2011 – Differenza.



Massima

 

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 2^- 23 febbraio 2017, n. 352


TRIBUTI LOCALI  – RIFIUTI – TARI – Piano finanziario – Profili tecnico-gestionali – Profili economico-finanziari.

Il Piano finanziario che deve essere approvato dal soggetto gestore del ciclo dei rifiuti urbani  o dai singoli Comuni, ai sensi della disciplina sulla TARI, pur palesandosi come atto caratterizzato da una complessa articolazione, si struttura essenzialmente attorno a due nuclei tematici: a) i profili tecnico-gestionali, che illustrano il progetto del servizio di gestione integrata del ciclo dei rifiuti, delineando il quadro del servizio esistente (con funzione anche di rendicontazione e verifica) e l’evoluzione che si intende imprimere al servizio medesimo; b) i profili economico-finanziari, che individuano e programmano, con cadenza annuale, i flussi di spesa e i fabbisogni occorrenti a fronteggiarli, indicando anche gli aspetti patrimoniali ed economici della gestione. In sostanza, il piano finanziario si compone di due parti: una di carattere economico costituita dal programma degli interventi necessari, il piano finanziario degli investimenti, l’indicazione dei beni delle strutture e dei servizi disponibili, e le risorse necessarie; la seconda parte di carattere più descrittivo in quanto la normativa dispone che il piano deve essere corredato da una relazione nella quale sono indicati i seguenti elementi: modello gestionale e organizzativo prescelto, il livello di qualità del servizio ai quali deve essere commisurata la tariffa, la ricognizione degli impianti esistenti e/o disponibili, l’indicazione degli eventuali scostamenti dall’anno precedente.
 


TRIBUTI LOCALI  – RIFIUTI – TARI – Piano finanziario – Costi di gestione e costi comuni – Scostamento rispetto all’anno precedente – Giustificazione – Relazione di accompagnamento.

Come precisato dalle linee guida per la redazione del piano finanziario e  l’elaborazione delle tariffe, i CG (costi di gestione del ciclo dei servizi attinenti i rifiuti solidi urbani dell’anno precedente) e i CC (costi comuni imputabili alle attività relative ai rifiuti urbani dell’anno precedente), sono una componente essenziale ai fini della determinazione della tariffa. L’eventuale scostamento dei CG e dei CC per l’anno di riferimento rispetto all’aggiornamento, dovuto a sostanziali modifiche nella gestione e nelle modalità di esecuzione del servizio ovvero a modifiche dei prezzi di approvvigionamento di servizi e forniture da terzi, deve essere giustificata nella relazione di accompagnamento al Piano Finanziario: la mancanza del riferimento all’anno precedente e dell’indicazione degli scostamenti tra i due anni, rende pertanto  illegittimo il piano finanziario.


TRIBUTI LOCALI  – RIFIUTI – TARI – Piano finanziario – Costi d’uso del capitale – Inserimento – Obbligatorietà – Componenti del costo – Ammortamenti, accantonamenti e remunerazione del capitale investito.

L’inserimento all’interno del piano finanziario dei costi d’uso del capitale risulta obbligatorio per legge (punto 2, Allegato 1, DPR 158/1999) e la loro individuazione non deve essere singolarmente motivata. Tali costi sono  pari alla somma delle indicate tre componenti di costo: gli ammortamenti, gli accantonamenti e la remunerazione del capitale investito (all. 1, punto 2.2., d.P.R. 158/1999). Gli ammortamenti sono determinati in base alle norme fiscali (artt. 102 ss. d.P.R. 917/1986); gli accantonamenti, ai sensi dell’art. 2424 bis, comma 3, c.c., sono destinati a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell’esercizio sono indeterminati l’ammontare o la data di sopravvenienza e la remunerazione del capitale è una voce di costo relativa a una normale remunerazione del capitale investito, che è pari alla somma: degli investimenti in opere, impianti e beni durevoli non ancora iscritti nel libro dei cespiti ammortizzabili, in particolare perché in corso di realizzazione; del valore residuo netto dei beni iscritti nei libri dei cespiti ammortizzabili. Nel caso in cui il comune abbia stipulato mutui per investimenti in attrezzature, impianti o immobili, le rate di mutuo non rientrano in quanto tali nei costi da inserire nel piano finanziario, tuttavia rilevano le quote di ammortamento o i nuovi investimenti finanziati col mutuo, da qualificare come costi d’uso del capitale. Pertanto, non può ritenersi che il costo d’uso del capitale coincide con il canone fisso di cui al contratto di appalto con l’impresa che si occupa del servizio.
 

TRIBUTI LOCALI  – RIFIUTI – TARI – Istituzioni scolastiche statali – Criterio forfetario – Contributo sostitutivo del Ministero dell’istruzione.

Per le istituzioni scolastiche statali, la disciplina Tari conferma il criterio forfetario già vigente dal 2008 e via via confermato in ambito Tia e Tares. Infatti, il comma 655, l. 147/2013, n. 147 (legge di Stabilità 2014) con le modifiche recate dal d.l. 16/2014, richiama l’articolo 33-bis del decreto 31 dicembre 2007, n. 248, per effetto del quale le istituzioni scolastiche statali non sono tenute al pagamento, poiché è il Ministero dell’istruzione a corrispondere direttamente ai Comuni la somma concordata in sede di accordo raggiunto in Conferenza Stato-città ed autonomie locali; l’importo versato è un importo forfetario complessivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, che di fatto sostituisce il tributo. Il contributo sostitutivo statale è determinato non in base alla superficie convenzionale dei locali utilizzati dagli istituti scolastici, ma in base al numero degli alunni. L’ammontare del costo eccedente rispetto ai proventi del contributo statale rimane a carico dei contribuenti (cfr. Corte dei Conti Veneto, parere n. 60 del 17 luglio 2008).
 


