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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 341 | Data di udienza: 7 Marzo 2018

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Procedimento per il rilascio del titolo edilizio – Vicini – Comunicazione ex art. 7 l. n. 241/1990 – Non è dovuta – Eccezioni – Costituzione di un condominio – Edifici autonomi – Sussistenza di opere comuni – Condominio – Proprietario dell’ultimo piano – Facoltà di sopraelevare – Art. 1127 c.c. – Riconoscimento da parte degli altri condomini – Necessità – Esclusione – Asservimento – Nozione – Accordo – Efficacia obbligatoria – Trasferimento di cubatura – Provvedimento concessorio –  Trascrizione dell’atto di asservimento – Opponibilità ai terzi – Norme sulle distanze – Compatibilità con la disciplina del condominio – Limiti – Contrasto – Prevalenza della normativa speciale in materia di condominio – Sopraelevazione di un edificio preesistente – Nuova costruzione – Normativa sulle distanze vigente al momento della sua realizzazione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 26 Marzo 2018
Numero: 341
Data di udienza: 7 Marzo 2018
Presidente: Politi
Estensore: Tenca


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Procedimento per il rilascio del titolo edilizio – Vicini – Comunicazione ex art. 7 l. n. 241/1990 – Non è dovuta – Eccezioni – Costituzione di un condominio – Edifici autonomi – Sussistenza di opere comuni – Condominio – Proprietario dell’ultimo piano – Facoltà di sopraelevare – Art. 1127 c.c. – Riconoscimento da parte degli altri condomini – Necessità – Esclusione – Asservimento – Nozione – Accordo – Efficacia obbligatoria – Trasferimento di cubatura – Provvedimento concessorio –  Trascrizione dell’atto di asservimento – Opponibilità ai terzi – Norme sulle distanze – Compatibilità con la disciplina del condominio – Limiti – Contrasto – Prevalenza della normativa speciale in materia di condominio – Sopraelevazione di un edificio preesistente – Nuova costruzione – Normativa sulle distanze vigente al momento della sua realizzazione.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 26 marzo 2018, n. 341


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Procedimento per il rilascio del titolo edilizio – Vicini – Comunicazione ex art. 7 l. n. 241/1990 – Non è dovuta – Eccezioni.

Ai sensi dell’art. 7 della L. 241/90, non sussiste l’obbligo di notiziare dell’attivazione del procedimento per il rilascio del titolo edilizio i soggetti viciniori dell’istante i quali, pur essendo legittimati all’impugnazione, non rivestono la qualifica di controinteressati in senso tecnico (Consiglio di Stato, sez. IV – 20/7/2017 n. 3573, che richiama sez. VI – 10/4/2014 n. 1718; T.A.R. Piemonte – sez. II – 26/2/2016 n. 230). In particolare, i vicini non sono annoverabili tra i soggetti destinatari della comunicazione ex art. 7 della L. 241/90, pur quando si tratti di soggetti che si siano in precedenza opposti all’attività edilizia del proprietario confinante, giacché l’estensione ad essi della predetta informativa comporterebbe un aggravio procedimentale in contrasto con i principi di economicità e di efficienza dell’attività amministrativa (cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II – 21/3/2017 n. 497; T.A.R. Emilia Romagna Parma – 4/4/2017 n. 127; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 14/6/2017 n. 1348; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I – 2/11/2017 n. 722).  Certamente, il principio generale illustrato può subire eccezioni per la specificità e peculiarità della vicenda dalla quale trae giustificazione l’affermazione dell’obbligo comunicativo, come ad esempio nel caso della natura abusiva di un manufatto oggetto di condono – accertata da un giudicato amministrativo – che il Comune avrebbe dovuto demolire (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI – 7/8/2015 n. 3891).
 

Pres. Politi, Est. Tenca – omissis (avv. Rizzardi) c. Comune di omissis (n.c.)

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Costituzione di un condominio – Edifici autonomi – Sussistenza di opere comuni.

Per la costituzione di un condominio, si può prescindere da un atto formale qualora sussistano più parti di un edificio in comunione pro indiviso, essendo l’istituto configurabile anche tra edifici strutturalmente autonomi, appartenenti ciascuno a singoli soggetti, tra i quali vi siano opere comuni, pur se distaccate, destinate al loro godimento e servizio (cfr. Corte di Cassazione, sez. II civile – 14/12/2017 n. 30046 che richiama Corte di Cassazione, sez. II civile – 12/11/1998 n. 11407).
 

Pres. Politi, Est. Tenca – omissis (avv. Rizzardi) c. Comune di omissis (n.c.)

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Condominio – Proprietario dell’ultimo piano – Facoltà di sopraelevare – Art. 1127 c.c. – Riconoscimento da parte degli altri condomini – Necessità – Esclusione.

La facoltà di sopraelevare che spetta ex lege  al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio o al proprietario esclusivo del lastrico solare (cfr. art. 1127 c.c., con i limiti ivi riconosciuti relativi al pregiudizio statico, di decoro o igiene dell’edificio), non necessita di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini,  e il suo esercizio può essere precluso soltanto in forza di un’espressa pattuizione che, in sostanza, costituisca una servitù altius non tollendi a favore degli stessi (T.A.R. Liguria, sez. I – 9/7/2015 n. 651, che richiama T.A.R. Sardegna, sez. II – 14/3/2013 n. 224).
 

Pres. Politi, Est. Tenca – omissis (avv. Rizzardi) c. Comune di omissis (n.c.)

DIRITTO URBANISTICO -EDILIZIA – Asservimento – Nozione – Accordo – Efficacia obbligatoria – Trasferimento di cubatura – Provvedimento concessorio –  Trascrizione dell’atto di asservimento – Opponibilità ai terzi.

