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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca, Fauna e Flora Numero: 351 | Data di udienza: 21 Marzo 2018

* FAUNA E FLORA – CACCIA – Fauna selvatica – Danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria – Artt. 19, c. 7 e 34, c. 1 l.r. Marche n. 7/1995 (come modificata dalla l.r. n. 37/2016) – ATC – Risarcimento dei danni – Introduzione di nuova forma di responsabilità oggettiva – Esclusione – Disposizioni essenzialmente contabili.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Marche
Città: Ancona
Data di pubblicazione: 4 Maggio 2018
Numero: 351
Data di udienza: 21 Marzo 2018
Presidente: Filippi
Estensore: Morri


Premassima

* FAUNA E FLORA – CACCIA – Fauna selvatica – Danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria – Artt. 19, c. 7 e 34, c. 1 l.r. Marche n. 7/1995 (come modificata dalla l.r. n. 37/2016) – ATC – Risarcimento dei danni – Introduzione di nuova forma di responsabilità oggettiva – Esclusione – Disposizioni essenzialmente contabili.



Massima

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 4 maggio 2018, n. 351


FAUNA E FLORA – CACCIA – Fauna selvatica – Danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria – Artt. 19, c. 7 e 34, c. 1 l.r. Marche n. 7/1995 (come modificata dalla l.r. n. 37/2016) – ATC – Risarcimento dei danni – Introduzione di nuova forma di responsabilità oggettiva – Esclusione – Disposizioni essenzialmente contabili.

  L’art. 19, comma 7, della l.r. Marche n. 7/1995 come modificata dalla l.r. Marche n. 37/2016 secondo cui “L’organo di gestione degli ambiti territoriali di caccia provvede altresì, con risorse proprie, al risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria…” (art. 3, comma 1, l.r. n. 37/2016) e l’art. 34, comma 1, secondo cui “Gli ATC risarciscono, con risorse proprie, i danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria nelle zone di ripopolamento e cattura, nelle zone di sperimentazione e nei centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica, nelle oasi di protezione, nelle aree di rispetto e nel territorio di caccia programmata” (art. 4, comma 1, l.r. n. 37/2016), non individuano l’ATC come unico responsabile dei danni arrecati, alle produzioni agricole, dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria, né quale corresponsabile insieme ad altri soggetti, né introducono alcuna nuova forma di responsabilità oggettiva oltre a quelle già disciplinate dall’ordinamento (artt. 2051 e 2052 cod. civ.). Applicando il principio “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” ad una lettura costituzionalmente orientata, le norme regionali de qua costituiscono disposizioni essenzialmente contabili finalizzate ad individuare la quota patrimoniale con cui l’ATC dovrà provvedere all’eventuale risarcimento dei danni in applicazione dei principi civilistici sulla responsabilità patrimoniale del debitore (art. 2740 cod. civ.).

Pres. Filippi, Est. Morri – Ambito Territoriale di Caccia Ancona 1 (ATC An1) e altro (avv. Benedetti) c. Regione Marche (avv. Comi)


Allegato


Titolo Completo

TAR MARCHE, Sez. 1^ - 4 maggio 2018, n. 351

SENTENZA

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 4 maggio 2018, n. 351


Pubblicato il 04/05/2018

N. 00351/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00294/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 294 del 2017, proposto da
Ambito Territoriale di Caccia Ancona 1 (ATC An1), Ambito Territoriale di Caccia Ascoli Piceno (ATC Ap), rappresentati e difesi dall’avvocato Giorgio Benedetti, con domicilio eletto presso il relativo studio in Ancona, viale della Vittoria, 32;


contro

Regione Marche, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Comi, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura Regionale, in Ancona, piazza Cavour, 23;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Azienda Agricola San Lorenzo Società Cooperativa, Azienda Agricola Paoletti Sabatino, Azienda Agricola Balducci Patrizia, rappresentate e difese dagli avvocati Maurizio Discepolo, Martina Viventi, con domicilio eletto presso lo studio Maurizio Discepolo in Ancona, via Matteotti, 99;

