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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 8693 | Data di udienza: 6 Ottobre 2016

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Costruzione di un muro di recinzione – Modifica dell’assetto urbanistico – Interventi di nuova costruzione – Permesso di costruire – Necessità – Giurisprudenza – Art. 5 L. Regione Sicilia n.37/1985 – Artt. 3, 44, 64, 65, 71, 72, 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001 – Parziale demolizione delle opere abusive o parziale rimessione in pristino – Estinzione degli illeciti urbanistici – Esclusione – Inapplicabilità analogica della disciplina sui reati paesaggistici – Recupero degli illeciti minori – Art. 181, c.1 quinquies, d.lgs. n. 42/2004.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Febbraio 2017
Numero: 8693
Data di udienza: 6 Ottobre 2016
Presidente: FIALE
Estensore: LIBERATI


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Costruzione di un muro di recinzione – Modifica dell’assetto urbanistico – Interventi di nuova costruzione – Permesso di costruire – Necessità – Giurisprudenza – Art. 5 L. Regione Sicilia n.37/1985 – Artt. 3, 44, 64, 65, 71, 72, 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001 – Parziale demolizione delle opere abusive o parziale rimessione in pristino – Estinzione degli illeciti urbanistici – Esclusione – Inapplicabilità analogica della disciplina sui reati paesaggistici – Recupero degli illeciti minori – Art. 181, c.1 quinquies, d.lgs. n. 42/2004.



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/02/2017 (Ud. 06/10/2016), Sentenza n.8693



DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Costruzione di un muro di recinzione – Modifica dell’assetto urbanistico – Interventi di nuova costruzione – Permesso di costruire – Necessità – Giurisprudenza – Art. 5 L. Regione Sicilia n.37/1985 – Artt. 3, 44, 64, 65, 71, 72, 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001.
 
 La costruzione di un muro di recinzione richiede per la sua realizzazione il preventivo rilascio del permesso di costruire quando, avuto riguardo alla sua struttura e alla estensione dell’area, esso sia tale dal modificare l’assetto urbanistico del territorio, rientrando in tal caso negli interventi di nuova costruzione di cui all’art. 3, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001 (Cass. Sez. 3, n. 4755 del 13/12/2007, Romano; Sez. 3, n. 52040 del 11/11/2014, Langella, concernente un muro in cemento armato avente spessore di cm. 25 ed un’altezza di circa metri 1,80). Sicché, allorquando il muro di recinzione sia, per struttura, estensione e consistenza, idoneo a determinare una modifica dell’assetto urbanistico del territorio, esso non può neppure essere considerato pertinenza del fondo di un edificio adibito ad abitazione attorno al quale sia stato realizzato, richiedendo ugualmente, per la incidenza della sua realizzazione sul territorio, il permesso di costruire per poter essere realizzato (Sez. 3, n. 41518 del 22/10/2010, Bove; conf. Sez. 3, n. 35898 del 14/05/2008, Russo). Nella specie, è stata esclusa anche la sufficienza della autorizzazione rilasciata all’imputato ai sensi dell’art. 5 l. Regione Sicilia n. 37 del 1985, che consente, tra l’altro, la realizzazione di recinzioni, con esclusione di quelle dei fondi rustici di cui al successivo art. 6, in forza della sola autorizzazione del sindaco, che sostituisce, in tali ipotesi, la concessione, dovendo intendersi la nozione di recinzione richiamata da tale disposizione come riferita ad opere che non determinino una trasformazione durevole del territorio, per le quali, invece, occorre il permesso di costruire.
 
 
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Parziale demolizione delle opere abusive o parziale rimessione in pristino – Estinzione degli illeciti urbanistici – Esclusione – Inapplicabilità analogica della disciplina sui reati paesaggistici – Recupero degli illeciti minori – Art. 181, c.1 quinquies, d.lgs. n. 42/2004.
 
