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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 3532 | Data di udienza: 18 Maggio 2018

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusi edilizi – Valutazione atomistica dei singoli interventi – Esclusione – Realizzazione di una piscina – Intervento di nuova costruzione – Opere di recinzione – Regime edilizio.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 29 Maggio 2018
Numero: 3532
Data di udienza: 18 Maggio 2018
Presidente: Palliggiano
Estensore: Esposito


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusi edilizi – Valutazione atomistica dei singoli interventi – Esclusione – Realizzazione di una piscina – Intervento di nuova costruzione – Opere di recinzione – Regime edilizio.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^ – 29 maggio 2018, n. 3532


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusi edilizi – Valutazione atomistica dei singoli interventi – Esclusione.

Non è prospettabile una valutazione atomistica degli interventi edilizi, allorché gli stessi facciano parte di un disegno sostanzialmente unitario di realizzazione di una determinata complessiva opera, risultante priva di titolo.
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Realizzazione di una piscina – Intervento di nuova costruzione.

La realizzazione di una piscina (nella specie, per la superficie nient’affatto modesta di mq. 70) costituisce un intervento di nuova costruzione su suolo inedificato, comportando la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio ed occorrendo pertanto il permesso di costruire (cfr. TAR CAMPANIA, Napoli del 14/2/2017 n. 920 e dell’8/6/2016 n. 2916).
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Opere di recinzione – Regime edilizio.

La valutazione in ordine alla necessità del titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di opere di recinzione va effettuata sulla scorta dei seguenti due parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione. Di conseguenza, si ritengono esenti dal regime del permesso di costruire solo le recinzioni che non configurino un’opera edilizia permanente, bensì manufatti di precaria installazione e di immediata asportazione (quali, ad esempio, recinzioni in rete metalliche, sorretta da paletti in ferro o di legno e senza muretto di sostegno), in quanto entro tali limiti la posa in essere di una recinzione rientra tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo ius excludendi alios o, comunque, la delimitazione delle singole proprietà. Viceversa, è necessario il titolo abilitativo quando la recinzione costituisca opera di carattere permanente, incidendo in modo durevole e non precario sull’assetto edilizio del territorio, come ad esempio se è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica o da opera muraria" (TAR Lazio, sez. II quater, 4/9/2017 n. 9529).

Pres. f.f. Palliggiano, Est. Esposito – A.A. (avv. Matrone) c. Comune di Terzigno (avv. Bravaccio)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^ - 29 maggio 2018, n. 3532

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^ – 29 maggio 2018, n. 3532


Pubblicato il 29/05/2018

N. 03532/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04054/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4054 del 2013, proposto da:
Auricchio Amalia, rappresentata e difesa dall’avvocato Ippolito Matrone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Vincenzo Ferraiuolo in Napoli, Via Cappella Vecchia, 8/A e domicilio digitale: ippolito.matrone@ordineavvocatita.it;

contro

Comune di Terzigno, in persona del legale rappresentante Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Aristide Bravaccio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luigi Tremante in Napoli, Via Toledo, 256 e domicilio digitale: aristide.bravaccio@pecavvocatinola.it;

per l’annullamento

dell’ordinanza n. 72 dell’11/6/2013 del Responsabile Area Tecnica, con la quale è stata ingiunta la demolizione delle opere abusive realizzate al Corso A. Volta; di ogni atto, anche endoprocedimentale, comunque non conosciuto, consequenziale, connesso, preordinato e presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Terzigno;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore per l’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2018 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

È ritualmente impugnata l’ordinanza di demolizione, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, delle opere eseguite in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, consistenti (come indicato nel provvedimento, sulla scorta della relazione dell’U.T.C. del 29/5/2013) in:

<<1) Realizzazione di fabbricato con struttura portante in travi, pilastri e solai piani di cemento armato composto da: Piano seminterrato, completo ed ammobiliato ad uso residenziale, di circa 150,00 mq per un volume di circa 410,00 mc – Piano rialzato di circa 85,00 mq per un volume di circa 255,00 mc – Piano primo di circa 85,00 mq per un volume di circa 25,00 mc, inoltre, il loggiato a quota piano rialzato, è stato coperto, con una tettoia in legno lamellare sorretta da pilastri e travi in legno per una superficie di circa 90,00 mq. Il piano seminterrato risulta essere ultimato, mentre il piano rialzato ed il primo risultano ancora in parte in corso di costruzione, mancanti di pavimentazione, di rivestimenti e sanitari nei bagni. Il volume complessivo edificato abusivamente è pari a circa 920,00 mc;

