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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Aree protette, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 3533 | Data di udienza: 8 Maggio 2018

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – AREE PROTETTE – Repressione degli abusi edilizi all’interno dei parchi naturali – Finzioni di vigilanza edilizia attribuiti al Comune – Funzioni di protezione del vincolo paesistico attribuito all’ente gestore del Parco – Possibile divergenza – Autonomia tra i due procedimenti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 29 Maggio 2018
Numero: 3533
Data di udienza: 8 Maggio 2018
Presidente: Donadono
Estensore: Cernese


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – AREE PROTETTE – Repressione degli abusi edilizi all’interno dei parchi naturali – Finzioni di vigilanza edilizia attribuiti al Comune – Funzioni di protezione del vincolo paesistico attribuito all’ente gestore del Parco – Possibile divergenza – Autonomia tra i due procedimenti.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^ – 29 maggio 2018, n. 3533


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – AREE PROTETTE – Repressione degli abusi edilizi all’interno dei parchi naturali – Finzioni di vigilanza edilizia attribuiti al Comune – Funzioni di protezione del vincolo paesistico attribuito all’ente gestore del Parco – Possibile divergenza – Autonomia tra i due procedimenti.

Laddove, per la repressione degli abusi edilizi all’interno dei parchi naturali, vi sia un concorso tra le funzioni di vigilanza edilizia, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001, di cui è titolare il Comune, e quelle di protezione del vincolo paesistico attribuito all’ente gestore del Parco, le valutazioni svolte dai due soggetti potrebbero divergere, poiché il Comune deve tener conto dei limiti e dei divieti di natura urbanistico-edilizia, mentre l’ente gestore del Parco considera la compatibilità paesistica dell’opera; di conseguenza, un nuovo volume potrebbe essere sanabile nella valutazione del Comune (ad esempio, perché gli indici edificatori non sono ancora esauriti), ma non nella valutazione paesistica del Parco (Tar Brescia, sez. I, 15 ottobre 2014, n. 1057). D’altronde, indiretta ed ulteriore conferma dell’autonomia tra i due procedimenti, urbanistico e paesaggistico, la offre il medesimo d.P.R. n.380 del 2001, laddove all’art. 32, comma 3, prevede che gli interventi effettuati (…) ricadenti in parchi o in aree protette nazionali e regionali, << sono considerati (in ogni caso: n.d.r.) in totale difformità dalla concessione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 7 e 28 della presente legge. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali >>, per tal guisa rendendo irrilevante anche la distinzione legislativa tra le varie tipologie edilizie e categorie concettuali, sia nell’ambito degli interventi di nuova costruzione e che in quelli di recupero del patrimonio edilizio esistente.


Pres. Donadono, Est. Cernese – V.M. (avv.ti Cirillo e Vitale) c. Ente Nazionale Parco del Vesuvio (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^ - 29 maggio 2018, n. 3533

SENTENZA

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^ – 29 maggio 2018, n. 3533

Pubblicato il 29/05/2018

N. 03533/2018 REG.PROV.COLL.
N. 03342/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3342 del 2013, proposto da
VITIELLO MARIAGIOVANNA, rappresentata e difesa dagli Avv. ti Vincenzo Cirillo ed Alberto Vitale ed elettivamente domicliati presso lo studio dell’Avv. Antonio Messina, in Napoli, al Viale Gramsci, n. 19 (indirizzo pec: avv.albertovitale@pec.it);

contro

ENTE NAZIONALE PARCO DEL VESUVIO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede elettivamente domicilia in Napoli, alla Via A. Diaz, n. 11;

per l’annullamento

del provvedimento prot. n. 1356 del 29.3.13, ord. N. 17 del 22.3.2013, notificato il 23 aprile 2013, avente ad oggetto l’ingiunzione di demolizione, ex art. 31 d.P.R. 380/2001, delle presunte opere abusive rilevate alla via Pisani n. 39/bis; nonché di ogni altro provvedimento preordinato, connesso, consequenziale, per quanto di ragione.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Parco Nazionale del Vesuvio;
Viste le produzioni delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2018 il dott. Vincenzo Cernese uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con nota informativa prot. n. 0013461/2’12 (prot. dell’Ente Parco n. 988 del 1° marzo 2012), il Comune di Torre del Greco comunicava all’Ente Parco che la ricorrente, Vitiello Mariagiovanna aveva realizzato opere abusive nel fondo di sua proprietà sito alla via Pisani n. 39 bis, nel Comune di Torre del Greco, catastalmente individuata al Foglio n. 13, Particella n. 59, 125, 624, 644, 647, 650 del N.C.T. del Comune di Torre del Greco.

