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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: VIA VAS AIA Numero: 120 | Data di udienza: 19 Aprile 2018

* VIA, VAS E AIA – VAS – L.p. Trento n. 17/2010 – Localizzazione di grandi strutture di vendita – Decisione di non provvedere alla localizzazione di tali strutture – Sottoposizione a VAS – Non è richiesta.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Trentino Alto Adige
Città: Trento
Data di pubblicazione: 31 Maggio 2018
Numero: 120
Data di udienza: 19 Aprile 2018
Presidente: Vigotti
Estensore: Devigili


Premassima

* VIA, VAS E AIA – VAS – L.p. Trento n. 17/2010 – Localizzazione di grandi strutture di vendita – Decisione di non provvedere alla localizzazione di tali strutture – Sottoposizione a VAS – Non è richiesta.



Massima

 

TRGA Trento – 31 maggio 2018, n. 120


VIA, VAS E AIA – VAS – L.p. Trento n. 17/2010 – Localizzazione di grandi strutture di vendita – Decisione di non provvedere alla localizzazione di tali strutture – Sottoposizione a VAS – Non è richiesta.

La previa sottoposizione alla valutazione strategica disciplinata dal d.P.P. 14 settembre 2006 n. 15/68/Leg. (“disposizioni regolamentari di applicazione della direttiva 2001/42 CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, ai sensi dell’art. 11 della legge provinciale 15 dicembre 2004, n. 10”), richiamata nel comma 4 dell’art 11 della L.p. Trento n. 17/2010, presuppone la decisione amministrativa di prevedere effettivamente, nell’ambito delle cennate opzioni indicate nel comma 3, la localizzazione delle grandi strutture di vendita (oltre il limite superficiario di 10.000 metri quadrati) al fine di verificarne l’eventuale compatibilità ambientale e/o i limiti della stessa. L’opposta decisione di non provvedere alla localizzazione di tali strutture (come assunta dalla Giunta provinciale nel caso in esame) di tutta evidenza non richiede la sottoposizione di tale scelta alla previa valutazione strategica prevista dal citato d.P.P.

Pres. Vigotti, Est. Devigili – Federdistribuzione – federazione delle associazioni delle imprese e delle organizzazioni associative della distribuzione (avv.ti Roderi, Grillo e Santantonio) c. Provincia Autonoma di Trento (avv.ti Pedrazzoli, Mastragostino e Cattoni)


Allegato


Titolo Completo

TRGA Trento – 31 maggio 2018, n. 120

SENTENZA

 

TRGA Trento – 31 maggio 2018, n. 120

Pubblicato il 31/05/2018

N. 00120/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00250/2017 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 250 del 2017, proposto da
Federdistribuzione – federazione delle associazioni delle imprese e delle organizzazioni associative della distribuzione, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Roderi, Simona Grillo ed Erica Santantonio, con domicilio eletto presso la segreteria del T.r.g.a. di Trento, in Trento via Calepina n. 50;


contro

Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicolò Pedrazzoli, Franco Mastragostino e Marialuisa Cattoni, con domicilio eletto presso quest’ultima nella sede dell’Avvocatura provinciale, in Trento piazza Dante n. 15;

nei confronti

Autorità garante per la concorrenza e il mercato e ditta Gasperetti alimentari e formaggi, non costituiti;

per l’annullamento

della deliberazione della Giunta provinciale di Trento di data 22 settembre 2017 n. 1522, intitolata “Articolo 11, comma 3, della legge provinciale 30 luglio 2010 n. 17 concernente "Legge provinciale sul commercio 2010" – Localizzazione di massima di eventuali aree da destinare all’insediamento di grandi strutture/centri commerciali al dettaglio con superficie di vendita superiore a mq 10.000”, pubblicata sul BUR Trentino-Alto Adige del 3 ottobre 2017, e di ogni altro atto presupposto, preordinato e connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Trento;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il cons. Paolo Devigili e uditi per la ricorrente l’avv. Giorgio Roderi e per l’amministrazione provinciale gli avv.ti Franco Mastragostino, Maria Luisa Cattoni e Maria Chiara Lista in sostituzione dell’avv. Nicolò Pedrazzoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la deliberazione in epigrafe indicata la Giunta della Provincia autonoma di Trento ha deciso, allo stato attuale, di non localizzare nuove zone sul territorio provinciale per l’insediamento di grandi strutture/centri commerciali al dettaglio con superficie di vendita superiore a mq 10.000, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, della legge provinciale n. 17 del 2010, e conseguentemente di non procedere alla redazione del relativo piano.

