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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 13887 | Data di udienza: 24 Gennaio 2017

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva e ripristino dello stato dei luoghi – Applicazione – Legittimità – Artt. 44, lett. e), 93, 94 e 95 DPR n.380/01 – Art. 181 D.Lgs. n.42/04.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Marzo 2017
Numero: 13887
Data di udienza: 24 Gennaio 2017
Presidente: ROSI
Estensore: MACRI'


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva e ripristino dello stato dei luoghi – Applicazione – Legittimità – Artt. 44, lett. e), 93, 94 e 95 DPR n.380/01 – Art. 181 D.Lgs. n.42/04.



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/03/2017 (Ud. 24/01/2017) Sentenza n.13887



DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva e ripristino dello stato dei luoghi – Applicazione – Legittimità – Artt. 44, lett. e), 93, 94 e 95 DPR n.380/01 – Art. 181 D.Lgs. n.42/04.
 
La subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusivamente costruita ed al ripristino dello stato dei luoghi è del tutto legittima, perché costituisce applicazione dell’art. 165 c.p. che prevede la subordinazione del beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (Cass. Sez. 3, n. 32351/15).
 

(dich. inammissibilità avverso sentenza del 19.5.2016 CORTE D’APPELLO DI PALERMO) Pres. ROSI, Rel. MACRI’, Ric. Policardi 
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/03/2017 (Ud. 24/01/2017) Sentenza n.13887

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/03/2017 (Ud. 24/01/2017) Sentenza n.13887

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Policardi Salvatore, nato a Civitavecchia, il 13/9/1984;
 
avverso la sentenza in data 19.5.2016 della Corte d’Appello di Palermo;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla condizione apposta alla sospensione condizionale della pena e l’inammissibilità per il resto.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza in data 19.5.2016 la Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza in data 15.5.2016 del Tribunale di Agrigento, ha assolto Policardi Salvatore dalle imputazioni ascrittegli ai capi b) e e) perché il fatto non sussiste ed ha rideterminato la pena inflitta in mesi 7 di reclusione ed C 250,00 di multa, confermando nel resto l’impugnata sentenza. Per quanto qui di interesse, residuano a carico dell’imputato i reati edilizi di cui ai capi a), art. 110 c.p. e 44, lett. e), DPR 380/01; d), art. 110, 61, n. 2, c.p. e 93 e 95, DPR 380/01; e), art. 110 e 61, n. 2, c.p., 94 e 95, DPR 380/01; f), art. 110 e 61, n. 2, c.p. e 181 D.Lgs. 42/04; g), art. 61, n. 2, 633 e 639bis c.p.; h), art. 349 c.p., tutti accertati in Lampedusa il 13.10.2011, tranne quello del capo h) accertato il 5.3.2012.
 
2. Con il primo motivo di ricorso, l’imputato lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. in relazione all’art. 44, comma 1, lett. e), DPR 380/01, 93, 94 e 95 DPR 380/01 e 181 D. Lgs. 42/04, perché la Corte d’Appello l’aveva condannato anche per un muretto di contenimento in blocchetti cementizi dell’altezza di mt 1,20, non suscettibile di modificare o alterare sostanzialmente la conformazione del terreno o di determinare aumenti di volumetria che avrebbe dovuto essere preceduto da una semplice DIA a firma della committente, asseverata da una relazione tecnica come previsto dall’art. 23 DPR 380/01, e che doveva considerarsi insussistente il reato di violazione edilizia quando, per la natura e le sue dimensioni, le opere di recinzione del terreno privato erano rientrate tra le manifestazioni del diritto di proprietà comprendente lo jus excludendi alias o comunque la delimitazione e l’assetto delle singole proprietà. Era quindi configurabile non già il reato contestato, bensì un mero illecito amministrativo, punito dall’art. 37 DPR 380/01 con una sanzione amministrativa. Non sussisteva neanche l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 181 D. Lgs. 42/04 perché non era configurabile la violazione del paesaggio, come da certificazione di compatibilità paesaggistica prodotta in giudizio.
 