L’istituto del c.d. asservimento del terreno per scopi edificatori (o cessione di cubatura) rientra nello schema del contratto atipico con effetti obbligatori che, senza oneri di forma pubblica o di trascrizione, è finalizzato al trasferimento di volumetria e che si perfeziona soltanto con il rilascio del necessario titolo abilitativo edilizio da parte del comune, in quanto l’effetto finale del trasferimento di cubatura avviene solo in conseguenza dell’emanazione del provvedimento amministrativo. Ne deriva che l’accordo ha efficacia solo obbligatoria tra i suoi sottoscrittori, mentre il trasferimento di cubatura fra le parti e nei confronti dei terzi è determinato esclusivamente dal provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato che, a seguito della rinuncia all’utilizzazione della volumetria manifestata al comune dal cedente in adesione al progetto edilizio presentato dal cessionario, può essere emanato a favore di quest’ultimo dall’ente pubblico. Non occorre che vi sia stato un formale “atto di asservimento” di un suolo (della sua estensione e della sua potenzialità edificatoria) ai fini della realizzazione di un manufatto da realizzarsi su un suolo diverso, essendo invece sufficiente che il primo sia stato considerato al fine di assentire la volumetria realizzanda (di cui all’istanza di concessione edilizia), e poi concretamente realizzata. Non assume alcun rilievo, pertanto, ai fini della impossibilità di considerazione della medesima superficie per il rilascio di altro e successivo titolo edilizio, né che vi sia stata trascrizione o altra forma di pubblicità dell’atto di asservimento, né che eventuali certificati di destinazione urbanistica indichino detto suolo come edificabile, secondo le previsioni ed i limiti dello strumento urbanistico, poiché deve tenersi del tutto distinta la formale ed astratta destinazione urbanistica di un’area dalla concreta, intervenuta utilizzazione dell’area medesima per le finalità urbanistico – edilizie ad essa impresse.  L’obbligo di trascrizione sancito dall’art. 2643 comma 1 n. 2-bis del c.c. – introdotto dall’art. 5 n. 3) del D.L. 13/5/2011 n. 70 convertito, con modificazioni, nella L. 12/7/2011 n. 106 – non si riflette sulla validità dell’atto ma rileva unicamente ai fini dell’opponibilità ai terzi e della soluzione del conflitto tra più aventi causa dallo stesso autore, ai sensi dell’art. 2644 del c.c..
 

Pres. Politi, Est. Tenca – omissis (avv. Rizzardi) c. Comune di omissis (n.c.)

DIRITTO URBANISTICO – Norme sulle distanze – Compatibilità con la disciplina del condominio – Limiti – Contrasto – Prevalenza della normativa speciale in materia di condominio.

Le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purchè siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l’applicazione di quest’ultima non sia in contrasto con le prime; nell’ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze che, nel condominio degli edifici e nei rapporti tra singolo condomino e condominio, è in rapporto di subordinazione rispetto alla prima. Pertanto, nel rispetto dei limiti di cui all’art. 1102 c.c. , deve ritenersi legittima l’opera realizzata anche senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue. Tale principio è valido con riferimento alle opere eseguite sulle parti comuni e non si estende invece ai rapporti fra i singoli condomini e le rispettive proprietà esclusive.
 

Pres. Politi, Est. Tenca – omissis (avv. Rizzardi) c. Comune di omissis (n.c.)


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Sopraelevazione di un edificio preesistente – Nuova costruzione – Normativa sulle distanze vigente al momento della sua realizzazione.

La sopraelevazione di un edificio preesistente, determinando un incremento della volumetria del fabbricato, va qualificata come nuova costruzione, sicché deve rispettare la normativa sulle distanze vigente al momento della sua realizzazione, non potendosi automaticamente giovare del diritto di prevenzione caratterizzante la costruzione originaria, che si esaurisce con il completamento, strutturale e funzionale, di quest’ultima (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII – 14/3/2017 n. 1465 e la giurisprudenza civile ivi menzionata).

Pres. Politi, Est. Tenca – omissis (avv. Rizzardi) c. Comune di omissis (n.c.)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 26 marzo 2018, n. 341

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 26 marzo 2018, n. 341

Pubblicato il 26/03/2018

N. 00341/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01441/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1441 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Giuliano Rizzardi, con domicilio “digitale” corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio “fisico” presso il suo studio in Brescia, Via Vittorio Emanuele II n. 60;

contro

Comune di -OMISSIS-, non costituitosi in giudizio;

nei confronti di

-OMISSIS-, -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’avv.to Claudia Zanardini, con domicilio “digitale” corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio “fisico” ex lege presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Zima n. 3;

per l’annullamento

– DEL PERMESSO DI COSTRUIRE IN SANATORIA DEL 18/3/2015, RILASCIATO AL CONTROINTERESSATO PER REALIZZARE UN SOPRALZO DI UN SOTTOTETTO IN EDIFICIO CONDOMINIALE, CON FORMAZIONE DI UN NUOVO BALCONE;

– DI OGNI ULTERIORE ATTO PRESUPPOSTO E CONNESSO.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei controinteressati -OMISSIS- e di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
 

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 marzo 2018 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A. Riferisce la ricorrente di essere proprietaria – dal 19/11/2010 – di un’unità immobiliare in un edificio localizzato in Via Pozzo n. 13 a -OMISSIS- (BS), sul mappale n. 58 del Foglio 8. L’area di appartenenza (alla quale si aggiungono le quote di comproprietà sulle parti comuni) corrisponde al subalterno 16 e comprende piano terra e piano primo, con una porzione di area scoperta esclusiva in adiacenza al muro perimetrale in lato sud-ovest (1 metro di larghezza) e in lato sud-est (2 metri di larghezza). La ricorrente e i Sigg.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- sono contitolari pro-quota delle parti comuni dell’edificio, e in particolare delle corti identificate ai subalterni 5 e 19.

