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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: VIA VAS AIA Numero: 988 | Data di udienza: 11 Aprile 2017

* VIA, VAS E AIA – Giudizio di valutazione ambientale – Profili intensi di discrezionalità amministrativa – Limiti al sindacato giurisdizionale – Rigore nella valutazione degli elementi formali – Motivazione adeguata – Fattispecie.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 2 Maggio 2017
Numero: 988
Data di udienza: 11 Aprile 2017
Presidente: Di Benedetto
Estensore: Spampinato


Premassima

* VIA, VAS E AIA – Giudizio di valutazione ambientale – Profili intensi di discrezionalità amministrativa – Limiti al sindacato giurisdizionale – Rigore nella valutazione degli elementi formali – Motivazione adeguata – Fattispecie.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ – 2 maggio 2017, n. 988


VIA, VAS E AIA – Giudizio di valutazione ambientale – Profili intensi di discrezionalità amministrativa – Limiti al sindacato giurisdizionale – Rigore nella valutazione degli elementi formali – Motivazione adeguata – Fattispecie.

 In materia di compatibilità ambientale si versa in un ambito di potere discrezionale, in cui  l’amministrazione, nel rendere il giudizio di valutazione ambientale, esercita un’amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con conseguenti limiti al sindacato giurisdizionale sulla determinazione finale emessa (Cons. St., sez. V, 27 marzo 2013, n. 1783; Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928). In tali casi, in cui il sindacato giurisdizionale sul provvedimento finale risulta limitato, deve essere accentuato, onde non incorrere in un deficit di tutela, il rigore nella valutazione degli elementi formali dell’atto, quali la presenza di una motivazione adeguata (nella specie, la motivazione del giudizio negativo di valutazione ambientale si limitava a dar conto con mera formula di stile delle memorie presentate dall’interessato a seguito del preavviso di rigetto)


Pres. Di Benedetto, Est. Spampinato – I. s.r.l. (avv.ti Zoppolato e Martegani) c. Regione Lombardia (avv. Fidani)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ - 2 maggio 2017, n. 988

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ – 2 maggio 2017, n. 988

Pubblicato il 02/05/2017

N. 00988/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01642/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1642 del 2016, proposto da Immobiliare Cave Sabbia di Trezzano srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maurizio Zoppolato e Lucia Martegani, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Milano, via Dante, 16;

contro

la Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Viviana Fidani, con domicilio presso l’Avvocatura regionale, in Milano, piazza Città di Lombardia, 1;

nei confronti di

– Città metropolitana di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandra Zimmitti, Marialuisa Ferrari, Nadia Marina Gabigliani, con domicilio presso l’Avvocatura dell’ente, in Milano, via Vivaio, 1;
– Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonello Mandarano, Elisabetta D’Auria, Angela Bartolomeo, Anna Maria Moramarco, Mario Di Martino, con domicilio presso l’Avvocatura dell’ente, in Milano, via della Guastalla, 6;
– Parco agricolo sud Milano, Comune di Trezzano sul Naviglio, ARPA – Lombardia, ATS – Agenzia di tutela della salute della Città metropolitana di Milano, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

– del decreto della Regione Lombardia – DG ambiente, energia e sviluppo sostenibile – Struttura valutazione d’impatto ambientale n. 3095 del 7 aprile 2016, con cui l’amministrazione si è pronunciata in senso negativo in ordine alla compatibilità ambientale del progetto della società ricorrente volto alla realizzazione di varianti sostanziali al proprio impianto di recupero di rifiuti non pericolosi sito in Milano, Località Cascina Guascona;

– della relazione istruttoria ivi allegata;

– di ogni altro atto ad essi presupposto, consequenziale e/o comunque connesso, ivi compresa la comunicazione ex art. 10 bis della legge 241/1990.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia, della Città metropolitana di Milano e del Comune di Milano;
Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 aprile 2017 il dott. Diego Spampinato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente espone:

– di esercitare da anni nel settore della messa in riserva e recupero di rifiuti non pericolosi in regime di procedura semplificata in forza di autorizzazione risalente al 2003;

– di aver richiesto all’allora Provincia – ora Città metropolitana – di Milano la trasformazione dell’autorizzazione da regime semplificato in ordinario ai sensi degli artt. 208 e 210 del D. Lgs. 152/2006;

– che, nell’ambito di tale procedimento, la Città Metropolitana ha ravvisato la necessità che il progetto di trasformazione fosse sottoposto alla Regione Lombardia per la valutazione di impatto ambientale;

– che tale procedimento di VIA, avviato a seguito di istanza della società ricorrente del 13 agosto 2007, si è protratto per svariati anni, venendo recentemente a conclusione mediante l’impugnato provvedimento 3095/2016;

– che il presente gravame risulta connesso con quello registrato al n. 459/2014, già pendente presso questo Tribunale Amministrativo Regionale, instaurato dalla società ricorrente avverso provvedimenti con cui la Città metropolitana di Milano ha intimato la chiusura del sito di recupero, adottati sull’assunto che l’impianto non risultasse conforme alle disposizioni normative sopravvenute rispetto all’avvio dell’attività.

