+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 1572 | Data di udienza: 5 Ottobre 2017

* ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Prelievi di campioni finalizzati all’espletamento di analisi e diritti della difesa – Distinzione tra prelievo: di polizia giudiziaria ed amministrativo – Campioni di acque di scarico di rapida deteriorabilità – Giurisprudenza – Atti tipicamente amministrativi e non atti giudiziari – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – piena rilevanza probatoria nell’ambito del processo penale – Artt. 220 e 223 disp. att. cod. proc. pen. – Art. 137 d.lgs. n.152/2006 – RIFIUTI – Deposito incontrollato di rifiuti – Accumulo di una quantità consistente di materiali vari – Configurabilità – Reati ambientali – Raggruppamento di rifiuti – Condizioni indefettibili – Deposito controllato o temporaneo – Onere della prova – Produttore dei rifiuti – Artt. 183 e 256 d.lgs. n.152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Gennaio 2018
Numero: 1572
Data di udienza: 5 Ottobre 2017
Presidente: SAVANI
Estensore: GALTERIO


Premassima

* ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Prelievi di campioni finalizzati all’espletamento di analisi e diritti della difesa – Distinzione tra prelievo: di polizia giudiziaria ed amministrativo – Campioni di acque di scarico di rapida deteriorabilità – Giurisprudenza – Atti tipicamente amministrativi e non atti giudiziari – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – piena rilevanza probatoria nell’ambito del processo penale – Artt. 220 e 223 disp. att. cod. proc. pen. – Art. 137 d.lgs. n.152/2006 – RIFIUTI – Deposito incontrollato di rifiuti – Accumulo di una quantità consistente di materiali vari – Configurabilità – Reati ambientali – Raggruppamento di rifiuti – Condizioni indefettibili – Deposito controllato o temporaneo – Onere della prova – Produttore dei rifiuti – Artt. 183 e 256 d.lgs. n.152/2006.



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 16/01/2018 (Ud. 05/10/2017), Sentenza n. 1572


ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Prelievi di campioni finalizzati all’espletamento di analisi e diritti della difesa – Distinzione tra prelievo: di polizia giudiziaria ed amministrativo – Campioni di acque di scarico di rapida deteriorabilità – Giurisprudenza – Atti tipicamente amministrativi e non atti giudiziari – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – piena rilevanza probatoria nell’ambito del processo penale – Artt. 220 e 223 disp. att. cod. proc. pen. – Art. 137 d.lgs. n.152/2006. 
 
In tema di prelievi di campioni finalizzati all’espletamento di analisi, occorre distinguere tra prelievo inerente ad attività di polizia giudiziaria nell’ambito di un’indagine preliminare ex art. 220 disp. att. cod. proc. pen., per il quale operano in via genetica le norme di garanzia della difesa previste dal codice di rito, e prelievo inerente ad attività amministrativa ex art. 223 disp. att. cod. proc. pen., per il quale, invece, i diritti della difesa devono essere assicurati solo ove emergano indizi di reato, giacché in tal caso l’attività amministrativa non può più definirsi "extra-processum" (Sez. 2, n. 52793 del 24/11/2016 – dep. 13/12/2016, Ballaera). Sicché, le analisi dei campioni per le quali non è possibile la revisione (come per i campioni di acque di scarico di rapida deteriorabilità) sono atti tipicamente amministrativi e non atti giudiziari, che hanno piena rilevanza probatoria nell’ambito del processo penale, purché vi sia stato il preavviso, previsto senza alcuna formalità, all’interessato (Sez. 3, n. 33318 del 28/11/2012 – dep. 01/08/2013, Favaccio), che costituisce l’unico requisito di utilizzabilità delle analisi, onde consentirgli di presenziare, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico alle successive operazioni, senza che possa più essergli riconosciuta, ove sia stato presente all’inizio del procedimento, la possibilità di eccepire ex post eventuali irregolarità delle operazioni tecniche di prelievo e di analisi, lasciate alla discrezionalità degli operatori (Sez. 3, n. 2581 del 04/03/1993 – dep. 18/03/1993, P.M. in proc. Terenziani).
 
