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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 954 | Data di udienza: 5 Luglio 2017

* APPALTI – Omessa pubblicazione ex art. 29 d.lgs. n. 50/2016  – Rito super accelerato – Non trova applicazione –  Contratto di avvalimento – Qualificazione SOA – Oggetto agevolmente determinabile – Validità ed efficacia – Offerta espressa in cifre – Inintelligibilità – Sanatoria tramite riferimento all’offerta espressa in cifre – Illegittimità – Ragioni.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 8 Settembre 2017
Numero: 954
Data di udienza: 5 Luglio 2017
Presidente: Scafuri
Estensore: Allegretta


Premassima

* APPALTI – Omessa pubblicazione ex art. 29 d.lgs. n. 50/2016  – Rito super accelerato – Non trova applicazione –  Contratto di avvalimento – Qualificazione SOA – Oggetto agevolmente determinabile – Validità ed efficacia – Offerta espressa in cifre – Inintelligibilità – Sanatoria tramite riferimento all’offerta espressa in cifre – Illegittimità – Ragioni.



Massima

 

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 1^ – 8 settembre 2017, n. 954


APPALTI – Omessa pubblicazione ex art. 29 d.lgs. n. 50/2016  – Rito super accelerato – Non trova applicazione.

 Il nuovo rito “super accelerato”, disciplinato dall’art. 120, comma 2 bis e 6 bis, c.p.a. in materia di impugnazione avverso i provvedimenti di ammissione e di esclusione, costituisce una eccezione al regime ordinario del rito appalti, che a sua volta costituisce un rito eccezionale rispetto a quello ordinario e a quello “accelerato” ex. art. 119 c.p.a. Proprio per il suo carattere eccezionale e proprio per la sua potenziale idoneità ad incidere pesantemente sul diritto di difesa – stante la ulteriore riduzione dei termini processuali che esso comporta – il rito super accelerato di cui all’art. 120, comma 2 bis e 6 bis, c.p.a. è destinato a trovare applicazione solo nel caso in cui sia stata effettuata la pubblicazione cui all’art. 29, comma 1, secondo periodo d.lgs. 50/2016 (cfr. T.A.R. Puglia – Bari, Sez. I, 7 dicembre 2016, n. 1367). Difatti, l’applicabilità di questo rito risulta subordinata alla circostanza che possa ravvisarsi una concreta e netta distinzione tra la fase di ammissione/esclusione e quella di aggiudicazione; distinzione il cui indice rivelatore è ravvisabile proprio nella pubblicazione, effettuata ai sensi dell’art. 29 d.lgs. 50/2016, dei provvedimenti di ammissione/esclusione (cfr. Consiglio di Stato, ordinanza n. 1059/2017; sentenza n. 4994/2016)


APPALTI – Contratto di avvalimento – Qualificazione SOA – Oggetto agevolmente determinabile – Validità ed efficacia.

Il contratto di avvalimento avente ad oggetto una qualificazione SOA deve considerarsi valido ed efficace quando, sia dal contratto che dalla dichiarazione unilaterale resa dall’impresa ausiliaria e indirizzata alla stazione appaltante, risulti che l’impresa ausiliaria presti le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2015, n. 2063; T.A.R. Basilicata, Sez. I, 5 aprile 2017, n. 299): il contratto di avvalimento non può ritenersi nullo quando il suo oggetto sia stato esplicitato in modo non determinato, ma agevolmente determinabile (Cons, Stato, A.P., n. 23/2016)

 

APPALTI – Offerta espressa in cifre – Inintelligibilità – Sanatoria tramite riferimento all’offerta espressa in cifre – Illegittimità – Ragioni.

L’inintelligibilità dell’offerta riportata in lettere dovuta a grafia poco chiara, che può prestarsi ad una lettura poco univoca da parte dei membri della commissione, non può essere sanata mediante riferimento all’offerta espressa in cifre (nella specie, il bando prevedeva che, in caso di discordanza tra il ribasso indicato in cifre e quello in lettere avrebbe dovuto prevalere quello più vantaggioso per l’Amministrazione),  non essendo consentita la sostituzione della volontà della stazione appaltante a quella dell’offerente, tramite una ricostruzione che si risolva nella modifica di una delle componenti dell’offerta. Difatti, l’offerta espressa in lettere ha come obiettivo proprio quello di garantire e tutelare la certezza e l’affidamento sia della Stazione appaltante sia degli altri concorrenti in merito alle offerte presentate in sede di gara. Per tali motivi, l’offerta espressa in lettere in maniera non intelligibile deve considerarsi tamquam non esset, con la conseguenza che la Stazione appaltante deve in tali ipotesi escludere l’offerente, ai sensi dell’art. 83, c. 9 del d.lgs. n. 50/2016.

Pres. Scafuri, Est. Allegretta – A. s.r.l. (avv.ti Matassa e Volse) c. Comune di Foggia (avv.ti Puzio e Dragonetti)


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 1^ - 8 settembre 2017, n. 954

SENTENZA

 

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 1^ – 8 settembre 2017, n. 954

Pubblicato il 08/09/2017

N. 00954/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00424/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)
 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 424 del 2017, proposto da:
Aleasya Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Nino Sebastiano Matassa e Rosa Volse, con domicilio eletto presso Nino Sebastiano Matassa, in Bari, via A. Da Bari, 35;

contro

Comune di Foggia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Puzio e Domenico Dragonetti, con domicilio eletto presso Luigi D’Ambrosio, in Bari, piazza Garibaldi 23;

nei confronti di

Dipergola Francesco Paolo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Palieri, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Camillo Rosalba 47/Z;
Co.Mai. S.r.l., non costituita in giudizio;

per l’annullamento

– delle determinazioni assunte dalla Commissione di gara nei verbali del 13 marzo 2017 e del 30 marzo 2017, nella parte in cui non ha escluso dalla gara la costituenda ATI Dipergola Francesco Paolo e Co.Mai. S.r.l. ed ha aggiudicato provvisoriamente a quest’ultima i lavori;

– di ogni altro atto o provvedimento lesivo, ancorché non noto, comunque connesso, preordinato o conseguente;

– per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Dipergola Francesco Paolo il 15.05.2017;