TRIBUTI LOCALI  – RIFIUTI – TARI – Piano finanziario – Contributi Conai – Detrazione dai costi.

In via generale i contributi Conai vanno detratti dai costi indicati nel piano finanziario, poiché gli stessi sono di spettanza del Comune. Nel caso in cui il Comune abbia previsto una serie di costi per l’attività di raccolta, trasporto e trattamento dei rifiuti riciclabili, risulta quindi necessario inserire all’interno del piano finanziario, quale detrazione dai costi operativi di gestione (CG), anche quanto il Consorzio Conai riverserà al Comune per aver effettuato queste attività.
 


TRIBUTI LOCALI  – RIFIUTI – TARI – Piano finanziario – Riduzioni in senso stretto e riduzioni atipiche deliberate dal Consiglio Comunale – Art. 14, cc. 15, 16, 18 e 19 d.l. n. 201/2011 – Differenza.

È necessario differenziare le riduzioni dalle agevolazioni: rientrano tra le riduzioni in senso stretto quegli abbattimenti della misura tariffaria rispetto all’ammontare ordinario da applicare a talune fattispecie che presentano una minor attitudine a produrre rifiuti o comunque a fruire del pubblico servizio di gestione dei rifiuti ( commi 15, 16 e 18 dell’art. 14 del D.L. n. 201 del 2011). Diverso è il caso delle ulteriori riduzioni ed esenzioni atipiche deliberate dal consiglio comunale ai sensi del comma 19. Tali agevolazioni, come prescrive la norma, devono essere iscritte nel bilancio comunale come autorizzazioni di spesa e la relativa copertura è assicurata da risorse diverse dai proventi del tributo di competenza dell’esercizio al quale si riferisce l’iscrizione stessa. Le agevolazioni in esame possono essere inserite nel PEF, purché controbilanciate da un eguale contributo a carico del comune. L’inserimento all’interno dei costi del piano finanziario può riguardare solo quelle esenzioni espressamente previste per legge, mentre tutte quelle c.d. atipiche, e cioè non espressamente previste dalla legge ma individuate dal comune, non possono essere addebitate ai contribuenti ma devono essere coperte dal contributo comunale: è il caso, ad esempio, dell’esenzione dal pagamento del tributo per i locali posseduti o detenuti dal Comune e per i locali utilizzati dal Comune attraverso società a capitale interamente pubblico, il cui costo deve essere posto sulle finanze del Comune.


Pres. Di Santo, Est. Lattanzi – Aba Federalberghi e altri (avv. Di Pierro) c. Comune di Brindisi (avv.ti Trane e Guarino)


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 2^- 23 febbraio 2017, n. 352

SENTENZA

 

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 2^- 23 febbraio 2017, n. 352


Pubblicato il 23/02/2017

N. 00352/2017 REG.PROV.COLL.
N. 02888/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Seconda

ha pronunciato la presente
 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2888 del 2015, proposto da:
Aba Federalberghi (Associazione Provinciale Albergatori di Brindisi), Hotel Barsotti Srl, Puglia Holiday Srl (Palazzo Virgilio), Hotel Residence Nemo Srl, Nettuno Parking Srl (Hotel Nettuno), Promohotel Srl, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’avvocato Giulia Di Pierro C.F. DPRGLI72R47E506Y, con domicilio eletto presso l’avv. Roberto Gualtiero Marra in Lecce, piazza Mazzini 72;

contro

Comune di Brindisi, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Trane C.F. TRNFNC60E29B180F, Emanuela Guarino C.F. GRNMNL66T57B180G, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Astuto in Lecce, via Umberto I, 28;

nei confronti di

Tommaso Carrieri, non costituito in giudizio;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Abaco Spa, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Dicuonzo C.F. DCNGPP68R09A669R, Berardino Di Benedetto C.F. DBNBRD78C28C514M, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;

per l’annullamento

della deliberazione del Consiglio Comunale di Brindisi n. 23 del 29.7.2015, successivamente pubblicata sull’Albo Pretorio del Comune di Brindisi dal 5.8.2015 al 20.8.2015 e dei relativi allegati, del Piano Finanziario, della Relazione del servizio del gestore e delle tariffe Tari 2015 allegate; di ogni atto connesso, presupposto e/o consequenziale ed in particolare della deliberazione di Giunta Comunale n. 229 del 20.7.2015 successivamente pubblicata sull’Albo Pretorio e della deliberazione di Giunta Comunale n. 239 del 21.7.2015, successivamente pubblicata, nonché, ove occorresse, del Regolamento Comunale per la disciplina della IUC in parte qua approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 20 del 29.7.2015 successivamente pubblicato sull’Albo Pretorio dal 5.8.2015 al 20.8.2015, nonché di ogni e qualunque atto comunque presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Brindisi;
Visto l’atto di intervento della Abaco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 novembre 2016 la dott.ssa Claudia Lattanzi e uditi l’avv. G. Di Pierro, per i ricorrenti, e l’avv. A. Vantaggiato, in sostituzione degli avv.ti G. Dicuonzo e B. Di Benedetto, per la interveniente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti, proprietari e/o gestori di servizi alberghieri nel comune di Brindisi, hanno impugnato la deliberazione del consiglio comunale di Brindisi del 29 luglio 2015 avente ad oggetto “Approvazione Piano Finanziario tariffe Tari per utenze domestiche e non domestiche per l’anno 2015”, i relativi allegati, il Piano finanziario e la Relazione del servizio del gestore e delle tariffe Tari 2015.

I ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi: 1. Illegittimità, erroneità e carenza del Piano finanziario; violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del d.P.R. 158/1999; eccesso di potere per carenza istruttoria; omessa indicazione di costi e contributi afferenti il servizio; illegittimità dell’art. 31 e dell’art. 34 del regolamento per la disciplina della IUC approvato con deliberazione di C.C. 50 del 3 settembre 2014 per violazione dell’art. 1, comma 660, l. 147/2013. A) Analisi del Piano finanziario: profili generali. A.1) Aumento esponenziale dei costi del servizio; omessa esposizione e motivazione degli incrementi del costo del servizio dal 2014 al 2015; violazione dell’art. 8, comma 3, sub. D), d.P.R. 158/1999; violazione dell’art. 97 Cost.; violazione dell’art. 3. L. 241/1990; carenza di motivazione. 2. Eccesso di potere per perplessità dell’azione amministrativa sotto altro profilo; difformità tra il Piano finanziario allegato alla deliberazione di G.C. 229 del 20 luglio 2015 successivamente approvata dal consiglio comunale e la relazione del gestore. 3. Eccesso di potere per perplessità in ordine ai c.d. CK-Costi d’uso del capitale; erroneità nella determinazione dei costi del servizio. 4. Eccesso di potere per ulteriore profilo di perplessità; eccesso di potere per erroneità nella determinazione dei costi del servizio; difformità tra le somme deliberate in sede di approvazione delle tariffe e quelle riprese nel piano finanziario e nella relazione di accompagnamento elaborata dal gestore del servizio. 5. Violazione dell’art. 8, d..P.R. 158/1999; eccesso di potere per erroneità dei presupposti relativamente alle voci di costo per i rifiuti prodotti dalle istituzioni scolastiche; erroneità dell’azione amministrativa; violazione dell’art. 1, comma 655, l. 147/2013; sottostima dei contributi MIUR; omessa detrazione dai costi di servizio delle somme MIUR ricevute nel 2014. 6 Eccesso di potere per erroneità nella determinazione dei costi del servizio sotto altro profilo; carenza di istruttoria; violazione dell’art. 8, d..P.R. 158/1999; omessa detrazione dei costi del servizio di smaltimento dei rifiuti delle istituzioni scolastiche; violazione e falsa applicazione della l. 147/2013, art. 1, comma 655. 7. Eccesso di potere per erronea determinazione dei costi del servizio sotto altro profilo; omessa detrazione dei contributi Conai; carenza di istruttoria e di motivazione. 8. Eccesso di potere per carenza di istruttoria; omessa esposizione delle minori entrate per riduzioni, esenzioni e agevolazioni; omessa previsione delle risorse a copertura delle ulteriori riduzioni ed esenzioni deliberate; illegittimità degli artt. 31, 32 e 33 del regolamento IUC per violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 660, l. 147/2013. 9. Illegittimità degli artt. 20 e 25 del regolamento Tari; violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 641, 642 e ss., l. 147/2013. 10 Eccesso di potere per erroneità del piano finanziario; omessa decurtazione dai costi del servizio del recupero ex Eca (Enti Comunali di Assistenza). 11. Violazione dell’art. 8, d.P.R. 158/1999; carenza di istruttoria; omessa, carente esposizione degli aspetti gestionali del servizio e delle azioni correttive da intraprendere per migliorare i parametri di efficienza, efficacia, trasparenza e sostenibilità economica del servizio di gestione dei rifiuti urbani. 12. Illegittimità del piano tariffe Tari 2015; eccesso di potere per falsa presupposizione e carenza di istruttoria; perplessità dell’azione amministrativa; erroneità, falsa presupposizione e carenza di istruttoria; perplessità dell’azione amministrativa; erroneità, falsa presupposizione, illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa in merito alle percentuali di ripartizione dei costi tra utenze domestiche e non domestiche. 13. Eccesso di potere per carenza di istruttoria; falsa presupposizione e difetto di motivazione; violazione dell’art. 3 della l. 241/1990; violazione dell’art. 97 Cost.; violazione dei principi di buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa; violazione dell’art. 7 dello statuto dei contribuenti; violazione del principio di parità di trattamento: eccesso di potere per perplessità dell’azione amministrativa.