 
RIFIUTI – Deposito incontrollato di rifiuti – Accumulo di una quantità consistente di materiali vari – Configurabilità – Artt. 183 e 256 d.lgs. n.152/2006.
 
L’accumulo di una quantità consistente di materiali vari, non corrisponde alla ipotesi di deposito temporaneo o controllato, bensì alla ipotesi di deposito incontrollato di rifiuti (Sez. 3, n. 21024 del 25/02/-5/05/2004, Eoli; Sez. F. n. 33791 del 21/08/2007 – dep. 03/09/2007, Cosenza).
 
 
RIFIUTI – Reati ambientali – Raggruppamento di rifiuti – Condizioni indefettibili – Deposito controllato o temporaneo – Onere della prova – Produttore dei rifiuti – Artt. 183 e 256 d.lgs. n.152/2006.
 
In materia di reati ambientali, l’onere della prova in ordine alla sussistenza delle condizioni fissate dall’art. 183 del D. Lgs. n. 152 del 2006 per la liceità del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria. La norma in esame pone una serie di indefettibili condizioni, tutte concorrenti, per la configurabilità, in presenza di raggruppamento di rifiuti, di un deposito temporaneo, con la conseguenza che in difetto anche di uno di essi il deposito non può ritenersi temporaneo e segnatamente: «1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il «deposito temporaneo» deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo». Condizioni queste cui si aggiunge quale requisito principale, immanente rispetto agli elementi indicati, il raggruppamento dei rifiuti nel luogo in cui gli stessi sono prodotti.
 
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza in data 11.7.2016 – CORTE DI APPELLO DI LECCE) Pres. SAVANI, Rel. GALTERIO, Ric. Occhinero
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 16/01/2018 (Ud. 05/10/2017), Sentenza n. 1572

SENTENZA

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 16/01/2018 (Ud. 05/10/2017), Sentenza n. 1572
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da OCCHINERO GIUSEPPE, nato a Cellino San Marco il 15.12.1952;
 
avverso la sentenza in data 11.7.2016 della Corte di Appello di Lecce;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità;
 
udito il difensore, avv //, che ha concluso //
 
RITENUTO IN FATTO
 
1.Con sentenza in data 11.7.2016 la Corte di Appello di Lecce ha integralmente confermato la pronuncia di primo grado con cui Giuseppe Occhinero era stato condannato alla pena di sette mesi di arresto ed € 2.500,00 di ammenda in quanto ritenuto colpevole del reato di cui agli artt. 137 e 256, comma 1 lett. a) e b) d.lgs. 152/2006 per aver, quale l.r. della s.r.l. SOTECO esercente l’attività di costruzione e verniciatura di carpenterie metalliche, accumulato sul luogo di lavoro, su un’area di circa 1000 mq. a cielo aperto, rifiuti anche pericolosi in assenza di autorizzazione, nonché per aver convogliato, utilizzando un pozzo artesiano abusivo, le acque derivanti dalla lavorazione del materiale ferroso e quelle meteoriche di dilavamento non solo sul terreno ma anche nella falda consentendo che le acque ivi prelevate venissero impiegate per uso domestico.
 
Avverso la suddetta sentenza l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. c.p.p .. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli artt.220 e 223 disp.att. c.p.p. e al vizio motivazionale, l’inutilizzabilità dei risultati delle analisi dei campionamenti sulle acque della falda contestando che la presenza in loco dell’interessato, affermata dalla Corte d’Appello nel respingere la relativa eccezione, potesse superare le formalità previste di cui alla norma indicata. Deduce inoltre che erroneamente la Corte di Appello aveva ritenuto tardiva la suddetta eccezione afferente alla violazione delle disposizioni relative alle modalità di prelievo dei campioni e successivo esame degli stessi atteso che, trattandosi di nullità a regime intermedio ricompresa nella disciplina di cui all’art.180 c.p.p., l’ultimo momento utile per il dispiegamento della relativa eccezione coincide con la pronuncia di primo grado: pertanto avendo la difesa sollevato la questione di nullità dei verbali di campionamento al momento della precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado, come comprovato dalla riproduzione dell’eccezione nell’intestazione della sentenza del Tribunale di Brindisi, l’eccezione doveva ritenersi tempestiva.
 