– dei verbali del 07.02.2017, 09.02.2017, 23.02.2017, 03.03.2017 e del 13.03.2017, nonché, ove occorra, del 30.03.2017, della Commissione giudicatrice della procedura aperta per l’appalto dei lavori realizzazione della sede comunale dei servizi per lo sviluppo economico – area Cittadella Economia viale Fortore – progetto di completamento corpo uffici (CIG 6908199°26 – CUP B73J15000090004), indetta dal Comune di Foggia con bando del 28.12.2016, nella parte in cui non si dispone l’esclusione dalla gara della Aleasya Costruzioni s.r.l., ricorrente principale;

– di ogni altro atto o provvedimento comunque connesso, nella parte in cui non si dispone l’esclusione dalla suddetta gara della Aleasya Costruzioni s.r.l., ovvero si consente l’avvalimento per la categoria OG11, compreso, ove occorra, il bando ed il disciplinare di gara di cui sopra.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Foggia e di Dipergola Francesco Paolo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 luglio 2017 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 12.04.2017 e depositato in Segreteria il 26.04.2017, la Aleasya Costruzioni S.r.l. adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, al fine di ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto.

Esponeva in fatto che, con bando pubblicato in data 28.12.2016, il Comune di Foggia indiceva una gara per “l’appalto dei lavori di realizzazione della sede comunale dei servizi per lo sviluppo economico – area Cittadella Economia Viale Fortore – progetto di completamento corpo uffici”.

Il metodo di selezione del contraente era individuato nella procedura aperta, mentre l’importo complessivo dei lavori posto a base d’asta era fissato in euro 847.257,84, oltre IVA; l’aggiudicazione dell’appalto sarebbe dovuta avvenire con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Ai fini della partecipazione, il bando richiedeva che i concorrenti fossero in possesso della certificazione SOA per la Categoria di lavoro OG1 Classifica III e OG11 Classifica II.

Nella seduta pubblica del 13.03.2017, la Commissione giudicatrice provvedeva all’apertura delle buste contenenti l’offerta economica e alla valutazione delle stesse.

Dopo aver stilato apposita graduatoria, la Commissione provvedeva ad aggiudicare provvisoriamente l’appalto alla prima classificata, ossia all’A.T.I. Di Pergola Francesco Paolo e Co.Mai. S.r.l., la quale aveva totalizzato un punteggio totale di 87,320 punti, con un’offerta economica per euro 739.119,33, al netto dell’IVA – pari ad un ribasso dell’11,60% sull’importo posto a base d’asta – ed un ribasso temporale pari al 20%; la società Aleasya Costruzioni, invece, risultava seconda classificata.

In data 23.03.2017, l’odierna ricorrente, a seguito di apposita istanza di accesso agli atti, acquisiva i documenti di gara, dai quali, in tesi, emergeva che l’ATI Dipergola Francesco Paolo e CO.MAI. S.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura, essendo l’offerta economica da questa proposta indeterminata, illeggibile e affetta da gravi anomalie.

Con nota del 27.03.2017, la ricorrente diffidava il Comune di Foggia a procedere alla immediata esclusione e comunque a non aggiudicare l’appalto a favore dell’A.T.I. Dipergola.

In data 30.03.2017, in risposta alla suddetta diffida, si riuniva la Commissione giudicatrice, che – pur testualmente ammettendo che l’offerta compilata in lettere denotasse “ictu oculi poca intelligibilità” e che, dunque, potesse prestarsi ad una lettura poco univoca – riteneva che le anomalie eccepite dalla seconda classificata potessero ricondursi ad un mero errore materiale commesso nella compilazione dell’offerta.

Pertanto, la Commissione confermava sia l’ammissione in gara della ATI Dipergola Francesco Paolo e Co.Mai. S.r.l., sia l’aggiudicazione provvisoria in favore della stessa.

Avverso tali esiti procedimentali e provvedimentali, insorgeva l’odierna ricorrente, impugnando i provvedimenti meglio indicati in epigrafe, proponendo un unico motivo di gravame articolato in più punti.

La ricorrente si doleva della illegittimità degli atti in questione per «Violazione dell’art. 83 del d.legisl. n. 50/2016 – Eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà ed erroneo apprezzamento dei presupposti – Violazione della par condicio, del principio di imparzialità e trasparenza: violazione e falsa applicazione della lex specialis».

Secondo la ricorrente, l’offerta proposta dall’ATI Dipergola Francesco Paolo e Co.Mai. S.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara poiché indeterminata, incerta, illeggibile ed insanabilmente contraddittoria, in quanto redatta a mano con grafia del tutto incomprensibile.

In tesi, la compilazione della offerta risultava affetta da gravi e volontarie anomalie, come attestato dalla perizia allegata al ricorso, effettuata dal consulente tecnico di parte, dott.ssa Antonella de Salvia.

Questa, infatti, dopo aver affermato che la compilazione in lettere del ribasso percentuale e del ribasso temporale non fossero oggettivamente comprensibili, giungeva ad ipotizzare che tanto l’offerta economica scritta in lettere, quanto quella scritta in cifre, fossero state ritoccate; nello specifico, la C.T.P. ipotizzava che l’offerta originaria fosse dell’1%, successivamente ritoccata in una offerta dell’11,60%.

Ciò premesso, la ricorrente, sulla base di tali risultanze documentali, riteneva illegittima la mancata esclusione del RTI Dipergola, posto che l’art. 83 d.lgs. n. 50/2016, comma 9, non consentiva – e non consente – di sanare la mancanza, la incompletezza o le irregolarità afferenti all’offerta tecnica ed economica, precisando, peraltro, che costituiscono irregolarità essenziali e non sanabili le carenze della documentazione che non permettono l’individuazione del contenuto della documentazione e dell’offerta.

La ricorrente proseguiva affermando che nonostante la Commissione di gara, nella seduta del 30.03.2017, avesse ammesso che l’offerta compilata in lettere dalla controinteressata denotasse, ictu oculi, poca intelligibilità e potesse prestarsi ad una lettura poco univoca, riconoscendo, altresì, che nel caso di specie non potesse accordarsi il soccorso istruttorio, di fatto eludeva tale principio ritenendo sussistente un mero errore materiale.