B. Espone -OMISSIS- che, il 30/12/2010, i controinteressati hanno acquistato l’unità di cui al subalterno n. 17 – comprendente il piano secondo e il sottotetto – sulla quale hanno intrapreso i lavori assentiti in forza della DIA n. 58/2011 e della successiva variante n. 55/2013, poi ultimati nel gennaio 2014: in particolare, è stata creata una zona giorno al piano secondo e una zona notte al piano sottotetto, collegate mediante una rampa di scale; le aperture in facciata sono state spostate, i balconi allungati e uniti tra loro ed stato realizzato un corpo accessorio di 30,12 m³, oltre a un soppalco non accessibile sotto il colmo del tetto di 17 m² circa (raggiungibile con un’ulteriore rampa di scale).

C. Terminati gli interventi descritti, i Sigg.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- avviavano lavori per un nuovo sopralzo del sottotetto, finalizzati a realizzare un nuovo locale non abitabile sulla pianta del soppalco precedente, avente superficie di 16,47 m², volume di 29,646 m³ e altezza media ponderale di 1,80 (tavola di progetto 2 – doc. 1/C), e un nuovo balcone in affaccio dal prospetto sud ovest ampio 3,40 m², tra loro collegati da una porta 80 x 180 cm.

D. Con nota 29/8/2014 la ricorrente segnalava al Comune che le opere erano in corso di esecuzione, e formulava un’istanza di accesso agli atti: quest’ultima non veniva evasa e nel frattempo, senza coinvolgere -OMISSIS-, l’amministrazione avviava il procedimento di sanatoria, compiendo l’istruttoria ritenuta necessaria. Con nota 13/2/2015 la ricorrente denunciava nuovamente l’illegittimità dei lavori in corso, ma il Comune (senza fornire riscontro alcuno alle sollecitazioni) portava a compimento l’iter di regolarizzazione delle opere, rilasciando il permesso in costruire in data 18/3/2015.

Il 29/5/2015 -OMISSIS- otteneva la documentazione richiesta.

E. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, la ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe, deducendo i seguenti motivi in diritto:

a) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 7 della L. 241/90, eccesso di potere per mancata comunicazione di avvio del procedimento e per condotta ostruzionistica, dato che la ricorrente – in qualità di comproprietaria dell’edificio oggetto dell’intervento assentito e proprietaria esclusiva della striscia confinante con il muro perimetrale comune nei lati sud-ovest e sud-est – vanta una posizione qualificata e differenziata, legittimante il suo coinvolgimento nell’iter finalizzato all’accertamento di conformità; in deroga al principio generale che ritiene difficilmente individuabili i soggetti che possono astrattamente ricevere un pregiudizio dal rilascio del titolo abilitativo (compresi vicini e frontisti), l’avvio del procedimento deve essere comunicato ai comproprietari e a coloro che abbiano preventivamente manifestato ragioni oppositive; malgrado la “doppia” segnalazione, il Comune ha assunto una condotta ostruzionistica nei confronti di -OMISSIS-, impedendo la conoscenza degli atti del procedimento in corso, con lesione dei canoni di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa;

b) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 6 della L. 241/90 e degli artt. 11 e 20 del DPR 380/2001 per violazione dei diritti dei terzi, eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione sulla legittimazione del richiedente il titolo e falsa rappresentazione dei confini delle proprietà, dal momento che:

– per gli edifici in comproprietà (situazione giuridica che nella fattispecie investe il tetto e i muri perimetrali) il titolo edilizio può essere rilasciato previo specifico assenso di tutti i contitolari;

– dal verbale di assemblea condominiale del 18/10/2014, seppur acquisito dall’Ente locale, si evince la mancata sottoscrizione della ricorrente, la quale non è stata regolarmente avvisata della riunione;

– in aggiunta, il sopralzo interessa la parete laterale ovest dell’edificio (blocco autonomo) ove si trovano collocate solo le due unità immobiliari di esclusiva proprietà di -OMISSIS- e dei controinteressati (planimetrie doc. 2-bis e 3-bis);

– dunque, la ricorrente è l’unico soggetto che subisce un diretto e immediato pregiudizio dal sopralzo, ed è titolare di un interesse qualificato alla salvaguardia dei profili statici, estetici e igienici della sottostante porzione di proprietà esclusiva;

– infine, nell’accordo privato tra confinanti del 16/2/2015, parimenti acquisito nel corso dell’istruttoria, è stato omesso di indicare che -OMISSIS- è proprietaria confinante in quanto titolare esclusiva del diritto dominicale sulla striscia contigua al muro perimetrale in lato sud-ovest interessato dal sopralzo (cfr. doc. 1-bis), oltre che comproprietaria del subalterno 19 (corte comune) interposto tra detta striscia e il mappale appartenente ai terzi sottoscrittori dell’intesa;

– tale condotta integra una falsa rappresentazione dello stato dei luoghi, che si ripercuote sulla validità del titolo edilizio;

c) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 6 della L. 241/90, degli artt. 11, 20 e 36 del DPR 380/2001, eccesso di potere per omessa istruttoria e motivazione sul mancato accertamento della conformità urbanistica e sulla verifica dei parametri e indici edilizi di cui all’art. 19 delle NTA e dell’art. 905 del codice civile; in particolare:

– non è stato effettuato alcun approfondimento sul rispetto della normativa di piano e sull’osservanza dei principali parametri edilizi di cubatura, altezze e distanza, con palese difetto di istruttoria in una pratica, afferente alla sanatoria, che richiede ancora più rigore;

– non si rinviene la “relazione dettagliata” del responsabile del procedimento prevista dal T.U. e nessuna verifica della regola della “doppia conformità”;

– con riferimento alla cubatura, il fabbricato aveva ampiamente saturato la volumetria disponibile sul lotto edificato in base all’indice di densità fondiaria (1,50 m³ per m²), e già dalla relazione tecnica allegata alla DIA in variante del 2013 traspare, per il compimento del corpo accessorio tra il balcone la copertura, l’utilizzo indebito della volumetria di un lotto edificabile confinante;

