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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca Numero: 25 | Data di udienza: 20 Dicembre 2017

* CACCIA E PESCA  – Vigilanza volontaria in materia venatoria – Province – L. n. 157/1992 – Attribuzione della funzione di coordinamento – Regolamento che elabora indirizzi unitari in materia – Legittimità – Guardie volontarie delle associazioni venatorie – Qualifica di agente di polizia giudiziaria – Non compete – Ragioni – Art. 27 l. n. 157/1992.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 9 Gennaio 2018
Numero: 25
Data di udienza: 20 Dicembre 2017
Presidente: Nicolosi
Estensore: Fenicia


Premassima

* CACCIA E PESCA  – Vigilanza volontaria in materia venatoria – Province – L. n. 157/1992 – Attribuzione della funzione di coordinamento – Regolamento che elabora indirizzi unitari in materia – Legittimità – Guardie volontarie delle associazioni venatorie – Qualifica di agente di polizia giudiziaria – Non compete – Ragioni – Art. 27 l. n. 157/1992.



Massima

 

TAR VENETO, Sez. 1^ – 9 gennaio 2018, n. 25


CACCIA E PESCA  – Vigilanza volontaria in materia venatoria – Province – L. n. 157/1992 – Attribuzione della funzione di coordinamento – Regolamento che elabora indirizzi unitari in materia – Legittimità.

La legge 157/1992 attribuisce alle Province il compito, definito dalle stesse ricorrenti "funzione amministrativa specifica", di coordinare “l’attività delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste” (art. 27, comma 7). Nella funzione di “coordinamento”, in quanto volta a realizzare l’ unità di indirizzo di uffici od enti dotati di autonomia, rientra sicuramente la potestà di emanare il regolamento che elabora indirizzi unitari in materia vigilanza volontaria in materia venatoria, senza che perciò solo venga illegittimamente intaccata l’autonomia dei singoli organismi coinvolti (cfr. TAR Lombardia, Brescia, n. 392/2008). Si deve infatti considerare che la funzione di coordinamento assegnata alle Province risponde alla necessità di garantire un razionale e ordinato impiego di tutte le guardie coinvolte nell’attività di vigilanza venatoria, la quale non è di esclusiva pertinenza dei volontari ma contempla la partecipazione di molteplici figure professionali, in maggioranza appartenenti alla pubblica amministrazione; è cioè indispensabile la pianificazione degli interventi da parte di un unico Ente con conseguente fisiologica compressione degli ambiti di autonomia delle associazioni, nei limiti in cui ciò risponda al fine di garantire un’attività di vigilanza seria, efficace ed appropriata (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I n. 4450/2002).
 

CACCIA E PESCA – Guardie volontarie delle associazioni venatorie – Qualifica di agente di polizia giudiziaria – Non compete – Ragioni – Art. 27 l. n. 157/1992.

L’art. 27, primo comma lett. a) della L. 157 del 1992 riconosce la qualifica di agente di polizia giudiziaria agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni, mentre la successiva lett. b), che prende in considerazione gli appartenenti alle associazioni di volontariato, non contiene analogo riconoscimento; (TAR Veneto, II sez., n. 3913/2004; cfr. anche Cass. pen. Sez. V, 07-11-2016, n. 50061; Cass. pen. Sez. feriale, 27-08-2013, n. 41646; Cass. pen. Sez. III Sent., 15-02-2008, n. 14231, secondo cui le guardie volontarie delle associazioni venatorie e di protezione ambientale non rivestono la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, anche se ad esse è affidata la vigilanza sulla applicazione della L. 11 febbraio 1992 n. 157 sulla caccia).

Pres. Nicolosi, Est. Fenicia – Associazione L. onlus e altro (avv. Linzola) c. Provincia di Vicenza (avv.ti Balzani, Mistrorigo, Fracasso, Tranfaglia, Dalla Chiara e Bolzon)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 1^ - 9 gennaio 2018, n. 25

SENTENZA

 

TAR VENETO, Sez. 1^ – 9 gennaio 2018, n. 25

Pubblicato il 09/01/2018

N. 00025/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01190/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1190 del 2012, proposto da:
Associazione L.A.C. Lega Abolizione della Caccia Onlus, Associazione E.N.P.A. Ente Nazionale Protezione Animali Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentate e difese dall’avvocato Claudio Linzola, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maurizio Visconti in Venezia, Dorsoduro,1057;


contro

Provincia di Vicenza, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Balzani, Paola Mistrorigo, Giorgio Fracasso, Maria Elena Tranfaglia, Fausta Dalla Chiara, Ilaria Bolzon, con domicilio ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R.;

per l’annullamento

della deliberazione del Consiglio Provinciale di Vicenza n. 47 del 26.4.2012 recante regolamento provinciale per il coordinamento dell’attività di vigilanza volontaria in materia venatoria e alieutica sul territorio della Provincia, nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Provincia di Vicenza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2017 il dott. Nicola Fenicia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con deliberazione n. 47 del 26.04.2012 il Consiglio Provinciale di Vicenza ha approvato il regolamento per il coordinamento dell’attività di vigilanza volontaria in materia venatoria ed ittica.