Poiché il predetto intervento era stato realizzato in assenza dell’autorizzazione richiesta dall’art. 13 della Legge n. 394/1991, l’Ente parco Nazionale del Vesuvio ha emanato, a carico della proprietaria e committente, Vitiello Mariagiovanna, ordinanza di demolizione e di riduzione in pristino n. 1356 del 29.3.13, ord. N. 17 del 22 marzo 2013 in epigrafe.

Con l’odierno ricorso, notificato il 21.6.2013 e depositato il 16.7.2013, Vitiello Maria Giovanna ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la predetta ordinanza di demolizione.

Si è costituito in giudizio l’intimato Ente Parco chiedendo il rigetto del ricorso, sì come infondato, e depositando documentazione, unitamente al “rapporto sui termini della vertenza” prot. n. 4489 del 22 luglio 2013 dello stesso Ente Parco.

Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Parte ricorrente ha formulato i seguenti motivi di ricorso:

1) Violazione dell’art. 12, L. 6.12.1991,n. 394, oltre all’eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, al riguardo, premesso che il Piano del Parco Nazionale del Vesuvio è stato approvato dal Consiglio Regionale della Campania nel corso della seduta del 19 gennaio 2010, poi pubblicato sul B.U.R.C. n. 9 del 2T gennaio 2010, tuttavia soltanto in data 3 agosto 2010 esso Piano è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 179 e, quindi, è diventato efficace, con al conseguente inapplicabilità delle relative previsioni alla fattispecie, trattandosi di opere risalenti a periodo antecedente all’entrata in vigore.

2) Violazione dei legge (L. 6.12.91, n. 394 – in particolare, artt. 6, 11, 13 e 29 – oltre che N.T.A. del Piano del Parco Nazionale del Vesuvio, in particolare, artt. 14, 19 e 23, in relazione agli artt. 3, 6, 10, 22, 31, 33, 36 e 37 D.P.R. 6.6.01, n. 380; artt. 2 e 9 L.R. 28.11.01 n. 19; artt. 1 e 3 L. 7.8.90, n. 241; artt. 42 e 97 Costituzione; artt. 146 e 167 D.Lvo 22.1.04, n. 42), oltre all’eccesso di potere (per travisamento, inesistenza dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, omessa valutazione, violazione del giusto procedimento), al riguardo, ferma l’assorbenza delle censura sollevate con il mezzo che precede, rilevandosi che:

– in ogni caso il rinvio "dinamico" operato attraverso il richiamo all’art. 41 del D.P.R. 380/01, per quanto riguarda l’esecuzione dell’ingiunto ripristino, non può che comportare la puntuale verifica sulla corretta ascrizione delle opere contestate alla pertinente tipologia;

– in primo luogo, quanto sanzionato ai punti 1) e 2) dell’ordinanza impugnata materializza un adeguamento funzionale della preesistenza, certamente ascrivibile ad un intervento di "ristrutturazione edilizia": la norma di riferimento, anche in relazione alla sola esecuzione, va pertanto tassativamente individuata nell’art. 33 del richiamato D.P.R. 380 che; ai fini dell’irrogazione dell’ingiunzione di ripristino, richiede il preventivo espletamento di un apposito accertamento per la verifica della fattibilità tecnica della demolizione della parte abusiva senza pregiudizio di quella preesistente;

– in merito agli interventi di cui ai punti da 3) a’7); la contestazione del contrasto con la vigente zonizzazione di tutela deve ritenersi escluso a monte dalla già rilevata circostanza che il piano del Parco è entrato in vigore successivamente alla venuta ad esistenza di tali opere;

– invero, le relative modalità realizzative, attesa la conclamata inesistenza di incrementi superficiari e/o volumetrici, escludono qualsiasi rilevanza anche sotto il profilo paesaggistico: infatti, si tratta di pensiline in legno (punto 3), di gradoni in basolato (punto 4), di muratura a secco in pietra lavica e gradonato di collegamento sempre in pietra lavica (punto 5), cancello in ferro pedonale (punto 6), murature di recinzione con coronamento e rivestimento di pietra lavica e/o laterizi, con sovrastante rete metallica e/o travetti prefabbricati, oltre a cancello di ferro scorrevole ed automatizzato su via Pisani (punto 2, lettere a, b e c);

– in effetti non può dubitarsi che l’elevazione della recinzione prospiciente la strada sia indispensabile per evitare facili accessi di terzi al fondo, mentre la modesta pavimentazione in basolato e le varie “gradonate” assolvono alla funzione di rendere più fruibile l’area pertinenziale esterna; altrettanto è a dirsi delle modeste pensiline, ornamento del fabbricato principale;

