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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 46454 | Data di udienza: 17 Febbraio 2017

RIFIUTI – Deposito sul terreno di rifiuti speciali non pericolosi – Materiale edili, sfridi di marmo, rocce, terre di scavo – Discarica non autorizzata – Configurabilità – Artt. 255, 256, c.3, d. lgs. n.152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Ottobre 2017
Numero: 46454
Data di udienza: 17 Febbraio 2017
Presidente: AMOROSO
Estensore: SOCCI


Premassima

RIFIUTI – Deposito sul terreno di rifiuti speciali non pericolosi – Materiale edili, sfridi di marmo, rocce, terre di scavo – Discarica non autorizzata – Configurabilità – Artt. 255, 256, c.3, d. lgs. n.152/2006.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 10/10/2017, (Ud. 17/02/2017) Sentenza n.46454


RIFIUTI – Deposito sul terreno di rifiuti speciali non pericolosi – Materiale edili, sfridi di marmo, rocce, terre di scavo – Discarica non autorizzata – Configurabilità – Artt. 255, 256, c.3, d. lgs. n.152/2006.
 
Configura realizzazione di un discarica non autorizzata, integrando il reato di cui all’art. 256, comma 3, d. lgs. 152/2006, il reiterato deposito sul terreno di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da materiale edili, sfridi di marmo, rocce, terre di scavo.

 
(Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del 04/11/2015 della CORTE APPELLO di LECCE) Pres. AMOROSO, Rel. SOCCI, Ric. Russo

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 10/10/2017, (Ud. 17/02/2017) Sentenza n.46454

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 10/10/2017, (Ud. 17/02/2017) Sentenza n.46454
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da RUSSO DOMENICO nato il 23/12/1931 a CALIMERA;
 
avverso la sentenza del 04/11/2015 della CORTE APPELLO di LECCE;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;
 
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIULIO ROMANO che ha concluso per: «Rigetto del ricorso»
 
Udito il difensore, Avv. Domenico Mastrolia – sost. proc. – che ha concluso per: «Accoçlimento del ricorso».
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. La Corte di appello di Lecce con decisione del 4 novembre 2015 confermava la sentenza del Tribunale di Lecce, del 16 ottobre 2012, che aveva condannato Russo Domenico alla pena di mesi 6 di arresto ed € 2.000,00 di ammenda, per il reato di cui all’art. 256, comma 3, d. lgs. 125/2006, perché realizzava un discarica non autorizzata sul terreno di sua proprietà … facendovi depositare rifiuti speciali non pericolosi costituiti da materiale edili, sfridi di marmo, rocce, terre di scavo, per una superficie di circa 100 m.q., e facendoli spianare e livellare con l’ausilio di una pala meccanica. Accertato in Calimera il 4 marzo 2011.
 
2. L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, tramite difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
 
2. 1. Vizio di motivazione, carenza totale di motivazione e contraddittorietà in relazione alle condizioni soggettive del ricorrente.
 
L’affermazione di responsabilità del ricorrente si pone in contraddizione con gli accertamenti sullo stato di salute dello stesso, come emerge dalla documentazione medica prodotta, nonché dalla stessa testimonianza dell’ispettore Buono Raffaele, il quale afferma che al momento del sequestro era giunto il figlio del ricorrente poiché Russo Domenico non era in grado di intervenire; giungendo solo dopo, piano piano.
 
La sola proprietà dell’area non è elemento sufficiente all’affermazione di responsabilità per il reato contestato, inoltre anche la natura dei materiali, ritenuti della stessa specie di quelli relativi all’attività precedentemente svolta dal ricorrente (marmista) non è idonea ad affermarne la responsabilità; posto che la stessa Corte di Cassazione ha ritenuto non configurabile, in forma omissiva, il reato di gestione e realizzazione di discarica abusiva nei confronti del proprietario di un terreno, sul quale terzi abbiano illecitamente depositato i rifiuti (Cass. n. 49327/2013). 
 
2. 2. Omessa motivazione sulla sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie contestata, contrasto palese tra sentenza è materiale probatorio acquisito.
 