– per quanto riguarda l’altezza, il sopralzo sovrasta di circa 2 metri e mezzo l’altezza massima prevista dalle norme di piano, pari a 10,50 metri (cfr. doc. 1/D); non può essere valorizzato il sottotetto, a sua volta realizzato su un precedente sottotetto già recuperato a fini abitativi, per il quale non vi è traccia della relativa pratica edilizia;

– quanto alla disciplina delle distanze, il sopralzo non ha rispettato il limite minimo di 5 metri dal confine con la striscia di proprietà esclusiva della ricorrente (doc. 2-bis);

– il balcone realizzato sul muro perimetrale in lato sud-ovest viola l’art. 905 del c.c., che pone il divieto di aprire vedute dirette verso il fondo del vicino a meno di 1 metro e mezzo di distanza dal medesimo fondo: nel caso, il balcone prospetta proprio sulla striscia di area della ricorrente, a distanza inferiore;

– l’accordo tra proprietari confinanti non ha alcun valore secondo quanto dispone l’art. 19 delle NTA sulla distanza minima dal confine, con una norma inderogabile introdotta a salvaguardia di un interesse pubblico generale;

d) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 6 della L. 241/90, dell’art. 20 del DPR 380/2001, eccesso di potere per carenza di istruttoria, inosservanza degli artt. 35 e ss. del Piano paesaggistico regionale e comunale, dell’art. 8 della normativa tecnica per le costruzioni di cui al DM 14/1/2008, della normativa tecnica geologica comunale; in particolare:

• risulta acquisito il parere favorevole della Commissione per il paesaggio, rassegnato con verbale 4/11/2014 n. 10; peraltro, è assente la relazione paesistica finalizzata all’esame dei progetti di cui agli artt. 35 e ss. del Piano paesaggistico regionale;

• anche se non realizzato in area vincolata ai sensi del D. Lgs. 42/2004, il progetto avrebbe dovuto essere sottoposto a specifico esame di impatto paesaggistico, e dall’analisi della documentazione prodotta già si evince l’incompatibilità con il contesto di riferimento, per il disturbo visivo creato a causa dell’altezza notevolmente sopraelevata rispetto alle coperture degli edifici circostanti;

• non risulta prodotta la relazione geologica richiesta dall’amministrazione con nota 30/10/2014, quando il Comune è dotato di specifico piano geologico che ripartisce il territorio in classe di fattibilità, ciascuna con specifiche prescrizioni;

• non è stata applicata la normativa tecnica di carattere geologico, vincolante anche per l’intervento di sopralzo;

• l’analisi sismica del progetto strutturale risulta insufficiente e in contrasto con l’art. 8.4.1 delle norme tecniche sulle costruzioni del 2008, il quale prevede che il sopralzo di una costruzione sia soggetto ad adeguamento sismico riferito all’intero manufatto per conseguire i livelli di sicurezza; nel caso di specie – restando immutato il numero dei piani – si è indicata un’opera “migliorativa” limitata al sopralzo proposto, ma la giustificazione addotta non è sostenibile anche alla luce dei plurimi interventi di ampliamento eseguiti nel corso degli anni sul fabbricato (nuovo piano, oggi adibito zona giorno, del 2003; piano sottotetto, ora adibito a zona giorno, del 2003; corpo accessorio e soppalco interno del 2013.

F. Si sono costituiti in giudizio i controinteressati, chiedendo la reiezione del gravame. Nella memoria finale evidenziano che, in pendenza di ricorso e precisamente in data 24/7/2017, è stato rilasciato il certificato di agibilità, attestante la conformità urbanistico edilizia e la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’immobile.

G. Con ordinanza 31/7/2015 n. 1528, questa Sezione ha respinto la domanda cautelare, adducendo l’insussistenza del periculum in mora.

H. Alla pubblica udienza del 7/3/2018 il gravame introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

DIRITTO

La Società ricorrente censura il provvedimento comunale 18/3/2015, di rilascio del permesso di costruire in sanatoria per la realizzazione del sopralzo di un sottotetto e di un balcone.

0. Si premette che, come ha messo in evidenza la parte ricorrente, il certificato di agibilità non assume una capacità sanante dei vizi che affliggono un titolo edilizio, il cui annullamento all’esito dell’impugnazione giurisdizionale si ripercuote inevitabilmente sul primo, con effetto caducante, stante la relazione di stretta consequenzialità (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia – 22/4/2015 n. 188, confermata da Consiglio di Stato, sez. VI – 9/8/2016 n. 3559). Pertanto, non ha alcun rilievo l’omessa tempestiva proposizione di un ricorso avverso il certificato suddetto.

1. Il primo motivo non è suscettibile di positivo apprezzamento.

1.1 In linea generale non sussiste, ai sensi dell’art. 7 della L. 241/90, l’obbligo di notiziare dell’attivazione del procedimento per il rilascio del titolo edilizio i soggetti viciniori dell’istante i quali, pur essendo legittimati all’impugnazione, non rivestono nemmeno la qualifica di controinteressati in senso tecnico (Consiglio di Stato, sez. IV – 20/7/2017 n. 3573, che richiama sez. VI – 10/4/2014 n. 1718, con la quale aveva precisato che, ove sia stata proposta una domanda di concessione edilizia, il vicino del richiedente o il soggetto legittimato possono intervenire nel procedimento ed impugnare il provvedimento che accoglie l’istanza, ma non hanno titolo a ricevere l’avviso di avvio del procedimento; si veda nello stesso senso T.A.R. Piemonte – sez. II – 26/2/2016 n. 230). E’ stato altresì puntualizzato che i vicini non sono annoverabili tra i soggetti destinatari della comunicazione ex art. 7 della L. 241/90, pur quando si tratti di soggetti che si siano in precedenza opposti all’attività edilizia del proprietario confinante, giacché l’estensione ad essi della predetta informativa comporterebbe un aggravio procedimentale in contrasto con i principi di economicità e di efficienza dell’attività amministrativa (cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II – 21/3/2017 n. 497; T.A.R. Emilia Romagna Parma – 4/4/2017 n. 127; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 14/6/2017 n. 1348; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I – 2/11/2017 n. 722).