– né la realizzazione del modesto “calpestio” può far ritenere che, in tale ipotesi, sia materializzata la citata condizione ostativa di cui all’art. 167, comma 4, lettera a), non venendo in esame una superficie urbanisticamente rilevante: tale conclusione è avvalorata dalla recentissima novella dell’art. 6 del d.P.R. 380/2001, introdotta dall’art. 5 della legge 73/10, che ha annoverato tra le attività “libere”, in materia edilizia, anche le "opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni; anche per aree di sosta, che siano contenute entro l’indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la , realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati" 6, comma 2, lettera c), D.P.R. 380 cit.); con l’ulteriore rilievo che la novella, per l’ipotesi di realizzazione delle opere in discorso in assenza di preventiva comunicazione, ‘prevede semplicemente l’irrogazione di una sanzione pecuniaria pari ad C. 258,00, non già la loro demolizione;

– premesso che in sostanza si è dato vita ad un insieme realizzato con semplici e graziose linee architettoniche e comunque di modesta entità, che non cagiona impatto ambientale e pur nella consapevolezza che per un’opera realizzata in assenza di nulla osta in zona vincolata non solo sussiste l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata, ma vi è un ulteriore e specifico interesse, volto alla salvaguardia dell’area protetta e ad evitare che questa sia permanentemente soggetta ad un utilizzo che non poteva avere luogo (cfr. C.d.S., V, n. 2648/00; id., IV, n. 198/98; id., V, n. 272/89), nella specie, la totale omissione della valutazione globale della vicenda per un equo bilanciamento tra gli opposti interessi, ovvero sia quello pubblico all’astratta sanzione per la carenza del titolo abilitante e quello privato al mantenimento di opere edificate in assenza del titolo formale, ma conformi alla vigente normativa urbanistico/edilizia e, quindi, sussumibili tra quelle sanabili ex post anche in area vincolata sotto il ‘profilo paesaggistico, ai sensi dell’art. 167, coltimi 4 e 5, del decreto 42/04;

– a ben vedere, l’esperimento del procedimento per l’accertamento della compatibilità paesistica manifesta in maniera apprezzabile la realizzazione anche del principio di economia dei mezzi giuridici, evitando l’abnorme conseguenza che il Comune ordinerebbe la demolizione di opere perché realizzate in assenza di titolo formale, benché successivamente autorizzabili stante la inesistenza di contrasto con la vigente normativa urbanistico/edilizia, come innanzi dimostrato:

– il canone di proporzionalità, richiamato tra quelli generali dell’azione amministrativa dall’art. 1 della legge 241/90 anche in ossequio "ai principi comunitari, apparirebbe chiaramente vulnerato da un siffatto modus operandi;

Il ricorso non merita accoglimento.

Infondata si palesa la censura inerente alla violazione dell’art. 12, L. 6.12.1991, n. 394 a motivo della inapplicabilità alla presente fattispecie delle previsioni del Piano del Parco Nazionale del Vesuvio, approvato dal Consiglio Regionale della Campania nella seduta del 19 gennaio 2010 per risultare le opere contestate risalenti a periodo antecedente all’entrata in vigore in data 3 agosto 2010 del Piano dell’Ente Parco.

Al riguardo, per consolidato orientamento giurisprudenziale e per il più generale principio di legalità dell’azione amministrativa, l’Amministrazione deve assumere i provvedimenti di sua competenza in base alla normativa vigente al momento dell’adozione degli stessi, risultando il procedimento amministrativo regolato dal principio tempus regit actum (c.f.r. C. di S., sez. IV, 28.9.2009, n. 5835; C.d. S., sez. VI, 3.9.2009, n. 5195).

Correttamente, quindi l’Amministrazione ha adottato le sue determinazioni in base alle norme dell’adottato Piano del Parco, entrato in vigore in data antecedente all’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento.

Inoltre, a seguito della ricezione della nota informativa prot. 0013461/2012 proveniente dal Comune di Torre del Greco con cui veniva trasmessa l’ordinanza di demolizione n. 185 del 9.2.2012 adottata (all’esito di sopralluogo congiunto di tecnici del Servizio Antiabusivismo Edilizia e della Polizia Municipale da cui era risultato che l’immobile rilevato era completamente in difformità rispetto alla concessione edilizia in sanatoria, in precedenza rilasciata) a carico di Vitiello Mariagiovanna, in qualità di proprietaria e committente, l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio, preso atto che le opere abusive de quibus risultavano situate all’interno dell’area naturale protetta , ai sensi del D.L. vo 29 ottobre 1999, n. 490 (sostituito dal decreto legislativo n. 42 del 2004), della legge 426 del 1998 e della legge n. 394/91, per quanto di propria (esclusiva) competenza, rilevava che la predetta si era resa responsabile (anche) di attività edilizia in difformità del Piano del Parco vigente ed in assenza di nulla osta ai sensi dell’art. 13 della L. 394/1991, conseguentemente irrogando, a repressione dell’abuso – con l’ordinanza n. 17 del 29.1.2012, odiernamente impugnata, la rimozione delle opere abusive con il rispristino dello stato dei luoghi.