2. Con il secondo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art.183 d.lgs. 152/2006 e al vizio motivazionale, la sostanziale assenza di motivazione in relazione al reato di stoccaggio abusivo di rifiuti contestatogli, resa solo attraverso clausole di stile riferite a presupposti astratti, dovendo per contro il relativo giudizio parametrarsi a specifiche condizioni di tempo, di quantità, di organizzazione riferite alla fattispecie concreta. In particolare la Corte distrettuale ha omesso, secondo il ricorrente, di verificare la sussistenza delle condizioni fissate per il deposito temporaneo di rifiuti, definito dalla legge come "raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti" , laddove il rinvenimento dei materiali di risulta nel piazzale antistante la sede della società, valutato in uno con i contratti stipulati per il corretto smaltimento dei rifiuti presso i depositi autorizzati e con la presenza di contenitori di raccolta avrebbe consentito di evince che si trattava di un accumulo temporaneo in attesa del prelevamento e del trasporto presso i centri autorizzati.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO 
 
1. Il primo motivo è inammissibile.
 
In tema di prelievi di campioni finalizzati all’espletamento di analisi, occorre distinguere tra prelievo inerente ad attività di polizia giudiziaria nell’ambito di un’indagine preliminare ex art. 220 disp. att. cod. proc. pen., per il quale operano in via genetica le norme di garanzia della difesa previste dal codice di rito, e prelievo inerente ad attività amministrativa ex art. 223 disp. att. cod. proc. pen., per il quale, invece, i diritti della difesa devono essere assicurati solo ove emergano indizi di reato, giacché in tal caso l’attività amministrativa non può più definirsi "extra-processum" (Sez. 2, n. 52793 del 24/11/2016 – dep. 13/12/2016, Ballaera, Rv. 268766). Vertendosi nel caso di specie nella seconda ipotesi, onde del tutto inconferente si configura l’eccepita violazione dell’art.220 disp. att. cod. proc. pen., le ulteriori contestazioni svolte, genericamente riferite alla violazione del successivo art.223 senza ulteriori specificazioni, all’infuori di un non meglio definito richiamo alle modalità di prelievo dei campioni e successivo esame degli stessi, incorrono nella censura di aspecificità: l’indeterminatezza della doglianza, di cui non è chiarita né la finalità né il fondamento, consente di ritenere immune da censure l’affermazione della Corte distrettuale che, nel rigettare il relativo motivo di appello, evidenzia come la presenza dell’imputato all’atto del prelievo dei campioni delle acque da analizzare, debitamente avvertito, come puntualizzato dalla sentenza di primo grado, della facoltà di presenziare alle successive operazioni e di farsi assistere da un tecnico abilitato, avesse legittimamente consentito l’acquisizione dei risultati delle analisi nel fascicolo di ufficio e la loro conseguente utilizzabilità.
 
Invero, le analisi dei campioni per le quali non è possibile la revisione (come per i campioni di acque di scarico di rapida deteriorabilità) sono atti tipicamente amministrativi e non atti giudiziari, che hanno piena rilevanza probatoria nell’ambito del processo penale, purché vi sia stato il preavviso, previsto senza alcuna formalità, all’interessato (Sez. 3, n. 33318 del 28/11/2012 – dep. 01/08/2013, Favaccio, Rv. 257131), che costituisce l’unico requisito di utilizzabilità delle analisi, onde consentirgli di presenziare, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico alle successive operazioni, senza che possa più essergli riconosciuta, ove sia stato presente all’inizio del procedimento, la possibilità di eccepire ex post eventuali irregolarità delle operazioni tecniche di prelievo e di analisi, lasciate alla discrezionalità degli operatori (Sez. 3, n. 2581 del 04/03/1993 – dep. 18/03/1993, P.M. in proc. Terenziani, Rv. 19337801).
 