1.2 Certamente, il principio generale appena illustrato può subire eccezioni per la specificità e peculiarità della vicenda dalla quale trae giustificazione l’affermazione dell’obbligo comunicativo, come ad esempio nel caso della natura abusiva di un manufatto oggetto di condono – accertata da un giudicato amministrativo – che il Comune avrebbe dovuto demolire (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI – 7/8/2015 n. 3891).

1.3 Ai sensi dell’art. 7 della L. 241/90, la notizia dell’impulso dato al procedimento deve pervenire ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti e a quelli che per legge debbono intervenirvi, nonché ai soggetti individuati o facilmente individuabili – diversi dai primi – ai quali possa derivare un pregiudizio dallo stesso provvedimento. Questo Collegio non ritiene che, nel caso di specie, dalle note depositate dalla ricorrente il 29/8/2014 e il 13/2/2015 potessero evincersi chiaramente e univocamente gli effetti dannosi provocati dalle opere nei suoi confronti: in occasione delle due segnalazioni/istanze di accesso, -OMISSIS- non ha fornito sufficienti indicazioni sul punto, avendo fatto riferimento ai lavori in corso (sui quali non aveva dato la necessaria autorizzazione in quanto comproprietaria della copertura), al pericolo di caduta di materiale e alla necessità di verificare il rispetto delle NTA su distanze, altezze e sicurezza. Appare insufficiente la generica deduzione di una violazione afferente a interessi pur rilevanti, che non dà conto della rilevante incisione su beni giuridici di appartenenza (e l’effettività e la concretezza dei pregiudizi sono state adeguatamente rappresentate soltanto con la proposizione del ricorso).

2. Anche la seconda censura non è passibile di positivo scrutinio.

2.1 Il Collegio è propenso ad accogliere l’opinione che, per la costituzione di un condominio, si possa prescindere da un atto formale qualora sussistano più parti di un edificio in comunione pro indiviso, essendo l’istituto configurabile anche tra edifici strutturalmente autonomi, appartenenti ciascuno a singoli soggetti, tra i quali vi siano opere comuni, pur se distaccate, destinate al loro godimento e servizio (cfr. Corte di Cassazione, sez. II civile – 14/12/2017 n. 30046 che richiama Corte di Cassazione, sez. II civile – 12/11/1998 n. 11407): come hanno sottolineato i controinteressati, nel caso di specie sussistono tutti i presupposti sostanziali per definire “condominio” il complesso composto dall’edificio le cui unità immobiliari appartengono ad -OMISSIS- S.r.l. e ai Sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS-, nonché ad altri soggetti. Infatti, anche se il compendio contempla gli appartamenti in blocchi separati e autonomi tra loro, nell’atto notarile 30/12/2010 (doc. 3 ricorrente – pagina 1) si dà atto della comproprietà delle corti comuni (sub. 5, 18 e 19 del mappale 58).

2.2 Sotto altro versante, appare acclarato in base alle deduzioni delle parti e agli atti di causa che l’assemblea è stata convocata e che la ricorrente non vi ha partecipato, dopo aver ricevuto l’avviso oltre il termine minimo (pari a 5 giorni) normativamente previsto. In ogni caso, è pacifico che -OMISSIS- non ha manifestato alcun consenso alla realizzazione dell’intervento. Sul punto, a prescindere dalla perdurante impugnabilità della deliberazione assembleare, si tratta di chiarire se è necessario il consenso unanime dei condomini o comunque l’approvazione del soggetto che può ricevere un incisivo pregiudizio (come il ricorrente, immediato confinante che occupa i piani immediatamente inferiori dell’edificio oggetto di sopraelevazione).

Il Collegio ritiene di dare al quesito risposta negativa.

2.3 In tema di condominio, l’art. 1127 comma 1 del c.c. prevede che “il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare”. I commi 2 e 3 prevedono quanto segue: “La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono. I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti”. La nozione di sopraelevazione, oggetto della disciplina appena riportata, trova applicazione nei casi in cui il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale esegua nuovi piani o nuove fabbriche, ovvero trasformi locali preesistenti aumentandone le superfici e le volumetrie. La ratio giustificatrice della norma va ricercata nel fatto che la sopraelevazione sfrutta lo spazio sovrastante l’edificio ed occupa la colonna d’aria su cui esso insiste (Tribunale di Trento – 11/7/2017), per cui l’esercizio di tale diritto non resta subordinato alla prestazione del consenso da parte degli altri condomini purché non sia compromessa la statica e l’architettura dello stabile e non siano presenti limitazioni alla luce o all’aria del sottostante appartamento (Consiglio di Stato, sez. IV – 9/5/2017 n. 2118).

2.4 La giurisprudenza amministrativa si è pronunciata sul diritto del condomino, proprietario dell’ultimo piano, di sopraelevare come disciplinato dall’art. 1127 c.c., in quanto la questione non ha carattere solo civilistico, ma incide sulle condizioni per il rilascio del titolo abilitativo. In proposito, T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I – 19/11/2015 n. 1749 ha puntualizzato che, se si ritiene, come precisato dalla Corte di Cassazione, che il proprietario dell’ultimo piano possa sopraelevare senza il consenso degli altri condomini, “ne deriva che anche l’autorizzazione alla costruzione dell’antenna possa prescindere dalla prova della proprietà esclusiva del tetto, essendo necessario e sufficiente che l’istante sia proprietario dell’ultimo piano, ….”. Più in generale, la facoltà di sopraelevare spetta ex lege al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio (o al proprietario esclusivo del lastrico solare) e il suo esercizio, che non necessita di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini, può essere precluso soltanto in forza di un’espressa pattuizione che, in sostanza, costituisca una servitù altius non tollendi a favore degli stessi (T.A.R. Liguria, sez. I – 9/7/2015 n. 651, che richiama T.A.R. Sardegna, sez. II – 14/3/2013 n. 224). Nel caso di specie, da un lato non sussiste tra i condomini un precedente accordo in senso contrario, e dall’altro non viene dimostrato – in positivo – un pregiudizio statico o di decoro (la Commissione per il Paesaggio ha emesso parere positivo) o di igiene dell’edificio. Ulteriori riflessioni su tali aspetti saranno sviluppate con l’esame dell’ultimo motivo di ricorso. Pertanto, gli odierni controinteressati erano titolari del diritto a sopraelevare.