A tal punto va senz’altro respinto l’assunto di parte ricorrente per la quale, con il richiamo contenuto nell’ordinanza impugnata alla procedura prevista dall’art. 41 del d.P.R, n. 380/2001, relativamente alla procedura di esecuzione in danno dell’ingiunti ripristino, si sia inteso operare “in ogni caso”, ossia anche con riferimento all’ascrizione delle opere contestate alla pertinente tipologia edilizia, un rinvio dinamico alle disposizioni normative di cui al d.P.R. 6.6.2001, n.380.

Invero, una volta affermata l’applicabilità, al caso di specie, della normativa generale di cui alla legge-quadro sui parchi, in relazione sia alle misure di tutela specificate nel Piano del Parco, sia al nulla – osta di cui all’art. 13, ne consegue che l’intervento dell’Ente è tutto ispirato all’applicazione della disciplina speciale sui parchi ed è del tutto autonoma (e autosufficiente) rispetto alla valutazione tipica dell’Autorità urbanistica; pertanto l’intervento dell’Ente Parco si presenta in assoluta autonomia sulla base della normativa speciale sui parchi e dei poteri ivi conferiti al soggetto gestore, rispetto a quello dell’autorità comunale, titolare della competenza urbanistica generale.

In questo senso la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie rappresenta il presupposto per l’esercizio del potere inibitorio e sanzionatorio da parte dell’ente parco senza che vi sia automatica coincidenza tra i due ambiti.

Come infatti chiarito da condivisibile giurisprudenza, laddove, per la repressione degli abusi edilizi all’interno dei parchi naturali, vi sia un concorso tra le funzioni di vigilanza edilizia, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001, di cui è titolare il Comune, e quelle di protezione del vincolo paesistico attribuito all’ente gestore del Parco, le valutazioni svolte dai due soggetti potrebbero divergere, poiché il Comune deve tener conto dei limiti e dei divieti di natura urbanistico-edilizia, mentre l’ente gestore del Parco considera la compatibilità paesistica dell’opera; di conseguenza, un nuovo volume potrebbe essere sanabile nella valutazione del Comune (ad esempio, perché gli indici edificatori non sono ancora esauriti), ma non nella valutazione paesistica del Parco (Tar Brescia, sez. I, 15 ottobre 2014, n. 1057).

D’altronde, indiretta ed ulteriore conferma dell’autonomia tra i due procedimenti, urbanistico e paesaggistico, la offre il medesimo d.P.R. n.380 del 2001, laddove all’art. 32, comma 3, prevede che gli interventi effettuati su immobili sottoposti vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale nonché su immobili ricadenti in parchi o in aree protette nazionali e regionali, << sono considerati (in ogni caso: n.dr.) in totale difformità dalla concessione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 7 e 28 della presente legge. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali >>, per tal guisa praticamente rendendo irrilevante anche la distinzione legislativa, seguita della elaborazione giurisprudenziale che, nell’ambito degli interventi previsti e disciplinati dal T.U. dell’Edilizia, distingue le varie tipologie edilizie e categorie concettuali, sia nell’ambito degli interventi di nuova costruzione e che in quelli di recupero del patrimonio edilizio esistente.

Orbene, come sopra accennato, gli interventi abusivi sono stati realizzati dalla ricorrente nella perimetrazione definitiva del Parco Nazionale del Vesuvio, nonché in area soggetta alle norme di attuazione del Piano territoriale paesistico, approvato con decreto ministeriale 4 luglio 2002 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali di Concerto con il Ministero dell’Ambiente, in assenza della necessaria attivazione del procedimento autorizzatorio ai sensi dell’art. 13 della Legge n. 394/1991 in virtù del quale il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente Parco.

L’assenza del nullaosta preventivo, comporta l’applicazione della previsione di cui all’art. 29 L. n. 394/1991 secondo cui (comma 1): “Il legale rappresentante dell’organismo di gestione dell’area naturale protetta, qualora venga esercitata un’attività in difformità dal piano, dal regolamento o dal nulla osta, dispone l’immediata sospensione dell’attività medesima ed ordina in ogni caso la riduzione in pristino o la ricostituzione di specie vegetali o animali a spese del trasgressore con la responsabilità solidale del committente, del titolare dell’impresa e del direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere”.