Sostengono i ricorrenti: che il Piano finanziario non rispetta i precetti ex art. 8, d.P.R. 158/1999, in quanto manca qualsiasi richiamo ai dati di consuntivo della pregressa annualità, agli scostamenti rilevati tra i costi previsti nel 2014 e quelli realmente sostenuti nel 2015; che i dati dell’esercizio precedente assumono particolare importanza in quanto in presenza di sostanziale stabilità si aggiornano per effetto dei soli coefficienti di adeguamento, mentre l’eventuale scostamento dei costi per l’anno di riferimento rispetto all’aggiornamento deve trovare giustificazione nella relazione di accompagnamento al Piano finanziario; che né la delibera di approvazione né il Piano finanziario espongono i dati conseguiti nel 2014; che lo scostamento dei costi tra l’anno di riferimento (2015) e quello dell’anno precedente (2014) è elevatissimo; che l’aumento è pari al 12,99%; che sussistono discrasie tra il piano finanziario e la relazione del gestore; che non sussiste alcun giustificazione in ordine ai costi d’uso del capitale; che c’è una discrasia in ordine alla posta identificata alla voce “recupero evasione” della relazione del gestore rispetto a quella quantificata e approvata nella deliberazione di giunta comunale; che la somma previsionale imputata a titolo di contributo MIUR (euro 50.000,00) è sottostimata rispetto a quanto effettivamente corrisposto nell’anno 2014 (euro 85.775,33); che nel piano finanziario del 2014 i contributi MIUR sono stati omessi con la conseguenza che dovevano trovare riscontro nel piano finanziario del 2015; che l’importo forfetario erogato dal MIUR copre solo una quota di questo onere rimanendo la residua somma a carico del bilancio comunale e non, come è avvenuto nella specie, a carico dei contribuenti; che nel piano finanziario mancano i proventi conseguibili dall’attività di recupero della raccolta differenziata, con particolare riguardo ai contributi Conai; che nel piano finanziario mancano le previsioni circa le minori entrate per le riduzioni tariffarie sia della parte fissa che variabile, le agevolazioni e le esenzioni e l’entità del relativo contributo posto a carico del Comune a copertura di dette esenzioni e agevolazioni: che il regolamento IUC del comune di Brindisi è illegittimo nella parte in cui, in violazione delle disposizioni normative, pone a carico degli altri contribuenti il costo di queste riduzioni, esenzioni; che l’art. 20 del regolamento, per il quale vi è esenzione dal pagamento del tributo per tutti i locali posseduti dal Comune o dallo stesso utilizzati anche attraverso società pubbliche, è in contrasto con la normativa nazionale; che l’addizionale Eca non è più dovuta e che le somme percepite illegittimamente dovevano essere riportate a deduzione; che la relazione del gestore si limita alla sola esposizione degli obiettivi perseguiti dall’amministrazione ma che la legge richiede un’adeguata e puntuale verifica che accerti se i risultati conseguiti siano soddisfacenti e che quindi l’amministrazione deve indicare in concreto quali correttivi intende apportare; che nel piano finanziario e nella relazione del gestore non si dà atto della ripartizione dei costi del servizio tra le due macrocategorie di utenze domestiche e non domestiche e non viene riportato il metodo o le procedure per suddividere le utenze tra le due macrocategorie; che il richiamo alle percentuali (55% utenze domestiche e 45% utenze non domestiche) è privo di qualsivoglia riscontro istruttorio; che l’amministrazione per il calcolo della tariffa ha utilizzato il c.d. metodo normalizzato “cercando di mantenere al minimo i valori dei coefficienti da utilizzare”, ma che tuttavia non è dato comprendere la motivazione della scelta di adottare i coefficienti nella misura minima per la quasi totalità delle categorie senza dare ingresso alle deroghe concesse onde meglio calibrare il carico tributario, e questo soprattutto per gli alberghi senza ristorante.

La Abaco, società concessionaria del servizio di accertamento e riscossione del comune di Brindisi, ha proposto un intervento ad opponendum e ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto diretto a contrastare provvedimenti regolamentari privi di un’autonoma lesività. Nel merito ha rilevato: che il piano finanziario contiene la dettagliata indicazione dei costi del servizio relativi all’esercizio finanziario 2014 e i costi di gestione della raccolta differenziata; che è indiscutibile la prevalenza delle disposizioni del piano finanziario rispetto alla relazione; che le disposizioni di legge impongono il raggiungimento dell’obiettivo della copertura integrale dei costi del servizio di gestione del servizio rifiuti con gli introiti del tributo; che la somma corrisposta dal Miur non è un contributo ma si tratta di una quota di tassa definita forfetariamente; che la quota di costo del servizio per le scuole statali resta in capo a tutti gli altri contribuenti della Tari; che l’Eca è stata abrogata; che il regolamento, nella parte in cui prevede che il costo delle riduzione, esenzioni, detassazione e agevolazioni resti a carico degli altri contribuenti è conforme a quanto previsto dall’art. 1, comma 654, l. 143/1993; che la maggiore capacità produttiva di rifiuti di un esercizio alberghiero rispetto a una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza.

Il Comune si è costituito con atto del 17 dicembre 2015.

Con memoria del 29 ottobre 2016, i ricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità dell’intervento della Abaco.

Le parti hanno depositato ulteriori memorie.

Alla pubblica udienza del 30 novembre 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità dell’atto di intervento depositato dall’Abaco, posto che questo non è stato notificato alle parti del giudizio come previsto dall’art. 50, comma 2, c.p.a..

2. Nel merito il ricorso è fondato nei termini di cui infra.

2.1. L’art. 14, d.l. 201/2011, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 214/2011, e successivamente modificato dall’art. 1, comma 387, l. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013), ha istituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), destinato a trovare applicazione dal 1° gennaio 2013 (comma 1) e a prendere il posto di “tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza” (comma 46). I commi 8 e 9 del citato art. 14 prevedono che il nuovo tributo sia corrisposto in base a tariffa riferita all’anno solare e commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base dei criteri determinati dal d.P.R. 158/1999, recante le “norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani”.

L’art. 1 del d.P.R 158/1999 prevede: “È approvato il metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo da coprirsi con le entrate tariffarie e per la determinazione della tariffa di riferimento relativa alla gestione dei rifiuti urbani”. La tariffa di riferimento rappresenta, come poi specifica l’art. 2 del D.P.R. n. 158 del 1999, “l’insieme dei criteri e delle condizioni che devono essere rispettati per la determinazione della tariffa da parte degli enti locali” (comma 1), in modo da “coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani” (comma 2). Il metodo, pertanto, è costituito da un complesso di regole, metodologie e prescrizioni per determinare, da un lato, i costi del servizio di gestione e, dall’altro, l’intera struttura tariffaria applicabile alle varie categorie di utenza (cfr. anche art. 3, comma 1, D.P.R. n. 158 del 1999), in maniera tale che il gettito che ne deriva copra tutti i costi del servizio. Specifica poi l’art. 3, comma 2, che “La tariffa è composta da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e ai relativi ammortamenti, e da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione”. L’art. 4, comma 3, prescrive infine che “La tariffa, determinata ai sensi dell’art. 3, è articolata nelle fasce di utenza domestica e non domestica” (così le Linee Guida per la redazione del piano finanziario e per l’elaborazione delle tariffe).