2. Il secondo motivo si traduce in doglianze generiche, volte a contestare la sussistenza del reato di illecita raccolta di rifiuti che si ritiene affermata da parte della Corte territoriale in forza di clausole di stile e senza apprezzamento dei presupposti volti a ricondurre il materiale rinvenuto nel deposito temporaneo di rifiuti, presupposti la cui ricorrenza tuttavia il ricorrente evita di evidenziare in concreto.
 
Come ripetutamente affermato da questa Corte in materia di reati ambientali, l’onere della prova in ordine alla sussistenza delle condizioni fissate dall’art. 183 del D. Lgs. n. 152 del 2006 per la liceità del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria (Sez. 3, n. 23497 del 17/04/2014 – dep. 05/06/2014, Lobina, Rv. 261507; Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015 – dep. 08/07/2015, Favazzo e altro, Rv. 264121). La norma in esame pone una serie di indefettibili condizioni, tutte concorrenti, per la configurabilità, in presenza di raggruppamento di rifiuti, di un deposito temporaneo, con la conseguenza che in difetto anche di uno di essi il deposito non può ritenersi temporaneo (Sez. 3, n. 38676 del 20/05/2014 – dep. 23/09/2014, Rodolfi, Rv. 260384) e segnatamente: «1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il «deposito temporaneo» deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo». Condizioni queste cui si aggiunge quale requisito principale, immanente rispetto agli elementi indicati, il raggruppamento dei rifiuti nel luogo in cui gli stessi sono prodotti.
 
Ciò posto, l’asserita negazione della natura di rifiuti dei materiali rinvenuti sul terreno della Soteco si pone in contrasto con i dati fattuali evidenziati dai giudici di appello e non suscettibili di valutazione in questa sede di legittimità, posto che nessuna dimostrazione è stata fornita dal ricorrente in ordine all’eseguito raggruppamento dei rifiuti per categorie omogenee e nel rispetto delle relative norme tecniche, essendo stata per contro accertata dalla Corte territoriale sia la presenza sul terreno di rifiuti di diversa composizione e natura, quali cassoni in legno, materiale ferroso, profilati in alluminio, imballaggi di vernici, rami di alberi, una vasca contenente polveri residuate da lavori di sabbiatura, borsoni in plastica con all’interno scarti di lavorazione e perciò da ritenersi eterogenei, non valendo ad imprimere ad essi alcuna connotazione di omogeneità la circostanza che provenissero tutti dall’attività di carpenteria eseguita sul posto dall’azienda, sia la loro collocazione direttamente sul terreno senza alcuna cautela, esposti agli agenti atmosferici, e buttati alla rinfusa, modalità queste all’evidenza sintomatiche della definitiva collocazione dei rifiuti su tale area, senza che la presenza dei borsoni in plastica, gettati come gli altri materiali nell’ammasso dei rifiuti, potesse ritenersi indice dell’intenzione da parte del titolare di disfarsene, contenendo anch’essi residui e scarti di lavorazione. La costante giurisprudenza della Corte di cassazione si è espressa nei termini correttamente esposti nella motivazione della sentenza impugnata, e non può in questa sede che ribadirsi il principio secondo cui l’accumulo di una quantità consistente di materiali vari non corrisponde alla ipotesi, prospettata dal ricorrente, di deposito temporaneo o controllato, bensì alla ipotesi di deposito incontrollato di rifiuti (Sez. 3, n. 21024 del 25 febbraio-5 maggio 2004, Eoli, Rv 229226; Sez. F. n. 33791 del 21/08/2007 – dep. 03/09/2007, Cosenza, Rv. 237585).
 
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Segue a tale esito la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende.
 
P.Q.M.
 
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di€ 2.000 in favore della Cassa delle Ammende
 
Così deciso il 5.10.2017
 
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!