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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale amministrativo Numero: 2401 | Data di udienza: 4 Ottobre 2017

PROCESSO AMMINISTRATIVO – Notifica telematica di un atto processuale ad un’amministrazione pubblica – Indirizzo pec – ReGIndE.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Sicilia
Città: Catania
Data di pubblicazione: 13 Ottobre 2017
Numero: 2401
Data di udienza: 4 Ottobre 2017
Presidente: Savasta
Estensore: Boscarino


Premassima

PROCESSO AMMINISTRATIVO – Notifica telematica di un atto processuale ad un’amministrazione pubblica – Indirizzo pec – ReGIndE.



Massima

 

TAR SICILIA, Catania, Sez. 3^ – 13 ottobre 2017, n. 2401


PROCESSO AMMINISTRATIVO – Notifica telematica di un atto processuale ad un’amministrazione pubblica – Indirizzo pec – ReGIndE.

Ai fini della notifica telematica di un atto processuale ad una amministrazione pubblica non potrà utilizzarsi qualunque indirizzo pec, ma solo quello inserito nell’apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia (Reginde), al quale gli enti avrebbero dovuto comunicarli entro il 30 novembre 2014. Al recapito Pec presso il Reginde si riconnettono infatti peculiari effetti legali (tra i quali la ricezione delle notificazioni degli atti giudiziari) ai quali corrispondono altrettanti oneri in capo all’Amministrazione, in termini sia di frequenza di consultazione della casella di posta elettronica certificata che di predisposizione di mezzi e personale idonei, oneri non collegabili ad altri recapiti p.e.c., proprio perché non utilizzabili a fini di ricezione di notificazioni.

Pres. Savasta, Est. Boscarino – G.S. (avv. Amato) c. Comune di Melilli (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR SICILIA, Catania, Sez. 3^ - 13 ottobre 2017, n. 2401

SENTENZA

 

TAR SICILIA, Catania, Sez. 3^ – 13 ottobre 2017, n. 2401

Pubblicato il 13/10/2017

N. 02401/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01215/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1215 del 2017, proposto da:
Giuseppe Sorbello, rappresentato e difeso dall’avvocato Daniel Amato, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Carnazza n. 51;


contro

Comune di Melilli, non costituito in giudizio;

nei confronti di

Giuseppe Carta, rappresentato e difeso dall’avvocato Salvatore Virzi’, con domicilio eletto presso il suo studio in Enna, corso Sicilia 123;
Antonio Annino, Maria Nicotra, Bafumi Concetta, Caruso Mirko, Coco Vincenzo, Cutrona Rosario, Gigliuto Sebastiano, Miceli Santo, Quadarella Concetta, Riggio Teresa, Sbona Salvatore, Scollo Antonino, Scollo Pietro, Ternullo Daniela, Valenti Barbara, non costituiti in giudizio;
Salvo Cannata e Alessia Mangiafico, rappresentati e difesi dall’avvocato Marcello Scurria, con domicilio eletto presso il suo studio in Messina, via E.L. Pellegrino 103;

per l’annullamento

del Verbale di proclamazione dell’elezione alla carica di Sindaco del 14.6.2017, del Verbale delle Operazioni dell’Adunanza dei Presidenti delle Sezioni, dei Verbali delle Operazioni dei Seggi Elettorali del Comune di Melilli (nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali);

nonché per la correzione

del risultato elettorale ex art. 130 c.p.a. e/o per l’annullamento delle operazioni elettorali, previa verificazione ex art. 66 c.p.a. consistente nell’esame dei verbali dei seggi elettorali, dei tabelloni di scrutinio e il riconteggio delle schede elettorali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’art. 130 cod. proc. amm.;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Giuseppe Carta, di Salvo Cannata e di Alessia Mangiafico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2017 la dott.ssa Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente, candidato a Sindaco nell’ultima tornata elettorale per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale del Comune di Melilli, in data 11 Giugno 2017, con il ricorso introduttivo del presente giudizio, ha chiesto l’annullamento delle operazioni elettorali, lamentando che gravi irregolarità avrebbero inficiato la correttezza delle operazioni di voto e di scrutinio.