per l’annullamento

della delibera di Giunta Regionale n. 309 del 3/4/2017, con la quale veniva revocata la DGR n. 730/2016 ad oggetto “Danni da fauna selvatica. Disposizioni”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2018 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Gli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), odierni ricorrenti, impugnano la Delibera di Giunta Regionale n. 309 del 3/4/2017, con la quale veniva revocata la DGR n. 730/2016 ad oggetto “Danni da fauna selvatica. Disposizioni”. Il provvedimento viene contestato sotto vari profili e, in particolare, nella parte in cui prevede, per l’anno 2016, la non applicabilità del regime “de minimis” ai risarcimenti dei danni provocati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica.

Il nucleo essenziale delle doglianze si fonda sulla ritenuta incostituzionalità delle novelle legislative apportate, dalla legge regionale 30/12/2016 n. 37, alla disciplina in questione (artt. 8, 19, 34 e 41 della l.r. n. 7/1995) e in relazione della quale la delibera n. 309/2017 veniva adottata.

Si è costituita, per resistere al gravame, la Regione Marche.

Sono inoltre intervenute, ad opponendum, le aziende agricole “San Lorenzo Società Cooperativa”, “Paoletti Sabatino” e “Balducci Patrizia”, già propositrici del ricorso n. 338/2017 avverso la medesima deliberazione ma per ragioni sostanzialmente opposte a quelle degli odierni ricorrenti.

2. La prima ed articolata censura è rivolta contro le seguenti disposizioni della l.r. n. 7/1995 come modificata dalla l.r. n. 37/2016:

a. art. 19, comma 7, secondo cui “L’organo di gestione degli ambiti territoriali di caccia provvede altresì, con risorse proprie, al risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria…” (art. 3, comma 1, l.r. n. 37/2016);

b. art. 34, comma 1, secondo cui “Gli ATC risarciscono, con risorse proprie, i danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria nelle zone di ripopolamento e cattura, nelle zone di sperimentazione e nei centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica, nelle oasi di protezione, nelle aree di rispetto e nel territorio di caccia programmata” (art. 4, comma 1, l.r. n. 37/2016);

c. art. 8, comma 5, secondo cui: “Alla gestione delle oasi di protezione, con particolare riguardo ai censimenti annuali, al ripristino dell’ambiente per gli scopi di cui al presente articolo ed alle catture temporanee a scopo scientifico, provvedono gli ambiti territoriali di caccia….” (art. 1, comma 1, l.r. n. 37/2016).

A giudizio dei ricorrenti, le nuove disposizioni di cui alle precedenti lett. a) e b), sarebbero state adottate in violazione dei principi desumibili dall’art. 117, comma 2, lett. l,) m) ed s), della Costituzione (ordinamento civile; determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale; tutela dell’ambiente e dell’ecosistema), poiché introducono una disciplina risarcitoria di tipo oggettivo ed in contrasto con la disciplina indennitaria contenuta negli artt. 14 e 26 della legge n. 157/1992 secondo cui l’organo di gestione degli ATC eroga solo contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole attingendo dall’apposito fondo regionale.

Le nuove disposizioni di cui alla precedente lett. c) sarebbero invece state adottate in violazione dei principi desumibili dall’art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione (tutela dell’ambiente e dell’ecosistema), poiché affidano agli ATC, senza alcuna plausibile ragione, la gestione di aree (oasi di protezione soggette a divieto assoluto di caccia), in contrasto con le disposizioni della legge n. 157/1992 (la quale circoscrive le competenze degli ATC al solo territorio di caccia programmata).

2.1 Viene infine dedotta l’incostituzionalità dell’art. 8, comma 1, della l.r. n. 37/2016 secondo cui “Gli articoli 34 e 41 della L.R. n. 7/1995, come modificati rispettivamente dagli articoli 4 e 5 di questa legge, producono i propri effetti dal 1° gennaio 2016”. Tale disposizione sarebbe in contrasto con i principi di irretroattività della legge desumibili dall’art. 11 delle preleggi e dall’art. 6 della CEDU. Inoltre presenta un irragionevole difetto di coordinamento tra gli artt. 34 e 41, in vigore dall’1/1/2016, e l’art. 19, comma 7, della l.r. n. 7/1995 (come sopra modificato), in vigore dal 31/12/2016 (giorno successivo alla pubblicazione sul BUR della l.r. n. 37/2016).