La l. di stabilità 147/2013 così come modificata e integrata dalla l. 68/2014 di conversione del d.l. 16/2014, ha poi stabilito che “Il comune nella commisurazione della tariffa tiene conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158” (art. 1, comma 651), e per l’art. 1, comma 683 “Il consiglio comunale deve approvare, entro il termine fissato da norme statali per l’approvazione del bilancio di previsione, le tariffe della TARI in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso ed approvato dal consiglio comunale o da altra autorità competente a norma delle leggi vigenti in materia, e le aliquote della TASI, in conformità con i servizi e i costi individuati ai sensi della lettera b), numero 2), del comma 682 e possono essere differenziate in ragione del settore di attività nonché’ della tipologia e della destinazione degli immobili”.

L’art. 8 del d.l. 16/2014 (regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani), richiamato espressamente dal comma 651 sopra citato, disciplina il piano finanziario, prevendo che “1. Ai fini della determinazione della tariffa ai sensi dell’art. 49, comma 8, del decreto legislativo n. 22 del 1997, il soggetto gestore del ciclo dei rifiuti urbani di cui all’art. 23 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni, ovvero i singoli comuni, approvano il piano finanziario degli interventi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani, tenuto conto della forma di gestione del servizio prescelta tra quelle previste dall’ordinamento. 2. Il piano finanziario comprende: a) il programma degli interventi necessari; b) il piano finanziario degli investimenti; c) la specifica dei beni, delle strutture e dei servizi disponibili, nonché il ricorso eventuale all’utilizzo di beni e strutture di terzi, o all’affidamento di servizi a terzi; d) le risorse finanziarie necessarie; e) relativamente alla fase transitoria, il grado attuale di copertura dei costi afferenti alla tariffa rispetto alla preesistente tassa sui rifiuti. 3. Il piano finanziario deve essere corredato da una relazione nella quale sono indicati i seguenti elementi: a) il modello gestionale ed organizzativo; b) i livelli di qualità del servizio ai quali deve essere commisurata la tariffa; c) la ricognizione degli impianti esistenti; d) con riferimento al piano dell’anno precedente, l’indicazione degli scostamenti che si siano eventualmente verificati e le relative motivazioni. 4. Sulla base del piano finanziario l’ente locale determina la tariffa, fissa la percentuale di crescita annua della tariffa ed i tempi di raggiungimento del pieno grado di copertura dei costi nell’arco della fase transitoria; nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 12, determina l’articolazione tariffaria”.

Dalla normativa sopra citata emerge che il Piano finanziario, pur palesandosi come atto caratterizzato da una complessa articolazione, si struttura quindi essenzialmente attorno a due nuclei tematici: a) i profili tecnico-gestionali, che illustrano il progetto del servizio di gestione integrata del ciclo dei rifiuti, delineando il quadro del servizio esistente (con funzione anche di rendicontazione e verifica) e l’evoluzione che si intende imprimere al servizio medesimo; b) i profili economico-finanziari, che individuano e programmano, con cadenza annuale, i flussi di spesa e i fabbisogni occorrenti a fronteggiarli, indicando anche gli aspetti patrimoniali ed economici della gestione.

In sostanza, il piano finanziario si compone di due parti: una di carattere economico costituita dal programma degli interventi necessari, il piano finanziario degli investimenti, l’indicazione dei beni delle strutture e dei servizi disponibili, e le risorse necessarie; la seconda parte di carattere più descrittivo in quanto la normativa dispone che il piano deve essere corredato da una relazione nella quale sono indicati i seguenti elementi: modello gestionale e organizzativo prescelto, il livello di qualità del servizio ai quali deve essere commisurata la tariffa, la ricognizione degli impianti esistenti e/o disponibili, l’indicazione degli eventuali scostamenti dall’anno precedente.

2.2. Con i primi due motivi di ricorso si deduce l’illegittimità del piano finanziario sotto il mancato rispetto delle previsioni di legge che prescrivono una determinazione delle tariffe avendo a riguardo anche i costi sostenuti nell’anno precedente.

La doglianza è fondata.

La normativa citata richiede espressamente come il piano finanziario debba essere corredato tra l’altro “con riferimento al piano dell’anno precedente, [dal] l’indicazione degli scostamenti che si siano eventualmente verificati e [dal] le relative motivazioni” [art. 8, comma 3, lett. d). d.l. 16/2014].

Come precisato dalle linee guida i CG (costi di gestione del ciclo dei servizi attinenti i rifiuti solidi urbani dell’anno precedente) e i CC (costi comuni imputabili alle attività relative ai rifiuti urbani dell’anno precedente), sono una componente essenziale ai fini della determinazione della tariffa (“Va poi rimarcato che, come specifica il punto 1, Allegato 1, del D.P.R. n. 158 del 1999, la determinazione delle tariffe relative all’anno n-esimo avviene computando: – i costi operativi di gestione (CG) e i costi comuni (CC) dell’anno precedente (n-1), aggiornati secondo il metodo del price-cap, ossia, in base al tasso programmato di inflazione (IP) diminuito di un coefficiente Xn di recupero di produttività; – i costi d’uso del capitale (CKn) dell’anno in corso”, così le Linee Guida).

“L’eventuale scostamento dei CG e dei CC per l’anno di riferimento rispetto all’aggiornamento come sopra definito, dovuto a sostanziali modifiche nella gestione e nelle modalità di esecuzione del servizio ovvero a modifiche dei prezzi di approvvigionamento di servizi e forniture da terzi, dovrà essere giustificata nella relazione di accompagnamento al Piano Finanziario” (sempre Linee Guida).

Nel piano finanziario redatto dal comune di Brindisi manca del tutto il riferimento all’anno precedente, e cioè al 2014, e l’indicazione degli scostamenti tra i due anni, con la conseguenza che non vi è alcuna motivazione in ordine alle circostanze che hanno portato a redigere un piano finanziario con degli scostamenti rispetto all’anno precedente che hanno determinato un incremento del costo, pari ad un aumento del 12,99%.