Il provvedimento è impugnato da Federdistribuzione – Federazione delle associazioni delle imprese e delle organizzazioni associative della distribuzione moderna organizzata – che affida il ricorso ai seguenti motivi:

1) Difetto di attribuzione e incompetenza; violazione dell’art. 11, co. 3, L.p. n. 17/2010 in relazione all’art. 4 d.lvo 31marzo 1988 n. 114 e all’art. 117, co. 2, lett. e) e m) Cost.

2) Difetto di attribuzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 3, L. p n. 17/2010 anche in relazione allo Statuto della Provincia di Trento – violazione e falsa applicazione degli articoli 4 e 8 d.P.R. n. 670/1972 in relazione agli artt. 3 e 117 Cost. e all’art. 31, co.2, L. n. 214/2011.

La deliberazione giuntale impugnata sarebbe invasiva della competenza costituzionalmente riservata allo Stato in materia di tutela della concorrenza, introducendo limiti all’accesso al mercato per gli operatori della grande distribuzione.

Peraltro, posto che la competenza legislativa spettante alla Provincia di Trento (artt. 4 e 8 dello Statuto speciale di autonomia) in materia urbanistica è pur sempre subordinata al rispetto della Costituzione, dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico, degli obblighi internazionali e delle riforme economico-sociali della Repubblica, il provvedimento restrittivo impugnato violerebbe le stesse disposizioni statutarie, introducendo un non consentito limite (generalizzato) all’insediamento delle grandi strutture di vendita (GSV).

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 3, L.p. n. 17/2010 in relazione all’art. 97 Cost.; eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità.

L’assolutezza del divieto imposto con la deliberazione della Giunta provinciale si porrebbe anche in contrasto con il dedotto principio generale, ponendosi in contrasto con il canone di uguaglianza attesa la discriminazione che così deriverebbe fra operatori e tipologie dell’offerta economica.

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 3, della L.p. n. 17/2010 in relazione all’art. 31, co. 2, L. n. 214/2011 e all’art. 117 Cost. Difetto di attribuzione.

Neppure i limiti al principio di libera concorrenza, individuati dal legislatore nazionale nelle norme dedotte in titolo, consentirebbero l’adozione del provvedimento restrittivo impugnato, ponendo mente all’orientamento espresso in materia dalla Corte costituzionale.

5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 3, L.p. n. 17/2010. Eccesso di potere per vizio del presupposto e travisamento. Difetto di istruttoria.

La norma della legge provinciale imporrebbe un dovere positivo della Giunta di individuare le zone del territorio provinciale nelle quali può essere eventualmente effettuata la localizzazione delle grandi strutture di vendita, ma non consentirebbe l’azzeramento di tale previsione.

6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 3, L.p. n. 17/2010 in relazione agli artt. 49 e 50, par. 2 lett. c) e f), del TFUE, alla direttiva 2006/123/CE, all’art. 3 L. n. 138/2011, agli artt. 31 e 34 L. n. 214/2011 e all’art. 1 L. n. 27/2012.

La deliberazione impugnata si porrebbe in contrasto con il principio di libertà dell’iniziativa economica, stabilito nel Trattato sul funzionamento dell’unione europea e nella c. d. “direttiva Bolkenstein”, oltre che con la normativa nazionale di recepimento della stessa.

7. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 3, L.p. n. 17/2010 in relazione agli artt. 117 e 118 Cost.; eccesso di potere per sviamento e travisamento; violazione del principio del giusto procedimento in materia urbanistica.

La norma legislativa rubricata in titolo presupporrebbe un adeguamento dei piani territoriali alla cui formazione sono coinvolte le amministrazioni locali presenti nel territorio, che invece sono state escluse dal procedimento sfociato nella impugnata deliberazione della Giunta provinciale.

8. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 3, L.p. n. 17/2010 in relazione al precetto europeo e costituzionale di libera concorrenza.