2.2 Tutti i suddetti profili di incostituzionalità risultano palesemente infondati per le ragioni di seguito indicate. Risultano comunque privi di attuale rilevanza per le ragioni che si diranno al successivo paragrafo 3.3.

2.3 Occorre innanzitutto muovere dalla corretta interpretazione delle nuove disposizioni regionali di cui alle precedenti lett. a) e b).

Le stesse, a ben guardare, non individuano l’ATC come unico responsabile dei danni arrecati, alle produzioni agricole, dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria. Una tale affermazione potrebbe effettivamente creare dubbi di incostituzionalità considerato anche l’orientamento della giurisprudenza civile richiamata nel parere legale del 18/7/2016 allegato alla DGR n. 730/2016 (giurisprudenza secondo cui “la Regione, anche in caso di delega di funzioni alle Province, è responsabile, ai sensi dell’art. 2043 c.c., dei danni provocati da animali selvatici….”).

Le norme regionali in oggetto, inoltre, non individuano l’ATC quale corresponsabile insieme ad altri soggetti (peraltro nemmeno individuati).

Le stesse non introducono, infine, alcuna nuova forma di responsabilità oggettiva oltre a quelle già disciplinate dall’ordinamento (artt. 2051 e 2052 cod. civ.). In caso contrario potrebbero effettivamente sussistere dubbi di incostituzionalità atteso che la disciplina dell’ordinamento civile, ovvero dei rapporti di diritto privato, rientra tra le competenze esclusive dello Stato (cfr. Corte Cost. 27/6/2013 n. 162.)

Applicando il principio “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” ad una lettura costituzionalmente orientata delle nuove disposizioni legislative regionali, il Collegio ritiene che le stesse costituiscono disposizioni essenzialmente contabili finalizzate ad individuare la quota patrimoniale con cui l’ATC dovrà provvedere all’eventuale risarcimento dei danni in applicazione dei principi civilistici sulla responsabilità patrimoniale del debitore (art. 2740 cod. civ.).

Sia la responsabilità personale dell’ATC, che l’an e il quantum del risarcimento, dovranno tuttavia essere accertati attraverso le ordinarie vie giudiziarie, fatto comunque salvo il potere, delle parti, di definire la controversia in via transattiva potendosi anche avvalere della procedura stragiudiziale disciplinata dal regolamento regionale n. 1/2013.

2.3.1 In quest’ultimo caso si porrà l’eventuale problema di qualificare esattamente la natura del quantum debeatur, ovvero se ascrivibile ad un risarcimento vero e proprio oppure ad un mero contributo o indennizzo che potrebbe poi sottostare ai vincoli comunitari in materia di aiuti di Stato (c.d. regola “de minimis”); vincoli che potrebbero anche legittimare la disapplicazione di atti legislativi e amministrativi con essi contrastanti.

Al momento della liquidazione si porrà poi l’eventuale problema di individuare quali siano le effettive “risorse proprie” degli ATC, cui alludono genericamente le norme in esame e che potrebbero anche determinare “ex se” la mancata applicazione dei vincoli comunitari come emerge dal parere in data 9/11/2017 della Direzione Generale Agricoltura e Sviluppo Rurale della Commissione Europea (cfr. deposito telematico del 06/02/18 17:28 e all. 001 deposito telematico del 08/02/18 11:59).

Si tratta tuttavia di profili che, allo stato, non possono essere oggetto di accertamento giudiziario in questa sede, poiché attengono a poteri degli ATC non ancora esercitati e su cui vige il divieto cognitivo ex art. 34, comma 2, c.p.a.

