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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 26172 | Data di udienza: 27 Aprile 2018

RIFIUTI – Raccolta e trasporto abusivo di rifiuti speciali non pericolosi con mezzi propri – Assenza di autorizzazione – Condotta occasionale – Reato ha natura istantanea – Albo nazionale dei gestori ambientali – Iscrizione – Necessità – Artt. 256 d.lgs. 152/2006, in relazione all’art. 6 L. 210/2008  – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Inammissibilità originaria del ricorso – Effetti – Causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata – Preclusione.


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 7^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 8 Giugno 2018
Numero: 26172
Data di udienza: 27 Aprile 2018
Presidente: SARNO
Estensore: LIBERATI


Premassima

RIFIUTI – Raccolta e trasporto abusivo di rifiuti speciali non pericolosi con mezzi propri – Assenza di autorizzazione – Condotta occasionale – Reato ha natura istantanea – Albo nazionale dei gestori ambientali – Iscrizione – Necessità – Artt. 256 d.lgs. 152/2006, in relazione all’art. 6 L. 210/2008  – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Inammissibilità originaria del ricorso – Effetti – Causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata – Preclusione.



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 7^ 8/06/2018 (Ud. 27/04/2018), Ordinanza n.26172

 
RIFIUTI – Raccolta e trasporto abusivo di rifiuti speciali non pericolosi con mezzi propri – Assenza di autorizzazione – Condotta occasionale – Reato ha natura istantanea – Albo nazionale dei gestori ambientali – Iscrizione – Necessità – Artt. 256 d.lgs. 152/2006, in relazione all’art. 6 L. 210/2008  – Giurisprudenza.
 
Ai fini della configurabilità del reato di trasporto non autorizzato di rifiuti non pericolosi di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 152 del 2006, è sufficiente anche una condotta occasionale, perché tale reato ha natura istantanea e si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, giacché il requisito della stabilità o continuatività della condotta non è contemplato dalla norma, che sanziona la condotta di chiunque provveda ad un trasporto di rifiuti, anche se episodicamente, con mezzi propri e non autorizzati, anziché attraverso imprese esercenti servizi di smaltimento iscritte all’Albo nazionale dei gestori ambientali (Sez. 3, n. 8979 del 02/10/2014, Cristinzio; Sez. 3, n. 24428 del 16/06/2011, D’Andrea; Sez. 3, n. 21665 del 8 giugno 2010, Hrustic; Sez. 3, n. 26435 del 23/03/2016, Pagliuchi).
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Inammissibilità originaria del ricorso – Effetti – Causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata – Preclusione.
 
L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza di secondo grado, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca,; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, Bracale, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, Niccoli; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, Rasizzi Scalera).
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 12/07/2017 – CORTE APPELLO di CATANIA) Pres. SARNO, Rel. LIBERATI, Ric. Tona

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 7^ 8/06/2018 (Ud. 27/04/2018), Ordinanza n.26172

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 7^ 8/06/2018 (Ud. 27/04/2018), Ordinanza n.26172
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SETTIMA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
ORDINANZA
 
sul ricorso proposto da TONA ANTONINO nato il 05/01/1971 a SANTA CROCE CAMERINA
 
avverso la sentenza del 12/07/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
 
dato avviso alle parti;
 
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI; 
 
RITENUTO IN FATTO
 
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Catania ha confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ragusa del 23/10/2014, con cui, in esito a giudizio abbreviato, Antonino Tona era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 8.000,00 di multa, in relazione ai reati di cui agli artt. 256 d.lgs. 152/2006, in relazione all’art. 6 L. 210/2008 (per avere eseguito in assenza di autorizzazione la raccolta e il trasporto di rifiuti speciali non pericolosi), e 4 L. 110/1975 (per aver portato al di fuori della propria abitazione e senza giustificato motivo un mazza con manico di legno della lunghezza di 90 centimetri e con testa battente e una fiocina della lunghezza di 129 centimetri, con rostro composto da sette arpioni della lunghezza di 20 centimetri).
 