2.5 La mancata indicazione, nell’accordo del 16/2/2015 (doc. 1-L ricorrente), del diritto di proprietà esclusiva di -OMISSIS- sulla striscia contigua al muro perimetrale in lato sud-ovest interessato dal sopralzo (e della comproprietà della corte comune) integra indubbiamente una lacuna, le cui conseguenze saranno esaminate in raccordo con le successive doglianze. Per il momento, non affiora un dolo evidente nella rappresentazione dello stato dei luoghi, che possa ex se insinuare un vizio nel titolo edilizio rilasciato.

3. Passando all’esame del motivo di cui alla lettera c) dell’esposizione in fatto, la ricorrente deduce in via generale un difetto di istruttoria, ma al riguardo occorre rilevare che la pratica è stata istruita con l’acquisizione di elementi rilevanti (parere della Commissione per il paesaggio, verbale di assemblea condominiale, consenso dei confinanti, altro materiale documentale).

Il Collegio può a questo punto affrontare le censure puntuali.

3.1 Sulla cubatura, i controinteressati evocano la relazione allegata alla DIA in variante del 2013 (cfr. doc. 5.B ricorrente – pagina 3) dalla quale risulta che, per la realizzazione del corpo accessorio tra il balcone e la copertura (cd. “bussola”) – che contemplava un volume in ampliamento di mc. 30,12 – i sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- si sono avvalsi della capacità edificatoria del mappale di loro proprietà esclusiva “confinante ad Ovest con il lotto in questione identificato al fg. 9 mappale 314 del comune di -OMISSIS-. La superficie identificata come edificabile corrisponde a mq. 200; con una capacità edificatoria pari a 1,5 mc/mq. il lotto quindi dispone di una volumetria pari a mc 300,00 …”. Ultimato quell’intervento, essi disponevano di un volume residuo di mc. 269,88, sufficiente a compiere l’opera controversa in questa sede. Nello specifico, i controinteressati sostengono di aver posto in essere una “cessione di cubatura” da un fondo all’altro, allo specifico fine di accrescere la potenzialità edilizia del secondo tramite l’utilizzo della volumetria del primo (coincidente con la particella limitrofa).

Detto ordine di idee merita condivisione.

3.2 Come ha chiarito il Consiglio di Stato, sez. VI – 9/2/2016 n. 547, l’asservimento consiste, in termini generali e come specificato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 2009, in una fattispecie negoziale atipica avente effetti obbligatori, in base ai quali un’area viene destinata a servire al computo dell’edificabilità di un altro fondo. Come statuito nella citata pronuncia n. 547/2016 dei giudici d’appello <<L’asservimento realizza, in definitiva, una specie particolare di relazione pertinenziale, nella quale viene posta durevolmente a servizio di un fondo la qualità edificatoria di un altro. Scopo dell’atto di asservimento è quello di incrementare la cubatura disponibile su un fondo, sfruttando quella concessa (e non utilizzata) ad altro fondo della medesima area, il quale viene, conseguentemente, assoggettato a vincolo di inedificabilità. L’atto di asservimento dei suoli comporta la cessione di cubatura tra fondi contigui ed è funzionale ad accrescere la potenzialità edilizia di un’area per mezzo dell’utilizzo della cubatura realizzabile in una particella contigua e del conseguente computo anche della superficie di quest’ultima, ai fini della verifica del rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria. La riconducibilità dell’asservimento a un vincolo di inedificabilità idoneo a permanere anche in caso di alienazione del fondo asservito, discende dalla natura oggettiva del vincolo. … >>. Ciò importa che, permanendo il vincolo a tempo indeterminato, l’asservimento continua a seguire il fondo anche nei successivi trasferimenti a qualsiasi titolo intervenuti in epoca successiva, ed è opponibile ai terzi e a chiunque ne sia il proprietario (Consiglio di Stato, sez. IV – 5/5/2017 n. 2064).

Ha poi puntualizzato T.A.R. Campania Salerno, sez. I – 7/4/2016 n. 916 che l’istituto del c.d. asservimento del terreno per scopi edificatori (o cessione di cubatura) rientra nello schema del contratto atipico con effetti obbligatori che “senza oneri di forma pubblica o di trascrizione, è finalizzato al trasferimento di volumetria e che si perfeziona soltanto con il rilascio del necessario titolo abilitativo edilizio da parte del comune, in quanto l’effetto finale del trasferimento di cubatura avviene solo in conseguenza dell’emanazione del provvedimento amministrativo”. Ne deriva che l’accordo “ha efficacia solo obbligatoria tra i suoi sottoscrittori, mentre il trasferimento di cubatura fra le parti e nei confronti dei terzi è determinato esclusivamente dal provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato che, a seguito della rinuncia all’utilizzazione della volumetria manifestata al comune dal cedente in adesione al progetto edilizio presentato dal cessionario, può essere emanato a favore di quest’ultimo dall’ente pubblico”. Come ha statuito Consiglio di Stato, sez. IV – 29/2/2016 n. 816, <<Occorre precisare che, in casi quale quello di specie, non occorre che vi sia stato un formale “atto di asservimento” di un suolo (della sua estensione e della sua potenzialità edificatoria) ai fini della realizzazione di un manufatto da realizzarsi su un suolo diverso, essendo invece sufficiente che il primo sia stato considerato al fine di assentire la volumetria realizzanda (di cui all’istanza di concessione edilizia), e poi concretamente realizzata. Da tale considerazione discende, innanzi tutto, che non assume alcun rilievo, ai fini della impossibilità di considerazione della medesima superficie per il rilascio di altro e successivo titolo edilizio:

– né che vi sia stata trascrizione o altra forma di pubblicità dell’atto di asservimento ….;

– né che eventuali certificati di destinazione urbanistica indichino detto suolo come edificabile, secondo le previsioni ed i limiti dello strumento urbanistico, poiché deve tenersi del tutto distinta la formale ed astratta destinazione urbanistica di un’area dalla concreta, intervenuta utilizzazione dell’area medesima per le finalità urbanistico – edilizie ad essa impresse (e, dunque, l’eventuale, intervenuto esaurimento delle potenzialità edilizie della medesima)>>.

