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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1089 | Data di udienza: 18 Aprile 2018

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Delibera approvativa di un atto di pianificazione – Termine per l’impugnazione – Pubblicazione sul bollettino ufficiale – Pubblicazione successiva sull’albo pretorio – Effetti – Distanze tra edifici – Realizzazione di una passerella a quota superiore rispetto al colmo di un’abitazione – Art. 9 d.m. n. 1444/1968 – Applicabilità – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 25 Luglio 2018
Numero: 1089
Data di udienza: 18 Aprile 2018
Presidente: Atzeni
Estensore: Grauso


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Delibera approvativa di un atto di pianificazione – Termine per l’impugnazione – Pubblicazione sul bollettino ufficiale – Pubblicazione successiva sull’albo pretorio – Effetti – Distanze tra edifici – Realizzazione di una passerella a quota superiore rispetto al colmo di un’abitazione – Art. 9 d.m. n. 1444/1968 – Applicabilità – Esclusione.



Massima

 

TAR TOSCANA, Sez. 1^ – 25 luglio 2018, n. 1089


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Delibera approvativa di un atto di pianificazione – Termine per l’impugnazione – Pubblicazione sul bollettino ufficiale – Pubblicazione successiva sull’albo pretorio – Effetti.

In termini generali, il momento dal quale far decorrere il termine per l’impugnazione della delibera approvativa di un atto di pianificazione o di governo del territorio coincide con la pubblicazione eseguita sul bollettino ufficiale della Regione ai sensi della legislazione regionale in materia urbanistica. Nel caso, però, di doppia pubblicazione in forme legali, il termine per impugnare deve farsi decorrere dalla seconda, la quale, diversamente, non svolgerebbe di fatto alcun ruolo. Se, quindi, la pubblicazione all’albo pretorio,  pur  non obbligatoria, sia comunque eseguita, successivamente a quella sul Bollettino Ufficiale, in virtù di una scelta dell’amministrazione procedente volta a garantire la massima conoscenza e conoscibilità del provvedimento approvato, il termine per l’impugnazione si riapre, privando altrimenti di ogni utilità  la seconda pubblicazione, frutto di un’iniziativa dell’ente interessato, coperta dalla legge e rispondente a esigenze meritevoli della più ampia garanzia.
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Distanze tra edifici – Realizzazione di una passerella a quota superiore rispetto al colmo di un’abitazione – Art. 9 d.m. n. 1444/1968 – Applicabilità – Esclusione.

La prescrizione dettata dall’art. 9 del d.m. n. 1444/1968 in tema di distanze minime tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti non è volta a tutelare il diritto alla riservatezza o alla conservazione della prospettiva da parte dei proprietari frontisti, ma l’interesse alla salubrità dei fabbricati, evitando la formazione di intercapedini pericolose dal punto di vista igienico-sanitario (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 844; id., 9 ottobre 2012, n. 5253). Ne deriva che non trova applicazione nell’ipotesi di realizzazione di una passerella a quota superiore a quella del colmo di un’abitazione, dovendosi escludere che le le due costruzioni siano tra loro frontistanti nel senso disciplinato dall’art. 9 d.m. n. 1444/1968 cit.

Pres. Atzeni, Est. Grauso – G.R. e altro (avv. Giovannelli) c. Comune di Peccioli (avv. Traina)


Allegato


Titolo Completo

TAR TOSCANA, Sez. 1^ - 25 luglio 2018, n. 1089

SENTENZA

 

TAR TOSCANA, Sez. 1^ – 25 luglio 2018, n. 1089

Pubblicato il 25/07/2018

N. 01089/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01245/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1245 del 2017, proposto da
Giorgio Rossi, Luciana Salvini, rappresentati e difesi dall’avvocato Alberto Giovannelli, con domicilio digitale come da P.E.C. Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;


contro

Comune di Peccioli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Duccio Maria Traina, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via A. La Marmora 14;

per l’annullamento

della deliberazione del consiglio comunale di Peccioli n. 19 del 25 maggio 2017 recante “Variante per lievi modifiche alle NTA del Regolamento Urbanistico e cartografia sistema della mobilità. Previsioni di intervento pubblico di connessione pedonale. Approvazione”, in pubblicazione dal 5.6.2017 al 20.6.2017, e degli atti tutti ad essa allegati;

di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, sub specie la Deliberazione del Consiglio Comunale di Peccioli n. 3 del 31 marzo 2017, recante “Variante per lievi modifiche alle NTA del Regolamento Urbanistico e cartografia sistema della mobilità previsione di intervento pubblico di connessione pedonale. Adozione”, con i rispettivi Allegati A e B, nonché, per quanto occorrer possa, le Delibere n. 55 e 56 della Giunta Comunale di Peccioli del 29 dicembre 2016;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Peccioli;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2018 il consigliere Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti, signori Giorgio Rossi e Luciana Salvini, sono proprietari di un’abitazione sita nel Comune di Peccioli alla via Cavour 11, e titolari del diritto di passo e di utilizzo di due posti auto nel sottostante resede adibito a parcheggio.