Aggiunge il comma 2 che “In caso di inottemperanza all’ordine di riduzione in pristino o di ricostituzione delle specie vegetali o animali entro un congruo termine, il legale rappresentante dell’organismo di gestione provvede all’esecuzione in danno degli obbligati secondo la procedura di cui ai commi secondo, terzo e quarto, dell’articolo 27 della legge 28 febbraio 1985. n. 47, in quanto compatibili, e recuperando le relative spese mediante ingiunzione emessa ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con Regio decreto 14 aprile 1910, n. 639”.

Peraltro va considerato che, nelle more dell’approvazione della pianificazione ambientale, trovano comunque applicazione le misure di salvaguardia di cui all’art. 6 della legge n. 394 del 1991, comportanti ugualmente la riduzione in pristino dei luoghi.

Né peraltro la ricorrente ha fornito una prova concludente sulla asserita risalenza dei preesistenti manufatti.

Sulla base di quanto precede, discende la piena legittimità delle iniziative assunte dall’Ente Parco che, a fronte dell’informativa ricevuta dal Comune di Torre del Greco e contenente la denuncia degli abusi compiuti in assenza di nullaosta, non ha potuto che ordinarne la rimozione e la riduzione in pristino.

Il provvedimento repressivo risulta quindi emesso nel perseguimento dell’interesse pubblico alla tutela dell’area protetta, interesse posto quale fine istituzionale dell’Ente parco.

Non a caso, secondo il vigente impianto normativo sui parchi naturali, il vaglio preventivo dell’Ente Parco sugli interventi in ogni caso modificativi del territorio – sottoposto al vincolo paesaggistico ed ambientale – costituisce un momento essenziale per la tutela effettiva delle aree protette.

Tale tutela, riposta a livello legislativo primario nella più volte menzionata Legge 394/1991 che, all’art. 34, ha istituito il "Parco Nazionale del Vesuvio", ha trovato più puntuale normazione nel D.P.R. 5 giugno 1995, il regolamento che ha fissato la perimetrazione del Parco Nazionale, ha istituito l’Ente di gestione del Parco medesimo ed ha prescritto un ulteriore strumento di operatività, ovvero norme più dettagliate e confacenti alle esigenze del territorio del Vesuvio.

Peraltro, non va dimenticato che, in tema di parchi nazionali, vige in linea generale il principio – introdotto dal d. L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431 e recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale – di immodificabilità delle relative aree, in assenza di autorizzazione di cui all’art. 7 L. n. 1497 del 1939. Nel caso specifico, siffatto principio trovava vigenza anche prima dell’istituzione del Parco nazionale del Vesuvio in quanto l’area interessata è sita nel perimetro del vulcano e, per questo, comunque oggetto di tutela in quanto espressamente richiamata dalla Legge 431/1985; in aggiunta, anche il Piano territoriale paesistico, approvato con D.M. 4 luglio 2002, ugualmente vieta interventi della tipologia di quelli contestati alla ricorrente.

Per quanto, più nello specifico, riguarda il Vincolo naturalistico-ambientale, l’opera edilizia, oltre ad essere stata realizzata in assenza del necessario nulla osta, come puntualmente indicato nella parte motiva dell’ordinanza di demolizione, ricade:

– “in Zona C di protezione e nello specifico nell’Unità di Paesaggio C2 “Paesaggio Agrario del Vesuvio meridionale”, costituito da un ampio settore dei versanti medi e bassi del Vesuvio esposti a sud della tavola P2.2d. del Piano del Parci di cui all’art. 14 delle NTA del Piano del Parco;

– in “Aree agricole di elevato valore storico-paesistico” così come descritte nella Tavola P2 2b “inquadramento strutturale ed aree contigue: sistemi ambientali dell’area del Parco;

– nell’Area ZPS IT8030037 – “Vesuvio e Monte Somma” ai sensi della Direttiva 2009/147/CE, che ha sostituito la Direttiva 79/409/CEE (Uccelli);

– su “Lavi affioranti” di cui al Sistema geomorfologico e idrologico della Tavola P2.2b “Inquadramento strutturale ed aree contigue sistemi ambientali” del Piano del Parco;

Peraltro, l’opera abusiva si pone in contrasto alle NTA del Piano del Parco, puntualmente richiamate, all’art. 14, commi 2, 5 ed 8, nell’ordinanza impugnata; precisamente:

– l’art. 14, comma 2, per il quale gli usi e le attività previste “sono prioritariamente finalizzati alla manutenzione, il ripristino e la riqualificazione delle attività agricole e forestali peculiari, unitamente ai segni fondamentali del passaggio naturale, vulcanico e agrario, alla conservazione della biodiversità e delle componenti naturali in esse presenti e alle progressiva sostituzione della funzione abitativa permanente non connessa all’esercizio dell’attività agricola con usi agricoli e altri usi specialistici direttamente connessi alla fruizione del Parco. Sono ammessi gli usi naturalistici (N) e quelli agro-silvo-pastorali (A), abitativi (U) e specialistici (S) limitatamente agli insediamenti esistenti, sempre che la loro permanenza non comporti interventi eccedenti quanto segue”;