2.3. Fondato è anche il secondo motivo di ricorso con cui si deducono discrasie tra il piano finanziario redatto dal Comune e la relazione predisposta dal gestore.

Infatti, la delibera di approvazione del piano finanziario, nel richiamare la relazione di accompagnamento sottoscritta dal gestore (“vista la relazione di accompagnamento al Piano finanziario 2015 sottoscritta dall’ecologica Pugliese Srl e fatta propria dalla Giunta comunale …”), la pone a fondamento del proprio piano finanziario, con la conseguenza che la rappresentazione di dati diversi, connotata da valori contabili diversi, avrebbe dovuto condurre l’amministrazione comunale a specificare le motivazioni che hanno condotto a una diversa individuazione dei costi rispetto a quelli previsti dalla relazione del gestore.

2.4. Infondato è invece il terzo motivo di ricorso con cui si lamenta l’erroneità dell’inserimento, all’interno del piano finanziario, dei costi d’uso del capitale (voce CK).

Il punto 2, Allegato 1, del D.P.R. n. 158 del 1999 individua i costi da inserire nel Piano finanziario, correlandoli alla loro natura – costi operativi di gestione, costi comuni e costi d’uso del capitale – con ulteriori articolazioni al loro interno.

L’inserimento all’interno del piano finanziario dei costi d’uso del capitale risulta obbligatorio per legge, e, la loro individuazione non deve essere singolarmente motivata.

È poi da rilevare che i costi d’uso del capitale sono pari alla somma delle indicate tre componenti di costo: gli ammortamenti, gli accantonamenti e la remunerazione del capitale investito (all. 1, punto 2.2., d.P.R. 158/1999).

Gli ammortamenti sono determinati in base alle norme fiscali (artt. 102 ss. d.P.R. 917/1986); gli accantonamenti, ai sensi dell’art. 2424 bis, comma 3, c.c., sono destinati a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell’esercizio sono indeterminati l’ammontare o la data di sopravvenienza e la remunerazione del capitale è una voce di costo relativa a una normale remunerazione del capitale investito, che è pari alla somma: degli investimenti in opere, impianti e beni durevoli non ancora iscritti nel libro dei cespiti ammortizzabili, in particolare perché in corso di realizzazione; del valore residuo netto dei beni iscritti nei libri dei cespiti ammortizzabili. Nel caso in cui il comune abbia stipulato mutui per investimenti in attrezzature, impianti o immobili, le rate di mutuo non rientrano in quanto tali nei costi da inserire nel piano finanziario, tuttavia rilevano le quote di ammortamento o i nuovi investimenti finanziati col mutuo, da qualificare come costi d’uso del capitale (v. Linee Guida).

Pertanto, non può ritenersi, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, che il costo d’uso del capitale coincide con il canone fisso di cui al contratto di appalto con l’impresa che si occupa del servizio.

2.5. Fondato è invece il quarto motivo di ricorso con cui si deduce una discrasia nella voce “recupero evasione”, per cui le entrate effettivamente conseguite a seguito delle attività di recupero dell’evasione costituiscono una componente da sottrarre ai costi comuni nell’anno in cui l’entrata è materialmente conseguita.

In particolare, a fronte di una delibera comunale (n. 29 del 20 luglio 2015) che ha identificato il recupero nella complessiva somma di euro 2.600.000,00, la voce “recupero evasione” del piano finanziario riporta euro 2.490.000,00 che è la somma determinata nella relazione del gestore.

Tuttavia, non vi è alcuna indicazione dei motivi che hanno indotto l’amministrazione a inserire nel piano finanziario una somma diversa da quella dalla stessa amministrazione ritenuta corretta.

2.6. Con i motivi 5 e 6 si deduce l’illegittima valutazione sulla posta contabile dei “Contributi Miur”, con il quale il Ministero della pubblica istruzione provvede a corrispondere direttamente ai comuni una somma quale importo forfetario complessivo per lo svolgimento, nei confronti delle istituzioni scolastiche statali, del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti.

È da premettere che per le istituzioni scolastiche statali, la disciplina Tari conferma il criterio forfetario già vigente dal 2008 e via via confermato in ambito Tia e Tares. Infatti, il comma 655, l. 147/2013, n. 147 (legge di Stabilità 2014) con le modifiche recate dal d.l. 16/2014, richiama l’articolo 33-bis del decreto 31 dicembre 2007, n. 248, per effetto del quale le istituzioni scolastiche statali non sono tenute al pagamento, poiché è il Ministero dell’istruzione a corrispondere direttamente ai Comuni la somma concordata in sede di accordo raggiunto in Conferenza Stato-città ed autonomie locali; l’importo versato è un importo forfetario complessivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, che di fatto sostituisce il tributo. Il contributo sostitutivo statale è determinato, dunque, non in base alla superficie convenzionale dei locali utilizzati dagli istituti scolastici, ma in base al numero degli alunni

Fondato è il quinto motivo, laddove si deduce una sottostima della somma di contributo riportata. Infatti a fronte di un contributo dato per gli anni precedenti pari a circa euro 80.000,00, l’amministrazione comunale ha ritenuto di dedurre, quale contributo del Miur, la somma di euro 50.000,00, sottostimando, senza alcuna motivazione, la somma di circa euro 30.000,00 che, di conseguenza, è stata posta a carico dei contribuenti.

Infondato è invece il sesto motivo con il quale si deduce che, stante la non copertura con il contributo dell’intero costo, il residuo importo deve essere posto a carico della casse comunali.

