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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 34550 | Data di udienza: 5 Luglio 2017

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione dell’opera abusiva – Efficacia anche nei confronti dell’erede o dante causa del condannato – Natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio – Giurisprudenza – Art. 31 D.P.R. n. 380/2001.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Luglio 2017
Numero: 34550
Data di udienza: 5 Luglio 2017
Presidente: FIALE
Estensore: CERRONI


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione dell’opera abusiva – Efficacia anche nei confronti dell’erede o dante causa del condannato – Natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio – Giurisprudenza – Art. 31 D.P.R. n. 380/2001.



Massima

  

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/07/2017 (Ud. 05/07/2017) Sentenza n.34550


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione dell’opera abusiva – Efficacia anche nei confronti dell’erede o dante causa del condannato – Natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio – Giurisprudenza – Art. 31 D.P.R. n. 380/2001.
 
L’ordine di demolizione dell’opera abusiva, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio, conserva la sua efficacia anche nei confronti dell’erede o dante causa del condannato o di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall’ente pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili (Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, Curcio); (sulla natura di sanzione amministrativa a contenuto ripristinatorio, priva di finalità punitive e con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l’autore dell’abuso, Cass. Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier). 
 
 
(dich. inammiss. il ricorso avverso ordinanza del 24/01/20171 TRIBUNALE DI CIVITAVECCHIA) Pres. FIALE, Rel. CERRONI, Ric. Villella 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/07/2017 (Ud. 05/07/2017) Sentenza n.34550

SENTENZA

 

 

 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/07/2017 (Ud. 05/07/2017) Sentenza n.34550
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Villella Rodio Francesco, nato a Motta Santa Lucia il 26/08/1952;
 
avverso l’ordinanza del 24/01/2017 del Tribunale di Civitavecchia;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
 
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Tacci, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza del 24 gennaio 2017 il Tribunale di Civitavecchia ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di sospensione dell’ordine di demolizione presentata da Francesco Rodio Villella.
 
2. Avverso il predetto provvedimento l’interessato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi d’impugnazione.
 
2.1. Col primo motivo di censura il ricorrente ha lamentato di non avere partecipato ad alcun procedimento penale, e che la sentenza era stata erroneamente emessa nei confronti di Fernando Rodio Villella, persona che non era mai stata proprietaria del bene.
 
2.2. Col secondo motivo, di conseguenza, è stato osservato che la sentenza era priva di un presupposto fondamentale per l’emissione di valido ordine di esecuzione.
 
2.3. Col terzo motivo infine è stata eccepita la prescrizione dell’ordine di demolizione, da considerarsi sanzione di natura penale.
 
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso, data l’irrilevanza dell’eventuale alienazione del manufatto abusivo, e ribadendo la natura non penale dell’ordine di demolizione.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso è inammissibile.
 
4.1. Al riguardo, infatti, ed in relazione ai primi due motivi di censura che possono essere affrontati congiuntamente, è appena il caso di ricordare, attesa anche la struttura del presente provvedimento, che l’ordine di demolizione dell’opera abusiva, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio, conserva la sua efficacia anche nei confronti dell’erede o dante causa del condannato o di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall’ente pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili (Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, Curcio, Rv. 265193).
 
In proposito, tra l’altro, il provvedimento impugnato ha osservato che la rivendicata qualità di proprietario del condannato era del tutto inconferente rispetto alla formazione del giudicato sulla sua responsabilità in ordine alla commissione del fatto, laddove comunque l’ordine di demolizione del manufatto abusivo non è sottoposto alla disciplina della prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali (v. anche infra), avendo natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive e con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l’autore dell’abuso (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv. 265540).
 
4.2. In relazione infine all’ultimo punto di censura, va solamente ricordato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 117 Cost., dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 per mancata previsione di un termine di prescrizione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna, in quanto le caratteristiche di detta sanzione amministrativa – che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, configura un obbligo di fare per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l’autore dell’abuso – non consentono di ritenerla “pena” nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU, e, pertanto, è da escludere sia la irragionevolezza della disciplina che la riguarda rispetto a quella delle sanzioni penali soggette a prescrizione, sia una violazione del parametro interposto di cui all’art. 117 Cost. (Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Porcu, Rv. 267977).
 
5. I motivi di ricorso, quindi, si scontrano contro orientamenti giurisprudenziali del tutto costanti, che questa Corte non ha motivo di revocare in dubbio e che anzi intende consolidare.
 
In ragione di ciò, il ricorso non può superare il vaglio di ammissibilità.
 
Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso in Roma il 05/07/2017
 
 

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