La parziale demolizione delle opere abusive o la parziale rimessione in pristino non determinano l’estinzione degli illeciti urbanistici, non essendo prevista una siffatta causa di estinzione di tali reati, che si perfezionano con la realizzazione delle condotte tipiche, e dunque con la costruzione delle opere in assenza dei prescritti permessi e autorizzazioni, non essendo applicabile analogicamente la disciplina dettata in materia di reati paesaggistici dall’art. 181, comma 1 quinquies, d.lgs. n. 42 del 2004, che ha una funzione premiale, diretta ad incentivare il recupero degli illeciti minori e a far riacquistare alla zona vincolata il suo originario pregio estetico. L’eventuale parziale demolizione delle opere abusive rileverà, dunque, in sede esecutiva, nella individuazione delle opere residue da demolire in attuazione dell’ordine impartito con la sentenza di condanna, ma è priva di rilievo in ordine alla sussistenza degli illeciti urbanistici ascritti all’imputato, perfezionatisi con la realizzazione delle opere ed in relazione ai quali non opera alcuna causa estintiva per effetto della parziale demolizione delle opere abusive.
 

(conferma sentenza del 4/3/2016 CORTE D’APPELLO DI PALERMO) Pres. FIALE, Rel. LIBERATI, Ric. Belcamino
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/02/2017 (Ud. 06/10/2016), Sentenza n.8693

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/02/2017 (Ud. 06/10/2016), Sentenza n.8693

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE 
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Belcamino Rosario, nato a Catanzaro il 6/7/1964;
 
avverso la sentenza del 4/3/2016 della Corte d’appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aldo Policastro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 4 marzo 2016 la Corte d’appello di Palermo, provvedendo sulle impugnazioni proposte da Rosario Belcamino e dal Pubblico Ministero nei confronti della sentenza del 3 marzo 2015 del Tribunale di Palermo, con cui l’imputato era stato condannato alla pena di mesi uno e giorni dieci di arresto ed euro 13.000 di ammenda, in relazione ai reati di cui agli artt. 44, lett. b), 64, 65, 71, 72, 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001 (per avere realizzato, in assenza del prescritto permesso di costruire, senza progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato, senza aver dato le prescritte comunicazioni all’Ufficio del Genio civile competente ed avere ottenuto l’autorizzazione, lavori edili non previsti nel permesso di costruire, consistiti nell’intera recinzione di un lotto di terreno, per 160 metri, con muri in cemento armato di altezza variabile da un metro a due metri, nonché tre terrazzamenti con muri in cemento armato, di altezza media di due metri e lunghezza pari a venti metri, e una cisterna in cemento armato), ha subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive entro 90 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
 
Nel disattendere l’impugnazione dell’imputato la Corte territoriale ha ritenuto insufficiente, al fine della lecita realizzazione delle opere oggetto della contestazione, l’autorizzazione del Sindaco ai sensi dell’art. 5 della L. Regione Sicilia n. 37 del 1985, in considerazione del vincolo paesaggistico gravante sull’area all’interno della quale le opere erano state realizzate ed anche della estraneità delle opere realizzate dall’imputato alla previsione di tale disposizione, nella quale non rientravano i muri di contenimento.
 
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, mediante i suoi difensori di fiducia, che lo hanno affidato a quattro motivi, così enunciati nei limiti strettamente necessari ai fini della motivazione.
 
2.1. Con un primo motivo, dopo aver premesso di aver ottenuto l’autorizzazione dall’Ufficio del Genio civile al mantenimento delle opere di recinzione, l’autorizzazione dal Comune di Bagheria alla demolizione parziale delle opere di recinzione e contenimento e al mantenimento di quelle residue, il nulla osta della Sovrintendenza ai beni culturali e paesaggistici, e di aver comunicato al Comune l’esecuzione dei lavori di demolizione, ha denunciato violazione dell’art. 5 della L. Regione Sicilia n. 37 del 1985, di cui era erroneamente stata esclusa l’applicabilità da parte della Corte territoriale, in quanto tale disposizione consentiva l’esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria o di restauro conservativo, per le opere costituenti pertinenze o impianti tecnologici a servizio di edifici già esistenti, e per la costruzione di recinzioni con esclusione di quelle di cui ai fondi rustici, in forza della sola autorizzazione del sindaco.
 
Ha, inoltre, censurato l’affermazione secondo cui la recinzione realizzata non avrebbe potuto essere considerata un’opera minore, realizzata per il contenimento del terreno, giacché quanto realizzato non aveva determinato alcuna modificazione dello stato dei luoghi e non richiedeva il preventivo rilascio del permesso di costruire.
 
