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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 222 | Data di udienza: 30 Maggio 2017

RIFIUTI – Attività di recupero dei rifiuti – Iscrizione dell’impresa nell’apposito registro – Trasmissione della comunicazione – Procedura semplificata – Atto contraffatto – Gestione di impresa – Responsabilità dell’imprenditore – Obbligo di vigilanza – Artt. 214, 216 e 256 d.l.vo n.152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Gennaio 2018
Numero: 222
Data di udienza: 30 Maggio 2017
Presidente: SAVANI
Estensore: GENTILI


Premassima

RIFIUTI – Attività di recupero dei rifiuti – Iscrizione dell’impresa nell’apposito registro – Trasmissione della comunicazione – Procedura semplificata – Atto contraffatto – Gestione di impresa – Responsabilità dell’imprenditore – Obbligo di vigilanza – Artt. 214, 216 e 256 d.l.vo n.152/2006.



Massima

 



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/01/2018 (Ud. 30/05/2017), Sentenza n.222 

 
 
RIFIUTI – Attività di recupero dei rifiuti – Iscrizione dell’impresa nell’apposito registro – Trasmissione della comunicazione – Procedura semplificata – Atto contraffatto – Gestione d’impresa – Responsabilità dell’imprenditore – Obbligo di vigilanza – Artt. 214, 216 e 256 d.l.vo n.152/2006.
 
Chi consapevolmente assuma, ancorché in maniera esclusivamente apparente, la gestione di un’impresa è tenuto, ove non voglia incorrere nelle sanzioni penali derivanti dalle illecite condotte poste in essere nello svolgimento della attività imprenditoriale, a vigilare sul corretto adempimento, da parte di chi de facto operi come dominus, degli obblighi imposti dalla normativa vigente sugli amministratori delle imprese. Pertanto, ai sensi dell’art. 216, comma 1, del dlgs n. 152 del 2006, l’attività di recupero dei rifiuti non pericolosi, rispettate le norme tecniche e le prescrizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, dell’art. 214 del dlgs n. 152 del 2006, può essere iniziata, a seguito di una procedura semplificata al fine di conseguire un titolo a ciò legittimante, anche solo sulla base di una comunicazione trasmessa alla Amministrazione provinciale competente e successivamente all’avvenuto decorso del termine di 90 giorni dall’inoltro della predetta comunicazione, termine questo entro il quale la Amministrazione pubblica di cui sopra, operata la iscrizione della impresa impegnata nella attività di recupero dei rifiuti in un apposito registro, deve verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti per lo svolgimento della predetta attività. Nella specie, l’imprenditore aveva affidato l’incarico di trasmissione della comunicazione da parte del consulente in relazione alle tematiche di carattere ambientale della impresa in questione, e fatto affidamento su una nota della Provincia di Milano da cui emergeva l’avvenuto rinnovo della prescritta comunicazione ai fini del legittimo svolgimento della attività di recupero in discorso, nota poi rivelatasi essere un falso dolosamente predisposto (dall’incaricato). 
 
  
(annula con rinvio sentenza n. 12495/2016 – TRIBUNALE DI MILANO – 21/11/2016) Pres. SAVANI, Rel. GENTILI, Ric. Parenti  

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/01/2018 (Ud. 30/05/2017), Sentenza n.222

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/01/2018 (Ud. 30/05/2017), Sentenza n.222 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da:
 
PARENTI Roberta, nata a Milano il 20 febbraio 1975;
 
avverso la sentenza n. 12495/2016 del Tribunale di Milano del 21 novembre 2016;
 
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
 
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
 
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Fulvio BALDI, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 21 novembre 2016, ha dichiarato la penale responsabilità di Parenti Roberta in relazione al reato di cui all’art. 256, comma 1, lettera a), del dlgs n. 152 del 2006, per avere la medesima, in qualità di socio accomandatario della "Recuperi tessili di Parenti Roberta e c. Sas", esercitato, nel periodo intercorrente fra il 9 maggio 2011 ed il 5 novembre 2014, la attività di recupero di rifiuti non pericolosi, consistenti in indumenti tessili dismessi, in assenza della prescritta comunicazione, essendo scaduta la validità di quella precedentemente inoltrata al Registro provinciale dei recuperatori; il Tribunale la ha, pertanto, condannata, con la concessione della sospensione condizionale della pena, alla pena di euro 4000,00 di ammenda.
 
Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione la Parenti, assistita dal proprio difensore di fiducia, deducendo due motivi di impugnazione.
 