– l’art. 14 comma 5 sancisce che “nelle aree agricole di cui alla zona C “gli interventi di Riqualificazione (RQ) relativi al patrimonio edilizia esistente possono essere realizzati esclusivamente attraverso le categorie RQ1 e RQ2 , con esclusione degli edifici che insistono sulle aree ad alto rischio idrogeologico e vulcanico e di quelli indicati negli allegati 1 e 2 delle presenti NTA e comunque vincolati ai sensi del Decreto legislativo 22.09.04.n. 42, secondo le modalità espresse dal RP e nel rispetto delle condizioni indicate all’art. 23;

– l’art. 14, comma 8, per il quale in zona C sono esclusi:

– interventi edilizi che eccedono quanto previsto alle lettere a) b) e c) dell’art. 3 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380;

-cambiamenti di destinazione per usi residenziali, mentre sono sempre ammessi cambiamenti di destinazione della funzione residenziale permanente verso usi legati alla fruizione e alla ricettività turistica del Parco e di tipo specialistico (S) e alle attività agro-silvo-pastorali (A), garantendo gli obiettivi di valorizzazione del patrimonio storico, geomorfologico e vegetale di ciascuna unità di paesaggio ed escludendo sistemazioni degli spazi aperti, trattamenti matericu e cromatici delle fonti e delle coperture degli edifici, forme di arredo e di piantumazione in contrasto e comunque incoerenti con il linguaggio storicizzato del luogo, così come definito nel Regolamento del Parco;

– modifiche alla forma del suolo, attraverso scavi e movimenti di terra, che non siano legate al consolidamento e al limitato ampliamento o nuova realizzazione (nei termini indicati all’art. 23) delle sistemazioni tradizionali (terrazzamenti e ciglionamenti) o ad imprescindibili ragioni di sicurezza geomorfologica, alla insaturazione di alvei e lagni o al recupero ambientale di cave dismesse;

– interventi infrastrutturali non esclusivamente o strettamente necessari per la conservazione e il consolidamento dei tracciati rurali esistenti e per il mantenimento delle attività agricole o comunque specificatamente previsti dal Piano;

– le recinzioni, ad esclusione di quelle realizzate in siepi o pietra naturale a secco e coerentemente inserite nella trama particellare”.

– l’art. 14, comma 8, per il quale in zona C sono esclusi:

– interventi edilizi che eccedono quanto previsto alle lettere a) b) e c) dell’art. 3 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380; nonché le recinzioni, ad esclusione di quelle realizzate in siepi o pietra naturale a secco e coerentemente inserite nella trama particellare”.

A fronte di quanto sopra, si manifesta destituita di fondamento la censura relativa al difetto di motivazione posto che, l’ordinanza di rimozione e messa in pristino appare compiutamente motivata in relazione sia alla natura degli interventi abusivi compiuti sia alle numerose norme violate.

In ogni caso, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, condivisa dalla Sezione e dal Collegio, l’ordine di rimozione è atto vincolato e necessitato che non richiede nessun’altra motivazione se non l’accertamento del carattere abusivo dell’opera. Pertanto, l’Ente Parco non ha dovuto compiere alcuna particolare valutazione circa la concreta incidenza dell’intervento sull’assetto del territorio né una comparazione tra l’interesse del privato e quello pubblico che è in re ipsa, consistendo quest’ultimo nel ripristino dei valori naturalistici, paesaggistici ed ambientali violati; né infine sussiste la possibilità di adottare provvedimenti alternativi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 maggio 2015 n. 2512; T.A.R. Napoli, Sez. III, 10 gennaio 2014 n. 149).

In proposito, non sarà fuor luogo rilevare che, con più generale riferimento ad opera abusiva eseguita in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate, la giurisprudenza ha elaborato un principio di indifferenza del titolo necessario all’esecuzione di interventi in zone vincolate, affermando la legittimità dell’esercizio del potere repressivo in ogni caso (cfr. la sentenza della Sez. VI di questo Tribunale del 26/3/2015 n. 1815: “a prescindere dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l’intervento edilizio in zona vincolata (DIA o permesso di costruire), ciò che rileva, al fine dell’irrogazione della sanzione ripristinatoria, è il fatto che lo stesso è stato posto in essere in zona vincolata ed in assoluta carenza di titolo abilitativo, sia sotto il profilo paesaggistico, che urbanistico. Pertanto l’art. 27, comma 2 del D.P.R. n. 380 del 2001 riconosce, infatti, all’amministrazione comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l’attività urbanistica ed edilizia, imponendo l’adozione di provvedimenti di demolizione in presenza di opere realizzate in zone vincolate in assenza dei relativi titoli abilitativi, al fine di ripristinare la legalità violata dall’intervento edilizio non autorizzato. E ciò mediante l’esercizio di un potere-dovere del tutto privo di margini di discrezionalità in quanto rivolto solo a reprimere gli abusi accertati, da esercitare anche in ipotesi di opere assentitili con DIA, prive di autorizzazione paesaggistica”; (conf. la sentenza di questa Sezione dell’8/1/2016 n. 17, con ulteriori richiami).