In tesi, infatti, l’applicazione di tale categoria al caso di specie avrebbe comportato la concessione, sotto mentite spoglie, di una sorta di soccorso istruttorio “di fatto”, consentendo la regolarizzazione dell’offerta in violazione dell’art. 83 d.lgs. n.50/2016.

Peraltro, secondo la ricorrente, la clausola del bando che in caso di discordanza tra offerta in cifre e offerta in lettere attribuiva prevalenza a quella più vantaggiosa per l’Amministrazione, non avrebbe potuto trovare applicazione al caso di specie, posto che, in tesi, l’offerta in lettere avrebbe dovuto considerarsi del tutto mancante, essendo oggettivamente incomprensibile.

La ricorrente concludeva affermando che l’esclusione avrebbe dovuto considerarsi ancor più doverosa in presenza di tutti gli ulteriori rilievi riportati nella perizia di parte che attestavano la non genuinità dell’offerta, in quanto volutamente redatta in modo ambiguo.

In data 03.05.2017, si costituiva in giudizio l’Amministrazione resistente, in persona del legale rappresentate p.t., instando per la dichiarazione di infondatezza nel merito del ricorso, posto la configurabilità, nel caso di specie, dell’errore materiale.

In data 17.05.2017, si costituiva in giudizio la ditta Dipergola Francesco Paolo, in persona del legale rappresentate p.t., in proprio e quale capogruppo mandataria della costituenda ATI con la Co.Mai. S.r.l., eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza, in fatto ed in diritto, del ricorso avverso.

Perveniva successivamente in Segreteria memoria difensiva della ditta Dipergola Francesco Paolo, con allegata perizia grafologica, con cui si paventava l’assoluta inattendibilità della perizia avversaria e si confutava l’asserita “assoluta illeggibilità” del ribasso espresso in lettere.

In tesi di parte controinteressata, infatti, il ribasso in lettere – di lettura non immediata magari, ma sicuramente leggibile con un minimo di attenzione – sarebbe stato uguale a quello indicato in cifre: 11,60%; pertanto, il ricorso avrebbe dovuto essere respinto, in quanto infondato nel merito.

Nello specifico, la C.T.P. dell’aggiudicataria escludeva che vi fosse stato un camuffamento dell’offerta, così come ipotizzato dalla ricorrente, ritenendo che le forme alfanumeriche della compilazione, per quanto originali nella morfologia rispetto al modello scolastico elementare, fossero chiare, leggibili e non dessero adito ad alcuna ambiguità; nella perizia, inoltre, si precisava che una tale personalizzazione del corsivo scolastico fosse dovuta ad una semplice disgrafia del sig. Pasquale Dipergola e che le conclusioni a cui era giunta la C.T.P. di parte avversa fossero mere illazioni.

Con ricorso incidentale depositato in Segreteria in data 15.05.2017, la controinteressata impugnava i provvedimenti meglio indicati in epigrafe.

Dopo una breve premessa sull’ammissibilità del ricorso incidentale, la controinteressata, con un primo motivo di gravame, censurava i provvedimenti impugnati per «violazione e malgoverno degli artt. 89, comma 11, e 216, comma 15, d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione e malgoverno dell’art. 12 d.l. n. 47 del 2014, convertito con legge n. 80 del 204, e dell’allegato “A” al d.P.R. n. 207. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Eccesso di potere per sviamento. Violazione e malgoverno degli artt. 1 e 2 del d.m. n 248 del 2016.»

La ricorrente incidentale lamentava che la Aleasya avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, in quanto non avrebbe potuto far ricorso all’avvalimento in merito alla certificazione OG11, dalla stessa non posseduta.

Infatti, in tesi, avrebbe dovuto individuarsi un vero e proprio divieto di ricorrere all’avvalimento per la categoria in questione, sancito normativamente dall’operare, in combinato disposto, delle norme di cui all’art. 89 comma 11 e art. 216 comma 15 del d.lgs. n. 50 del 2016, le quali rinviavano – e rinviano – all’art. 12 del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni dalla l. n. 23 maggio 2014.

Con un secondo motivo di gravame, la ricorrente incidentale lamentava la «violazione e malgoverno dell’art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione e malgoverno dell’art. 88 del d.P.R. n. 207 del 2010. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti».

In tesi, per il combinato disposto dell’art. 89, comma 1 e dell’art. 88, comma 1 del d.P.R. n. 207 del 2010, il contratto di avvalimento prodotto dalla ricorrente principale in sede di gara avrebbe dovuto considerarsi nullo, in quanto lo stesso prevedeva in maniera del tutto generica la messa a disposizione delle risorse ricadenti nella categoria OG11, classe II.

Con un terzo motivo di ricorso, l’impresa Dipergola deduceva la «violazione e malgoverno dell’art. 89, comma 5 d.lgs. n. 50/2016. Eccesso di potere e travisamento dei fatti».

In tesi di parte controinteressata, il contratto di avvalimento sarebbe stato da considerarsi nullo, in quanto risultava ambigua, opaca e idonea a creare equivoci e confusione nei rapporti tra stazione appaltante, l’appaltatore ed i suoi ausiliari la clausola – inserita all’art. 3 dello stesso – con cui le parti, dopo aver consacrato la loro responsabilità solidale nei confronti della S.A. per le prestazioni oggetto del contratto, precisavano che la stessa fosse limitata “ai soli requisiti di cui è carente l’impresa concorrente ed indicati nel presente contratto”.

In data 17.05.2017, perveniva in Segreteria memoria difensiva, con cui la Aleasya Costruzioni s.r.l. replicava alle censure dedotte nel ricorso incidentale dalla controinteressata, eccependo, inoltre, la tardività dello stesso.

La ricorrente principale evidenziava, infatti, che con il ricorso incidentale si contestava l’ammissione alla gara della stessa.

A simile ipotesi, in tesi, avrebbe dovuto applicarsi l’art. 120, comma 2 bis, c.p.a., che imponeva – ed impone – l’obbligo di impugnare i provvedimenti di ammissione e/o esclusione entro il termine perentorio di 30 giorni.

Il dies a quo, secondo la ricorrente principale, avrebbe dovuto essere individuato nel 7 febbraio 2017, considerato che in tale data si era svolta la seduta pubblica in cui la Commissione aveva aperto le buste e aveva ammesso i concorrenti.