Essi impugnano la delibera consiliare n. 19 del 25 maggio 2017 e gli altri atti e provvedimenti meglio indicati in epigrafe, che hanno condotto all’approvazione – attraverso una variante al regolamento urbanistico – di un intervento pubblico di interconnessione pedonale consistente nella creazione di un sovrappasso pedonale costituito da una passerella sospesa con partenza alle spalle degli ex magazzini comunali e arrivo in corrispondenza delle terrazze del parcheggio multipiano già esistente. Secondo la prospettazione, il realizzando progetto non rispetterebbe le distanze minime dalla parete finestrata dell’abitazione di proprietà dei ricorrenti e le più elementari norme in materia di tutela della riservatezza, oltre creare un ostacolo visivo incompatibile, per le sue caratteristiche, con le previsioni del piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana.

Sulla scorta di quattro motivi in diritto, i signori Rossi/Salvini concludono dunque per l’annullamento del provvedimento e degli atti impugnati.

1.1. In corso di causa, i ricorrenti hanno chiesto al T.A.R. la concessione di misure cautelari volte a scongiurare la situazione di urgenza ingenerata dall’imminente definizione della procedura avviata dal Comune per l’appalto delle opere di realizzazione dell’intervento contestato.

Costituitosi il Comune di Peccioli, nella camera di consiglio del 28 febbraio 2018 il collegio ha accolto la domanda cautelare ai soli fini della celere trattazione del merito.

1.2. La controversia è stata quindi discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 18 aprile 2018, preceduta dallo scambio di memorie difensive e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a..

2. In via pregiudiziale, il Comune resistente eccepisce la tardività del ricorso, assumendo che il termine per l’impugnazione della variante dovrebbe farsi decorrere non dalla pubblicazione all’albo pretorio eseguita a norma dell’art. 124 T.U.E.L., bensì dalla pubblicazione sul B.U.R.T. ex artt. 19 co. 7 e 32 della legge regionale toscana n. 65 del 10 novembre 2014.

Al riguardo, deve convenirsi con la difesa comunale laddove osserva che, in termini generali, il momento dal quale far decorrere il termine per l’impugnazione della delibera approvativa di un atto di pianificazione o di governo del territorio coincide con la pubblicazione eseguita sul bollettino ufficiale della Regione ai sensi della legislazione regionale in materia urbanistica, e questo ai sensi dello stesso art. 124 T.U.E.L. invocato dai ricorrenti, che, com’è noto, stabilisce che tutte le deliberazioni comunali e provinciali sono pubblicate all’albo pretorio dell’ente interessato, “salvo specifiche disposizioni di legge”.

Nondimeno occorre interrogarsi se la clausola di salvezza di cui all’art. 124 cit. comporti l’irrilevanza della pubblicazione all’albo pretorio eventualmente eseguita in concorso con quella disciplinata da altra norma di legge, oppure se, in presenza di una – non vietata – doppia pubblicazione in forme legali, il termine per impugnare non debba sempre farsi decorrere dalla seconda, la quale, diversamente, non svolgerebbe di fatto alcun ruolo.

A ben vedere, i precedenti richiamati dal Comune (T.A.R. Toscana, sez. I, 5 dicembre 2013, n. 1661, e, sia pure in sede consultiva, Cons. Stato, sez. I, 4 maggio 2017, n. 1030) riguardano casi nei quali la pubblicazione all’albo pretorio aveva preceduto quella sul B.U.R.T., ed hanno escluso che la pubblicazione preventivamente eseguita ai sensi dell’art. 124 T.U.E.L. comportasse l’anticipato decorso del termine per impugnare.

Diverso è invece il caso in cui la pubblicazione all’albo pretorio – pur se, in ipotesi, non obbligatoria – sia comunque eseguita e successivamente a quella sul B.U.R.T., in virtù di una scelta dell’amministrazione procedente volta a garantire la massima conoscenza e conoscibilità del provvedimento approvato: in tale eventualità, ritenere che la pubblicazione all’albo pretorio non valga a riaprire il termine per l’impugnazione sembra, lo si ripete, privare di ogni utilità la seconda pubblicazione, che pure è frutto di un’iniziativa dell’ente interessato, coperta dalla legge e rispondente a esigenze meritevoli della più ampia garanzia.