Viene precisato in ricorso che in data 14 Giugno 2017 il Presidente dell’Adunanza dei Presidenti di seggio ha proclamato eletto alla carica di Sindaco del Comune di Melilli il Sig. Giuseppe Carta.

All’esito dello scrutinio finale, il ricorrente è risultato secondo, con una differenza pari ad otto preferenze.

Sul contraddittorio processuale il ricorrente rileva che il Comune di Melilli è l’Ente titolare della legittimazione passiva in quanto Ente locale interessato dalla competizione elettorale, il quale si appropria del risultato elettorale e vede riverberarsi su di sé gli effetti dell’annullamento o della conferma della proclamazione degli eletti (come d’altra parte più volte affermato anche da questo Tribunale), mentre gli altri candidati alla carica di Sindaco del Comune di Melilli sono qualificabili come controinteressati.

Con il primo motivo si lamenta che al termine del conteggio dei voti avvenuto nella sezione numero 1 il totale di quelli validi non sarebbe coincidente con i voti di preferenza attribuiti ai candidati a sindaco, come comprovato dalla dichiarazione di uno degli scrutatori, dalla quale, inoltre, si desume la mancata attribuzione di un voto di preferenza attribuibile al ricorrente (sebbene l’elettore avesse sbarrato la lista “RITORNIAMO AL FUTURO – GIUSEPPE SORBELLO SINDACO” ed indicato le preferenze al Consiglio Comunale della relativa lista).

Con il secondo motivo si lamenta la mancata attribuzione di preferenze al ricorrente nei seggi numeri 9, 10 e 12, come dichiarato dai rappresentanti di lista, in violazione degli artt. 48 e 49 D.P.R.S. 20.8.1960 n. 3; circa il seggio n.10, inoltre, la Segretaria del Seggio Elettorale asserisce di aver visto una scheda elettorale deteriorata e che – sebbene dovesse essere oggetto di annullamento in virtù del possibile riconoscimento del voto – la preferenza di voto ivi contenuta è stata ritenuta valida dal Presidente di Seggio; quanto al seggio numero 12, alcune schede elettorali con preferenza per l’altro candidato a sindaco sarebbero state ritenute valide pur in presenza di palesi segni di riconoscimento; lo stesso presidente avrebbe verbalizzato che i dati riferiti alla lista del candidato ricorrente non consentivano di pervenire a risultanze univoche.

Con il terzo motivo si deduce che la segretaria del seggio elettorale numero 10 ha verbalizzato l’esistenza di una discrasia in sede di conteggio delle schede elettorali (779 anziché 780); un testimone avrebbe dichiarato di aver assistito all’introduzione nel medesimo seggio di una scheda dall’esterno, ciò che consente di alterare del tutto il risultato elettorale. In proposito, la non congruità dei voti riportati nei verbali di seggio rispetto ai tabelloni di scrutinio manifesta la possibile sussistenza del fenomeno della c.d. “scheda ballerina”, ovvero di quella scheda che “si perde” al seggio elettorale e sarebbe usata per controllare il voto, secondo un meccanismo tale da alterare radicalmente il risultato elettorale.

Con il quarto motivo si lamenta che il presidente della sezione elettorale numero 10 dichiarava di non poter vidimare le schede contenenti voti nulli, in violazione di quanto previsto dalla legge (art. 37 D.P.R.S. 3/1960).

Con il quinto motivo si deduce che dal verbale delle operazioni dell’adunanza dei presidenti di sezione risulterebbe la non congruenza dei voti assegnati alla sezione numero 12, che risultano pari a quelli assegnati ai candidati alla carica di sindaco; a conferma viene richiamato il verbale dell’adunanza dei presidenti, pag.34/35 .