Con il secondo motivo di ricorso, lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., in relazione all’art. 61, n. 2, 633 e 639bis c.p. ed agli art. 42 e 43 c.p., per insussistenza del dolo, tanto più che i testi avevano dichiarato che non era stata acquisita alcuna documentazione da parte dell’ufficio del patrimonio né erano stati fatti dei sopralluoghi per verificare l’eventuale occupazione di suolo comunale e che per tale accertamento era stata necessaria una traslazione topografica effettuata in studio da parte di tecnici specializzati sulla scorta di un’aerofotogrammetria recente di cui esso imputato non conosceva l’esistenza all’epoca di realizzazione del manufatto; era emerso inoltre che egli non era stato messo al corrente della situazione né era stato diffidato da parte dei competenti uffici comunali alla restituzione del suolo pubblico, né all’epoca del primo sequestro né nel corso del secondo accertamento.
 
Con il terzo motivo di ricorso, lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., per contradittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione risultante dal provvedimento impugnato, e dell’art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p. in relazione all’art. 349 c.p., perché la Corte d’Appello si era appiattita sulla decisione del primo Giudice, quando dalle emergenze processuali dibattimentali non era emersa alcuna prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della violazione dei sigilli. Le risultanze fotografiche del primo accertamento (13.10.2011) avevano ritratto in modo parziale e generico solo una parte dell’interno dell’abitazione rendendo impossibile una comparazione certa con il secondo accertamento svolto, tra l’altro, da soggetti diversi rispetto a quelli che avevano effettuato il primo sopralluogo e che si erano basati sulle risultanze fotografiche, sicché dalle lacunose emergenze processuali non era emerso alcun elemento probatorio certo ed inconfutabile che potesse suffragare o corroborare quanto apoditticamente affermato dai Carabinieri.
 
Con il quarto motivo di ricorso, lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione agli art. 163 e 164 c.p., perché la Corte d’Appello aveva rigettato senza motivare la richiesta di applicazione del beneficio della sospensione della pena non condizionato alla demolizione del manufatto edilizio, posto che il giudice penale poteva ordinare l’abbattimento ma non poteva, senza un particolare motivo, sottoporre ad una gravosa condizione la sospensione della pena a beneficio di una persona incensurata.
 
Infine, con il quinto motivo, deduce che i reati di cui alle violazioni urbanistiche ed ambientali di cui ai capi a), d), e) ed f) per le quali v’era stata sentenza di condanna, erano stati commessi fino al 13.10.2011, e da quel momento, a seguito di intervenuto provvedimento di sequestro, ogni attività edilizia era definitivamente cessata se non per opere interne di pitturazione di pareti e collocazione dell’impianto elettrico che comunque non erano state oggetto di contestazione. I reati contravvenzionali erano quindi da considerarsi definitivamente prescritti alla data del 13.10.2016.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è manifestamente infondato. Il ricorrente propone dei motivi di ricorso generici, in fatto, e non si confronta criticamente con la motivazione della sentenza impugnata che dà atto a) che l’imputato non si era limitato a realizzare un muretto di recinzione, come asserito, bensì un immobile di mq 119 che aveva completato ed arredato destinandolo ad uso abitativo, senza nessun permesso, autorizzazione o comunicazione, b) che certamente aveva occupato il suolo comunale sulla base della relazione dell’UTC di Lampedusa, c) che le testimonianze dei verbalizzanti, che avevano effettuato due separati accessi, avevano consentito di accertare la violazione dei sigilli. L’unica questione in diritto è la censura sulla subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera. Anche questo motivo è infondato perché la Corte territoriale ha fatto espressa e corretta applicazione del principio di diritto secondo cui la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusivamente costruita ed al ripristino dello stato dei luoghi è del tutto legittima, perché costituisce applicazione dell’art. 165 c.p. che prevede la subordinazione del beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato. Su tale tema, si veda da ultimo, Sez. 3, n. 32351/15, Rv. 264252.
 
La dichiarazione di inammissibilità preclude la pronuncia di estinzione del reato per prescrizione che, nella specie comunque non sarebbe maturata per effetto delle sospensioni intervenute nel corso del procedimento.
 
P.Q.M.
 
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso, il 24 gennaio 2017. 

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