Erronea applicazione della legge penale, art. 256, comma 3, 255 e 256, lettera a, d. lgs 152/2006.
 
Per la realizzazione di una discarica abusiva sono necessarie tanto una condotta di accumulo di rifiuti reiterata nel tempo quanto il degrado da questa derivante dell’area in cui la condotta esprime i propri effetti. Nella sentenza impugnata manca qualsiasi accertamento su questi elementi. L’area interessata dai cumuli di rifiuti è solo quella posta ai due angoli opposti del terreno, come emerge dalle fotografie in atti, mentre alcun cumulo e tantomeno alcuna traccia di degrado sono rinvenibili nella restante area. Conseguentemente la condotta andava qualificata come illecito amministrativo di cui all’articolo 255, d. lgs. 152/2006, mero abbandono di rifiuti non pericolosi, in via subordinata nell’illecito di cui all’articolo 256 comma 1, lettera A, d. lgs. 152/2006.
 
2. 3. Prescrizione del reato.
 
Il reato è prescritto in data 5 marzo 2016, per decorso del termine massimo di prescrizione di anni cinque.
 
Ha chiesto pertanto l’annullamento della decisione impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, peraltro articolati solo in fatto e generici.
 
La sentenza impugnata (e la decisione di primo grado, in doppia conforme) con motivazione adeguata, immune da contraddizioni e da manifeste illogicità evidenzia come « … tali materiali … come attestato dal teste escusso e come accertato dai rilievi fotografici, erano presenti in un quantitativo tale da costituire certamente (e non presumibilmente) il risultato di un’attività sistematica e non occasionale …. ed invero dalle foto in atto si evidenzia un’attività di spianamento del terreno effettuata assai di recente, stante la presenza ancora delle tracce del cingolato utilizzato a tal fine, nonché l’accumulo di detriti in altra parte del fondo non ancora spianati. Inoltre l’accesso al fondo era intercluso da una rete metallica e da una barra. Infine, premesso che si tratta di delitti colposi, neppure può ritenersi che l’imputato si disinteressasse dell’effettivo utilizzo del fondo dal momento che egli comunque se ne era occupato in passato avendo presentato domanda di permesso di costruire per la realizzazione di un opificio artigianale per la lavorazione di marmi e graniti. La coincidenza tra la provenienza del materiale ivi rinvenuto e la pregressa attività lavorativa del prevenuto appaiono indice sintomatico anche di una sorta di acquiescenza all’illegittimo utilizzo dell’immobile … l’accesso al fondo non era consentito a terzi sicché l’attività di spianamento ivi eseguita non poteva che essere stata assentita dal Russo».
 
Si tratta di evidenti accertamenti di fatto, non sindacabili in sede di legittimità (per la sussistenza della discarica, nell’ipotesi di scarichi ripetuti di materiali edili provenienti da demolizione vedi Sez. 3, n. 20499 del 14/04/2005 – dep. 01/06/2005, Colli ed altri, Rv. 23152901).
 
Il ricorrente sostiene che date le sue condizioni di salute egli non era responsabile dei fatti; si tratta di un dubbio soggettivo – ipotetico – in fatto, ed escluso dalla sentenza impugnata con motivazione adeguata e non contraddittoria, o manifestamente illogica (vedi espressamente Cassazione, Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 – dep. 08/05/2014, Ce altro, Rv. 260409: «La regola dell'<<al di là di ogni ragionevole dubbio>>, secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se è possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità, impone all’imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali»). 
 
4. Relativamente alla prescrizione la decisione della Corte di appello è intervenuta prima del decorso dei 5 anni, termine di prescrizione ex art. 157 e 161 cod. pen.
 
Inoltre il reato è di natura permanente (Sez. 3, n. 39781 del 13/04/2016 – dep. 26/09/2016, Pajardi, Rv. 26823601).
 
L’inammissibilità del riscorso esclude la valutazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata: «L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso)» (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, D. L. Rv. 217266).
 
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di € 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso, 17/02/2017
 
 
 
 
 

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