Il tema non richiede, peraltro, ulteriori approfondimenti, giacchè il ricorso è infondato nel merito.

3. Con il primo motivo di gravame, i ricorrenti lamentano che la passerella di cui al progetto approvato con la variante impugnata verrebbe a trovarsi a distanza inferiore a dieci metri dal terrazzo della loro abitazione, in violazione dell’art. 9 d.m. 2 aprile 1968, n. 1444. Il manufatto violerebbe, inoltre, i più elementari profili di riservatezza, sicurezza, salute, igiene e proprietà, né il Comune avrebbe valutato la possibilità di adottare gli accorgimenti necessari per salvaguardare le abitazioni private ubicate nelle vicinanze.

Ancora, i ricorrenti si dolgono di non essere stati coinvolti nel procedimento espropriativo, pur risultando immediatamente pregiudicati dalla realizzazione dell’opera e spogliati di fondamentali prerogative inerenti il loro diritto di proprietà.

3.1. Le doglianze non meritano accoglimento.

La giurisprudenza ha da tempo chiarito che la prescrizione dettata dall’art. 9 del d.m. n. 1444/1968 in tema di distanze minime tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti non è volta a tutelare il diritto alla riservatezza o alla conservazione della prospettiva da parte dei proprietari frontisti, ma l’interesse alla salubrità dei fabbricati, evitando la formazione di intercapedini pericolose dal punto di vista igienico-sanitario (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 844; id., 9 ottobre 2012, n. 5253).

Tanto premesso, le planimetrie e il materiale grafico e fotografico prodotto da entrambe parti mostrano, innanzitutto, come la passerella in progetto verrà interamente a trovarsi a una quota superiore a quella del colmo del tetto dell’abitazione di proprietà dei ricorrenti, dovendosi pertanto escludere che le due costruzioni siano tra loro frontistanti nel senso disciplinato dall’art. 9 d.m. n. 1444/1968 cit. (il colmo del tetto dell’abitazione si trova a un’altezza di poco più di sette metri, mentre la passerella, nella sua parte più bassa, raggiunge i dodici metri da terra). Manca dunque, in fatto, il presupposto applicativo della disposizione asseritamente violata, atteso che, anche immaginando di proiettare in avanti la parete della casa dei ricorrenti, questa non incontrerebbe mai, e in nessuna sua parte, la passerella (e viceversa).

Si aggiunga che il regolamento edilizio del Comune di Peccioli (Regolamento Edilizio Unitario dei Comuni di Chianni, Laiatico e Peccioli) stabilisce, all’art. 21, che il rispetto della distanza di dieci metri tra pareti finestrate non si applica, fra l’altro, alla “rete dei percorsi pedonali e ciclabili (ad esempio sovrappassi e relative rampe, percorsi sopraelevati)”.

Quanto alla pretesa violazione della riservatezza dei ricorrenti, il Comune ha dimostrato di aver apportato all’opera – in sede di approvazione del progetto esecutivo – un’aggiunta consistente nella realizzazione di un rivestimento a fasce elicoidali che impedirà agli utenti della passerella la vista e l’affaccio verso l’esterno. Risultano altresì stanziate le somme necessarie.

Parimenti infondata è la pretesa dei ricorrenti di partecipare a un procedimento espropriativo che, nei loro confronti, non è mai stato attivato dal Comune.

La lamentata compressione di fondamentali prerogative dominicali potrebbe del resto trovare tutela, sussistendone le condizioni, nell’indennità stabilita dall’art. 44 del d.P.R. 8 giugno 2011, n. 327 (e, prima, dall’art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359), a favore del proprietario che, dall’esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità, subisca l’imposizione di una servitù o una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del suo diritto. L’indennità postula che il proprietario abbia dunque conservato la titolarità dell’immobile subendo un’espropriazione “larvata” o indiretta, la quale beninteso non comporta l’illegittimità dell’opera.

Se i ricorrenti versino nella posizione di far valere la spettanza dell’indennità predetta è però questione che esula dall’oggetto del presente giudizio e dalla stessa cognizione del giudice amministrativo.