Con il primo di essi la ricorrente ha lamentato, sotto il profilo della violazione di legge, in particolare degli artt. 5, 47 e 48, cod. pen., la circostanza che il Tribunale non abbia considerato che la imputata, amministratrice solo sulla carta della impresa di recupero di prodotti tessili sopra indicata, avesse fatto affidamento sulla trasmissione da parte di tale Lattuada Riccardo, consulente in relazione alle tematiche di carattere ambientale della impresa in questione, di una nota della Provincia di Milano da cui emergeva l’avvenuto rinnovo della prescritta comunicazione ai fini del legittimo svolgimento della attività di recupero in discorso, nota poi rivelatasi essere un falso dolosamente predisposto dal Lattuada.
 
Tale documento aveva comportato l’errore della imputata sul fatto costituente il reato, avendo costei, in buona fede, confidato sulla rinnovata validità della comunicazione.
 
Con il secondo motivo di impugnazione la imputata ha censurato la sentenza del Tribunale di Milano, questa volta con riferimento al vizio di motivazione, nella parte in cui è in essa ritenuta la sussistenza dell’elemento della colpa nella condotta della prevenuta per avere costei affidato la gestione della pratica volta al rinnovo del titolo che legittimava la impresa da lei diretta ad un soggetto terzo, senza verificare il corretto adempimento dell’incarico a questi commissionato ed il buon esito del correlativo iter amministrativo, laddove è emerso dagli atti che il Lattuada aveva consegnato alla Parenti la copia della citata nota della Amministrazione provinciale di Milano attestante l’avvenuta presentazione della comunicazione; l’attività svolta dalla Recuperi tessili era, come, infatti, ha precisato la ricorrente, un’attività per la quale non era necessaria una espressa autorizzazione essendo sufficiente la trasmissione di una comunicazione inerente al suo svolgimento alla Amministrazione pubblica, nel caso quella provinciale, che ha la cura del relativo interesse coinvolto; nel caso in questione la falsità del documento redatto dal Lattuada, non essendo evidente, non aveva fatto insorgere alcun dubbio nella imputata in ordine alla positiva definizione dell’iter della pratica amministrativa del cui svolgimento il Lattuada era stato incaricato.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è fondato e merita, pertanto, accoglimento.
 
Va premesso che, ai sensi di quanto previsto dall’art. 216, comma 1, del dlgs n. 152 del 2006, la attività di recupero dei rifiuti non pericolosi, rispettate le norme tecniche e le prescrizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, dell’art. 214 del dlgs n. 152 del 2006, può essere iniziata, a seguito di una procedura semplificata al fine di conseguire un titolo a ciò legittimante, anche solo sulla base di una comunicazione trasmessa alla Amministrazione provinciale competente e successivamente all’avvenuto decorso del termine di 90 giorni dall’inoltro della predetta comunicazione, termine questo entro il quale la Amministrazione pubblica di cui sopra, operata la iscrizione della impresa impegnata nella attività di recupero dei rifiuti in un apposito registro, deve verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti per lo svolgimento della predetta attività.
 
La comunicazione de qua va rinnovata ogni 5 anni ovvero nel caso in cui, anteriormente a tale scadenza, intervenga una modificazione sostanziale delle modalità di svolgimento delle operazioni di recupero.
 
Fatta questa prima premessa, rileva, altresì, la Corte che il successivo art.256, comma 1, del dlgs n. 152 del 2006, sanziona penalmente con l’arresto da tre mesi ad una anno o con la ammenda da 2600 a 26.000 euro, la condotta di chi eserciti, fra l’altro, l’attività di recupero di rifiuti non pericolosi in assenza della prescritta comunicazione, situazione cui deve essere equiparata, trattandosi egualmente di un condizione di attuale mancanza del titolo legittimante, l’ipotesi della omessa rinnovazione della comunicazione in questione successivamente al momento della sua scadenza. 
 
Tale essendo lo stato della normativa concernete la contravvenzione contestata alla Parenti, osserva il Collegio, quanto al caso in questione, che il Tribunale di Milano ha espressamente dato atto del fatto che la impresa gestita dalla imputata ricorrente – non ha rilievo in questo momento se la sua fosse una gestione solo sulla carta, come da lei sostenuto, ovvero fosse sostanziale, essendo evidente che chi consapevolmente assuma, ancorché in maniera esclusivamente apparente, la gestione di un certa impresa è tenuto, ove non voglia incorrere nelle sanzioni penali derivanti dalle illecite condotte poste in essere nello svolgimento della attività imprenditoriale, a vigilare sul corretto adempimento, da parte di chi de facto operi come dominus, degli obblighi imposti dalla normativa vigente sugli amministratori delle imprese – avesse operato sino al 9 maggio 2011 in costanza di titolo legittimante, costituito dalla comunicazione trasmessa, in base alla procedura semplificata precedentemente illustrata, alla Amministrazione provinciale di Milano.
 