Nella stessa prospettiva il Consiglio di Stato, sez. IV – 5/2/2015 n. 562 ha chiarito che “il concetto di asservimento urbanistico per esaurimento della capacità edificatoria opera obiettivamente ed è opponibile anche al terzo acquirente pur in assenza di trascrizione del vincolo nei registri immobiliari (v. Cons. di Stato, sez. V, n. 387/1998); esso consegue di diritto per il solo effetto del rilascio di legittime concessioni edilizie che determina l’esaurimento della capacità edificatoria stabilita dallo strumento urbanistico. Si tratta di un asservimento giuridico oggettivo tipico del regime conformativo dei suoli, sicché la mancata indicazione di tale effetto nella concessione edilizia o della relativa trascrizione della stessa come di un atto di cessione (pur aventi la valenza giuridica di determinare e pubblicizzare l’asservimento) non possono contrastare l’asservimento urbanistico che si determina in ragione dell’esaurimento della volumetria disponibile, ignorato dalla concessione o dall’atto di cessione”.

3.3 Alla luce dei principi illustrati non era necessaria, ai fini del trasferimento della cubatura disponibile, né una specifica previsione della normativa di piano né la trascrizione dell’atto di disposizione, e la fonte dell’effetto obbligatorio si rinviene nella relazione tecnica che assume valore di atto unilaterale d’obbligo; al contempo, la coincidenza della figura dei proprietari dei terreni coinvolti nella cessione semplifica ulteriormente la vicenda. Da ultimo, si segnala che l’obbligo di trascrizione sancito dall’art. 2643 comma 1 n. 2-bis del c.c. – introdotto dall’art. 5 n. 3) del D.L. 13/5/2011 n. 70 convertito, con modificazioni, nella L. 12/7/2011 n. 106 – non si riflette sulla validità dell’atto ma rileva unicamente ai fini dell’opponibilità ai terzi e della soluzione del conflitto tra più aventi causa dallo stesso autore, ai sensi dell’art. 2644 del c.c..

3.4 Non sussiste neppure la dedotta violazione dell’altezza massima, prevista in metri 10,5 dalle NTA. Il limite – che lo strumento urbanistico riferisce all’altezza “media” quando il solaio di copertura non sia orizzontale e quando il terreno o la strada siano in pendenza – risulta infatti rispettato dall’intervento dei controinteressati, come si evince dai disegni e dalle tavole esibite. Emerge chiaramente che l’altezza media dell’edificio – pari a 10,31 metri – rispetta la previsione di cui all’art. 5 del Piano delle Regole di -OMISSIS- (cfr. allegati n. 4 e n. 5 controinteressati). Non è sufficiente, al riguardo, lamentare una mancata “verifica in loco” da parte dei tecnici del Comune, visto che il meccanismo di calcolo non è stato contestato dalla parte ricorrente attraverso la produzione di una perizia ovvero l’elaborazione di cifre differenti. Infine, i vani ricavati nel sottotetto aventi altezza media ponderale non superiore a 1,80 metri sono esclusi dal computo dell’altezza, e non vi sono ragioni per ritenere inapplicabile la disposizione (ancorché siano stati effettuati interventi pregressi, non affiorando il complessivo superamento del limite).

3.5 Viceversa, i Sigg.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno indebitamente violato, con la creazione del sopralzo, la distanza minima di 5 metri dal confine con la striscia di area di proprietà della Società ricorrente, che corre in adiacenza lungo il muro perimetrale sud ovest.

3.6 La Corte di Cassazione (sez. II civile – 27/2/2014 n. 47471) – sulla questione relativa al rispetto delle distanze all’interno di un condominio – ha richiamato il condiviso principio di diritto, affermato anche con la propria sentenza n. 6546 del 18/03/2010, secondo il quale <<Le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purchè siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l’applicazione di quest’ultima non sia in contrasto con le prime; nell’ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze che, nel condominio degli edifici e nei rapporti tra singolo condomino e condominio, è in rapporto di subordinazione rispetto alla prima. Pertanto, ove il giudice constati il rispetto dei limiti di cui all’art. 1102 c.c. , deve ritenersi legittima l’opera realizzata anche senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue, sempre che venga rispettata la struttura dell’edificio condominiale>>. La Corte di Cassazione, sez. II civile – 11/6/2013 n. 14652, ha poi statuito che “In tema di condominio, ai sensi dell’art. 1102 c.c., comma 1, ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini. …”.

3.7 In buona sostanza, le norme in tema di distanze legali recedono quando sono in contrasto con i principi fondamentali sui quali si regge il condominio, per cui sarebbe possibile aprire una finestra sul cortile comune anche senza rispettare le distanze dall’appartamento di un altro condomino, in quanto la funzione del cortile è quella di dare luce ad aria.