Avverso detto regolamento le Associazioni L.A.C. ed E.N.P.A. hanno proposto il presente ricorso chiedendone l’annullamento sulla base di sei motivi.

In particolare, con il primo motivo, le ricorrenti deducono l’incompetenza della Provincia e l’assenza in capo a quest’ultima di poteri normativi in materia di vigilanza volontaria, non potendosi, gli artt. 27, co. 7, della Legge n.157/1992 e 19 e 42 del .T.U.EL., interpretare nel senso della loro idoneità a fondare il potere regolamentare della Provincia. Inoltre, secondo le ricorrenti, il regolamento impugnato si porrebbe in violazione diretta della Costituzione, e specificamente: con la libertà di associazione prevista dall’art.18; e col principio di sussidiarietà orizzontale, positivizzato nell’art. 118.

Con il secondo motivo di gravame, le ricorrenti deducono che, comunque, il potere regolamentare della Provincia potrebbe al più esplicarsi in materia di caccia e non in materia di vigilanza venatoria volontaria; e che “ove fosse ammissibile un potere regolamentare in quest’ultimo campo, esso dovrebbe limitarsi a prevedere moduli di coordinamento e non disciplinare minuziosamente l’attività delle guardie volontarie”.

Con il terzo motivo le ricorrenti deducono, d’ora innanzi in via gradata, l’illegittimità dell’art. 2 del regolamento ("Figura giuridica della guardia giurata volontaria") che al comma 1 recita: «la nomina a guardia giurata volontaria in materia venatoria, rilasciata dalla Provincia non attribuisce la qualifica di agente od ufficiale di polizia giudiziaria».

Secondo le ricorrenti tale norma sarebbe del tutto illegittima, intervenendo in una materia nella quale l’Ente provinciale non ha competenza alcuna.

Con il quarto motivo le ricorrenti impugnano l’art. 4, lett. f, del regolamento, che ad avviso delle stesse confliggerebbe con l’art. 27, co. 1, lett. b) della Legge n.157/1992, nella parte in cui non includerebbe tra le guardie volontarie anche “quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell’ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n.773”, quale è la L.A.C. .

Con il quinto motivo le ricorrenti, inoltre, deducono l’illegittimità dell’art. 4, comma 1, lettera c), del regolamento, laddove contempla, tra i requisiti per la nomina a guardia volontaria in materia di caccia e/o pesca, la “residenza nella Provincia di Vicenza”, ritenendo tale requisito illegittimo per eccesso di potere sotto il profilo della disparità di trattamento, della manifesta ingiustizia e della manifesta irrazionalità/irragionevolezza.

Con il sesto motivo le ricorrenti avversano l’art. 6 del regolamento, deducendone l’illegittimità sotto vari aspetti, ovvero: in quanto non contemplerebbe le guardie zoofile previste dalla legge fra i soggetti legittimati a svolgere il servizio di vigilanza venatoria; laddove prevede il coordinamento della Provincia anche verso le guardie zoofile dell’E.N.P.A, le quali, invece, secondo le ricorrenti, godrebbero di autonomia operativa; laddove stabilisce puntuali modalità di svolgimento del servizio, “in contrasto con la funzione di solo coordinamento che la Legge assegna alle Province”, specie per quanto attiene alla previsione del numero massimo di guardie (4) e di quello minimo (2) per pattuglia; laddove prevede una composizione mista delle pattuglie con guardie delle associazioni venatorie e con guardie delle associazioni protezionistiche; ed infine in quanto assimilerebbe, nei fatti, le guardie volontarie ai dipendenti della Provincia, con riferimento alla sottoposizione agli ordini della Provincia.

Si è costituita la Provincia di Vicenza per resistere al ricorso ed argomentando con successiva memoria in ordine all’infondatezza delle singole censure.

All’udienza del 20 dicembre 2017, all’esito della discussione, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato per le seguenti ragioni.