2.3.2 Per quanto è possibile qui rilevare, non emerge pertanto alcun contrasto con la disciplina nazionale contenuta negli artt. 14 e 26 della legge n. 157/1992. Quest’ultima riguarda la corresponsione di contributi per danni “non altrimenti risarcibili” (art. 26, comma 1), cui provvedono gli ATC in base alle disposizioni regionali attuative ed attingendo dall’apposito fondo. Sulla natura di contributo o di mero indennizzo delle somme erogate in tal modo, l’odierno Collegio non intravede ragioni per discostarsi da quanto recentemente affermato da questo stesso Tribunale (cfr. TAR Marche, 20/11/2017 n. 871, paragrafo 8.1).

2.4 Riguardo alla pretesa incostituzionalità dell’art. 8, comma 5, della l.r. n. 7/1995 (supra, paragrfao 2, lett. c), va osservato che le oasi di protezione risultano comunque connesse con il territorio di caccia, perché sono destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica che sarebbe altrimenti abbattuta o comunque infastidita dai cacciatori.

Appare infatti evidente che, se la caccia fosse interamente vietata, non ci sarebbe alcun bisogno di istituire oasi di protezione.

Non appare quindi illogico o irrazionale che chi gestisce il territorio di caccia (al fine di agevolare questa attività ludico/sportiva), debba anche occuparsi di aree speciali istituite proprio per limitare gli effetti della caccia sulla fauna, facendosi carico dei relativi oneri inclusi gli eventuali oneri risarcitori.

Del resto gli ATC avevano in gestione (e continuano ad avere) anche altre aree connesse con l’attività di caccia ma soggette a divieto assoluto di caccia per ragioni di tutela e di sviluppo della fauna selvatica, ovvero le “Zone di ripopolamento e cattura” (artt. 9 e 39, comma 1, lett. c, l.r. 7/1995) e i “Centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale” (art. 10 e 39, comma 1, lett. c, l.r. 7/1995); aree in relazione alle quali nessuna doglianza è stata invece dedotta, anche con riguardo ai profili risarcitori conseguenti (art. 34, comma 1, l.r. 7/1995).

Peraltro le attività dell’ATC attinenti alle oasi di protezione (che potranno poi eventualmente rilevare per circoscrivere l’ambito della conseguente responsabilità in concorso con quella di altri soggetti) risultano ben circoscritte (riguardanti, in particolare, i censimenti annuali, il ripristino dell’ambiente e le catture temporanee a scopo scientifico) e sono svolte in base ad un piano di gestione approvato dalla Regione su proposta dello stesso ATC.

2.5 Per le considerazioni espresse nel precedente paragrafo 2.3 va inoltre esclusa l’irragionevolezza dell’effetto retroattivo previsto l’art. 8, comma 1, l.r. n. 37/2016, trattandosi di disposizioni essenzialmente contabili in relazione ai principi generali, di natura civilistica, che sarebbero comunque applicabili anche in assenza di disposizioni regionali.

Il preteso difetto di coordinamento riguarda invece solo il soggetto che provvederà all’eventuale risarcimento, ovvero gli “ATC” (secondo la previsione dell’art. 34, comma 1, come modificato, in vigore dall’1/1/2016) e “L’organo di gestione degli ambiti territoriali di caccia” (secondo la previsione dell’art. 19, comma 7, come modificato, ed vigore dal 31/12/2016).

Entrambe le disposizioni riproducono invece il medesimo principio che riguarda il risarcimento attraverso “risorse proprie”.

3. Con la seconda ed articolata censura viene contestata la legittimità della DGR n. 309/2017. In particolare viene dedotta: illegittimità derivata dalla pretesa incostituzionalità delle nuove disposizioni regionali viste in precedenza; violazione del Reg. UE n. 1408/2013 per mancata applicazione del regime “de minimis”; contraddittorietà con il regolamento regionale n. 1/2013 per mancato coordinamento tra le nuove e le precedenti disposizioni; illegittimo effetto retroattivo della disposizione secondo cui le istanze di risarcimento pendenti e pervenute alla data del 18/7/2016 vengano istruite in base al r.r. n. 1/2013 e all’art. 34 della l.r. n. 7/1995 nell’ultima formulazione.

