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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Numero: 646 | Data di udienza: 27 Giugno 2018

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Differenza fra tettoia e pergolato – Individuazione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 2 Luglio 2018
Numero: 646
Data di udienza: 27 Giugno 2018
Presidente: Farina
Estensore: Bertagnolli


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Differenza fra tettoia e pergolato – Individuazione.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 2 luglio 2018, n. 646


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Differenza fra tettoia e pergolato – Individuazione.

La differenza fra tettoia e pergolato appare riconducibile al linguaggio comune, che individua la tettoia come una struttura pensile, addossata al muro o interamente sorretta da pilastri, di possibile maggiore consistenza e impatto visivo rispetto al pergolato, normalmente costituito, quest’ultimo, da una serie parallela di pali collegati da un’intelaiatura leggera, idonea a sostenere piante rampicanti o a costituire struttura ombreggiante, senza chiusure laterali. (Consiglio di Stato, n. 825/2015). Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettato tuttavia alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie.

Pres. Farina, Est. Bertagnolli – N.B. (avv. Pusceddu) c. Comune di Montichiari (avv. Ballerini)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ - 2 luglio 2018, n. 646

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 2 luglio 2018, n. 646


Pubblicato il 02/07/2018

N. 00646/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01015/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1015 del 2017, proposto da
Nadia Bergamini, rappresentata e difesa dall’avvocato Libero Pusceddu, domiciliato ex lege ai sensi dell’art. 25 c.p.a.;

contro

Comune di Montichiari, rappresentato e difeso dall’avvocato Mauro Ballerini, con domicilio eletto in Brescia, ai sensi dell’art. 25 c.p.a.;
Franca Morandi, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

– dell’atto recante “annullamento dell’efficacia della comunicazione di inizio lavori asseverata per intervento di edilizia libera datata 11.07.2017 – prot. N. “PEC”, conosciuto dalla ricorrente solo il 29 luglio 2017;

– di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Montichiari;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2018 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente lamenta l’annullamento della CILA avente a oggetto la pergola bioclimatica che la stessa intendeva realizzare in luogo della pergola già presente e costituita da una rete con edera finta.

L’annullamento della CILA è motivato:

– dal fatto che l’intervento doveva ritenersi soggetto a SCIA o permesso di costruire: poiché il pergolato non è mai esistito, o meglio, è stato realizzato, come dalla stessa ricorrente affermato, senza alcun titolo, nelle more del posizionamento della struttura oggetto di controversia a oggi, l’intervento doveva essere trattato come relativo a una nuova costruzione;

– la struttura con lamelle orientabili che si intende realizzare finirebbe per creare una copertura uniforme che trasformerebbe il pergolato in portico, con la conseguenza che esso andrebbe a incidere sulla SLP, con relative conseguenze sui parametri urbanistici e sulle distanze;

– il condominio ha autorizzato una copertura diversa, con tegole canadesi, del colore esibito in assemblea (nella successiva delibera di luglio si dà atto della diversa scelta per la pergola bioclimatica, ma non c’è alcuna votazione).

Avverso il provvedimento in questione la ricorrente ha dedotto:

1. violazione degli artt. 97 e 111 della Costituzione, in quanto l’annullamento sarebbe stato disposto in assenza di sopralluogo;

2. incompetenza e violazione dell’art. 54 del regolamento edilizio comunale, in quanto il provvedimento è stato adottato da un funzionario e non dal Sindaco;

3. violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, per mancata comunicazione del preavviso di rigetto;

4. violazione degli artt. 3 e 10 del DPR 380/2001, in quanto la realizzazione di un’opera come quella in questione, qualificabile come pergola, non necessiterebbe di alcun titolo edilizio;

5. illogicità e contraddittorietà del provvedimento, in quanto, solo poco tempo prima, il dirigente dello stesso dipartimento avrebbe ritenuto priva di rilevanza, sotto il profilo edilizio, la situazione già segnalata dai vicini di casa.

Il Comune si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza del ricorso.