Infondata si palesa altresì la censura violazione degli artt. 3, 6, 10, 22, 31, 33, 36 e 37 D.P.R. 6.6.01, n. 380.

E’ utile in via preliminare richiamare sul punto sinteticamente l’ordinanza impugnata, dalle quali emerge che la ricorrente ha realizzato un “fabbricato rurale a civile abitazione” in tutto difforme dalla istanza di concessione in sanatoria, per superficie, volume, prospetti, altezze e destinazione d’uso, così descritto:

" 1) Il Piano Terra si compone da cucina, soggiorno, wc, cucinino, locale caldaia, avente una superficie utile in ampliamento di mq. 42,00, per un volume di mc. 1111,30 e una superficie non residenziale “terrazzo” di mq. 26,00, nonché una fioriera, occupante una superficie di mq. 9,00;

2) il Piano Primo si compone da camera da letto, cameretta, wc, vano armadio, cassa scala di collegamento con il piano terra sopradescritto, terrazzo e balconi coperti da una struttura portante verticale ed orizzontale, in legno e doghe impermeabilizzate, avente una superfice utile in ampliamento di mq. 40,00 per un volume interno di mc. 110,00, superficie non residenziale “terrazzo e balcone” di mq.28,00 per un volume di mc. 77,00;

3) sono state realizzate, a protezione del vano di accesso al piano terra e precisamente a lato Sud una pensilina avente struttura portante in legno ancorata alla muratura perimetrale, di dimensioni mt. 5,40 di larghezza e mt. I, 20 di sbalzo”; e sul lato Est, sovrastante il vano di accesso, è stata realizzata analoga pensilina;

“4) Si è rilevato che esternamente al fabbricato, e precisamente ai lati Est e Nord, è stata realizzata una pavimentazione a gradoni costituita da materiale lapideo “basolato” occupante una superficie in pianto di mq. 68,00 (…..) “.

Parte ricorrente asserisce che quanto sanzionato ai punti 1) e 2) dell’ordinanza impugnata materializza un adeguamento funzionale della preesistenza, certamente ascrivibile ad un intervento di "ristrutturazione edilizia", individuando la norma di riferimento nell’art. 33 del rubricato D.P.R. 380, senza tener conto che l’art. 14, comma 8, delle NTA in zona C esclude gli << interventi edilizi che eccedono quanto previsto alle lettere a) b) e c) dell’art. 3 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 >>, e tra questi sono senz’altro ricompresi gli << interventi di ristrutturazione edilizia >> di cui alla successiva lettera d), ovviamente, con salvezza del rilascio di apposita nullaosta paesaggistico da parte dell’ente Parco.

In merito agli interventi di cui ai punti da 3) a 7) parte ricorrente prospetta un contrasto con la vigente zonizzazione di tutela per la già rilevata circostanza che il piano del Parco è entrato in vigore successivamente alla venuta ad esistenza di tali opere, circostanza che, tuttavia, è sopra dimostrato essere del priva di incidenza sul vincolo derivante dalla creazione dell’area protetta operata dall’Ente Parco.

Parte ricorrente richiama poi le relative modalità realizzative, attesa la conclamata inesistenza

di incrementi superficiari e/o volumetrici, escludono qualsiasi rilevanza anche sotto il profilo paesaggistico, asserendosi che trattasi di pensiline in legno (punto 3), di gradoni in basolato (punto 4), di muratura a a secco in pietra lavica e gradonato di collegamento sempre in pietra lavica (punto 5), cancello in ferro pedonale (punto 6), murature di recinzione con coronamento e rivestimento di pietra lavica e/o laterizi, con sovrastante rete metallica e/o travetti prefabbricati, oltre a cancello di ferro scorrevole ed automatizzato su via Pisani (punto 2, lettere a, b e c).

Tuttavia l’affermazione del ricorrente circa la valenza di opere di manutenzione straordinaria ovvero di carattere pertinenziale ha poco pregio finendo, nel caso di specie, le singole componenti dell’illecito con il perdere la loro autonomia per essere attratte nel regime (anche sanzionatorio) del manufatto abusivo realizzato in totale difformità dalla istanza di dì sanatoria e che, per caratteristiche e dimensioni, come sopra descritte, non può essere annoverato tra gli interventi di carattere manutentivo né può essere derubricata a “lieve difformità” rispetto ad un’opera assentibile con d.i.a.