Con il sesto motivo si asserisce che dalle dichiarazioni di alcuni scrutatori sarebbe evidente l’inosservanza della disciplina per le operazioni di spoglio (art. 68 del D.P.R. n. 570/60) nelle sezioni numeri 1, 10 e 12, con il conseguente possibile inquinamento dell’intero risultato elettorale.

Si è costituito in giudizio Carta Giuseppe, il quale (dopo aver premesso che il decreto di fissazione dell’udienza del 4 ottobre 2017 adottato dal presidente della sezione è stato pubblicato il 14 luglio 2017 e comunicato al ricorrente lo stesso giorno, che il ricorrente ha notificato ricorso e decreto mediante spedizione per mezzo del servizio postale, ai sensi della l. 53/1994, in data 20.07.2017 ai quattro soggetti che hanno partecipato alla competizione elettorale per il rinnovo della carica di sindaco, mediante p.e.c. in data 20.07.2017 al Comune di Melilli, mediante p.e.c. in data 27.08.2017 ai 15 consiglieri comunali in carica, provvedendo a depositare in giudizio la prova delle notifiche in data 29 e 30 .08.2017) formula anzitutto alcune eccezioni in rito:

1. delle quattro notificazioni eseguite a mezzo del servizio postale dal ricorrente in data 20.07.2017 l’unica utilmente effettuata sarebbe quella nei confronti del sig. Carta Giuseppe, eletto nella carica di Sindaco del comune di Melilli delle cui elezioni si tratta; le altre tre notifiche sarebbero inutili; con l’effetto che il deposito del ricorso sarebbe dovuto avvenire entro il perentorio termine del 30 luglio 2017 (10 giorni dalla notificazione eseguita in data 20.07.2017), con conseguente tardività del ricorso;

2. inesistenza e/o nullità della notifica eseguita dal ricorrente in data 20.07.2017 nei confronti del comune di Melilli: dall’esame della relata di notifica, avvenuta a mezzo P.E.C., risulta dichiarato dal difensore del ricorrente che l’indirizzo p.e.c. protocollo@pec.comune.melilli.sr.it è stato estratto dal “registro P.E.C. delle P.P.A.A.”

Ma il controinteressato ha eseguito una verifica tesa ad accertare la presenza del detto indirizzo p.e.c. presso il pubblico elenco delle P.A. tenuto dal Ministero della Giustizia (sul sito https://pst.giustizia.it/PST/it/homepage.wp), senza esito;

3. il professionista notificante è obbligato ad indicare nella relata di notifica l’elenco pubblico da cui ha tratto l’indirizzo p.e.c. di destinazione;

4. il ricorrente non ha ritualmente chiesto l’attribuzione di alcun voto in suo favore e/o l’annullamento di voti invece attribuiti ad altri candidati;

inoltre si deduce

5. metodo “esplorativo” nelle censure.

Cannata e Mangiafico (eletti consiglieri comunali), costituitisi in giudizio, chiedono anzitutto la cancellazione di frasi offensive contenute nel ricorso (“Le operazioni di voto e di scrutinio sono state gravemente influenzate dalla presenza di un sodalizio criminoso che ha turbato la competizione elettorale, sia in termini di compravendita di voti sia per quanto riguarda il condizionamento delle operazioni elettorali”).

Deducono, in rito, l’inammissibilità del ricorso perché notificato ad alcuni consiglieri comunali tardivamente e presso indirizzi pec non desunti da pubblici elenchi, così come l’indirizzo PEC del Comune utilizzato ai fini della notifica non è stato desunto dai pubblici elenchi dai quali estrarre gli indirizzi pec da utilizzare per le notificazioni.

Inoltre, non sarebbe stato richiesto espressamente l’annullamento del verbale di proclamazione degli eletti al consiglio comunale, nonostante nell’attuale sistema elettorale dei Comuni l’elezione

del Consiglio Comunale sia strettamente legata a quella del Sindaco.