Nella sua memoria difensiva il Comune ha chiarito che:

a) nella fattispecie non era necessario alcun sopralluogo per accertare la non corretta qualificazione dell’intervento come soggetto a CILA;

b) il provvedimento sarebbe stato emesso dal funzionario competente, in base alla vigente normativa;

c) proprio la natura giuridica della segnalazione certificata di inizio attività (ed a maggior ragione della comunicazione di inizio lavori asseverata) — che non è istanza di parte per l’avvio di un procedimento amministrativo poi conclusosi in forma tacita, ma è dichiarazione di volontà privata di intraprendere una determinata attività ammessa direttamente dalla legge — esclude che debba trovare applicazione l’istituto della comunicazione di avvio del procedimento o del preavviso di rigetto ex art. 10 bis l. 7 agosto 1990 n. 241 (cfr. TAR Calabria- Catanzaro, sez. II, 05.03.15 n. 478; TAR Toscana, sez. II, 28.03.14 n. 599 e TAR Umbria, sez. I, 01.08.13 n. 405);

d) l’intervento voluto non può essere qualificato come pergolato, dal momento che lo stesso Consiglio di Stato, nella sentenza invocata da parte ricorrente, chiarisce che “Il pergolato, per sua natura, è quindi una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore”. Nel caso di specie, invece, vista la possibilità della completa chiusura, si tratterebbe di una tettoia.

L’istanza di sospensione degli effetti del provvedimento è stata rigettata, non essendo stati ravvisati i presupposti di fumus boni iuris che avrebbero potuto giustificare la concessione della misura cautelare.

In vista della pubblica udienza, parte ricorrente ha depositato una memoria, insistendo nel sostenere che le caratteristiche proprie della pergotenda in questione condurrebbero alla sua qualificazione come arredo esterno inidoneo a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, grazie alla sua facile e completa “rimovibilità” e non, come erroneamente ritenuto nell’atto impugnato, come una “costruzione” necessitante di SCIA o permesso di costruire. Nel caso ciò fosse revocato in dubbio, la ricorrente ha, dunque, formulato un’apposita istanza di ricorso alla consulenza tecnica per accertare le specifiche caratteristiche della struttura del pergolato in questione.

Il Comune, eccepita l’inapplicabilità alla fattispecie del DM 2 marzo 2018, che ha descritto le opere libere, in quanto sopravvenuto rispetto all’adozione dei provvedimenti impugnati, ha, quindi, ribadito come il manufatto in questione non potrebbe comunque rientrare nel suo ambito di applicazione, in quanto si tratterebbe di una tettoia e non di una tenda, realizzata in violazione delle prerogative del condominio.

Alla pubblica udienza del 27 giugno 2018, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in esame è stata censurata la legittimità del provvedimento con cui è stato impedito alla CILA – presentata dalla ricorrente per la sostituzione del pergolato esistente con una “pergotenda” – di produrre i propri effetti, in quanto nemmeno la struttura da sostituire era mai stata autorizzata e comunque si tratterebbe di un intervento assoggettato al rilascio di un apposito titolo legittimante.

Quanto al primo vizio, di natura formale, dedotto e attinente alla pretesa inadeguatezza dell’istruttoria condotta, il Collegio non può che dare atto di come, nella fattispecie in esame, il sopralluogo che sarebbe stato omesso non era affatto necessario, trattandosi di una questione di qualificazione dell’intervento, risolvibile alla luce della documentazione prodotta in vista della realizzazione del manufatto. Irrilevanti sono, ai fini che qui interessano, le caratteristiche proprie della struttura preesistente, di cui si dirà nel prosieguo.

L’adozione dell’impugnato annullamento, inoltre, in quanto atto di gestione attinente al controllo del corretto esercizio dell’attività edificatoria, rientra a pieno titolo nella competenza del funzionario preposto. Non può, dunque, ravvisarsi alcun difetto di competenza.

Nè, alla luce della vigente normativa, sussisteva alcun obbligo di comunicazione ex art. 10 bis della legge n. 241/90, in quanto trattasi di un intervento repressivo-anticipato di attività edilizia priva di titolo, in quanto tale non comportante il rispetto della citata disposizione, disciplinante la partecipazione ai procedimenti preordinanti al rilascio di titoli abilitativi.

Superate tutte le censure relative agli aspetti procedurali della controversia, nel merito appare opportuno ricordare che individuare la differenza tra tettoia e pergolato non è sempre facile.