Nei regimi Tarsu e Tia si era ritenuto che l’ammontare del costo eccedente rispetto ai proventi del contributo statale dovesse rimanere a carico dei contribuenti (cfr. Corte dei Conti Veneto, parere n. 60 del 17 luglio 2008). Lo stesso Dipartimento delle finanze, sia nelle Linee guida alla redazione del regolamento sia in quelle relative al Piano finanziario, sembra arrivare ad analoga conclusione, in quanto viene data l’indicazione di sottrarre dai costi da finanziare con la Tari l’importo ricevuto, portandolo in deduzione dai costi comuni diversi (Ccd). Così operando, la parte dei costi non coperti dal contributo Miur viene posta a carico degli altri contribuenti.

2.7. Fondato è anche il settimo motivo con si deduce la mancata indicazione dei contributi Conai, che rappresentano le somme corrispettive erogate dal Consorzio Conai ai Comuni per il ritiro degli imballaggi e per l’avvio a riciclo e i costi della struttura.

In via generale i contributi Conai vanno detratti dai costi indicati nel piano finanziario, poiché gli stessi sono di spettanza del Comune.

Nel caso in esame, il Comune ha previsto una serie di costi per l’attività di raccolta, trasporto e trattamento dei rifiuti riciclabili, con la conseguenza che è necessario inserire all’interno del piano finanziario, quale detrazione dai costi operativi di gestione (CG), anche quanto il Consorzio Conai riverserà al Comune per aver effettuato queste attività.

2.8. Con l’ottavo motivo i ricorrenti lamentano come il Comune non abbia previsto che la copertura delle minori entrate dovute per le previsioni di agevolazioni ed esenzioni sia posta a carico del Comune e non del gettito Tari e quindi non deve essere posta a carico dei contribuenti.

È necessario differenziare le riduzioni dalle agevolazioni.

Come precisato dalle Linee Guida “Rientrano tra le riduzioni in senso stretto quegli abbattimenti della misura tariffaria rispetto all’ammontare ordinario da applicare a talune fattispecie che presentano una minor attitudine a produrre rifiuti o comunque a fruire del pubblico servizio di gestione dei rifiuti. In questo insieme si collocano le ipotesi previste ai commi 15, 16 e 18 dell’art. 14 del D.L. n. 201 del 2011, ossia: Comma 15. Riduzioni tariffarie previste dal regolamento del tributo nella misura massima del 30%, nel caso di: a) abitazioni con unico occupante; b) abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo; c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente; d) abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero; e) fabbricati rurali ad uso abitativo Comma 16. Riduzione non superiore al 40% della tariffa per le zone in cui non è effettuata la raccolta, determinata, anche in maniera graduale, in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita. Comma 18. Riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero. Proprio perché esse presentano una minor attitudine a fruire del servizio pubblico, il minor gettito che ne deriva non deve essere controbilanciato da entrate diverse dai proventi del tributo, cosicché per assicurare l’integrale copertura dei costi, il minor gettito, suddiviso in quote fisse e variabili, deve essere inserito tra i costi del PEF”.

Diverso è il caso delle ulteriori riduzioni ed esenzioni atipiche “deliberate dal consiglio comunale ai sensi del comma 19. Tali agevolazioni, come prescrive la norma, devono essere iscritte nel bilancio comunale come autorizzazioni di spesa e la relativa copertura è assicurata da risorse diverse dai proventi del tributo di competenza dell’esercizio al quale si riferisce l’iscrizione stessa. Le agevolazioni in esame possono essere inserite nel PEF, purché controbilanciate da un eguale contributo a carico del comune”.

Pertanto, il motivo può essere accolto solo per quanto riguarda queste ultime riduzioni ed esenzioni, per le quali la copertura deve derivare dal ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale del Comune stesso.

2.9. Fondato è anche il nono motivo con si deduce l’illegittimità del regolamento comunale laddove ha previsto l’esenzione dal pagamento del tributo per i locali posseduti o detenuti dal Comune e per i locali utilizzati dal Comune attraverso società a capitale interamente pubblico.

Come sopra evidenziato, l’inserimento all’interno dei costi del piano finanziario può riguardare solo quelle esenzioni espressamente previste per legge, mentre tutte quelle c.d. atipiche, e cioè non espressamente previste dalla legge ma individuate dal comune, non possono essere addebitate ai contribuenti ma devono essere coperte dal contributo comunale.

Pertanto, proprio perché questa esenzione non rientra tra quelle legislativamente previste, il costo deve essere posto sulle finanze del Comune.

2.10. Con il decimo motivo si contesta la mancata detrazione dell’importo ECA illegittimamente percepito nell’anno 2013.

Anche tale motivo è fondato, posto che la sentenza 1737/2014 di questo Tribunale e la sentenza di conferma 3781/2015 del Consiglio di Stato hanno rilevato l’illegittimità del comportamento dell’amministrazione comunale che ha deliberato di applicare la maggiorazione ECA nelle tariffe dei rifiuti del 2013.

Pertanto, tale illegittima percezione doveva essere portata a detrazione già nell’anno 2014 e poiché ciò non è avvenuto avrebbe dovuto essere inserita nel piano finanziario del 2015.

2.11. Infondato è l’undicesimo motivo di ricorso con cui si contesta la genericità della relazione del gestore che si esaurisce in una mera rappresentazione acritica dello stato di fatto senza indicare se il modello adottato sia o meno soddisfacente.

In realtà, nella voce “programma degli interventi – anno 2015” si dichiara che il programma “non introduce significative modificazioni rispetto allo stato attuale” evidenziando così come l’amministrazione comunale ritiene soddisfacente il modello già avviato.

2.12. Con gli ultimi motivi di ricorso si deduce la mancanza di istruttoria nella determinazione delle percentuali delle due macrocategorie di utenze domestiche e utenze non domestiche.