1. Con i primi due motivi le associazioni ricorrenti sostengono l’insussistenza del potere regolamentare della Provincia in materia di vigilanza venatoria volontaria, in quanto, secondo la tesi dalle stesse avanzata, il potere di coordinamento delle Province, di cui all’ art. 7 comma 7 della legge n. 157/1992, andrebbe inteso restrittivamente quale funzione amministrativa specifica ma non come potere regolamentare.

Tali motivi sono infondati.

Infatti, a differenza di quanto affermano le ricorrenti, il fondamento di tale potere regolamentare della Provincia è proprio da rinvenirsi della Costituzione, art. 117 comma 6, secondo cui: “I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.”.

La legge 157/1992 attribuisce alle Province il compito, definito dalle stesse ricorrenti "funzione amministrativa specifica", di coordinare “l’attività delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste” (art. 27, comma 7).

Ebbene, ritiene il Collegio che nella funzione di “coordinamento”, in quanto volta a realizzare l’ unità di indirizzo di uffici od enti dotati di autonomia, rientri sicuramente la potestà di emanare il presente regolamento al fine di elaborare indirizzi unitari in materia vigilanza volontaria in materia venatoria, senza che perciò solo venga illegittimamente intaccata l’autonomia dei singoli organismi coinvolti, in quanto i vincoli imposti – salvo l’esame dei vizi specifici dedotti avverso ciascuno di essi – risultano funzionali alle esigenze, appunto, di coordinamento dell’attività delle guardie venatorie volontarie, e pertanto non realizzano l’invocato indebito sacrificio dell’autonomia delle associazioni che operano nel settore (cfr. TAR Lombardia, Brescia, n. 392/2008).

Si deve infatti considerare che la funzione di coordinamento assegnata alle Province risponde alla necessità di garantire un razionale e ordinato impiego di tutte le guardie coinvolte nell’attività di vigilanza venatoria, la quale non è di esclusiva pertinenza dei volontari ma contempla la partecipazione di molteplici figure professionali, in maggioranza appartenenti alla pubblica amministrazione (dipendenti provinciali, personale del Corpo Forestale dello Stato, guardie addette ai parchi nazionali e regionali, ufficiali e agenti di p.g.).

Pertanto, lo strumento regolamentare si rivela sicuramente anche appropriato allo scopo.

D’altro canto, quanto alla modalità della regolamentazione, proprio la molteplicità degli attori che operano nel settore esige un’incisiva azione di raccordo, che non può esaurirsi nell’elaborazione di direttive astratte e generiche destinate alle associazioni ed ai loro iscritti, né può esprimersi attraverso misure avulse dalle concrete situazioni nelle quali gli incaricati sono chiamati ad agire: è cioè indispensabile la pianificazione degli interventi da parte di un unico Ente con conseguente fisiologica compressione degli ambiti di autonomia delle associazioni, nei limiti in cui ciò risponda al fine di garantire un’attività di vigilanza seria, efficace ed appropriata (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I n. 4450/2002).

Peraltro la Provincia è titolare di funzioni amministrative ad essa attribuite direttamente dal legislatore in materia di caccia (cfr. art. 19 lett. f del D.Lgs. 267/2000), tutela e valorizzazione dell’ambiente (lett. a), protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali (lett. e); e costituendo l’attività di vigilanza ittico-venatoria, il naturale completamento delle dette attribuzioni.

Ne consegue che le censure articolate nei primi due motivi si rivelano tutte infondate.

2. E’ necessario esaminare a questo punto le contestazioni puntuali riguardanti le singole norme regolamentari avanzate con i successivi motivi.

Tali contestazioni sono infondate.

3. Quanto alla mancata attribuzione alle guardie giurate volontarie della qualifica di agente di polizia giudiziaria di cui al terzo motivo, il Collegio, ritiene di aderire sul punto all’orientamento rigoroso di questo Tribunale sull’art. 27 della L. 157 del 1992, laddove si è valorizzato il fatto che l’art. 27, primo comma lett. a), riconosce tale qualifica agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni, mentre la successiva lett. b), che prende in considerazione gli appartenenti alle associazioni di volontariato, non contiene analogo riconoscimento; senza che possa ragionevolmente argomentarsi nulla in contrario – proprio in ragione della notoria delicatezza delle funzioni stesse, presupponenti una stabile inserzione del soggetto che le esercita nel contesto organizzatorio pubblico (TAR Veneto, II sez., n. 3913/2004). Tale indirizzo è stato condiviso anche da Cons. St. Sez. VI, n. 381/2010 di conferma in parte qua della sentenza; ed è inoltre conforme all’orientamento della giurisprudenza penale secondo cui: “Le guardie volontarie delle associazioni venatorie e di protezione ambientale non rivestono la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, anche se ad esse è affidata la vigilanza sulla applicazione della L. 11 febbraio 1992 n. 157 sulla caccia.” (Cass. pen. Sez. V, 07-11-2016, n. 50061; Cass. pen. Sez. feriale, 27-08-2013, n. 41646; Cass. pen. Sez. III Sent., 15-02-2008, n. 14231).