Per le medesime ragioni e a fortiori ha poco senso l’affermazione che la realizzazione del modesto “calpestio”, non venendo in esame una superficie urbanisticamente rilevante, sarebbe opera da annoverare, alla stregua della novella dell’art. 6 del d.P.R. 380/2001, introdotta dall’art. 5 della legge 73/10, tra le attività “libere”, in materia edilizia, realizzabili previa preventiva comunicazione al Comune (c.d. c.i.l.a.)

In tale situazione impropria, quindi, si palesa la censura relativa alla violazione di talune delle disposizioni di cui al d.p.r. 380/2001, normativa stabilita a tutela degli interessi urbanistici ed edilizi alla cura dei quali è preposta l’amministrazione comunale e che introduce un corredo di sanzioni graduate in proporzione all’incidenza sul territorio dell’opera abusiva compiuta, nel caso di specie, trovando applicazione l’art. 29 L. n. 394/1991 il quale, in caso di esercizio di attività edilizia in difformità dal piano, dal regolamento o dal nulla osta, dispone la riduzione in pristino di quei valori ambientali violati dall’iniziativa sine titulo e priva di preventiva autorizzazione o nulla osta dell’Ente parco.

Come sopra già illustrato, nell’ipotesi di opere abusive realizzate all’interno di Parchi Nazionali, sussiste la competenza dell’Ente Parco ad adottare provvedimenti di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, in quanto il potere di ordinanza esercitato dal predetto Ente si fonda sulle specifiche finalità di tutela ambientale, poste a fondamento della sua stessa istituzione, tramite l’esercizio di un potere incardinato in virtù della legislazione statale in materia naturalistico-ambientale (menzionata legge n. 394/1991) e finalizzato a proteggere le aree sottoposte a vincolo da attività edilizia non conforme alla normativa (cfr. Cons. Stato, sez. II, 23 febbraio 2015, n. 449)

Invece, con riferimento alla elevazione della recinzione prospiciente la strada indispensabile per evitare facili accessi di terzi al fondo, l’ipotesi è espressamente prevista dall’art. 14, comma 8, delle NTA per il quale in zona C sono escluse << le recinzioni, ad esclusione di quelle realizzate in siepi o pietra naturale a secco e coerentemente inserite nella trama particellare >>, caratteristiche evidentemente non rinvenibili nella recinzione realizzata dalla Vitiello.

Il profilo di censura con cui si deduce la possibilità di conseguire autorizzazione di compatibilità paesaggistica postuma, è inammissibile e, comunque, infondato.

Al riguardo non solo non risulta dagli atti che sia stata presentata istanza in tal senso da parte della Vitiello, secondo la giurisprudenza di questa Sezione: << La sanabilità postuma dell’opera sotto l’aspetto paesaggistico è esclusa in presenza di nuove superfici o volumi, per l’evidente finalità di preservazione posta alla base della tutela paesaggistica, che impedisce di mantenere nuovi ingombri in zona ove è vietata l’edificazione in assenza di autorizzazione paesaggistica. L’art. 167, comma 4, lett. a), d.lg. n. 42/2004 riguarda qualsiasi incremento volumetrico, finanche interrato, aggiungendosi che esulano dal concetto solo le opere aventi funzione servente e prive di funzionalità autonoma (nel caso di specie, si era in presenza di un intervento concretatosi nella realizzazione di volumi e superfici utili prima non esistenti, che non poteva conseguire l’assenso per la compatibilità paesaggistica, atto necessario presupposto al rilascio del titolo edilizio in sanatoria ex art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001) >> (T.A.R. Napoli, (Campania), sez. III, 20/02/2018, n. 1098).

Infine, esclusa ogni discrezionalità dell’Ente Parco nell’adottare i provvedimenti repressivi sanzionatori, quali atti vincolati nell’an e nel quomodo, posti a presidio del vincolo esistente sull’area protetta, del tutto ultroneo ed inconferente è il richiamo di parte ricorrente al principio di proporzionalità che, al riguardo invoca l’applicazione di una sanzione più mite e blanda, in alternativa a quella disposta del ripristino dello stato dei luoghi

Per quanto sopra il ricorso va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono determinate nella misura indicata in dispositivo tenendo conto dell’attività difensiva svolta dall’amministrazione resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate nella misura di euro 500,00 (cinquecento) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Fabio Donadono, Presidente
Vincenzo Cernese, Consigliere, Estensore
Francesco Guarracino, Consigliere

L’ESTENSORE
Vincenzo Cernese
        
IL PRESIDENTE
Fabio Donadono
        
        
IL SEGRETARIO
 

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