A tale proposito si richiama la recente sentenza di questa Sezione (426/2016) che in un giudizio del tutto analogo a quello in esame (sempre tra la federazione degli albergatori e il comune di Brindisi) ha ritenuto fondati i motivi per le seguenti ragioni: <<Il Collegio ritiene di poter condividere la tesi della difesa degli albergatori ricorrenti che ha ben posto in luce come, a fronte di una crisi conclamata delle attività produttive -al punto da assurgere a dignità di fatto notorio-, la ritenuta maggiore incidenza, sul costo del servizio, delle utenze non domestiche- e tra esse, in particolare, delle utenze alberghiere – appare frutto di inopinato dato assiomatico. È ben vero che è stata espressa, in sede di piano finanziario, la volontà di evitare squilibri nella ripartizione tra utenze domestiche e utenze non domestiche, almeno per il primo anno di applicazione della nuova tassa sui rifiuti, e che si è voluta privilegiare una politica di protezione dei nuclei familiari. Ma questo obiettivo tradisce, per un verso, la natura della tassa che mira a colpire la effettiva capacità di produzione di rifiuti e non solo la capacità astratta di un’attività in merito; per altro verso, una impostazione di questo tipo sortisce effetti indebiti di traslazione del tributo da una categoria all’altra, finendo con il determinare una redistribuzione del reddito che può essere perseguita solo in sede di imposizione fiscale sul reddito, per la sua natura di reale indicatore di capacità contributiva ex art. 53 cost. Il Collegio, d’altra parte, non può che richiamare le affermazioni contenute nella propria precedente pronuncia n.561 del 2013, secondo le quali “Alle considerazioni genericamente svolte dal Responsabile del Servizio si potrebbe agevolmente obiettare che gli esercizi alberghieri non sono utilizzati allo stesso modo in tutti i periodi dell’anno e che nei periodi caratterizzati da scarsa frequenza turistica (di regola, nelle località marine i mesi invernali) il livello di occupazione dei locali dell’albergo si riduce in maniera significativa nonché la considerazione che negli alberghi privi del servizio di ristorazione il mero servizio di colazione non appare idoneo a giustificare una tariffa TA.R.S.U. superiore di oltre il triplo rispetto a quella delle abitazioni civili (nelle quali si svolgono, di regola, anche il pranzo e la cena). Il Comune di Brindisi avrebbe dovuto, invece, fornire, sulla base di dati statistici rilevati a seguito di studi specifici ed oggettivamente riscontrabili, la dimostrazione delle ragioni per le quali ha ritenuto di applicare agli esercizi alberghieri (anche quelli privi del servizio di ristorazione) una tariffa maggiore più del triplo rispetto a quella applicata alle abitazioni civili e non limitarsi alla mera enunciazione di petizioni di principio e di argomentazioni generiche ed autoreferenziali.” Appare opportuno semplicemente aggiungere, in questa sede, allo scopo di mettere ulteriormente in luce le criticità della delibera impugnata, sotto il profilo della denunciata carenza di adeguata istruttoria e di motivazione a supporto delle differenti tariffe approvate per l’anno 2014, che è vero che il Consiglio Comunale approva le tariffe in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso ed approvato dal Consiglio Comunale o da altra autorità competente a norma delle vigenti leggi in materia( si veda art.1, comma 683 del d.l. nr.16 del 6 marzo 2014). Ma è pur vero che, secondo quanto previsto dall’art.42 del T.U.E.L., “il Consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo politico amministrativo” dell’Ente civico. Ciò vuol dire che l’approvazione del piano finanziario – ivi incluso il piano tariffario – redatto dal gestore del servizio non può essere frutto di acritico recepimento da parte dell’organo assembleare del Comune. Il Consiglio Comunale è chiamato, pertanto, a delineare le coordinate programmatiche della fiscalità locale, della quale la TARI costituisce parte preponderante, sulla base di una adeguata ponderazione di elementi valutativi la cui disamina non può essere devoluta in toto al gestore del servizio, pur essendo, questo, in possesso di cognizioni tecniche. Gli elementi valutativi cui si fa riferimento possono essere attinti, come già osservato con la sentenza 561 del 2013, da studi economici di settore, da attività di sondaggio a carattere locale, capaci di evidenziare realmente se, in un dato comparto produttivo come il settore alberghiero, si sia davvero verificato un incremento in presenza del quale può realmente giustificarsi una maggiore imposizione fiscale rispetto ad una linea di tendenziale decremento osservata negli anni precedenti. Appare significativo, in questa prospettiva, come giustamente rilevato dalla difesa degli operatori ricorrenti, il ripristino di una ripartizione dei costi del servizio di smaltimento e raccolta di rifiuti per l’anno 2015, in misura pari al 55% da ascrivere alle utenze domestiche, e al 45% per le utenze non domestiche. Il ribaltamento delle percentuali di incidenza sui costi del servizio sviluppate dalle utenze domestiche e da quelle non domestiche, fatto registrare per l’anno 2014, in mancanza di concreti supporti istruttori e logici costituisce riprova della illegittimità della delibera impugnata>> (Tar Lecce, sez. II, 3 marzo 2016, n. 426).

3. In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei sensi di cui in motivazione.

Le spese sono compensate nei confronti dell’Abaco, mentre seguono la soccombenza nei confronti del Comune e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Compensa le spese nei confronti dell’Abaco.

Condanna il Comune al pagamento delle spese processuali a favore dei ricorrenti che si liquidano in euro 4.000,00 (quattromila) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Eleonora Di Santo, Presidente
Carlo Dibello, Consigliere
Claudia Lattanzi, Primo Referendario, Estensore
 
L’ESTENSORE
Claudia Lattanzi
        
IL PRESIDENTE
Eleonora Di Santo
        
        

IL SEGRETARIO

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