2) Realizzazione di piscina di superficie pari a circa 70,00 mq;

3) Realizzazione di gazebo in legno lamellare occupante una superficie di circa 16,00 mq;

4) Posa in opera di pavimentazione ad ornamento dello spazio circostante la piscina e di quello retrostante, attrezzato con cucina e forno all’aperto, per una superficie di circa 340,00 mq;

5) Realizzazione di recinzione in muratura, per uno sviluppo pari a circa a 60,00 ml di lunghezza e di circa 1,20 mt di altezza, intonacata su entrambi i lati e rivestita di pietra vesuviana sulla faccia esterna con sovrastante pannellatura metallica di altezza di circa 1,00 mt>>.

Con quattro motivi è denunciata la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, delle richiamate norme del D.P.R. n. 380 del 2001 e della legge n. 662 del 1996, nonché l’eccesso di potere sotto molteplici profili.

Il Comune si è costituito in giudizio per resistere al ricorso il 18/10/2013, confutando le censure nella memoria difensiva e depositando documentazione (in data 2/1/2015 l’Ente si è costituito in giudizio con il patrocinio del nuovo difensore).

All’udienza pubblica del 18 maggio 2018 il ricorso è stato assegnato in decisione.

DIRITTO

1. – Con i motivi di ricorso è partitamente avversato l’ordine di demolizione, con riferimento a ciascuna delle opere in esso indicate, sostenendo che:

1) sono preesistenti il fabbricato e la pavimentazione (numeri 1 e 4 dell’ordinanza), facenti parte della consistenza immobiliare descritta nel titolo di proprietà, avendo la ricorrente provveduto alla manutenzione straordinaria del piano rialzato e del primo piano;

2) la piscina interrata, nell’area strettamente adiacente al fabbricato, ha una superficie complessiva abbastanza modesta e natura pertinenziale, compatibile urbanisticamente e per la cui realizzazione non occorreva il permesso di costruire;

3) il gazebo è aperto su tutti i lati, con caratteristiche di precarietà e amovibilità, a sua volta con natura pertinenziale (fungendo da riparo dal sole nella stagione estiva), eseguibile senza alcun titolo abilitativo;

4) la realizzazione del muro di recinzione è sottratta al regime del permesso di costruire, rientrando tra le manifestazioni del diritto di proprietà (che comprende lo ius excludendi alios) e non comportando di norma la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ponendosi anch’esso in rapporto di esclusivo servizio alla cosa principale.

Il ricorso è infondato.

1.1. In primo luogo, nessuna valida prova è fornita dalla parte sulla preesistenza del fabbricato e della pavimentazione, genericamente addotta riferendosi all’allegato titolo di proprietà (il quale descrive una consistenza immobiliare composta da cantinato, tre unità immobiliari al piano terra e due appartamenti rispettivamente al primo e secondo piano).

Incombe sulla parte che adduce un rilievo a sé favorevole l’onere di fornire adeguata dimostrazione del proprio assunto, avendo la condivisibile giurisprudenza chiarito che le prove sulla data di realizzazione delle opere debbono risultare “obiettivamente inconfutabili sulla base di atti e documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrono la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto” (TAR Lombardia – Brescia, Sez. II, 2/10/2013 n. 814).

In mancanza, non può darsi credito all’affermazione che si palesa in contrasto con l’accertamento condotto dai pubblici ufficiali, attestante lo stato dei luoghi e le innovazioni arrecate rispetto alla situazione preesistente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14/12/2016 n. 5262: “il verbale redatto e sottoscritto dagli agenti e dai tecnici del Comune a seguito di sopralluogo, attestante l’esistenza di manufatti abusivi, costituisce atto pubblico, fidefaciente fino a querela di falso, ai sensi dell’art. 2700 c.c., delle circostanze di fatto in esse accertate sia relativamente allo stato di fatto e sia rispetto allo status quo ante”).

Nel caso di specie, risulta che il piano rialzato e il primo piano erano al momento dell’accertamento “ancora in corso di costruzione”, smentendo così l’affermazione della ricorrente secondo cui si sarebbe trattato della manutenzione straordinaria dei manufatti preesistenti.