2.2. Con un secondo motivo ha denunciato vizio di motivazione a proposito della esclusione del carattere pertinenziale dell’opera, che per le sue caratteristiche poteva essere ricondotta a tale categoria, con la conseguente non necessarietà del permesso a costruire per poterla realizzare.
 
2.3. Con un terzo motivo ha denunciato ulteriore vizio della motivazione, per la illogicità della omessa considerazione della rimessione in pristino già eseguita, avendo proceduto alla demolizione parziale delle opere, in conformità autorizzazione rilasciata dal Comune di Bagheria e al precedente nulla osta della Sovrintendenza, avendo, tra l’altro, eseguito le demolizioni parziali prescritte dalla autorizzazione comunale, ripristinato l’altezza dei muri di recinzione alla quota dei terrazzamento e demolito la cisterna; ciò non era stato adeguatamente considerato dalla Corte d’appello, che aveva mantenuto l’ordine di demolizione senza dare atto di quanto già eseguito.
 
2.4. Con il quarto motivo ha denunciato violazione dell’art. 131 bis cod. pen., per il mancato riconoscimento di tale causa di non punibilità, nonostante la modesta entità dell’abuso e l’attività ripristinatoria già posta in essere.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso non è fondato.
 
2. Il primo ed il secondo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, essendo entrambi incentrati sulla natura e sulla qualificazione delle opere, che in quanto mere recinzioni, costituenti pertinenze del fabbricato principale cui accedono, non richiederebbero il preventivo rilascio del permesso di costruire, ma solo della autorizzazione prevista dall’art. 5 della I. Regione Sicilia n. 37 del 1985, non sono fondati.
 
La costruzione di un muro di recinzione richiede per la sua realizzazione il preventivo rilascio del permesso di costruire quando, avuto riguardo alla sua struttura e alla estensione dell’area, esso sia tale dal modificare l’assetto urbanistico del territorio, rientrando in tal caso negli interventi di nuova costruzione di cui all’art. 3, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001 (Sez. 3, n. 4755 del 13/12/2007, Romano, Rv. 238788, resa in fattispecie relativa a un muro di altezza pari a metri 2,5 con struttura in blocchi di lapillo e pilastri in cemento armato di sostegno, relativo ad un’area di circa mq. 1200; Sez. 3, n. 52040 del 11/11/2014, Langella, Rv. 261521, concernente un muro in cemento armato avente spessore di cm. 25 ed un’altezza di circa metri 1,80).
 
Allorquando il muro di recinzione sia, per struttura, estensione e consistenza, idoneo a determinare una modifica dell’assetto urbanistico del territorio, esso non può neppure essere considerato pertinenza del fondo di un edificio adibito ad abitazione attorno al quale sia stato realizzato, richiedendo ugualmente, per la incidenza della sua realizzazione sul territorio, il permesso di costruire per poter essere realizzato (Sez. 3, n. 41518 del 22/10/2010, Bove, Rv. 248744; conf. Sez. 3, n. 35898 del 14/05/2008, Russo, Rv. 241075, nella quale è stato chiarito che anche per i muri di contenimento è necessario il permesso di costruire, in quanto si tratta di un manufatto che si eleva al di sopra del suolo ed è destinato a trasformare durevolmente l’area impegnata, come tale qualificabile intervento di nuova costruzione).
 
Ne consegue che del tutto correttamente i giudici del merito hanno affermato la necessità del permesso di costruire per la realizzazione delle opere oggetto della contestazione, in considerazione della loro consistenza, trattandosi dell’intera recinzione di un lotto di terreno, per un perimetro di 160 metri, mediante muri in cemento armato di altezza variabile da un metro a due metri, di tre terrazzamenti con muri in cemento armato, di altezza media di due metri e lunghezza pari a venti metri, e di una cisterna in cemento armato, evidentemente idonee, per struttura, estensione e consistenza, a trasformare durevolmente l’area nella quale sono state realizzate, e dunque richiedenti il permesso di costruire.
 
