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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 742 | Data di udienza: 18 Aprile 2018

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Progettazione di un’opera – Competenza professionale dei geometri – Costruzione “modesta” – Nozione – Criteri – Costruzione in zona sismica – Esula.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Campania
Città: Salerno
Data di pubblicazione: 14 Maggio 2018
Numero: 742
Data di udienza: 18 Aprile 2018
Presidente: Riccio
Estensore: Ianniello


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Progettazione di un’opera – Competenza professionale dei geometri – Costruzione “modesta” – Nozione – Criteri – Costruzione in zona sismica – Esula.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ – 14 maggio 2018, n. 742


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Progettazione di un’opera – Competenza professionale dei geometri – Costruzione “modesta” – Nozione – Criteri – Costruzione in zona sismica – Esula.

Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta – e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri – consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64/1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (Cons. di Stato, V, sent. n. 883/2015).

Pres. Riccio, Est. Ianniello – A.F. (avv. Marenghi) c. Comune di Roccapiemonte (avv. Maiorino)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ - 14 maggio 2018, n. 742

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ – 14 maggio 2018, n. 742

Pubblicato il 14/05/2018

N. 00742/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02187/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2187 del 2016, proposto da
Alfonso Fasolino, rappresentato e difeso dall’avvocato Gherardo Maria Marenghi, con domicilio eletto in Salerno, via Velia 15;

contro

Comune di Roccapiemonte, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Gaetano Maiorino, con domicilio eletto in Salerno, via Piave 1, presso Criscuolo;

nei confronti

Domenico De Simone, rappresentato e difeso dagli avvocati Alfonso Esposito, Giovanni Pagano, con domicilio eletto in Salerno, via Piave 1, presso De Vita;

per l’annullamento

del provvedimento del Comune di Roccapiemonte n. 17038 dell’11 novembre 2016, recante annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 315 del 18 dicembre 2015;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Roccapiemonte e di Domenico De Simone;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2018 la dott.ssa Valeria Ianniello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Con ricorsi nn. 2187 e 2188/2016, il sig. Fasolino impugnava il provvedimento del Comune di Roccapiemonte n. 17038 dell’11 novembre 2016, recante l’annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 315 del 18 dicembre 2015 rilasciato ai sensi della legge n. 219/1981, e la conseguente ordinanza di demolizione n. 18/URB prot. n. 17039 dell’11 novembre 2016; al riguardo, il ricorrente si duole:

a) della violazione dell’art. 3, legge n. 241/1990, per genericità della motivazione in ordine alle distanze e alle relative norme asseritamente violate; dell’eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria;

b) della violazione dell’art. 10-bis, legge n. 241/1990, e dei principi del giusto procedimento.

Con ordinanza cautelare n. 69 del 25 gennaio 2017, questo Tribunale sospendeva l’efficacia dei provvedimenti gravati; conseguentemente, il sig. Fasolino trasmetteva al Comune, in data 31 gennaio 2017, una comunicazione di ripresa dei lavori.

Con ordinanza n. 22/URB prot. n. 1825 del 1° febbraio 2017, il Comune di Roccapiemonte ordinava «la sospensione ai sensi del comma 3° articolo 27 del DPR 380/2001 e s.m.i. delle opere in corso di prosecuzione in virtù del permesso di costruire n. 315 del 18/12/2015 prot. n. 3212 del 03/03/2016, annullato con provvedimento prot. 17038 dell’11/11/2016, a seguito dell’ordinanza cautelare di sospensione del TAR Salerno n. 69/2017 del 24/01/2017 e fino all’adozione del provvedimento definitivo».

Con ricorso n. 133/2017, il sig. Fasolino censurava l’ordinanza n. 22/URB prot. n. 1825 del 1° febbraio 2017, siccome assunta in elusione della predetta ordinanza cautelare n. 69/2017, oltre che viziata da illegittimità derivata in connessione con il ripetuto provvedimento n. 17038/2016; questo stesso Tribunale, con ordinanza n. 131 del 7 marzo 2017, respingeva la relativa domanda cautelare.

Con successiva, ulteriore ordinanza n. 26/URB, prot. n. 5003 del 17 marzo 2017, il Comune di Roccapiemonte disponeva «la sospensione e la demolizione delle opere fino ad oggi eseguite, previste nel permesso di costruire n. 315 del 18 /12/2015 prot. n. 3212 del 03/03/2016, annullato con provvedimento prot. 17038 dell’11/11/2016 e consistenti nell’intervento di sopraelevazione del fabbricato sito in via Roma, 16 censito in Catasto al Foglio 8 mappale 1288», e segnatamente «sia quelle già accertate antecedentemente all’adozione dei provvedimenti repressivi già emanati che nel periodo di ripresa dei lavori antecedente all’avvenuta notifica del provvedimento cautelare di sospensione 22/URB del 01/02/2017 prot. n. 1825 e previste nell’annullato permesso di costruire n. 315 del 18/12/2015 prot. n. 3212».