La stessa Autorità garante della concorrenza e del mercato avrebbe considerato anticoncorrenziali le disposizioni finalizzate ad escludere da un determinato mercato, o da una porzione dello stesso, una intera categoria di esercizi commerciali, in contrasto con le esigenze di salvaguardia della concorrenza.

9) Eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria. Errore sul presupposto. Travisamento.

I presupposti assunti a base della deliberazione impugnata non giustificherebbero la decisione di non localizzare nel territorio provinciale le grandi strutture di vendita.

10) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 3, L.p. n. 15/2015. Errore sul presupposto e falsità della motivazione. Eccesso di potere per sviamento.

Neppure il riferimento all’obiettivo “consumo di suolo zero”, indicato dall’Unione europea quale strategia tematica per la protezione del suolo, al pari delle finalità cautelative perseguite dalla legge provinciale urbanistica (L.p. n. 15/2015) poste alla base del provvedimento impugnato, legittimerebbe la misura restrittiva imposta con il provvedimento impugnato.

Nel derivato giudizio si è costituita la Provincia autonoma di Trento contestando diffusamente nella memoria difensiva, anche alla luce della documentazione prodotta, la fondatezza dei sopra visti motivi ed instando per il rigetto del gravame.

Nel prosieguo parte ricorrente ha depositato memoria di replica.

All’odierna udienza il ricorso è stato trattenuto in decisione.


DIRITTO

1. Con i primi due motivi Federdistribuzione lamenta il difetto di attribuzione e l’incompetenza della Provincia autonoma di Trento ad adottare il provvedimento impugnato in considerazione della esclusiva potestà legislativa riservata allo Stato in materia di concorrenza e tenuto conto del principio di salvaguardia dell’unità giuridica ed economica dell’ordinamento (artt. 117 e 120 Cost.).

1.1. Le censure sono infondate.

1.2. La deliberazione della Giunta provinciale di Trento, infatti, non investe direttamente la disciplina della concorrenza , questa venendo semmai in rilievo per gli effetti derivanti (sui quali si dirà nel prosieguo), ma concerne in primis la regolamentazione di profili attinenti l’urbanistica e/o il commercio, materie queste in cui, sia pur entro limiti differenziati, lo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige, operante al rango di fonte costituzionale, attribuisce alla Provincia autonoma di Trento la potestà legislativa e amministrativa (artt. 4-8, 5-9 e 16 d.P.R. n. 670/1972).

1.3. Peraltro, la norma provinciale da cui trae fondamento la deliberazione della Giunta provinciale n. 1522/2017 è pacificamente individuata nell’art. 11 della L.p. n. 17/2010, il quale al comma 3 recita che “per coniugare le esigenze di sviluppo delle grandi strutture di vendita con quelle di tutela dell’ambiente e di salvaguardia dell’integrità del territorio non edificato e con gli altri interessi individuati dall’art. 10, comma 2, la Giunta provinciale, avvalendosi anche delle analisi previste dal comma 2, individua con deliberazione le zone del territorio provinciale nelle quali può essere eventualmente effettuata la localizzazione di massima delle strutture con superficie di vendita al dettaglio superiore a 10.000 metri quadrati”.

Occorre precisare che detta disposizione è sostanzialmente reiterativa di quanto già previsto dall’art. 32 (“Programmazione urbanistica del settore commerciale”) delle norme di attuazione del Piano urbanistico provinciale (PUP), approvato con L.p. n. 5/2008, il quale infatti, a propria volta, stabilisce che “i criteri di programmazione urbanistica del settore commerciale sono definiti, secondo quanto previsto, dalle norme provinciali in materia, con deliberazione della Giunta provinciale. La previsione di eventuali nuove grandi strutture di vendita al dettaglio con superficie superiore a 10.000 metri quadri è subordinata alla loro preventiva localizzazione di massima da parte della Giunta provinciale, sentiti la comunità e il comune o i comuni interessati”.

1. 4. Non sussiste quindi il difetto di attribuzione, quale carenza di potere “in astratto” ovvero “in concreto” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 28.12.2017 n. 6120), lamentato nel ricorso, atteso che il potere speso dalla Giunta provinciale di Trento con l’adozione del provvedimento impugnato è stato esercitato, nell’ambito delle competenze statutarie in materia di urbanistica e commercio, al cospetto delle sopra viste norme legislative che lo riconoscono.

