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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto degli alimenti, Diritto venatorio e della pesca, Fauna e Flora Numero: 41531 | Data di udienza: 15 Dicembre 2016

* PESCA – DIRITTO ALIMENTARE – FAUNA E FLORA – Vongole aventi una dimensione inferiore a quella minima – Detenzione e commercializzazione – Assenza di autorizzazione – Struttura commerciale caratterizzata da una certa semplicità – Responsabilità penale del legale rappresentante della società – Funzioni di semplice marinaio e delega di funzioni ad altro soggetto – Esistenza di norme interne preventivamente fissate – Necessità. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 12 Settembre 2017
Numero: 41531
Data di udienza: 15 Dicembre 2016
Presidente: Ramacci
Estensore: Gentili


Premassima

* PESCA – DIRITTO ALIMENTARE – FAUNA E FLORA – Vongole aventi una dimensione inferiore a quella minima – Detenzione e commercializzazione – Assenza di autorizzazione – Struttura commerciale caratterizzata da una certa semplicità – Responsabilità penale del legale rappresentante della società – Funzioni di semplice marinaio e delega di funzioni ad altro soggetto – Esistenza di norme interne preventivamente fissate – Necessità. 



Massima

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 12/09/2017 (ud. 15/12/2016), Sentenza n.41531


PESCA – DIRITTO ALIMENTARE – FAUNA E FLORA – Vongole aventi una dimensione inferiore a quella minima – Detenzione e commercializzazione – Assenza di autorizzazione – Struttura commerciale caratterizzata da una certa semplicità – Responsabilità penale del legale rappresentante della società – Funzioni di semplice marinaio e delega di funzioni ad altro soggetto – Esistenza di norme interne preventivamente fissate – Necessità. 
 
Affinché la responsabilità penale del legale rappresentante della società cui è, dal punto di vista economico, ascrivibile la condotta materiale oggetto della imputazione, sia scriminata dalla avvenuta delega di funzioni ad altro soggetto, cui competeva di verificare la correttezza della esecuzione delle operazioni oggetto della imputazione, è necessario, oltre che tale delega risulti dalla esistenza di norme interne preventivamente fissate (Corte di cassazione, Sezione III penale, 26/05/1994; n. 6170), anche che questa si riferisca ad una realtà imprenditoriale che, per dimensioni aziendali, giustifichi la necessità di decentrare sotto il profilo soggettivo le responsabilità, non potendo questa, per motivi logici prima ancora che giuridici (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 29/10/1997, n. 9715), essere integralmente addossata ad un unico soggetto, circostanza, invece, pienamente legittima, ove si tratti di una struttura commerciale caratterizzata da una certa semplicità (Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 novembre 2013, n. 46710).
 

(dichiara inammissibili il ricorso avverso sentenza n. 203 del TRIBUNALE DI PESARO del 3/3/2016) Pres. RAMACCI, Rel. GENTILI, Ric. Bargnesi

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 12/09/2017 (ud. 15/12/2016), Sentenza n.41531

SENTENZA

 

 
 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 12/09/2017 (ud. 15/12/2016), Sentenza n.41531
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
Sul ricorso proposto da BARGNESI Cesarino, nato a Fano (Pu) il 20 marzo 1946;
 
avverso la sentenza n. 203 del Tribunale di Pesaro del 3 marzo 2016; 
 
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo; 
 
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
 
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Stefano TOCCI, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; 
 
sentita, altresì, per il ricorrente, in sostituzione dell’avv. Giancarlo DI GIULIO, del foro di Roma, l’avv.ssa Cynthia DE CONCILIIS, del foro di Roma, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
Il Tribunale di Pesaro, rigettando la opposizione a decreto penale dallo stesso proposta, ha dichiarato, con sentenza del 3 marzo 2016, la penale responsabilità di Bargnesi Cesarino in ordine al reato di cui all’art. 15, comma 1, lettera e), della legge n. 963 del 1965, per avere, in qualità di legale rappresentante della Società del Mare Sri, detenuto e commercializzato circa 710 Kg di vongole aventi una dimensione inferiore a quella minima, senza la prescritta autorizzazione degli organi competenti, e lo ha, pertanto, condannato alla pena pecuniaria ritenuta di giustizia.
 
Avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione, in proprio, il Bargnesi, deducendo due motivi di ricorso; il primo relativo ad una ipotizzata violazione di legge nonché al vizio di motivazione per essere stato il ricorrente dichiarato responsabile del reato in questione, sebbene egli, pur rivestendo la qualifica, peraltro sostanzialmente onoraria, di Presidente del Consiglio di amministrazione della Società del Mare Srl, non aveva compiti di gestione della fase commerciale, al cui svolgimento egli non era peraltro culturalmente attrezzato avendo sempre svolto le funzioni di semplice marinaio, essendo stati questi compiti delegati al Direttore generale, sig. Perugini Mauro, coimputato in concorso con l’attuale ricorrente e destinatario dell’originario decreto penale dal medesimo non opposto e divenuto, pertanto, definitivo nei suoi confronti.
 
Quale secondo motivo di impugnazione il ricorrente ha dedotto, sempre sotto il profilo della violazione di legge, la illegittimità della sentenza impugnata per essere stata determinata la pena a carico del Bargnesi in misura superiore al massimo previsto relativamente al periodo in cui la condotta contestata sarebbe stata compiuta.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è inammissibile.
 
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
 
Osserva, infatti, il Collegio che, affinché la responsabilità penale del legare rappresentante della società cui è, dal punto di vista economico, ascrivibile la condotta materiale oggetto della imputazione, sia scriminata
dalla avvenuta delega di funzioni ad altro soggetto, cui competeva di verificare la correttezza della esecuzione delle operazioni oggetto della imputazione, è necessario, oltre che tale delega risulti dalla esistenza di 
norme interne preventivamente fissate (Corte di cassazione, Sezione III penale, 26 maggio 1994; n. 6170), anche che questa si riferisca ad una realtà imprenditoriale che, per dimensioni aziendali, giustifichi la necessità di decentrare sotto il profilo soggettivo le responsabilità, non potendo questa, per motivi logici prima ancora che giuridici (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 29 ottobre 1997, n. 9715), essere integralmente addossata ad un unico soggetto, circostanza, invece, pienamente legittima, ove si tratti di una struttura commerciale caratterizzata da una certa semplicità (Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 novembre 2013, n. 46710).
 
Nel caso di specie, appare ricorrere questa seconda ipotesi tipologica, anche in funzione della struttura societaria della impresa della quale il Bargnesi era al momento dei fatti il legale rappresentante; si tratta, infatti, di una Sri, il che induce a ritenere la esistenza di una struttura sociale non particolarmente complessa, nella quale la pur esistente delega di funzioni non vale comunque ad esimere il soggetto dall’esercitare il doveroso controllo sul rispetto della normativa connessa allo svolgimento dell’oggetto sociale.
 
Né ha un qualche rilievo il fatto che il ricorrente, privo di competenze tecniche, fosse stato investito della sua carica a scopi solo onorifici e con il carattere della gratuità, trattandosi, a tutto voler concedere, di profili meramente interni irrilevanti con riguardo alle eventuali responsabilità esterne.
 
Relativamente al secondo motivo di impugnazione, osserva il Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dal Bargnesi, il trattamento sanzionatorio applicabile alla fattispecie a lui contestata, cioè quello previsto dall’art. 24 della legge n. 935 del 1965, ora abrogato per effetto della entrata in vigore del dlgs n. 4 del 2012, che all’art. 8 prevede, per la condotta addebitata al Bargnesi, sanzioni più severe di quelle precedenti, non è affatto stato violato dalla sentenza ora impugnata.
 
Infatti, l’originario impianto sanzionatorio, era già stato modificato con la legge n. 381 del 1988, nel senso di prevedere, quanto alle sanzioni pecuniarie, una forcella edittale oscillante, operata la conversione della precedente moneta con quella avente corso legale, fra euro 516 ed euro 3098. 
 
Del tutto legale è, pertanto, la sanzione irrogata a carico del Bargnesi in misura, contenuta al di sotto del medio edittale, pari ad euro 1.500,00 di ammenda. 
 
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, visto l’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del prevenuto al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
PQM
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016
 
 
 
 
 
 
 

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