Ne deriva che la previsione regolamentare in esame non si pone in contrasto con il dettato legislativo.

4. La contestazione contenuta nel quarto motivo risulta anch’essa infondata.

Ed infatti, anche se nel regolamento non si fa riferimento esplicito alle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell’ambiente, dalla lettura dell’intero regolamento impugnato appare di tutta evidenza che non si sia mai inteso escludere dalla nomina a guardia giurata i singoli appartenenti alla L.A.C., possibilità che invece discende direttamente dall’art. 27, comma 1, lett. b) della L. 157/1992. Né peraltro, anche in sede di memorie conclusive, la ricorrente L.A.C. ha lamentato l’esclusione dalla nomina di una propria guardia giurata sulla base del regolamento in esame.

5. Quanto al requisito delle residenza di cui al quinto motivo, a prescindere dall’eccezione d’improcedibilità della censura, sollevata dalla Provincia, per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto formulato nei confronti dell’originario testo della lett. c) dell’ art. 4, del regolamento, poi innovato per effetto di una successiva deliberazione consiliare, si ritiene che la previsione di tale requisito sia legittima.

Ed infatti nel caso di specie, l’obbligo di residenza nel territorio della Provincia costituisce requisito indispensabile perché quest’ultima possa esercitare adeguatamente i propri compiti di coordinamento, essendo evidenti i problemi di organizzazione conseguenti alla dislocazione della guardie in territori anche molto lontani (cfr. Cons. St., VI, 00381/2010; T.A.R. Veneto, Sez. II, n.3913/2004).

6. In ordine al sesto motivo, si osserva brevemente che, quanto alle guardie zoofile, l’assunto delle ricorrenti è smentito dal secondo periodo del comma 1 dell’art. 6, secondo cui “in materia di vigilanza venatoria, fermo il coordinamento della Provincia, possono altresì operare ai sensi del comma 1 lett. b) dell’art.27 della L 157/92 le guardie zoofile appartenenti all’Ente Nazionale Protezione Animali”; inoltre, per quanto detto al primo punto della motivazione, appare del tutto logico che le guardie anzidette debbano adeguarsi all’attività di coordinamento provinciale, di cui all’art. 27, comma 7, della citata L. n.157/1992.

Sotto gli altri profili, si evidenzia che le attività di formazione delle pattuglie e di pianificazione dell’attività di vigilanza costituiscono naturali estrinsecazioni delle potestà di coordinamento devolute alle Amministrazioni Provinciali ai sensi del citato art. 27, comma 7, della L. 157 del 1992: potestà alle quali anche le guardie giurate delle associazioni qui ricorrenti devono, pertanto, sottostare senza che ciò costituisca interferenza con l’autonomia delle associazioni stesse.

Peraltro, risulta evidente la razionalità della disposizione che impone la formazione di pattuglie composte da un minimo di due a un massimo di quattro operatori ai fini della vigilanza, rispondendo essa, all’evidenza, ad esigenze di garantismo nei confronti dei possibili soggetti sanzionati e, contemporaneamente, alle parimenti doverose esigenze di sicurezza personale e di certezza operativa dello stesso personale preposto alla vigilanza.

Anche la disposizione che prevede la composizione mista delle squadre, formate da agenti appartenenti ad associazioni venatorie e associazioni protezionistiche, mira evidentemente al perseguimento della migliore obiettività nell’espletamento del servizio.

Ne consegue, quindi, che le riferite disposizioni del regolamento risultano immuni dai vizi dedotti dalle ricorrenti.

7. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

8. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge;

Condanna le ricorrenti in solido a rimborsare le spese di lite all’Amministrazione resistente, che si liquidano in complessivi € 2.000,00, oltre oneri accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente
Pietro De Berardinis, Consigliere
Nicola Fenicia, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Nicola Fenicia
        
IL PRESIDENTE
Maurizio Nicolosi
        
        
IL SEGRETARIO
 

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