Conseguirebbe l’inammissibilità dell’impugnazione del risultato elettorale rivolta solo contro l’elezione del Sindaco e non anche nei confronti della proclamazione del Consiglio comunale.

In ogni caso mancherebbe la necessaria prova di resistenza.

Il ricorrente controdeduce, con memoria del 12.9.2017, che:

1. notifiche e depositi sarebbero avvenuti in coerenza con le previsioni del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza; ove necessario, chiede comunque la rimessione in termini per errore scusabile;

2. la notifica al comune deve ritenersi valida, anche se eseguita presso un indirizzo pec tratto dal registro IPA (indicato tra i pubblici elenchi fino al 18 Agosto 2014 e pubblicamente consultabile), anziché dal REGINDE, poiché ai fini della validità della notifica a nulla rileva da quale elenco sia stato estratto l’indirizzo PEC, purché si tratti di un elenco pubblico.

L’indirizzo protocollo@pec.comune.melilli.sr.it è indicato nell’I.P.A. e nel sito web del Comune di Melilli e corrisponde alla casella pec istituzionale dell’Ufficio Protocollo, ossia dell’ufficio pubblico preposto alla ricezione degli atti.

D’altra parte, l’Amministrazione Comunale di Melilli è proprietaria della casella pec in questione.

In ogni caso, poiché il ricorso elettorale notificato a mezzo pec del 20.7.2017 sarebbe stato

incamerato nel protocollo generale del Comune di Melilli, il ricorrente invoca l’applicazione di quanto disposto dall’art. 156 c.p.c. secondo il quale: << La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato>>.

In via subordinata, il ricorrente chiede la rimessione in termini per effettuare un’ulteriore notificazione (cartacea) del ricorso all’Amministrazione Comunale resistente.

All’udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2017 le parti hanno discusso la causa, insistendo nelle relative conclusioni; quindi il ricorso è stato trattenuto in decisione.


DIRITTO

I. Il Collegio procede all’esame delle eccezioni in rito.

Può prescindersi dalla questione di irritualità del deposito (avvenuto in data 12/09/2017) della memoria di parte ricorrente, sollevata nel corso dell’udienza del 4.10.2017, atteso che tutte le difese ivi contenute sono state svolte anche oralmente in pubblica udienza, investendo quindi comunque il Collegio dell’esame di tali argomentazioni.

II. La prima delle eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevata da Carta, è infondata: il plico postale, spedito in data 20.07.2017, risulta pervenuto al destinatario in data 25.07.2017 (come comprovato dall’esame della cartolina di ritorno e comunque ammesso dallo stesso interessato); ed è da tale data che devono essere calcolati i 10 giorni per il deposito, atteso che il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente, che si avvalga per la notificazione del servizio postale, decorre non dalla data della spedizione del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione).

Infatti, per pacifica giurisprudenza, il deposito del ricorso deve avvenire entro il termine perentorio previsto dal C.P.A. decorrente dall’ultima notifica (in particolare dal momento in cui l’ultima notificazione dell’atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario).

Per cui il deposito risulta tempestivo, tenendo conto della sospensione feriale dei termini.

III. La seconda eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notifica al Comune di Melilli (sollevata da tutti e tre i controinteressati) risulta invece fondata, intendendo il Collegio aderire all’indirizzo recentemente espresso dal T.A.R. Sicilia, sent. n.1842/2017 del 13.7.2017, secondo il quale <<il D.M. 16 febbraio 2016, n. 40, recante le regole operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico, all’art. 14 stabilisce che le notificazioni alle amministrazioni non costituite in giudizio sono eseguite agli indirizzi PEC di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 del 2012, conv. in L. n. 221/2012.