Tanto premesso, la società ricorrente, previa richiesta di riunione con il citato giudizio registrato al n. 459/2014 o quanto meno la trattazione nella stessa udienza pubblica, affida il ricorso ai seguenti motivi.

1. Violazione dell’art. 10 bis della legge 241/1990; eccesso di potere per difetto di motivazione. Il diniego gravato ometterebbe di prendere posizione rispetto alle osservazioni presentate dalla Società ricorrente a seguito del ricevimento della comunicazione ex art. 10 bis della legge 241/1990.

2. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. La Regione non avrebbe sottoposto le osservazioni della società ricorrente agli altri Enti partecipanti al procedimento (Città Metropolitana, Parco Agricolo, Comune di Milano e Comune di Trezzano), enti su cui graverebbero attribuzioni specifiche e tecniche tali da renderli i soggetti più idonei ad esprimersi in ordine alle iniziative afferenti i settori di riferimento, limitandosi a farle analizzare dal proprio gruppo istruttore interno. Tale omissione sarebbe fra l’altro all’origine del difetto di motivazione di cui al motivo precedente, dovuto alla insufficiente competenza tecnica dei soggetti incaricati della valutazione delle osservazioni presentate.

3. Eccesso di potere per difetto di istruttoria sotto altro profilo. Non vi sarebbe cenno, nel provvedimento impugnato, ai pareri di ATS Milano e di ARPA Lombardia, seppure richiesti.

4. Illegittimità del provvedimento impugnato per assenza di istruttoria e/o motivazione sotto altro profilo. L’omissione dell’analisi delle osservazioni ad opera di soggetti tecnicamente competenti, si tradurrebbe in un ulteriore vizio del provvedimento gravato.

4.1. In relazione alla pretesa “non coerenza” tra l’attività e le destinazioni d’uso delle aree limitrofe, da un lato, e le prescrizioni del PGT del Comune di Milano: le interferenze prospettate (ambiti di rilevanza paesaggistica, cave abbandonate / cessate, ambiti di rigenerazione della risorsa idrica) sarebbero state già tutte presenti nel 2003, anno in cui la Società avrebbe ottenuto il primo rinnovo della autorizzazione all’esercizio dell’attività di recupero e trattamento di rifiuti non pericolosi, e comunque – ai sensi del PRGR – Piano regionale gestione rifiuti 2014, approvato con DGR n. X/1990 in data 20 giugno 2014 – rappresenterebbero al più criteri “penalizzanti”, ma non “escludenti” l’iniziativa della società ricorrente; infatti, l’insediamento della società ricorrente si configurerebbe come esistente e già autorizzato ed il progetto versione 2014 (ossia, come da ultima versione) non prevedrebbe ulteriore consumo di suolo, ma una riduzione dimensionale rispetto a quanto a suo tempo autorizzato, non introdurrebbe un incremento della potenzialità complessiva di recupero / trattamento, ma una riduzione, non comporterebbe l’inserimento di nuovi codici rifiuto, e contemplerebbe la previsione di maggiori presidi ambientali (pavimentazione delle aree di stoccaggio e predisposizione di un sistema di raccolta delle acque meteoriche).

4.2. In merito alle censure sollevate dal Parco agricolo sud Milano, l’edificio oggetto di censura sarebbe stato stralciato dal progetto della società ricorrente.

4.3. Quanto alle problematiche prospettate in ordine ai criteri localizzativi definiti dal PRGR, le relative disposizioni non sarebbero applicabili (atteso che esse non spiegherebbero effetti in relazione ad iniziative che non prevedano consumo di suolo e non integrano una nuova tipologia di impianto); parte ricorrente deduce, al fine di eliminare tale presunta criticità del progetto, di allegare nuova planimetria con delimitazione aggiornata dell’insediamento a garanzia del rispetto della fascia.