Degli importanti punti di riferimento sono rinvenibili nelle sentenze del Consiglio di Stato, n. 825/2015, che chiarisce definitivamente in cosa differiscono tettoia e pergolato, affermando che “La differenza fra tettoia e pergolato appare riconducibile al linguaggio comune, che individua la tettoia come una struttura pensile, addossata al muro o interamente sorretta da pilastri, di possibile maggiore consistenza e impatto visivo rispetto al pergolato (normalmente costituito, quest’ultimo, da una serie parallela di pali collegati da un’intelaiatura leggera, idonea a sostenere piante rampicanti o a costituire struttura ombreggiante, senza chiusure laterali)”.

Il Consiglio di Stato ha quindi precisato, nella sentenza n. 306/2017, che “Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettata tuttavia alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie.”.

Pertanto, la “pergotenda” non necessita di titolo edilizio, in quanto “L’opera principale non è, infatti, la struttura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che la struttura (in alluminio anodizzato) si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda. Quest’ultima, poi, integrata alla struttura portante, non può considerarsi una “nuova costruzione”, posto che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio.

Al contrario, dunque, quando la copertura e/o la chiusura perimetrale presentino elementi di fissità, stabilità e permanenza, come nel caso in cui la tenda non abbia carattere retrattile, pur non potendosi parlare di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie, il titolo edilizio deve ritenersi comunque necessario.

Nella fattispecie in esame, la struttura che la ricorrente vorrebbe realizzare e che andrà a sostituire il telaio presente (composto di cinque tubolari ortogonali alla facciata dell’edificio e alcuni trasversali, parzialmente coperto da una rete metallica coperta con dell’edera finta) è costituita da una copertura a lamelle, che possono essere ruotate per consentire il passaggio di sole e aria, ma non hanno il carattere “retrattile”. La copertura, dunque, non è una tenda e non ha carattere facilmente amovibile, pur essendo incontestabile che essa sia in qualsiasi momento rimovibile, dal momento che è un elemento autonomo rispetto all’edificio che, dunque, non ne risulterebbe compromesso. La struttura, a sua volta, non ha, quindi, la mera funzione di sostegno di una tenda o di una pergola (vegetale o artificiale).

Del resto è la stessa proprietaria, nella nota indirizzata al Comune in riscontro alla diffida a rimuovere i manufatti già precedentemente installati sulla terrazza (documento 4 della ricorrente), ad affermare che la “struttura verrà rimossa rapidamente poiché è già stato dato incarico professionale …omissis…di redigere opportuno progetto al fine di ottenere idoneo titolo abilitativo, per la realizzazione di un porticato su detta terrazza”.

Ne deriva che correttamente il Comune ha ravvisato una effettiva trasformazione dell’organismo edilizio, mediante realizzazione di una vera e propria tettoia (o portico, come l’ha definito la ricorrente), necessitante del relativo titolo edilizio, previa verifica dei parametri urbanistici (e acquisizione del necessario consenso del condominio rispetto al reperimento della disponibilità di SLP) e delle distanze dai confini.

Ciò anche considerato il carattere “permanente” del manufatto, che, come ben si evince dalla giurisprudenza, non è rappresentato dal fatto di non essere temporaneo, bensì nella immodificabilità della struttura se non con un intervento invasivo che ne comprometterebbe l’utilizzo. In altre parole, la tenda si connota per non essere destinata permanentemente a rimanere nella posizione “aperta”, bensì a un’apertura e chiusura collegata con le condizioni atmosferiche e l’esposizione solare (e, quindi, con il perseguimento dell’obiettivo di creare ombra ovvero di consentire un adeguato irraggiamento, a seconda delle diverse esigenze stagionali). Nel caso di specie, la temporaneità della copertura è esclusa dal tipo di pergotenda che la ricorrente intende realizzare, che è destinata a coprire la terrazza in modo permanente, a prescindere dalla possibilità di orientare le lamelle di copertura in modo da favorire l’aerazione e la luce.

Ne deriva il rigetto del ricorso, mentre si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese del giudizio, attesa la natura interpretativa della questione dedotta.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:

Alessandra Farina, Presidente
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
Alessio Falferi, Consigliere

L’ESTENSORE
Mara Bertagnolli
        
IL PRESIDENTE

Alessandra Farina
       

IL SEGRETARIO

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