2. Ciò posto, ragioni di ordine logico-sistematico comportano la priorità dell’esame del quinto e del settimo motivo, con cui Federdistribuzione sostiene da un lato che l’art. 11, comma 3, della L.p. n. 17/2010 imporrebbe comunque il “dovere positivo” della Giunta provinciale di localizzare le grandi strutture di vendita con superficie superiore a 10.000 m.q., e dall’altro (comma 4 e 6) esigerebbe comunque di sottoporre la determinazione provinciale alla previa valutazione strategica prevista dal d.P.P. 14 settembre 2006 n. 15/68/Leg., con il successivo intervento delle comunità interessate in ordine alla concreta localizzazione di tali grandi strutture.

2.1. Entrambi i motivi sono infondati.

2.2. Quanto al primo di questi deve rilevarsi che le predette disposizioni legislative non possono essere interpretate nella direzione auspicata dalla ricorrente: infatti le stesse non impongono l’obbligo di localizzare (sempre e comunque) le grandi strutture di vendita eccedenti la sopra vista superficie, come appare chiaro dallo stesso tenore letterale laddove la localizzazione di tali grandi strutture è “eventuale”, e dunque certamente non obbligatoria.

2.3. Per quanto concerne la questione dedotta con il settimo motivo, deve osservarsi che la previa sottoposizione alla valutazione strategica disciplinata dal d.P.P. n. 15-68/Leg. (“disposizioni regolamentari di applicazione della direttiva 2001/42 CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, ai sensi dell’art. 11 della legge provinciale 15 dicembre 2004, n. 10”), richiamata nel comma 4 dell’art 11 della L.p. n. 17/2010, presuppone la decisione amministrativa di prevedere effettivamente, nell’ambito delle cennate opzioni indicate nel comma 3, la localizzazione delle grandi strutture di vendita (oltre il predetto limite superficiario) al fine di verificarne l’eventuale compatibilità ambientale e/o i limiti della stessa.

2.4. L’opposta decisione di non provvedere alla localizzazione di tali strutture, come assunta dalla Giunta provinciale nel caso in esame, di tutta evidenza non richiede la sottoposizione di tale scelta alla previa valutazione strategica prevista dal citato d.P.P.

2.5. Analogamente è a dirsi dell’intervento delle Comunità, richiamato nel comma 6 della medesima legge provinciale, inerente la localizzazione delle predette grandi strutture “attraverso l’adeguamento del piano territoriale”: la decisione della Giunta provinciale di non prevedere, attualmente, la localizzare di GSV nel territorio provinciale è infatti tale da escludere la (eventuale e successiva) potestà delle Comunità di procedere alla loro individuazione nell’ambito dei rispettivi territori.

3. Ciò rilevato in ordine ai motivi di ricorso fin qui esaminati, è possibile passare all’esame delle ulteriori censure rubricate sub 4,6 e 8, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro evidente connessione.

3.1. Come sopra si è visto, la deliberazione della Giunta provinciale impugnata, dando applicazione all’art. 11, comma 3, della L.p. n. 17/2010 e all’art. 32 della L.p. n. 5/2008, ha disposto di non localizzare nuove aree da destinare all’insediamento di grandi strutture di vendita/centri commerciali al dettaglio con superficie di vendita superiore a 10.000 metri quadrati.

3.2. Peraltro il provvedimento restrittivo non investe tutte le grandi strutture di vendita, come sostenuto dalla ricorrente, e ciò sotto due distinti profili.

3.3. Per un primo aspetto deve rilevarsi che la stessa normativa nazionale (art. 4, comma 1, lett. e-f del d.lgs. n. 114/1988) definisce “grandi strutture di vendita” gli esercizi aventi una superficie superiore ai limiti stabiliti per le "medie strutture di vendita", e dunque quelle eccedenti 1.500 mq. nei Comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e 2.500 mq. nei Comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti, ed in maniera consimile dispone l’art. 3 della L.p. n. 17/2010.