Poiché il ricorso incidentale era stato notificato a quest’ultima solo l’11.05.2017, lo stesso avrebbe dovuto considerarsi come tardivamente proposto.

Inoltre, la Aleasya costruzioni S.r.l. censurava la fondatezza nel merito dei motivi di gravame proposti dalla ricorrente incidentale.

Nello specifico, quanto al primo motivo, la ricorrente principale precisava come il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (attuativo dell’art. 89, comma 11 del d.lgs. n. 50/2016) fosse entrato in vigore solo il 19 gennaio 2017, e che, per esplicita previsione dell’art. 4 dello stesso, il divieto di avvalimento sancito dall’art. 89 comma 11 d.lgs. n. 50/2016 – di cui la controinteressata lamentava la lesione – avrebbe trovato applicazione solo alle procedure e ai contratti i cui bandi o avvisi con cui si indiceva la procedura di gara fossero stati pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore.

Poiché il bando con cui veniva indetta la procedura da cui l’odierna controversia trae origine era stato pubblicato il 28.12.2016, il divieto di avvalimento per le lavorazioni OG11 non avrebbe dovuto, in tesi, applicarsi alla procedura de qua.

Peraltro, precisava la ricorrente principale, che una simile possibilità, oltre ad essere espressamente contemplata dall’art. 14 del bando di gara e dall’art. 16 del disciplinare, era stata ulteriormente confermata dall’Amministrazione resistente.

Questa, infatti, a seguito di richieste di chiarimenti formulate dalla Aleasya, con nota del 26 gennaio 2017 aveva precisato che “nulla osta ai concorrenti ad applicare l’avvalimento”.

Quanto al secondo motivo del ricorso incidentale, la ricorrente principale affermava che il contratto di avvalimento stipulato con la Termo Edil Gallo fosse da considerarsi pienamente valido e conforme alla normativa di settore.

Infatti, la dichiarazione sostitutiva resa dall’impresa ausiliaria, allegata al contratto e insieme a questo depositata, conteneva l’elenco analitico dei mezzi e degli strumenti messi a disposizione di Aleasya Costruzioni S.r.l.

Infine, assolutamente generica e infondata sarebbe stata la terza censura mossa con il ricorso incidentale, in quanto, secondo la ricorrente principale, dal contratto di avvalimento emergeva chiaramente la responsabilità solidale tra le due imprese nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto.

In data 26.06.2017, la Aleasya Costruzioni S.r.l. depositava in Segreteria integrazione alla perizia grafo tecnica di parte a firma della dott.ssa Antonella De Salvia.

In data 29.06.2017, perveniva in Segreteria memoria difensiva della Aleasya Costruzioni S.r.l., con cui, utilizzando le risultanze della integrazione alla perizia di parte, si fornivano ulteriori elementi volti a rimarcare la fondatezza delle censure proposte con il ricorso principale.

In data 3.7.2017, la ditta Dipergola Francesco Paolo depositava memoria difensiva, con cui replicava, in maniera argomentata, alla eccezione di tardività del ricorso incidentale sollevata dalla Aleasya.

Inoltre, nella stessa memoria, la controinteressata – in replica alle argomentazioni fornite dalla ricorrente principale nelle memorie difensive – ribadiva la fondatezza delle censure mosse con il ricorso incidentale.

Seguiva il deposito di ulteriori memorie difensive con cui le parti peroravano ulteriormente la loro rispettiva posizione processuale.

Alla udienza pubblica del 5.7.2017, il ricorso veniva definitivamente trattenuto in decisione.

Ritenuto di dover seguire un ordine logico e cronologico di trattazione dei numerosi problemi di rito e di merito posti dal caso di specie, preliminarmente ed in rito il Collegio ritiene di doversi pronunciare sulla eccezione di irricevibilità per tardività del ricorso incidentale.

La risoluzione di tale questione appare, infatti, avere un ruolo dirimente nell’economia complessiva della presente decisione.

Da essa, indubbiamente, discendono evidenti conseguenze pratico applicative, prima fra tutte la possibilità di trattare nel merito il ricorso incidentale, il quale, per consolidata giurisprudenza (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 7.4.2011, n. 4; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 25.2.2014, n. 9), deve essere trattato preliminarmente quando presenta carattere c.d. “escludente”.

Come precisato dall’ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza del 25.2.2014, n. 9, il ricorso incidentale deve qualificarsi come “escludente” quando «abbia la finalità di contestare la legittimazione al ricorso principale»; in tal caso, «il suo esame assume carattere necessariamente pregiudiziale e la sua accertata fondatezza preclude, al giudice, l’esame del merito delle domande proposte dal ricorrente principale».

Al punto 9) lett. g) della decisione richiamata, l’Adunanza Plenaria ha formulato il principio di diritto secondo cui «nel giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, deve essere esaminato prioritariamente rispetto al ricorso principale il ricorso incidentale escludente che sollevi un’eccezione di carenza di legittimazione del ricorrente principale non aggiudicatario, in quanto soggetto che non ha mai partecipato alla gara, o che vi ha partecipato ma è stato correttamente escluso, ovvero che avrebbe dovuto essere escluso ma non lo è stato per un errore dell’amministrazione», come difatti, accade nella controversia portata oggi all’attenzione di questo Collegio; considerato, peraltro, che il ricorso principale non risulta palesemente infondato, irricevibile, inammissibile o improcedibile, ipotesi che giustificherebbero, per consolidata giurisprudenza, una decisione prioritaria di quest’ultimo.

Premesso doverosamente quanto sopra, il Collegio ritiene di prendere le mosse dall’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016, il quale testualmente prevede che «al fine di consentire l’eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell’ articolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all’esito della verifica della documentazione attestante l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti, economico-finanziari e tecnico-professionali».

La disposizione, dunque, pone in capo alla Stazione Appaltante un vero e proprio onere di provvedere, entro termini normativamente stabiliti, alla pubblicazione dei provvedimenti di ammissione e di esclusione sul profilo del committente, nella sezione "Amministrazione trasparente".