Avverso tale ultimo provvedimento, il sig. Fasolino proponeva ricorso n. 681/2017; questo Tribunale, con ordinanza n. 294 dell’8 giugno 2017, accoglieva la domanda di sospensione cautelare, al fine di consentire la trattazione del ricorso in uno ai ricorsi n. 2187/2016, 2188/2016, 133/2017 (e 325/2017).

Con sentenza non definitiva n. 430 del 26 marzo 2018, questo Tribunale, riuniti i ricorsi nn. 2187/2016, 2188/2016, 133/2017, 681/2017:

a) dichiarava l’improcedibilità del ricorso n. 2188/2017 e del ricorso n. 133/2017, per sopravvenuto difetto di interesse;

b) accoglieva il ricorso n. 681/2017, per l’effetto annullando l’ordinanza di sospensione e demolizione n. 26/URB, prot. n. 5003 del 17 marzo 2017, del Comune di Roccapiemonte;

c) compensava le spese relative ai ricorsi n. 2188/2016, n. 133/2017 e n. 681/2017;

d) in ordine al ricorso n. 2187/2016, così statuiva:

– riteneva validamente costituito il contraddittorio procedimentale;

– riteneva congrua la motivazione del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 3, legge n. 241/1990, e in particolare del terzo comma, alla luce del richiamo espresso di tutti gli atti endoprocedimentali dai quali emergono le ragioni della determinazione di annullare d’ufficio il permesso di costruire n. 315/2015;

– disponeva istruttoria al fine di pronunciarsi in ordine:

1) al mutamento di destinazione d’uso del piano terra, da deposito ad abitazione, rispetto a quanto risultante dal titolo di possesso e dall’accatastamento;

2) al rispetto delle distanze dalle proprietà confinanti;

3) alla qualificazione del tecnico che ha sottoscritto il progetto.

Sul primo aspetto, con comunicazione n. 15795 del 24 ottobre 2016, di «riscontro alle controdeduzioni del 27/09/2016 prot. n. 14046», il Comune di Roccapiemonte aveva rappresentato che «agli atti d’ufficio non risulta alcuna comunicazione, SCIA o altra pratica edilizia dalla quale riscontrare l’avvenuta legittimazione della variazione effettivamente operata».

Al riguardo, non può essere condiviso quanto affermato da parte ricorrente, secondo cui «in assenza di opere, non contestate nel provvedimento, il mutamento di destinazione fra categorie omogenee è libero» (pag. 7 del ricorso).

È vero infatti che l’invocato art. 2, co. 5, L.R. n. 19/2001, ha reso «libero il mutamento di destinazione d’uso senza opere purché nell’ambito di categorie compatibili alle singole zone territoriali omogenee (co. 5 art. 2 cit.)», sul presupposto che «nell’ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico-contributivi stante le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell’ambito della medesima categoria» (Cons. di Stato, I, sent. n. 3586/2006).

Nel caso in esame, tuttavia, viene in rilievo la diversa questione della trasformazione di una porzione – autorimessa o deposito – di immobile, nel suo complesso a destinazione abitativa, con l’effetto di incidere in modo determinate sul relativo carico urbanistico. In fattispecie analoga, questo Tribunale ha considerato «l’aggiunta di un vano, ricavato da parte di superficie del deposito adiacente al piano terra» alla stregua di«una difformità rilevante rispetto al progetto approvato», atteso che «in luogo di uno spazio destinato a deposito sono stati realizzati un volume ed una superficie residenziali … Di conseguenza, non si tratta di una mera opera interna, derivandone, in conseguenza del peculiare uso sostanzialmente diverso rispetto a quello assentito … un superamento dei parametri edilizi consentiti» (sez. I, sent. n. 1016/2013, confermata dal Consiglio di Stato, VI, sent. n. 216/2015).

A conclusioni analoghe giunge anche il T.A.R. Lazio, secondo cui «nell’ambito di una unità immobiliare ad uso residenziale, devono distinguersi i locali abitabili in senso stretto dagli spazi “accessori” che, secondo lo strumento urbanistico vigente, non hanno valore di superficie edificabile e non sono presi in considerazione come superficie residenziale all’atto del rilascio del permesso di costruire: autorimesse, cantine e locali di servizio rientrano, di norma, in questa categoria.