Prosegue il Tribunale rilevando che per il periodo successivo a tale data la imputata aveva esibito agli organi pubblici incaricati di svolgere una verifica in merito alla perdurante validità del titolo legittimante lo svolgimento da parte della "Recuperi tessili di Parenti Roberta e c. Sas" della attività di raccolta dei rifiuti non pericolosi, la copia di una nota della Provincia di Milano, attestante l’avvenuto rinnovo della comunicazione, ed aveva segnalato ai medesimi organi che l’originale di detta nota era detenuto da tale Riccardo Lattuada, consulente della predetta società; va ancora aggiunto che, avendo la Polizia provinciale rilevato che la nota in questione non risultava essere stata mai emessa dalla Provincia, richiesto di informazioni sul punto, il Lattuada aveva personalmente dichiarato, secondo quanto riportato in sentenza, di essere stato lui l’autore dell’atto contraffatto, da lui formato onde tranquillizzare l’amministrazione della ricordata società in merito al buon esito della pratica del cui espletamento egli era stato incaricato.
 
Va, a questo punto, rilevato che il Tribunale di Milano ha fondato il giudizio di colpevolezza della Parenti – oltre che sulla già riconosciuta irrilevanza del fatto se la medesima fosse effettivamente amministratrice della impresa in questione oppure se la stessa rivestisse tale qualifica solo sulla carta – sulla circostanza che la gestione della pratica volta al rinnovo della comunicazione per lo svolgimento della attività di recupero fosse stata affidata a terzi estranei rispetto alla "Recuperi tessili" e nel non avere la Parenti, nel corso del periodo di oltre tre anni nel quale detta attività è stata svolta in assenza di un titolo legittimante, eseguito adeguate indagini indirizzate a verificare la effettiva esistenza del documento attestante la positiva conclusione dell’iter burocratico di cui all’art. 216 dlgs n. 152 del 2006.
 
Una tale motivazione è palesemente illogica ed in contrasto con gli stessi dati pacificamente acquisiti e valutati dal Tribunale.
 
Osserva, infatti, il Collegio che il giudice del merito ha dato atto del fatto che il soggetto che aveva avuto dalla impresa amministrata dalla Parenti l’incarico di curare la pratica per il rinnovo del titolo per il legittimo svolgimento della attività imprenditoriale aveva non solo dato assicurazioni in relazione al suo positivo esito, ma aveva persino trasmesso alla attuale ricorrente una copia della presa d’atto dell’avvenuta trasmissione della comunicazione alla Provincia di Milano.
 
Tanto rilevato osserva per un verso il Collegio che non è ravvisabile alcun elemento di colpa, per tale dovendosi definire la imperizia, imprudenza, negligenza ovvero la violazione di leggi regolamenti ordini o discipline, nell’operato della Parenti che, per lo svolgimento di una pratica burocratica si è affidata alle cure di una terza persona, essendo, anzi, questa una buona prassi, dettata dalla esigenza di assegnare determinati compiti tecnici a soggetti che abbiano una esperienza nella conduzione di tali affari; né il Tribunale ha individuato un qualche profilo di colpa nell’affidamento della condizione della pratica specificamente al Lattuada, non essendo emerso né che lo stesso fosse soggetto del tutto inesperto nella materia in questione né notoriamente inaffidabile.
 
Parimenti il Tribunale non ha assolutamente chiarito quali sarebbero potute essere le ragioni in base alle quali la Parenti avrebbe dovuto svolgere una qualche ulteriore verifica in ordine al buon esito della pratica burocratica apparentemente definita attraverso l’intervento del Lattuada, avendo questi rimesso alla imputata, o comunque agli organi gestori della Recuperi tessili Sas, un documento che di tale esito costituiva una plausibile e definitiva attestazione.
 
Affinché possa ravvisarsi una qualche profilo di colpa nell’affidamento nutrito dalla Parenti in ordine al rinnovo del titolo in forza del quale ella era legittimata a proseguire nella propria attività, sarebbe stato necessario evidenziare l’esistenza nella fattispecie di elementi, quale a titolo esemplificativo la grossolanità della falsificazione documentale confezionata dal Lattuada, tali da indurre un soggetto di media diligenza a sospettare della genuinità del documento stesso, sì da giustificare l’attivazione di quelle procedure di verifica richieste dal Tribunale che, invece, in assenza di elementi di sospetto, non appaiono assolutamente pretendibili ai fini della esclusione dell’elemento soggettivo richiesto per la integrazione del reato contestato alla ricorrente.
 
La palese illogicità della motivazione attraverso la quale il Tribunale di Milano è pervenuto ad affermare la penale responsabilità della imputata, comporta, in accoglimento del ricorso da questa presentato, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al medesimo Tribunale che, in diversa composizione personale, provvederà a riesaminare, alla luce dei principi esposti, gli eventuali profili di responsabilità penale della imputata in ordine alla contravvenzione a lei contestata.
 
PQM
 
A sentenza n. 12495/2016 del Tribunale di Milano del 21 novembre 2016 annulla la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Milano.
 
Così deciso in Roma, il 30 maggio 2017
 

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