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, violazione di legge penale, per l’errata affermazione della configurabilità del reato nonostante l’attività contestata non fosse stata svolta professionalmente, trattandosi di reato proprio configurabile solamente nei confronti degli imprenditori.
 
Con il secondo e il terzo motivo ha lamentato contraddittorietà della motivazione riguardo al mancato riconoscimento della ipotesi attenuata di cui al terzo comma dell’art. 4 l. n. 110 del 1975, sottolineando che benché la contestazione riguardasse una mazza con manico in legno nella sentenza era stato fatto riferimento a una mazza ferrata, che costituisce arma propria, e che le modalità e le circostanze dell’azione e l’assenza di precedenti avrebbero potuto indurre i giudici di merito a riconoscere l’ipotesi attenuata del fatto di lieve entità.
 
Con un quarto motivo ha lamentato l’eccessività della pena inflittagli, confermata dalla Corte d’appello in considerazione della assenza dei presupposti per poter riconoscere le circostanze attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è inammissibile.
 
Il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata l’errata applicazione delle norme incriminatrici contestate, per la occasionalità e la non imprenditorialità della condotta, è manifestamente infondato, in quanto, come osservato anche dalla Corte d’appello, ai fini della configurabilità del reato di trasporto non autorizzato di rifiuti non pericolosi di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 152 del 2006, è sufficiente anche una condotta occasionale, perché tale reato ha natura istantanea e si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica (Sez. 3, n. 8979 del 02/10/2014, Cristinzio, Rv. 262514; Sez. 3, n. 24428 del 16 giugno 2011, D’Andrea, Rv. 250674; Sez. 3, n. 21665 del 8 giugno 2010, Hrustic, Rv. 247605), giacché il requisito della stabilità o continuatività della condotta non è contemplato dalla norma, che sanziona la condotta di chiunque provveda ad un trasporto di rifiuti, anche se episodicamente, con mezzi propri e non autorizzati, anziché attraverso imprese esercenti servizi di smaltimento iscritte all’Albo nazionale dei gestori ambientali (Sez. 3, n. 26435 del 23/03/2016, Pagliuchi, Rv.267660).
 
Il secondo e il terzo motivo, mediante i quali sono state censurate l’affermazione secondo cui una delle armi detenute dal ricorrente sarebbe stata una mazza ferrata, che non costituisce arma impropria ma propria, e l’esclusione della ipotesi attenuata di cui alla seconda parte del terzo comma dell’art. 4 l. n. 110 del 1975, sono anch’essi manifestamente infondati, in quanto il riferimento alla mazza ferrata non ha determinato la riqualificazione della condotta ai sensi del primo comma della disposizione, cosicché esso è privo di concreta incidenza nella valutazione compiuta dalla Corte d’appello;
 
l’esclusione della configurabilità della ipotesi attenuata invocata dal ricorrente è stata giustificata adeguatamente dalla Corte d’appello, attraverso il riferimento al numero delle armi e alle loro notevoli dimensioni: si tratta di motivazione idonea e immune da vizi logici, non sindacabile sul piano della valutazione di merito nel giudizio di legittimità, con
la conseguente manifesta infondatezza anche di tale doglianza.
 
La doglianza in ordine alla misura della pena, determinata in misura prossima al minimo, attiene alla valutazione della gravità delle condotte compiuta dai giudici di merito, di cui gli stessi hanno dato conto nella descrizione dei fatti e nella loro valutazione ai fini della esclusione della suddetta ipotesi attenuata, che ha avuto rilievo assorbente nella quantificazione della pena, valutazione che non è sindacabile nel giudizio di legittimità se, come nel caso in esame, motivata in modo adeguato.
 
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante la manifesta infondatezza di tutte le censure cui è stato affidato.
 
L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza di secondo grado, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, Bracale, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, Niccoli, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, Rasizzi Scalera, Rv. 261616).
 
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del  versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di€ 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2018
 
 

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