Perciò non è possibile ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage, di un magazzino o di una soffitta in un locale abitabile; senza considerare i profili igienico-sanitari di abitabilità del vano, in ogni caso si configura, infatti, un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’originario permesso di costruire.

Aderendo, quindi, al costante orientamento della giurisprudenza, … deve ritenersi che … allorché lo stesso [cambio di destinazione d’uso] intervenga … tra locali accessori e vani ad uso residenziale, integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire e ciò indipendentemente dall’esecuzione di opere…» (sez. II-bis, sent. n. 4577/2017).

In ordine alla allegata violazione delle distanze nella realizzazione – in sostituzione della copertura esistente – di una sopraelevazione, il Comune ha ritenuto di censurare l’omessa indicazione, all’atto della presentazione del progetto, delle distanze dai terzi confinanti e del rispetto dei relativi limiti normativamente imposti, atteso che la circostanza che il Piano Regolatore e il Piano di Recupero non prevedano limitazioni in merito non esime dal rispetto delle prescrizioni di cui all’articolo 9 del DM 1444/68 e del Codice Civile (lo stesso ricorrente afferma che «né il piano regolatore né il piano di recupero contengono parametri limitativi, tanto che trova applicazione la normativa, sulle distanze, dettata dal Codice Civile», pag. 8 del ricorso).

Emerge in effetti agli atti del presente giudizio che nei grafici progettuali allegati al p.d.c. n. 315/2015, non risultano indicate le distanze della sopraelevazione dai terzi confinanti.

Sulla qualificazione, infine, del professionista incaricato, il Comune rileva che il progetto – assentito in base alla legge n. 219/1981, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 19 marzo 1981, n. 75, recante ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti» – è sottoscritto da un perito edile, non abilitato a tal fine.

Per vero, il «Progetto di variante-stralcio mediante scorporo di unità abitativa “autonoma” dalla concessione con contributo n. 273/03 (Richiesta di nuova concessione) Aggiornamento richiesto con nota U.T.C. n. 4254 del 26/11/07» in data 4 dicembre 2007 – approvato dal Comune di Roccapiemonte in data 25 febbraio 2010 (verbale n. 138 Commissione ex art. 14 legge n. 219/1981) – e la Relazione tecnica allegata risultano elaborati dal perito edile Giuseppe Fasolino, il quale dichiara, tra l’altro, che:

– «il danno subito dall’immobile è da ritenersi in stretta connessione con l’evento sismico dell’23/11/80 e successive scosse sismiche; e che pertanto l’intervento di riparazione proposto è indispensabile al fine di una tale rifusione dei danni subiti»;

– «i lavori saranno diretti e collaudati dallo stesso».

Al riguardo, l’art. 16, R.D. n. 275/1929 (Regolamento per la professione di perito industriale), stabilisce che «spettano ai periti industriali, per ciascuno nei limiti delle rispettive specialità di meccanico, elettricista, edile, tessile, chimico, minerario, navale ed altre analoghe, le funzioni esecutive per i lavori alle medesime inerenti.

Possono inoltre essere adempiute: … b) dai periti edili anche la progettazione e direzione di modeste costruzioni civili, senza pregiudizio di quanto è disposto da speciali norme legislative, nonché la misura, contabilità e liquidazione dei lavori di costruzione …».

Si tratta della medesima locuzione utilizzata dal Legislatore in relazione ai geometri (art. 16, lett. m, R.D. n. 274/1929: «L’oggetto ed i limiti dell’esercizio professionale di geometra sono regolati come segue: … m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili»), rispetto ai quali il Consiglio di Stato ha affermato che «il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta – e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri – consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri» (Cons. di Stato, V, sent. n. 883/2015).

Le conclusioni raggiunte con riferimento alle predette questioni consentono di affermare la legittimità del provvedimento impugnato.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Sussistono giustificati motivi per compensare fra le parti le spese di lite, anche in ragione della particolare evoluzione del relativo giudizio, il cui ricorso è stato già esaminato in maniera congiunta con altri oggettivamente e soggettivamente connessi in occasione dell’adozione della citata sentenza n. 430 del 26 marzo 2018.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente
Maurizio Santise, Primo Referendario
Valeria Ianniello, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Valeria Ianniello
        
IL PRESIDENTE
Francesco Riccio
        
        
IL SEGRETARIO

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