Tuttavia, nella fattispecie all’esame del Collegio, la distanza rileva rispetto a un’area pacificamente di proprietà esclusiva del confinante. L’art. 90 del DPR 380/2001 consente le sopraelevazioni nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti, mentre l’art. 1127 del c.c. permette di sopraelevare sull’ultimo piano dell’edificio, ma non esonera certo dall’osservanza delle norme in materia di distanze tra costruzioni (Corte di cassazione, sez. II civile – 25/7/2016 n. 15295). Sempre ai fini del rispetto delle distanze legali tra costruzioni, va osservato che la sopraelevazione di un edificio preesistente, determinando un incremento della volumetria del fabbricato, va qualificata come nuova costruzione, sicché deve rispettare la normativa sulle distanze vigente al momento della sua realizzazione, non potendosi automaticamente giovare del diritto di prevenzione caratterizzante la costruzione originaria, che si esaurisce con il completamento, strutturale e funzionale, di quest’ultima (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII – 14/3/2017 n. 1465 e la giurisprudenza civile ivi menzionata).

3.8 Non è in altri termini appropriato il richiamo al principio dell’inoperatività, nel condominio, della normativa sulle distanze legali, dal momento che tale principio è valido con riferimento alle opere eseguite sulle parti comuni e non si estende invece ai rapporti fra i singoli condomini e le rispettive proprietà esclusive. Si concorda dunque con quanto affermato dalla parte ricorrente nella memoria di replica per cui, nel caso specifico, le unità immobiliari delle parti in causa sono perfettamente autonome e ciò che risulta violata è la distanza del sopralzo – qualificabile come “nuova costruzione” – rispetto alla porzione esclusiva di area scoperta di proprietà della ricorrente (e non rispetto ad una porzione di area condominiale).

3.9 Da ultimo, la ricorrente lamenta che il balcone sarebbe stato realizzato sul muro perimetrale in lato sud-ovest in violazione dell’art. 905 del c.c., che pone il divieto di aprire vedute dirette verso il fondo del vicino a meno di 1 metro e mezzo di distanza dal medesimo fondo.

La prospettazione non convince. Nella memoria finale, i controinteressati hanno efficacemente affermato (senza contestazione sul punto della parte avversaria) che il balcone costruito sul lato sud-ovest non crea alcun affaccio sulla striscia di proprietà di -OMISSIS- S.r.l., dal momento che i poggioli del piano secondo ne impediscono la vista. Con gli altri proprietari limitrofi, i Sigg.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno sottoscritto la scrittura privata del 16/02/2015.

4. Il quarto motivo è parzialmente fondato, nei limiti di quanto di seguito esposto.

4.1 Non è configurabile l’obbligo di un (ulteriore) esame di impatto paesaggistico. Premesso che l’area non risulta sottoposta a vincolo ai sensi del D. Lgs. 42/2004, come precisato dalla stessa parte ricorrente, è stato acquisito il parere favorevole della Commissione per il Paesaggio, espresso con verbale n. 10 del 4/11/2014. Dunque risulta affrontato dall’autorità competente – con esito favorevole per il soggetto proponente – il profilo dell’impatto paesistico (che assorbe in sé la questione del “disturbo visivo”) in base all’invocata normativa regionale. In proposito, l’art. 39 del Piano Paesaggistico Regionale (prodotto per estratto dai controinteressati all’allegato 7) precisa al comma 9 che il giudizio di impatto paesistico può essere emesso dalla Commissione per il Paesaggio qualora istituita, come è avvenuto proprio nel caso all’esame.

4.2 La reazione geologica è stata richiesta dall’amministrazione con nota 30/10/2014 (doc. 1-E ricorrente), e in data 17/11/2014 è stata depositata la “Relazione tecnica e di calcolo” la quale, nel richiamare i criteri previsti dal D.M. 14/9/2005 (Norme Tecniche per le Costruzioni), al punto 5.3 attesta una sollecitazione in fondazione incrementata del 3% e che “Non evidenziando la necessità di intervenire sulle fondazioni non si richiede il supporto della relazione geologica-geotecnica” (allegato n. 8 controinteressati). I Sig. -OMISSIS- e -OMISSIS- danno conto della classificazione in Classe 2 di fattibilità geologica indicata dal Piano Geologico del Comune di -OMISSIS- (allegato 9), e della modesta rilevanza dell’intervento. La deduzione non si rivela in definitiva persuasiva.

4.3 Per quanto concerne l’analisi sismica, a seguito di specifica richiesta del Comune, in data 13/1/2015 i controinteressati (loro doc. 11) hanno trasmesso la “Valutazione della sicurezza NTC 2008”, elaborata dall’Ing. -OMISSIS-. Ad avviso dei Sigg. -OMISSIS- e -OMISSIS- l’indagine sarebbe del tutto adeguata, poiché ai sensi dell’art. 8.4.1 delle evocate NTC un intervento di adeguamento sismico deve essere effettuato solo “qualora necessario”. Parte ricorrente rileva che la giustificazione addotta non è sostenibile, alla luce dei plurimi interventi di ampliamento eseguiti nel corso degli anni sul fabbricato (nuovo piano adibito a zona giorno, piano sottotetto adibito a zona giorno, corpo accessorio e soppalco interno): in particolare, il certificato di collaudo statico del 14/12/2015 in atti concerne unicamente la porzione aggiunta.

4.4 Sul punto, il Collegio condivide le perplessità manifestate da -OMISSIS-. Il Comune avrebbe dovuto infatti appurare se una verifica sismica fosse stata effettuata anche in occasione dei precedenti interventi e se fosse necessario un approfondimento che tenesse conto della “sommatoria” delle opere che si sono “stratificate” nel tempo sull’immobile.

5. In conclusione, il gravame è fondato e merita accoglimento nei limiti di quanto illustrato ai paragrafi 3.5, 3.6, 3.7, 3.8 e 4.3 e 4.4.

9. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, previa compensazione parziale, nella misura del 30%, per la soccombenza reciproca.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in epigrafe, e per l’effetto annulla il titolo abilitativo in sanatoria impugnato.

Condanna il Comune di -OMISSIS- e i controinteressati, in solido tra loro, a corrispondere alla ricorrente la somma di 3.000 €, a titolo di compenso per la difesa tecnica, oltre a oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente e le altre parti del giudizio.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Stefano Tenca
        
IL PRESIDENTE
Roberto Politi
        
        
IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
 

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