3.4. Ne consegue che la misura temporaneamente adottata dalla Giunta provinciale in forza delle surriferite disposizioni legislative non riguarda l’installazione di tutte le GSV, ma solo di quelle con maggior impatto territoriale, ossia caratterizzate da una superficie eccedente 10.000 m.q.

3.5. In secondo luogo il provvedimento non pregiudica, anche oltre il limite superficiario di 10.000 mq., l’installazione di grandi strutture di vendita nei centri storici del territorio provinciale, atteso che – ex art. 10, co. 6, L.p. n. 17/2010 – nell’ambito di tali insediamenti non trovano applicazione le disposizioni (eventualmente) restrittive scaturenti dall’applicazione del successivo articolo 11, ma semmai il rispetto degli strumenti di pianificazione locale, e la deliberazione della Giunta provinciale impugnata non incide minimamente su tale possibilità.

4. Ciò premesso, vengono in evidenza i principi e le norme disciplinanti il delicato rapporto intercorrente fra la tutela della libera concorrenza e di mercato e la tutela delle esigenze territoriali di carattere urbanistico-ambientale.

4.1. Su detta questione deve riscontrarsi che la verifica della compatibilità dei limiti scaturenti dagli atti di pianificazione con i principi in materia di liberalizzazione del mercato dei servizi, sanciti dalla direttiva 123/2006/CE (c.d. Bolkestein) e dalla legislazione statale di recepimento (art. 31 d.l. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito dalla L. 22 dicembre 2011 n. 214), non può prescindere dalla premessa secondo cui “la disciplina comunitaria della liberalizzazione non può essere intesa in senso assoluto come primazia del diritto di stabilimento delle imprese ad esercitare sempre e comunque l’attività economica, dovendo, anche tale libertà economica, confrontarsi con il potere, demandato alla pubblica amministrazione, di pianificazione urbanistica degli insediamenti, ivi compresi quelli produttivi e commerciali” (Cons. di Stato, sez. IV, 4 maggio 2017 n. 2026).

4.2. La citata direttiva comunitaria, infatti, pur comportando, di regola, l’esclusione di autorizzazioni e limitazioni all’attività economica, specie se dirette ad incidere sul rapporto fra domanda ed offerta, deve essere applicata rimanendo tuttavia salva la considerazione sia di motivi di interesse generale, sia dell’adeguatezza e proporzionalità delle misure restrittive della libertà d’impresa con gli obiettivi perseguiti: conseguentemente, in sede di recepimento nell’ordinamento interno, l’art. 11 del d.lgs. n. 59/2010 ha escluso dal divieto di restrizione i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale, potendo in tali casi venir legittimamente subordinato (art. 12) l’accesso e l’esercizio delle attività economiche a limitazioni quantitative o territoriali, con particolare rilievo alla tutela della popolazione.

4.3. Successivamente, l’art. 31 del d.l. n. 201/2011 convertito nella legge n. 214/2011, nel riaffermare il principio generale di libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali, ha ribadito la legittimità dei limiti connessi alla tutela della salute, dei lavoratori e dell’ambiente, ivi incluso quello urbano, e dei beni culturali.

4.4. Le norme che precedono si limitano ad introdurre principi di carattere generale, e pertanto non individuano nel loro ambito una specifica e dettagliata determinazione dei criteri in forza dei quali il raffronto fra i valori tutelati (quello della libera concorrenza e quello della tutela di interessi imperativi) debba avvenire al fine di contemperare le diverse esigenze.

4.5. Peraltro tale confronto non può che risentire delle diversità in cui si articola il territorio nazionale, tant’è che l’art. 31, co. 2, del citato d.l. n. 201/2011 richiede proprio alle Regioni e agli enti locali di “adeguare” i propri ordinamenti alle indicate prescrizioni di carattere generale: perciò, va escluso il manifesto contrasto, infondatamente sostenuto dalla ricorrente, della deliberazione giuntale impugnata (e delle norme legislative provinciali applicate) sia rispetto all’esclusività del potere legislativo statale in materia di concorrenza e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, sia nei confronti della direttiva comunitaria 2006/123/CE e delle sopra viste norme statali che l’hanno recepita.