Si palesa pertanto l’avvenuta realizzazione di un nuovo fabbricato, le cui parti neppure corrispondono alla descrizione del titolo di proprietà (che non comprende alcun piano rialzato).

Si tratta quindi di una nuova costruzione, per la cui realizzazione è richiesto il permesso di costruire dall’art. 10 del D.P.R. n. 380 del 2001, sanzionabile in mancanza con la demolizione di cui al successivo art. 31.

1.2. Per quanto riguarda le restanti opere, preme al Collegio innanzitutto precisare che, come a più riprese affermato nella giurisprudenza di questa Sezione, non è prospettabile una valutazione atomistica degli interventi edilizi, allorché gli stessi facciano parte di un disegno sostanzialmente unitario di realizzazione di una determinata complessiva opera, risultante priva di titolo (cfr. di recente, per tutte, la sentenza dell’11/1/2018 n. 194: “Ne consegue che non è ammissibile una loro considerazione astratta ed atomistica, ma deve necessariamente predicarsene una valutazione unitaria sintetica e complessiva, in quanto divenute parti di un più ampio quadro di illecito sostanzialmente unitario dal quale attingono il medesimo regime giuridico di illegittimità”).

Posta questa premessa, va in ogni caso osservato che le censure sono destituite di fondamento.

1.2.1. La realizzazione di una piscina (nella specie, per la superficie nient’affatto modesta di mq. 70) costituisce un intervento di nuova costruzione su suolo inedificato, comportando la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio ed occorrendo pertanto il permesso di costruire, come già sancito da questa Sezione (cfr. le sentenze del 14/2/2017 n. 920 e dell’8/6/2016 n. 2916).

1.2.2. Analoga considerazione vale per il gazebo, di cui non può predicarsi la natura meramente accessoria, ove si abbia riguardo al suo stabile insediamento nel territorio, alle modalità costruttive (struttura in legno lamellare) e alle non trascurabili dimensioni (mq. 16).

Per altro verso, la nozione di pertinenza postula un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra la cosa accessoria e quella principale (sicché la prima non è suscettibile di autonoma e separata utilizzazione), sempreché l’opera secondaria non comporti alcun maggiore carico urbanistico ed un apprezzabile aumento di volumetria, incidente anche sulla protezione dei luoghi accordata dalla tutela paesaggistica.

1.2.3. È da escludere che il muro di recinzione in questione (di 60 ml. e 1,20 mt. di altezza, rivestito in pietra vesuviana e con pannellatura metallica sovrastante) potesse essere realizzato senza permesso di costruire, bastando riportarsi all’uniforme e condivisa giurisprudenza con la quale, anche di recente, è stato ribadito che: "la valutazione in ordine alla necessità del titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di opere di recinzione va effettuata sulla scorta dei seguenti due parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione. Di conseguenza, si ritengono esenti dal regime del permesso di costruire solo le recinzioni che non configurino un’opera edilizia permanente, bensì manufatti di precaria installazione e di immediata asportazione (quali, ad esempio, recinzioni in rete metalliche, sorretta da paletti in ferro o di legno e senza muretto di sostegno), in quanto entro tali limiti la posa in essere di una recinzione rientra tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo ius excludendi alios o, comunque, la delimitazione delle singole proprietà. Viceversa, è necessario il titolo abilitativo quando la recinzione costituisca opera di carattere permanente, incidendo in modo durevole e non precario sull’assetto edilizio del territorio, come ad esempio se è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica o da opera muraria" (TAR Lazio, sez. II quater, 4/9/2017 n. 9529, con ulteriori richiami).

1.2. In conclusione, è ravvisabile nella specie l’avvenuta realizzazione di un complesso di interventi (di cui si impone la valutazione unitaria, come detto) che hanno comportato aumenti volumetrici, realizzazione di nuove opere e la complessiva trasformazione dello stato dei luoghi, necessitanti in ragione di ciò del permesso di costruire e che, anche isolatamente considerati, sono sanzionabili in mancanza con la demolizione.

2. – Il ricorso va dunque respinto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore del Comune resistente degli onorari e delle spese di giudizio, liquidate in complessivi € 2.000,00 (duemila/00) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Gianmario Palliggiano, Presidente FF
Alfonso Graziano, Consigliere
Giuseppe Esposito, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Giuseppe Esposito
        
IL PRESIDENTE
Gianmario Palliggiano
        
      
IL SEGRETARIO
 

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