Ciò esclude anche la sufficienza della autorizzazione rilasciata all’imputato ai sensi dell’art. 5 l. Regione Sicilia n. 37 del 1985, che consente, tra l’altro, la realizzazione di recinzioni, con esclusione di quelle dei fondi rustici di cui al successivo art. 6, in forza della sola autorizzazione del sindaco, che sostituisce, in tali ipotesi, la concessione, dovendo intendersi la nozione di recinzione richiamata da tale disposizione come riferita ad opere che non determinino una trasformazione durevole del territorio, per le quali, invece, occorre il permesso di costruire.
 
Nella vicenda in esame l’accertamento compiuto dai giudici della consistenza ed entità delle opere, tali da determinare una modificazione dell’assetto urbanistico del territorio, e dunque richiedenti il permesso di costruire per la loro realizzazione, esclude la rilevanza prospettata dal ricorrente della autorizzazione rilasciatagli dal sindaco ai sensi della disposizione citata, con la conseguente infondatezza anche di tale profilo delle censure sollevate dal ricorrente.
 
3. Il terzo motivo, mediante il quale è stata lamentata l’omessa considerazione delle parziali demolizioni eseguite dall’imputato, è inammissibile, sia a causa della sua genericità, sia, soprattutto, a cagione della mancanza di concludenza, posto che la parziale demolizione delle opere abusive o la parziale rimessione in pristino non determinano l’estinzione degli illeciti urbanistici, non essendo prevista una siffatta causa di estinzione di tali reati, che si perfezionano con la realizzazione delle condotte tipiche, e dunque con la costruzione delle opere in assenza dei prescritti permessi e autorizzazioni, non essendo applicabile analogicamente la disciplina dettata in materia di reati paesaggistici dall’art. 181, comma 1 quinquies, d.lgs. n. 42 del 2004, che ha una funzione premiale, diretta ad incentivare il recupero degli illeciti minori e a far riacquistare alla zona vincolata il suo originario pregio estetico (cfr. Sez. 3, n. 37168 del 06/05/2014, Autizi, Rv. 259943; Sez. 3, n. 25026 del 12/05/2011, Stefano, Rv. 250675; Sez.3, n. 19317 del 27/04/2011, Medici, Rv. 250341; Sez. 3, n. 17535 del 24/03/2010, Medina, Rv. 247167).
 
L’eventuale parziale demolizione delle opere abusive rileverà, dunque, in sede esecutiva, nella individuazione delle opere residue da demolire in attuazione dell’ordine impartito con la sentenza di condanna, ma è priva di rilievo in ordine alla sussistenza degli illeciti urbanistici ascritti all’imputato, perfezionatisi con la realizzazione delle opere ed in relazione ai quali non opera alcuna causa estintiva per effetto della parziale demolizione delle opere abusive.
 
4. Non sussistono, poi, neppure i presupposti per escludere la punibilità del fatto per la sua particolare tenuità. 
 
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art.133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n.13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
 
Tale valutazione può essere compiuta anche nel giudizio di legittimità, sulla base di un apprezzamento limitato alla astratta compatibilità dei tratti della fattispecie, come risultanti dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali, con gli indici-criteri e gli indici-requisiti indicati dal legislatore, cui segue in caso di valutazione positiva, sentenza di annullamento con rinvio al giudice di merito (Sez. 3, Sentenza n. 38380 del 15/07/2015, Ferraiuolo, Rv. 264795, che in motivazione ha sottolineato come ciò consenta di contemperare l’obbligo di rilevazione d’ufficio, discendente dal disposto dell’art. 129 cod. proc. pen., con la fisiologia del giudizio di legittimità, che preclude valutazioni in fatto).
 
Peraltro, nel caso in esame non emerge alcuna particolare tenuità del fatto, essendo sufficiente, per escluderla, considerare che, con una condotta potenzialmente assai pregiudizievole per il territorio ed il paesaggio, l’imputato ha realizzato opere di notevole rilevanza, per estensione, consistenza e struttura, idonee ad incidere in maniera significativa sull’assetto del territorio, con la conseguenza che deve essere esclusa l’esiguità del pregiudizio derivante dai reati commessi dall’imputato, e con essa anche l’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto.
 
5. Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto, stante l’infondatezza del primo, del secondo e del quarto motivo, e l’inammissibilità del terzo, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedi mento.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso il 6/10/2016

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