5. Ciò posto, nell’applicazione dei criteri idonei a consentire il “giusto confronto” fra i valori in gioco, è stato condivisibilmente affermato che occorre distinguere gli atti di programmazione economica, i quali in linea di principio non possono più essere fonti di limitazione all’insediamento di nuove attività, dagli atti di programmazione aventi natura non economica, e fra questi quelli adottati nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, con l’avvertenza, per questi ultimi, che occorre “verificare in concreto se essi perseguono finalità di tutela dell’ambiente urbano o, comunque, sono riconducibili all’obiettivo di dare ordine e razionalità all’assetto del territorio, oppure perseguano la regolazione autoritativa dell’offerta sul mercato dei servizi attraverso restrizioni territoriali alla libertà di insediamento delle imprese” (Tar Emilia Romagna Parma 17 marzo 2016 n. 110).

6. E’ dunque necessario, con riferimento alla fattispecie in esame, verificare le ragioni in forza delle quali la Giunta provinciale di Trento ha ritenuto di non localizzare attualmente nel territorio trentino, fra le grandi strutture di vendita, quelle eccedenti i 10.000 mq.

6.1. Il provvedimento parte anzitutto da un’incontestabile analisi del territorio provinciale (per l’87% interessato da rocce, boschi e pascoli e per il 13% disponibile per gli insediamenti e l’agricoltura), caratterizzato – in base ai dati forniti dall’osservatorio del paesaggio – dalla netta tendenza ad un incremento esponenziale delle superfici edificate, non proporzionato al limitato aumento della popolazione, e dalla progressiva erosione delle aree utilizzabili, fenomeno da contrastare secondo gli obiettivi perseguiti dall’Unione europea e dalla Provincia di Trento con la legge urbanistica n. 15/2015, costituendo il suolo risorsa limitata da tutelare e preservare con la massima attenzione, dovendosi provvedere a minimizzarne il consumo ed a limitare la possibilità di nuove espansioni (pag. 3 e 4 deliberazione impugnata).

6.2. Inoltre, l’apposito e preliminare studio affidato al dipartimento interateneo di scienze, progetto e politiche del territorio dell’università di Torino, puntualmente e per esteso richiamato nella deliberazione provinciale, ha evidenziato da un lato l’elevata disponibilità di aree commerciali non utilizzate e già destinate ad ospitare grandi strutture di vendita con superficie inferiore a 10.000 m.q.; dall’altro, attesa la presenza di territori agricoli oggetto di tutela e di aree di pregio naturalistico, storico-culturale e scenico, che “i risultati relativi agli indici di valore e pressione del paesaggio e in particolare il rapporto valori/pressioni nei Comuni situati lungo l’Asta dell’Adige restituiscono la fotografia di un territorio i cui fattori di pressione paesaggistica predominano rispetto a quelli di valore e che, pur a fronte di estesi e in alcuni casi particolarmente significativi valori paesaggistici, sopporta pressioni elevate che hanno compromesso, o rischiano di compromettere, la qualità del paesaggio”, laddove “sono sempre i Comuni comprendenti i centri urbani più significativi …a presentare inoltre i valori più alti in termini di inquinamento (P.04), facendo registrare emissioni elevate da traffico stradale”.

6.3. E’ quindi evidente che la decisione assunta dalla Giunta provinciale avvalendosi dell’opzione prevista dall’art. 11 della L.p. n. 17/2010 e dall’art. 32 della l.p. n. 5/2008, ossia della prevista possibilità di non localizzare grandi strutture di vendita superiori a 10.000 m.q., non è finalizzata a regolare autoritativamente, o ad alterare, l’offerta dei servizi sul mercato, ma persegue responsabilmente e motivatamente scopi di organizzazione del territorio, di tutela dei valori paesaggistico-ambientali e della salute della popolazione, annoverati fra i motivi imperativi di interesse generale in presenza dei quali, legittimamente, proprio la direttiva comunitaria 2006/123/CE (in riferimento alla quale la Provincia di Trento ha notificato alla Commissione europea, ai sensi dell’art. 15 della direttiva, il testo della deliberazione qui impugnata senza ricevere alcuna osservazione), e le disposizioni legislative statali di recepimento ammettono, come sopra si è visto, che l’esercizio di attività produttive o commerciali possa essere legittimamente subordinato a restrizioni quantitative o territoriali.