Il predetto comma 12 (come modificato da ultimo ad opera del D.L. n. 90/2014, conv. in L.n. 114/2014) onerava le amministrazioni pubbliche di comunicare entro il 30 novembre 2014 l’indirizzo di posta elettronica certificata ai fini della formazione dell’elenco presso il Ministero della Giustizia.

Il comma 1 bis, aggiunto all’art. 16 ter del medesimo D.L. n. 179 cit. dalla l.n. 114/2014, estende alla giustizia amministrativa l’applicabilità del comma 1 dello stesso art. 16 ter, a tenore del quale ai fini della notificazione si intendono per pubblici elenchi "quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto; dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dall’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia". Non è più espressamente annoverato tra i pubblici elenchi dai quali estrarre gli indirizzi pec da utilizzare per le notificazioni e comunicazioni degli atti il registro IPA, disciplinato dall’art. 16, comma 8, D.L. 29 novembre 2008, n. 185, conv. in L.n. 2/2009.

Più precisamente, l’art. 16 L.n. 2/2009, al comma 8, prevedeva che tutte le amministrazioni pubbliche istituissero una casella di posta elettronica certificata e ne dessero comunicazione al Centro Nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, che così provvedeva alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica.

L’elenco, l’IPA appunto, era stato dapprima equiparato agli elenchi pubblici dai quali poter acquisire gli indirizzi pec validi per le notifiche telematiche dall’art. 16 ter D.L. n. 179/2012. Ma quest’ultima disposizione è stata modificata dall’art. 45 bis, comma 2 lettera a) numero 1), D.L. n. 90/2014 nel senso sopra trascritto ed il registro IPA, che prima era espressamente contemplato, non è stato più richiamato dalla norma come novellata, che continua a richiamare l’art. 16 L.n. 2/2009, ma limitatamente al comma 6, che riguarda il registro delle imprese.

Ne discende che ai fini della notifica telematica di un atto processuale ad una amministrazione pubblica non potrà utilizzarsi qualunque indirizzo pec, ma solo quello inserito nell’apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia, al quale gli enti avrebbero dovuto comunicarli entro il 30 novembre 2014 (sent. n.1842/17 cit.)>>.

Nel caso in esame, parte ricorrente conferma di aver notificato il ricorso all’indirizzo pec del Comune desunto dal registro IPA; e d’altra parte la controinteressata ha documentato, non contraddetta dalla parte ricorrente, che il Comune di Melilli non ha un indirizzo pec in pubblico elenco utilizzabile ai fini della notificazione in via telematica ex art. 16, comma 12, D.L. n. 179/2012.

Ora, nello stesso solco della decisione n.1842/17 sopra indicata, il T.A.R. Basilicata, Sez. I, con sent. n. 607/2017 del 21.9.2017 ritiene irrilevante che il sito dell’Amm.ne intimata rechi l’indicazione del recapito p.e.c. (come nel caso in esame, recapito utilizzato ai fini della notificazione del ricorso), circostanza inidonea ad integrare l’errore scusabile, in quanto le amministrazioni pubbliche, in adempimento alle norme del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, sono tenute a pubblicare nella pagina iniziale del loro sito un indirizzo di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta, ma la normativa in proposito nulla prevede in relazione alla notificazione dei ricorsi giurisdizionali; ora, l’art. 37 cod. proc. amm. riconnette l’errore scusabile alla «presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto», nella specie non ravvisabili. Del resto, si tratta di istituto di carattere eccezionale, che introduce una deroga al principio cardine della perentorietà dei termini di impugnativa, sicché la disposizione è di stretta interpretazione.

Per altro, continua la predetta decisione n. 607/17, incombe sul ricorrente l’onere di verificare se l’eventuale recapito indicato dall’Amministrazione sul proprio sito sia utile non solo per l’accettazione della corrispondenza proveniente dall’utenza, ma anche ai fini della notificazione dei ricorsi in vigenza del c.d. processo amministrativo telematico. Né tale attività si appalesa di speciale difficoltà, risolvendosi la stessa nella consultazione dei registri all’uopo individuati dalle disposizioni di riferimento, innanzi richiamate.