4.4. Quanto al rapporto con il piano di recupero di cava, il progetto sottoposto a VIA non presenterebbe alcuna attinenza con il recupero dell’area di cava. Inoltre, l’area ex cava da sottoporre a recupero sarebbe in parte di proprietà del Comune di Milano, che avrebbe sempre affermato di non essere interessato alle iniziative della società ricorrente, che si sarebbe quindi trovata nell’impossibilità di proseguire nell’iniziativa.

4.5. In ordine alle criticità prospettate in relazione al sistema di raccolta delle acque meteoriche, la società ricorrente avrebbe confutato tali criticità mediante la dimostrazione di formule aritmetiche e l’effettuazione di calcoli le cui risultanze non sarebbero state smentite da alcuno degli Enti coinvolti, che si sarebbero limitati a lamentarne presunte quanto generiche erroneità e/o inesattezze. Analogamente per quanto atterrebbe alla lamentata omessa indicazione delle modalità di stoccaggio e di trattamento dei materiali.

5. Difetto di istruttoria: mancanza di confutazioni puntuali in ordine alle risultanze dei modelli previsionali. Le risultanze di modelli previsionali prodotti dalla società ricorrente nel corso dell’istruttoria sarebbero state valutate genericamente e senza dimostrare che l’applicazione di altri e diversi modelli “coerenti”, ovvero la presa in considerazione dei richiamati “fattori strettamente impattanti”, avrebbe condotto a risultati al di sopra dei limiti ammessi.

6. Illegittimità del provvedimento impugnato per difetto di istruttoria e motivazione sotto altro profilo. I rilievi contenuti nel parere espresso dalla città metropolitana nel giugno 2015, ripresi dal provvedimento impugnato, non si tradurrebbero in rilievi tecnici, di carattere puntuale, sul progetto, quanto piuttosto si limiterebbero ad esprimere un giudizio negativo sulla società ricorrente e sul suo pregresso operato, e non sarebbero comunque sufficienti a sorreggere il diniego.

6.1. Quanto alle rimodulazioni progettuali, queste non sarebbero di ostacolo all’approvazione dell’intervento, trattandosi anzi di sviluppi del tutto fisiologici in un procedimento dialettico qual è quello di VIA.

6.2. Quanto alla diminuzione dell’area in disponibilità, non esisterebbe alcuna correlazione tra quantitativo di rifiuti trattabili e superficie occupata dall’impianto, atteso che il quantitativo di rifiuti trattabili dipenderebbe dalla capacità di trattamento dei macchinari oggetto di autorizzazione, superiore alla quantità dei rifiuti per cui è stata richiesta l’autorizzazione e che comunque la società ricorrente si sarebbe mostrata disponibile a ridurre. Inoltre, l’area di stoccaggio / deposito sarebbe congrua, essendo prevista in oltre 15 mila metri quadrati.

6.3. Quanto infine alla indeterminatezza del progetto, legato all’utilizzo poli-funzionale di alcune aree quali quella dedicata allo stoccaggio, si tratterebbe di una scelta progettuale dettata dalla necessità di garantire un ottimale e flessibile utilizzo dell’area a disposizione, in ragione della possibilità di assorbimento di picchi nella fornitura di diverse tipologie di rifiuto.

Si sono costituiti la Regione Lombardia, la Città metropolitana di Milano ed il Comune di Milano, spiegando difese nel merito e chiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del giorno 11 aprile 2017 la causa è stata trattata e trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, il Collegio ritiene che non si possa accogliere l’istanza di riunione del presente giudizio a quello registrato al n. 459/2014, pendente presso questo Tribunale Amministrativo Regionale.

Infatti il giudizio 459/2014, chiamato alla stessa udienza pubblica del giorno 11 aprile 2014, è stato rinviato – in seguito alla richiesta di rinvio per la presentazione di motivi aggiunti formulata in sede di udienza da parte ricorrente – all’udienza pubblica del 10 ottobre 2017.

Il presente giudizio risulta invece maturo per la decisione, cosicchè non vi è ragione per un suo rinvio ad altra udienza.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

In proposito, si legge:

a) nel decreto impugnato: «…le controdeduzioni del proponente all’avviso di diniego ex art. 10.bis della I. 241/1990, esaminate dal Gruppo istruttore regionale, nel complesso non aggiungono nuovi significativi elementi progettuali e/o valutazioni ambientali, tali da superare le criticità riscontrate e far mutare le conclusioni dell’istruttoria di v.i.a. e la pronuncia già prospettata al proponente…»;

b) nella relazione istruttoria allegata a tale decreto, con riferimento alle medesime osservazioni presentate dalla società ricorrente in esito al preavviso di rigetto: «…Tale documentazione è stata esaminata dal Gruppo istruttore regionale, il quale non ha rilevato nelle controdeduzioni nuovi elementi progettuali e/o valutazioni ambientali significative, tali da superare le criticità riscontrate e far mutare le conclusioni dell’istruttoria di v.i.a., esposte nella presente relazione, e la pronuncia già prospettata al proponente…».