7. Quanto alla pretesa violazione del principio di proporzionalità, per escludere la fondatezza di tale censura vale anzitutto riscontrare la temporaneità degli effetti scaturenti dalla deliberazione impugnata (ed al contempo rilevare la mancata allegazione, da parte di Federdistribuzione e/o dei suoi associati, di un attuale concreto interesse ad insediare immediatamente nel territorio trentino grandi strutture oltre il limite dei 10.000 m.q.), atteso che nello stesso provvedimento (pag. 12) è previsto l’assoggettamento dei riscontri di base a periodico monitoraggio al fine di verificarne la persistente attualità “in funzione di possibili aggiornamenti”.

7.1. In secondo luogo deve considerarsi che il provvedimento impugnato, come del pari si è detto, ammette la realizzazione di GSV fino alla superficie di 10.000 m.q. (di cui è dimostrata l’ampia disponibilità nel territorio provinciale) e che la misura restrittiva non trova applicazione, in forza dell’art. 10, co. 6, L.p. n. 17/2010, all’interno della perimetrazione dei centri storici dei singoli Comuni.

7.2. A fronte di ciò, il Collegio ritiene che il rapporto di “proporzione” fra la misura temporaneamente restrittiva adottata e le ammesse possibilità di insediamento di GSV non possa considerarsi violato;

7.3. Ne consegue che anche il terzo motivo, al pari di quelli – congiuntamente sopra esaminati – rubricati sub 4,6 e 8 si rivelano infondati.

8. Per quel che riguarda il nono e decimo motivo, occorre riscontrare la completezza dell’istruttoria svolta dall’amministrazione e la congruità della motivazione addotta nel provvedimento impugnato, recedendo le censure svolte dalla ricorrente in considerazioni meritali e soggettive, per di più investenti alcuni limitati passaggi del processo motivazionale.

9. Non sussistono, quindi, ragioni per ravvisare la violazione dell’art. 11, comma 3, della L.p. n. 17/2010, né per disapplicare detta norma come richiesto dalla ricorrente.

10. Quanto ai dubbi di costituzionalità di tale disposizione legislativa, sollevati da Federdistribuzione nella parte conclusiva del ricorso, ferma la legittimità del provvedimento impugnato alla luce della surriferita norma, ad escludere gli stessi vale in primis riscontrare che l’art. 11, comma 3, della citata legge, del cui sindacato qui si tratta al fine della richiesta rimessione alla Corte costituzionale, non esclude, ed anzi ammette – secondo l’opzione in essa contenuta – la possibilità di insediare nel territorio provinciale anche grandi strutture di vendita oltre il limite superficiario di 10.000 metri quadrati: ne deriva che la questione di legittimità costituzionale si appalesa manifestamente infondata anche in relazione ai rivendicati principi di tutela della concorrenza e di libertà del mercato.

10.1. Peraltro, a suffragio delle argomentazioni svolte dalla ricorrente non valgono i richiami ad alcune sentenze della Corte costituzionale, per lo più pronunciate su altrettanti conflitti di attribuzione direttamente sollevati dallo Stato in relazione alle più disparate norme legislative regionali, queste sostanziatesi in una disciplina volta a regolamentare direttamente l’attività economica e commerciale assoggettandola al rispetto di requisiti – anche formali o modali – giudicati in contrasto con i principi costituzionali, e dunque non riconducibili alla norma legislativa provinciale qui in evidenza, che è limitata a disciplinare il corretto inserimento nel territorio delle GSV superiori a 10.000 metri quadrati.

11. In forza delle considerazioni svolte nei punti 4.1, 4.2, 4.5 e 6.3 che precedono, non sono ravvisabili i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea previsto dall’art. 267 del Trattato.

12. In definitiva il ricorso è infondato e va respinto.

13. Le spese di causa seguono la soccombenza e sono poste a carico della ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa per la Regione autonoma del Trentino – Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo respinge.

Condanna la ricorrente a rifondere alla Provincia autonoma di Trento le spese del giudizio nella misura di Euro 3.000,00 (tremila/00) oltre al rimborso del 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:

Roberta Vigotti, Presidente
Carlo Polidori, Consigliere
Paolo Devigili, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Paolo Devigili
        
IL PRESIDENTE
Roberta Vigotti
        
        
IL SEGRETARIO

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