Tale orientamento va condiviso, in considerazione del fatto che al recapito Pec presso il Reginde si riconnettono peculiari effetti legali (tra i quali la ricezione delle notificazioni degli atti giudiziari) ai quali corrispondono dunque altrettanti oneri in capo all’Amm.ne, in termini sia di frequenza di consultazione della casella di posta elettronica certificata che di predisposizione di mezzi e personale idonei, oneri non collegabili ad altri recapiti p.e.c., proprio perché non utilizzabili a fini di ricezione di notificazioni.

Non può neanche essere accolta l’istanza di applicazione dell’art. 156 c.p.c., in carenza di costituzione della controparte (cfr. art. 44, comma 3, c.p.a.), sicché non risulta documentato che l’atto abbia comunque raggiunto lo scopo.

Né può darsi rilievo all’osservazione, contenuta nella memoria del 12.9.2017 e ribadita in udienza, secondo la quale il Comune, di seguito a notifiche presso il contestato indirizzo pec, in altre occasioni, si è costituito in giudizio, poiché tale affermazione avvalora soltanto che in quel caso vi è stato il raggiungimento dello scopo.

Analogamente non utile per sostenere le ragioni dell’ammissibilità del gravame appare l’ulteriore osservazione secondo la quale il ricorso sarebbe stato protocollato in ingresso, circostanza, questa, ove mai rilevante (posto quanto chiarito in ordine agli uffici preposti e alla diversa “attenzione” necessaria per le notifiche degli atti giudiziari), non supportata documentalmente, neanche sotto il profilo di richiesta di accesso o visione atti.

Il ricorso, dunque, come premesso, risulta inammissibile.

III. Venendo alla istanza di cancellazione di frasi offensive contenute nel ricorso (questione trattata per ultima solo per ragioni espositive), il Collegio premette che la regola processualcivilistica in questione, applicabile al processo amministrativo in forza del rinvio operato dall’art. 39 c.p.a., consiste nell’ordine da parte del giudice di eliminare le frasi sconvenienti e offensive contenute negli atti del processo o pronunciate innanzi al giudice.

Questo Tribunale (sez. IV, 12/09/2011, n. 2217) ha condivisibilmente affermato che il presupposto perché il giudice possa disporre la cancellazione di alcune frasi da scritti difensivi, in quanto ritenute offensive, è che tali frasi siano espressione di un abuso della difesa, caratterizzato dall’intento di offendere la controparte o i suoi difensori; vanno, invece, respinte istanze di cancellazione dagli atti di causa riconducibili ad espressioni anche gratuite ed ultronee, ma comunque comprese negli ordinari limiti dell’incarico professionale ricevuto dal difensore e non in grado, oggettivamente, di evidenziare un atteggiamento ostile di quest’ultimo nei confronti della parte avversa.

Nel caso specifico, le frasi in questione appaiono prive dell’intento denigratorio ed offensivo gratuito, in quanto evidentemente collegate ai gravi fatti e circostanze denunciati da numerosi testimoni e oggetto di indagine da parte dell’autorità giudiziaria, pertanto strumentali al diritto di difesa e strettamente collegate alle argomentazioni difensive.

IV. Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile

La novità della questione in rito trattata (novità confermata anche dalla prossimità alla presente decisione dei precedenti citati) giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa ed incarica la Segreteria di trasmetterne copia al Sindaco di Melilli ed al Prefetto di Siracusa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Pancrazio Maria Savasta, Presidente
Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore
Giuseppa Leggio, Consigliere

L’ESTENSORE
Maria Stella Boscarino
        
IL PRESIDENTE
Pancrazio Maria Savasta
        

IL SEGRETARIO

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