Tale pubblicazione è finalizzata a rendere possibile l’operatività del rito c.d. “super accelerato”, di cui all’art. 120, comma 2 bis e 6 bis c.p.a.

Tuttavia, nel caso di specie, né il ricorrente principale, che contesta la tempestività del ricorso incidentale, né l’Amministrazione resistente hanno dato prova dell’avvenuta pubblicazione di tali provvedimenti, nei modi e nelle forme previste dalla su richiamata normativa.

Infatti, il nuovo rito “super accelerato”, disciplinato dall’art. 120, comma 2 bis e 6 bis, c.p.a. in materia di impugnazione avverso i provvedimenti di ammissione e di esclusione, costituisce una eccezione al regime ordinario del rito appalti, che a sua volta costituisce un rito eccezionale rispetto a quello ordinario e a quello “accelerato” ex. art. 119 c.p.a.

Proprio per il suo carattere eccezionale e proprio per la sua potenziale idoneità ad incidere pesantemente sul diritto di difesa – stante la ulteriore riduzione dei termini processuali che esso comporta – il rito super accelerato di cui all’art. 120, comma 2 bis e 6 bis, c.p.a. è destinato a trovare applicazione solo nel caso in cui sia stata effettuata la pubblicazione cui all’art. 29, comma 1, secondo periodo d.lgs. 50/2016, come, peraltro, già sottolineato in altre occasioni da questo Tribunale (cfr. T.A.R. Puglia – Bari, Sez. I, 7 dicembre 2016, n. 1367).

Difatti, l’applicabilità di questo rito risulta subordinata alla circostanza che possa ravvisarsi una concreta e netta distinzione tra la fase di ammissione/esclusione e quella di aggiudicazione; distinzione il cui indice rivelatore è ravvisabile proprio nella pubblicazione, effettuata ai sensi dell’art. 29 d.lgs. 50/2016, dei provvedimenti di ammissione/esclusione.

Come sottolineato dal Consiglio di Stato nell’ordinanza n. 1059/2017 “la novella all’art. 120 disegna per le gare pubbliche un nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda”. Tuttavia, affinché sul piano giuridico e logico possa operare questo modello di “contenzioso a duplice sequenza”, è necessario che vi sia la concreta ed oggettiva possibilità di svolgere una distinzione tra le due fasi; possibilità, evidentemente, subordinata alla circostanza che il committente abbia effettuato la pubblicazione ex art. 29 d.lgs. n. 50/2016.

Sul punto, la terza sezione del Consiglio di Stato, nella recente sentenza n. 4994/2016, ha affermato a chiare lettere che «l’onere di impugnazione immediata, nel termine di trenta giorni, del “provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali” risulta esigibile solo a fronte della contestuale operatività delle disposizioni del decreto legislativo che ne consentono l’immediata conoscenza da parte delle imprese partecipanti alla gara e, segnatamente, degli artt. 29, comma 1, e 76, comma 3.

In difetto del (contestuale) funzionamento delle regole che assicurano la pubblicità e la comunicazione dei provvedimenti di cui si introduce l’onere di immediata impugnazione – che devono, perciò, intendersi legate da un vincolo funzionale inscindibile – la relativa prescrizione processuale si rivela del tutto inattuabile, per la mancanza del presupposto logico della sua operatività e, cioè, la predisposizione di un apparato regolativo che garantisca la tempestiva informazione degli interessati circa il contenuto del provvedimento da gravare nel ristretto termine di decadenza ivi stabilito» (in tal senso cfr. anche T.A.R. Campania, Sez. I, sent. n. 2843/2017; T.A.R. Puglia, Sez. III, sent. n. 340/2017).

In sostanza, il Consiglio di Stato ha precisato che questo “micro-sistema” del rito super accelerato è destinato a trovare applicazione solo quando ci si trovi dinanzi ad un corretto funzionamento di quelle norme volte a garantire e a rendere certa la conoscenza, da parte dei soggetti interessati, di quei provvedimenti in relazione ai quali l’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. prescrive l’onere di immediata impugnazione.

Nella stessa sentenza, peraltro, il Consiglio di Stato ha precisato che qualora dovessero sorgere dei dubbi sulla applicazione delle nuove regole processuali, questi devono essere comunque risolti preferendo l’opzione ermeneutica meno sfavorevole per l’esercizio del diritto di difesa, e, dunque, l’opzione ermeneutica più conforme possibile agli artt. 24 e 113 della Costituzione, che tale diritto fondano e garantiscono.

Tale conclusione risulta pienamente conforme ai principi più volte ribaditi in ambito comunitario, in particolare nelle sentenze della Corte di Giustizia 26 novembre 2015, C-166/14 e 8 maggio 2014, C-161/13, che hanno evidenziato la violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, laddove la normativa nazionale obbligava alla proposizione di determinati ricorsi senza consentire una previa valutazione degli atti.

Tutto ciò doverosamente premesso, l’eccezione di tardività del ricorso incidentale deve ritenersi infondata.

Infatti, non potendosi applicare nel caso di specie – per le ragioni suesposte – le disposizioni di cui all’art. 120, comma 2-bis e 6-bis del c.p.a., il ricorso incidentale deve ritenersi tempestivamente proposto nei termini generali fissati dall’art. 42, comma 1, e 120, comma 5 c.p.a., risultando infondate le motivazioni offerte dal ricorrente principale a sostegno della eccezione di irricevibilità.

Accertata la tempestiva proposizione del ricorso incidentale, il Collegio ritiene che lo stesso sia infondato nel merito, e che, pertanto, vada respinto.

Quanto al primo motivo di gravame, infatti, deve ritenersi del tutto legittimo il ricorso all’avvalimento per la categoria OG11.

Sul punto, giova rilevare che il divieto di avvalimento per le categorie c.d. “susperspecialistiche” è stato introdotto solo con l’art. 89, comma 11, del d.lgs. n. 50/2016, che tuttavia ne ha rinviato l’entrata in vigore al momento in cui sarebbe stato adottato il decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti volto ad individuare le categorie in questione.