Tali considerazioni, risolvendosi in una mera formula di stile, replicabile in maniera identica in qualunque situazione in quanto disancorata da qualunque esplicitazione di fatti riferibili al caso di specie, non sono sufficienti a dare conto dell’iter logico che ha condotto l’amministrazione a ritenere che le osservazioni presentate non potessero condurre ad una pronuncia di compatibilità ambientale.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha condivisibilmente avuto modo di affermare che «…È pacifico che il provvedimento amministrativo nel quale non si dia conto delle motivazioni in risposta alle argomentate osservazioni proposte dal privato a seguito dell’avviso dato ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 – limitandosi l’amministrazione ad affermare in modo apodittico e con formula di mero stile che non emergono nuovi elementi tali da far volgere la decisione in senso favorevole – è illegittimo, richiedendo tale norma di dare espressamente conto delle ragioni che hanno portato a disattendere le controdeduzioni formulate…» (Cons. Stato, Sez. IV, 31 marzo 2010, n. 1834).

Nel caso di specie, in particolare, in data 8 febbraio 2016, la società ricorrente ha presentato, in allegato alla nota di osservazioni sul preavviso di rigetto, una relazione tecnica di oltre novanta pagine (allegato al ricorso sub 19), ciò valendo a integrare il requisito della presentazione di argomentate osservazioni di cui alla citata sentenza 1834/2010.

Ciò sarebbe di per sé sufficiente ad accogliere il motivo; vi è però un’altra argomentazione che induce il Collegio a valutare in maniera particolarmente attenta l’assenza di elementi a supporto della motivazione in ordine alle osservazioni presentate dalla società ricorrente.

E’ noto come in materia di compatibilità ambientale si versi in un ambito di potere discrezionale, in cui «…l’amministrazione, nel rendere il giudizio di valutazione ambientale, esercita un’amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con conseguenti limiti al sindacato giurisdizionale sulla determinazione finale emessa (Cons. St., sez. V, 27 marzo 2013, n. 1783)…» (Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928).

In tali casi, in cui il sindacato giurisdizionale sul provvedimento finale risulta limitato, deve essere accentuato, onde non incorrere in un deficit di tutela, il rigore nella valutazione degli elementi formali dell’atto, quali la presenza di una motivazione adeguata.

Né a diversa decisione può indurre il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui il dovere dell’amministrazione di esaminare le memorie prodotte dall’interessato a seguito del preavviso di rigetto non comporta la confutazione analitica delle allegazioni presentate, essendo sufficiente, ai fini della giustificazione del provvedimento adottato, la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 24 febbraio 2017, n. 873).

Nel caso di specie, infatti, non vi è alcuna motivazione in ordine alla valutazione data circa le osservazioni, non potendo essere ritenuta tale la formula di stile sopra riportata; inoltre, la particolare tecnicità degli argomenti di cui si tratta, unita alla mancanza di qualunque elemento in fatto a supporto, impedirebbe comunque di valutare l’affermazione dell’amministrazione circa l’assenza di nuovi elementi progettuali e/o valutazioni ambientali significative, che si risolve quindi in un’affermazione meramente labiale.

Non risultando essere ancora stato esercitato nella sostanza il potere amministrativo, e versandosi in ambito di un potere intensamente discrezionale, gli altri motivi possono essere assorbiti (sul punto, Cons. Stato, AP, 27 aprile 2015, n. 5).

Le spese seguono la soccombenza, venendo liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione III), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: a) lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato; b) condanna le amministrazioni costituite, in solido fra loro, al pagamento, nei confronti della società ricorrente, delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida, in via equitativa, in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, nonché alla rifusione del contributo unificato corrisposto da parte ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Ugo Di Benedetto, Presidente
Diego Spampinato, Consigliere, Estensore
Valentina Santina Mameli, Primo Referendario

L’ESTENSORE
Diego Spampinato
        
IL PRESIDENTE
Ugo Di Benedetto
        
        
IL SEGRETARIO

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