3.1 Anche tali profili vanno disattesi.

3.2 A ben guardare, l’unico effetto provvedimentale, desumibile dal dispositivo della citata DGR n. 309/2017, è circoscritto alla revoca della precedente DGR n. 730/2016.

In relazione a tale effetto revocatorio nulla viene contestato. Del resto la delibera n. 730/2016 disponeva l’inapplicabilità del regime “de minimis” contrariamente alla tesi, qui sostenuta, secondo cui tale regime dovrebbe invece applicarsi. Sussisterebbe quindi evidente carenza di interesse, in capo i ricorrenti, alla conservazione della citata delibera n. 730/2016.

Le censure in esame muovono invece da alcune considerazioni rinvenibili nel documento istruttorio riportato in calce alla deliberazione n. 309/2017; documento al quale la Giunta Regionale si è tuttavia limitata a rinviare per ragioni esclusivamente motivazionali, le quali si reggono, nella sostanza, su alcuni aspetti di ritenuta incompatibilità della precedente disciplina, di cui alla DGR n. 730/2016, con la nuova disciplina legislativa contenuta nei novellati artt. 19, comma 7 e 34 comma 1, della l.r. n. 8/1995 e in relazione alla tempistica della loro entrata in vigore (art. 8, comma 1, della l.r. n. 37/2016).

3.3 Tale circoscritto effetto provvedimentale, insieme a quanto già rilevato nel precedente paragrafo 2.3.1, esclude anche l’attuale rilevanza delle questioni di incostituzionalità dedotte con l’odierno ricorso; rilevanza attuale che costituisce requisito indispensabile affinché, questo Tribunale, possa sollevare la questione innanzi alla Corte delle leggi (cfr. Corte Cost. 20/3/2009 n. 77 e giurisprudenza ivi richiamata).

In assenza di un atto amministrativo applicativo, effettivamente pregiudizievole per gli interessi degli ATC, le censure di illegittimità costituzionale costituirebbero una inammissibile impugnazione diretta della legge regionale, da parte di soggetti privati, attraverso la proposizione di un petitum coincidente con la questione stessa (cfr. Corte Cost. 13/2/2009 n. 38; 3/3/2006 n. 84; Cons. Stato, Sez. IV, 8/6/2000 n. 3264).

3.4 Posta tale premessa si possono comunque trarre le seguenti conclusioni:

– le considerazioni di cui al precedente paragrafo 2 escludono profili di illegittimità derivata per pretesa incostituzionalità delle nuove norme legislative regionali;

– nel momento in cui gli ATC dovranno risarcire i danni arrecati alle produzioni agricole, per effetto di una sentenza di condanna pronunciata dall’autorità giudiziaria, andrebbe esclusa l’applicabilità della regola “de minimis” non trattandosi di aiuto di Stato;

– in caso di risarcimento, a seguito di accordo transattivo, varranno invece le considerazioni svolte nel precedente paragrafo 2.3.1;

– riguardo al preteso mancato coordinamento tra il r.r. n. 1/2013 e le nuove disposizioni legislative regionali, va ribadito quanto già affermato nel precedente paragrafo 2.3.2, ovvero che il primo riguarda l’attuazione degli artt. 14 e 26 della legge n. 157/1992 finalizzati all’erogazione di contributi per danni “non altrimenti risarcibili” (cfr. art. 1, comma 1, r.r. 1/2013), mentre la nuova disciplina legislativa regionale in contestazione attiene al risarcimento del danno vero e proprio in applicazione della disciplina civilistica;

– per le stesse ragioni va disatteso anche l’ultimo profilo di doglianza, dovendosi tenere distinte le due fattispecie (risarcimenti, da una parte; contributi o meri indennizzi, dall’altra).

4. In conclusione il ricorso va respinto.

5. Le spese di giudizio possono essere compensate considerata la particolarità e per certi versi complessità della vicenda in esame.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

La presente sentenza sarà eseguita dall’Autorità amministrativa ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente
Gianluca Morri, Consigliere, Estensore
Simona De Mattia, Consigliere

L’ESTENSORE
Gianluca Morri
        
IL PRESIDENTE
Maddalena Filippi
        
        
IL SEGRETARIO

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