Considerato che il decreto in questione è entrato in vigore solo in data 19 gennaio 2017 – in quanto pubblicato sulla G.U. n. 3 del 4 gennaio 2017 – e che l’art. 4 dello stesso stabilisce a chiare lettere che esso “si applica alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di gara sono pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore”, il divieto di avvalimento per le lavorazioni OG11 risulta inapplicabile al bando oggetto dell’odierna controversia, il quale è stato pubblicato in data 28.12.2016, come palesemente ammesso anche dal ricorrente incidentale.

Premesso ciò, la norma intertemporale da applicare nel lasso di tempo che intercorreva tra l’adozione del d.lgs. n. 50/2016 e l’adozione del decreto in questione, veniva individuata dallo stesso art. 89, comma 11 del d.lgs. n. 50, il quale, nella parte finale precisa che “fino alla data di entrata in vigore di detto decreto, si applica l’articolo 216, comma 15”. Tale disposizione, a sua volta, richiama l’art.112 del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito con legge n. 80 del 23 maggio 2014.

Ebbene quest’ultima norma pur occupandosi delle categorie “specialistiche o superspecialistiche”, e ricomprendendo nell’elencazione delle stesse la categoria OG11, si limita semplicemente a disciplinare le modalità di sub-appalto e di costituzione di RTI, senza prevedere alcun divieto di avvalimento.

Peraltro, se il legislatore avesse voluto richiamare la disposizione in questione solo per l’individuazione di queste particolari categorie, e dunque a mera integrazione del divieto sancito dall’art. 89, comma 11 d.lgs. 50/2016, lo avrebbe fatto expressis verbis.

Invece, la circostanza che egli si sia limitato ad un generico rinvio alla disposizione di cui l’art.112 del d.l. 28 marzo 2014, n.47, convertito con legge n. 80 del 23 maggio 2014, induce a ritenere che l’intera operatività del divieto di avvalimento per le categorie c.d. “superspeciali” fosse subordinata all’entrata in vigore del decreto summenzionato, e questo in piena coerenza con la ratio che ha spinto il legislatore a disciplinare l’istituto dell’avvalimento, il quale, come peraltro a più riprese sottolineato dalla giurisprudenza (cfr. ex multis Cons. Stato Ad. Plen. 4 novembre 2016, n. 23), ha come obiettivo proprio quello di ampliare il più possibile la compagine dei partecipanti nelle gare ad evidenza pubblica.

Nel caso di specie, inoltre, la possibilità per i concorrenti di ricorrere all’avvalimento era espressamente contemplata dall’art. 14 del bando di gara e dall’art. 16 della lex specialis, i quali non prescrivevano alcuna particolare restrizione, oltre a non risultare oggetto di specifica impugnazione, visto che il ricorrente incidentale si è limitato semplicemente a impugnare genericamente il bando e il disciplinare di gara “ove occorra”, peraltro dopo cinque mesi dalla sua pubblicazione.

Giova precisare, ad abundatiam, che la Aleasya Costruzioni, in data 24-25 gennaio 2017, aveva peraltro formalmente richiesto alla S.A. se vi fosse la possibilità di ricorrere all’avvalimento, con esplicito riferimento alla categoria OG11.

A tale istanza l’Amministrazione resistente rispondeva in maniera affermativa con nota del 26 gennaio 2017, regolarmente pubblicata, che, tuttavia, non risulta essere impugnata dalla controinteressata, nonostante costituisca presupposto logico e giuridico degli atti censurati con ricorso incidentale.

La mancata impugnazione di tale nota e l’effetto di liceità in relazione al comportamento procedimentale in essa contemplato ha fatto sorgere nella Aleasya costruzioni un legittimo affidamento circa la possibilità di utilizzare l’istituto dell’avvalimento e di essere ammessa alla gara da cui scaturisce l’odierna controversia; legittimo affidamento che per consolidata giurisprudenza (cfr. ex multis Cons. Stato Sez. IV, sent. n. 977/2017; Cons. Stato Sez. III, sent. n. 03364/2017) deve necessariamente essere tutelato, posto che i partecipanti ad una gara pubblica devono poter fare pieno affidamento sulla legittimità della lex specialis – fino ad eventuale e successivo annullamento – nonché sulle indicazioni provenienti dalla Stazione Appaltante per dirimere vari dubbi in merito alla procedura di gara, pena, in caso contrario, la violazione della par condicio e del principio di certezza delle situazioni giuridiche.

Per tali ragioni, il primo motivo di ricorso incidentale deve ritenersi infondato.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale, la controinteressata censurava la nullità del contratto di avvalimento stipulato tra la Aleasya Costruzioni e la Termo Edil Gallo s.r.l., in quanto privo della indicazione delle risorse e dei mezzi messi a disposizione dall’impresa ausiliaria.

La censura risulta priva di pregio.

Infatti, per consolidata giurisprudenza, il contratto di avvalimento avente ad oggetto una qualificazione SOA deve considerarsi valido ed efficace quando, sia dal contratto che dalla dichiarazione unilaterale resa dall’impresa ausiliaria e indirizzata alla stazione appaltante, risulti che l’impresa ausiliaria presti le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2015, n. 2063; T.A.R. Basilicata, Sez. I, 5 aprile 2017, n. 299).

Sul punto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nella recente pronuncia n. 23 del 4 novembre 2016, dopo aver ricostruito i vari orientamenti giurisprudenziali formatisi sull’argomento e dopo aver precisato «che l’istituto dell’avvalimento è stato introdotto nell’ordinamento nazionale in attuazione di puntuali prescrizioni dell’ordinamento UE e che esso risulta volto, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, a conseguire l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile», ha espressamente preso posizione, affermando, a chiare lettere, che il contratto di avvalimento non può ritenersi nullo quando il suo oggetto sia stato esplicitato in modo non determinato, ma agevolmente determinabile.

Ebbene, nel caso di specie risulta che la dichiarazione sostitutiva dell’impresa ausiliaria, allegata al contratto di avvalimento e con questo depositata insieme alla domanda di partecipazione alla gara, contenga l’elenco analitico dei mezzi e degli strumenti messi a disposizione della Aleasya Costruzioni, e, dunque, consenta di individuare in maniera del tutto precisa quale sia l’oggetto del contratto.

Posto che dalla lettura dello stesso e dalla dichiarazione sostitutiva ad esso allegata può apprezzarsi in maniera evidente che l’impresa ausiliaria abbia messo a disposizione tutte le risorse e i mezzi che giustificano l’attribuzione della certificazione SOA, il Collegio non può che apprezzare in termini positivi la validità del contratto di cui trattasi, ritenendo infondata la censura mossa dal ricorrente incidentale.

Con il terzo motivo di ricorso incidentale, la controinteressata censurava, invece, la validità del contratto di avvalimento a causa della clausole inserite negli art. 2 e 3 dello stesso, in quanto ambigue e opache, potenzialmente idonee a generare equivoci e confusione nei rapporti tra S.A., impresa appaltatrice e suoi ausiliari.

Prescindendo dalla dubbia specificità con cui è stata formulata la censura in analisi, la stessa si appalesa del tutto priva di fondamento.

Infatti, da una lettura anche minimale delle clausole contrattuali censurate, emerge chiaramente la loro conformità al dettato normativo di riferimento, considerato che esse sanciscono la responsabilità solidale tra impresa concorrente e impresa ausiliaria nei confronti della stazione appaltante in maniera chiara e piena con riferimento alle prestazioni oggetto del contratto di avvalimento, così come richiesto dalla legge.

Per i motivi su esposti, il Collegio ritiene infondato il ricorso incidentale e lo respinge.

Accertata l’infondatezza del ricorso incidentale con efficacia c.d. escludente, il Collegio prosegue con l’analisi del ricorso principale, il quale, per i motivi che di seguito verranno illustrati, è fondato e, pertanto, deve essere accolto.

Nel “verbale di riunione Commissione del 30 marzo 2017”, la Commissione giudicatrice, riunitasi a seguito della diffida proposta dal ricorrente, dopo aver ammesso che “effettivamente si denota, ictu oculi, poca intelligibilità della offerta riportata in lettere dovuta a grafia poco chiara, che può prestarsi ad una lettura poco univoca da parte dei membri della commissione”, ritiene trattarsi di errore materiale, escludendo che, nel caso di specie, possa ricorrersi al c.d. soccorso istruttorio.

Sul punto, il Collegio ritiene sia doveroso compiere qualche premessa teorica generale sul c.d. “errore materiale”.

La giurisprudenza sul punto è consolidata nel definire l’“errore materiale” come quello frutto di una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione dell’offerta che deve emergere ictu oculi dal documento stesso (cfr. ex multis e tra le più recenti Cons. Stato, Sez. V, 23 marzo 2017, sent. n. 1320; Cons. Stato, Sez. V, 13 ottobre 2016, sent. n. 1699).

Ciò che caratterizza l’errore materiale è, dunque, la circostanza che questa divergenza debba emergere in maniera evidente, senza alcun bisogno che vengano compiuti ulteriori indagini finalizzate alla ricostruzione della volontà del dichiarante, il cui contenuto, nonostante l’errore, deve rimanere individuato ed individuabile, con certezza, da chiunque si appresti alla lettura e comprensione dell’atto.

Nel caso di specie, tuttavia, il Collegio ritiene non potersi ravvisare un errore materiale.

Infatti, nel provvedimento adottato dalla Commissione giudicatrice, che risulta insanabilmente contraddittorio, si precisa che l’offerta in lettere “può prestarsi ad una lettura poco univoca” e che ciò che si riesce a comprendere dell’offerta redatta in lettere è semplicemente la dicitura “….virgola sessantapercento”.

Pacificamente, dunque, la Commissione ammette di non riuscire a comprendere – se non mediante il riferimento all’offerta espressa in cifre – cosa sia scritto dinnanzi a tale dicitura, riconoscendo di non essere nella oggettiva condizione di valutare quale sia il valore dell’offerta redatta in lettere.

Cionondimeno, a ben guardare, le valutazioni espresse dalla Commissione portano ad allontanarsi, concettualmente oltreché giuridicamente, dalla categoria dell’errore materiale, riconducibile, come accennato, a quelle ipotesi in cui la volontà del dichiarante – rectius offerente – risulti in maniera chiara ed inequivoca.

L’impossibilità di ricondurre l’incomprensibilità dell’offerta espressa in cifre alla categoria dell’errore materiale, paradossalmente, viene confermata dalla stessa Commissione, nel momento in cui, nel provvedimento in esame, viene richiamato, l’art.15 della lex specialis, il quale stabilisce che “in caso di discordanza tra il ribasso indicato in cifre e quello in lettere prevale quello più vantaggioso per l’Amministrazione”.

Tuttavia, la Commissione non spiega – né avrebbe mai potuto spiegare, considerato quanto suesposto – come sia possibile ritenere che il ribasso espresso in cifre, pari all’11,60%, sia certamente più vantaggioso di quello espresso in lettere, posto che la stessa, due pagine prima, ha candidamente ammesso di non riuscire a comprendere quale effettivamente sia l’ammontare di quest’ultimo; con la conseguenza che, in ipotesi, potrebbe essere proprio l’offerta formulata in cifre – ancorché incomprensibile – quella più vantaggiosa per l’Amministrazione.

Questa circostanza è palesemente sintomatica della impossibilità di ravvisare nel caso di specie l’errore materiale, stante la assoluta e incontestabile indecifrabilità, inintelligibilità ed oscurità della volontà espressa dall’offerente.

Ciò porta a ritenere che con la valutazione consacrata nel provvedimento impugnato, la Stazione Appaltante, in concreto, abbia dato luogo o ad una manipolazione dell’offerta espressa in lettere proposta dalla prima classificata – attribuendole un valore inferiore o analogo a quello espresso in cifre – o, comunque, giungendo ad una regolarizzazione della stessa, sanandone la irregolarità mediante il riferimento all’offerta espressa in cifre.

In entrambe i casi, il modus operandi utilizzato dalla P.A. risulta sicuramente illegittimo, in quanto palesemente in contrasto con la normativa di settore e in palese violazione della par condicio fra i concorrenti.

Sull’argomento, consolidata giurisprudenza ha ribadito che non possa «consentirsi alle commissioni aggiudicatrici la modifica di una delle componenti dell’offerta sostituendosi, anche solo parzialmente, alla volontà dell’offerente e interpretando la sua stessa volontà frutto di scelte insindacabili» (cfr. Cons. Stato Ad. Plen. 13 novembre 2015, n. 10; ma cfr. in tal senso ex multis Cons. Stato Sez. III, sent. 17 luglio 2012 n. 4176; id. 26 marzo 2012 n. 1699).

Peraltro, a ulteriore conferma dell’illegittimità dell’agere dell’Amministrazione resistente, giova rilevare che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nella sentenza del 13 novembre 2015 n. 10, pronunciandosi sulla portata dell’ormai abrogato art. 119, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, abbia formulato un principio di carattere generale, pienamente applicabile al caso di specie, in forza del quale in caso di contrasto o discrasia tra offerta espressa in lettere e quella espressa in cifre, sia destinata a prevalere l’offerta espressa in lettere.

Infatti, il massimo consesso della Giustizia Amministrativa ha sottolineato che «il criterio della valorizzazione del prezzo indicato in lettere risponde ad un’esigenza di certezza tanto per i concorrenti, quanto per la stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 1 ottobre 2013 n. 4873; id., Sez. V, 12 settembre 2011, n. 5095)» e si è poi soffermato sull’importanza preminente della scritturazione dell’offerta espressa in lettere, la quale richiede – da parte del concorrente – una maggiore ponderazione rispetto alla scritturazione materiale di quella espressa in cifre.

Tale affermazione, secondo l’Adunanza Plenaria «lungi dall’essere un’ipotesi astratta e soggettiva, trova riscontro anche in altri ambiti dell’ordinamento (art. 6 r.d. n. 1669 del 1933 e art. 9 r.d. n. 1736 del 1933), a dimostrazione della volontà di attribuire rilievo ad un’esigenza di certezza ed affidamento dei destinatari dei documenti su cui vengono apposti gli importi in cifre ed in lettere.

A ben vedere, la stessa necessità di indicare anche in lettere un determinato importo, implica, a monte, la possibilità di errori di scritturazione della somma in cifre: non risponderebbe ad un criterio di ragionevolezza, ricostruire l’effettiva volontà dello scrivente in modo differente a seconda della tipologia dell’ambito in cui ci si trova; la priorità, in tal senso, attribuita all’indicazione dell’importo trascritto in lettere, consente di porre un criterio univoco ed imparziale, idoneo a superare ogni tipo di contrasto esegetico.».

Per questi motivi deve escludersi che l’Amministrazione resistente avrebbe potuto ricostruire l’effettiva volontà del concorrente riferendosi sic et simpliciter alla offerta espressa in cifre, giustificando, così, il ricorso alla categoria dell’errore materiale.

Difatti, l’offerta espressa in lettere ha come obiettivo proprio quello di garantire e tutelare la certezza e l’affidamento sia della Stazione appaltante sia degli altri concorrenti in merito alle offerte presentate in sede di gara, e tanto impediva in nuce all’Amministrazione resistente di considerare valida l’offerta proposta dalla ditta Dipergola Francesco.

Dunque, per i motivi suesposti l’offerta espressa in lettere deve considerarsi tamquam non esset, con la conseguenza che la Stazione appaltante avrebbe dovuto escludere l’offerente.

Infatti, l’art. 83 d.lgs. 50/2016, comma 9, non ammette la possibilità di sanare la «mancanza, incompletezza e […] ogni altra irregolarità essenziale degli elementi afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica»; precisando, altresì, che «costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa», con la conseguenza che in caso di offerta in lettere illeggibile e incomprensibile, come di fatto verificatosi nel caso di specie, il concorrente vada escluso dalla procedura, come confermato dalla giurisprudenza (cfr. T.A.R. Lazio, 23 gennaio 2017, n. 34).

Ad abundatiam, il Collegio ritiene perlomeno anomalo che l’offerente – circostanza non contestata in atti, ma addirittura confermata nella perizia tecnica di parte – nella parte finale dell’offerta espressa in lettere abbia scritto “…percento virgola sessanta”.

Infatti, la dicitura italiana corretta avrebbe dovuto essere “… virgola sessanta percento”, dovendosi riferire il valore percentuale tanto al numero intero quanto a quello decimale.

A ben guardare, una circostanza del genere non pare assolutamente riconducibile alla presunta disgrafia di cui, secondo il consulente tecnico di parte, risulterebbe affetto il sig. Pasquale Dipergola.

Difatti, come risulta dalla perizia di parte, la disgrafia potrebbe semplicemente giustificare, in ipotesi ed in astratto, la personalizzazione del corsivo scolastico da parte dello scrivente, ma non anche l’anteposizione del lemma “percento” a quello “sessanta”.

Una siffatta anomalia idiomatica non può passare inosservata nel caso di specie ed induce, ancora una volta, a qualificare l’offerta come affetta da una “irregolarità essenziale”, a causa della quale non è possibile individuarne con certezza il suo contenuto; si tratta, a ben guardare, di una irregolarità che impedisce, in maniera incontestabile, di valutare quale fosse la effettiva ed originaria volontà dell’offerente.

Infatti, a causa della anomala formulazione dell’offerta espressa in lettere non è dato comprendere se nel ribasso percentuale vada incluso anche il valore decimale o meno, con l’immediata conseguenza che, ex art. 83 comma 9 d.lgs. 50/2016, il concorrente avrebbe dovuto essere escluso dalla stazione appaltante.

Inoltre, la formulazione dell’offerta espressa in lettere fa sorgere ragionevoli dubbi sul carattere genuino della stessa, posto che riesce oggettivamente difficile spiegare e comprendere perché il lemma “percento” sia stato anteposto a quello “sessanta”, considerando, peraltro, che la controinteressata non ha fornito in atti alcuna delucidazione sul punto, nonostante l’argomento sia stato sollevato dalla ricorrente.

Per tutti i motivi suesposti il ricorso principale deve essere accolto in quanto fondato nel merito delle argomentazioni in esso svolte.

Da ultimo, le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Comune di Foggia e la ditta Dipergola Francesco Paolo, in solido fra loro, al pagamento delle spese di lite in favore di Palma Roberto, liquidandole complessivamente in € 5.000,00 (euro cinquemila,00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Alfredo Giuseppe Allegretta
        
IL PRESIDENTE
Angelo Scafuri
        
        
IL SEGRETARIO

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