4. Con il secondo motivo, i signori Rossi e Salvini denunciano l’irragionevolezza dell’intervento progettato dal Comune, che avrebbe la funzione di collegare il parcheggio del centro storico cittadino con una zona periferica poco frequentata a costi elevatissimi in termini economici e di impatto paesaggistico, oltre che con pregiudizio dei proprietari incisi dalla realizzazione della passerella. La scelta, priva di logica e di proporzionalità, avrebbe oltretutto trascurato le molteplici e meno impattanti soluzioni alternative emerse dalle osservazioni procedimentali, per addivenire all’approvazione di un progetto che parrebbe volto unicamente a soddisfare gli ambiziosi programmi dell’amministrazione comunale, senza curarsi delle conseguenze.

Con il terzo motivo, sono ulteriormente contestati gli effetti paesaggisticamente impattanti dell’opera, incorsa nel parere negativo della competente Soprintendenza, che il Comune avrebbe tuttavia ignorato, confermando di voler perseguire la realizzazione del progetto non per obiettive ragioni di utilità collettiva, ma per proprie ingiustificate e insostenibili ambizioni. Un diverso e corretto operato della amministrazione comunale avrebbe dovuto imporre una specifica e dettagliata risposta in relazione al parere negativo espresso dalla Soprintendenza, dando evidenza agli aspetti e profili idonei a superare nel merito le riserve espresse sul punto dall’organo di controllo; al contrario, il Comune si sarebbe limitato a contestare sul piano formale che la Soprintendenza avesse titolo a pronunciarsi.

Il quarto motivo investe la non rispondenza del progetto alle esigenze urbanistiche prospettate dal Comune. Il parere negativo della Soprintendenza avrebbe potuto e dovuto incidere sulla valutazione ambientale strategica dell’opera, ai sensi dell’art. 22 della legge regionale toscana n. 10/2010, che imporrebbe di tenere conto del contributo di tutti i soggetti istituzionali muniti di competenze in materia ambientale. Ulteriori profili di illegittimità riguarderebbero, infine, le controdeduzioni comunali alle osservazioni critiche ricevute nel corso del procedimento di approvazione della variante circa il contrasto di quest’ultima con il PIT.

4.1. Le censure, connesse, saranno esaminate congiuntamente.

4.1.1. Dalla relazione alla variante, in atti, si desume che la costruzione della passerella risponde all’intento dell’amministrazione di valorizzare il centro storico cittadino, migliorandone l’accessibilità pedonale anche da parte dei portatori di handicap e favorendo il minor utilizzo delle autovetture private. La riqualificazione coinvolgerebbe peraltro anche i tessuti periferici di più recente formazione, oggi esclusi dalla fruizione del centro storico.

Nell’allegato A alla delibera di adozione della variante (valutazione dei contributi pervenuti) il Comune precisa che il ruolo dell’opera è quello di creare un legame fisico tra due ambiti urbani del capoluogo densamente popolati e di rendere più agevole la fruizione del centro storico e del servizi che esso offre da parte dei cittadini che abitano in contesto periferico (nell’area più prossima al primo sistema di ascensori gravitano circa 280 famiglie), evitando il percorso attuale estremamente frammentato e ricco di attraversamenti di viabilità carrabile, tale da rendere di fatto indispensabile l’uso dell’automobile. L’obiettivo di lungo termine sarebbe di favorire l’insediamento residenziale e la crescita delle attività commerciali e dei servizi in generale.

Le soluzioni alternative proposte da alcuni cittadini, prosegue il Comune, si basano sul principio dell’adeguamento dell’esistente, lasciando immutata la frammentarietà dei percorsi attuali e generando un sistema di rampe che andrebbe a sovrapporsi alle aperture esistenti degli immobili lungo la strada.

Alle successive osservazioni alla variante adottata, l’amministrazione resistente ha ribadito i propri precedenti rilievi. In particolare, le osservazioni degli odierni ricorrenti sono state respinte sul presupposto che la realizzazione dell’opera non modificherà l’attuale assetto e le modalità di utilizzo della corte interna di pertinenza dell’abitazione di proprietà Rossi/Salvini e ribadito la necessità assoluta di fare luogo a un nuovo legame funzionale, soprattutto pedonale, tra il centro storico e la parte periferica della città sviluppatasi verso occidente, per favorire l’integrazione tra aree diverse e rappresentare, al contempo, “il segno architettonico di riferimento per interventi futuri che si possono auspicare all’interno dei tessuti urbani verso valle”, con benefici “sicuramente superiori al parametro economico che, per il tipo di opera, deve essere riferito alla molteplicità di valenze che vengono messe in atto”. Per quanto riguarda le possibili alternative all’opera, di nuovo il Comune ha mostrato di ritenere che queste avrebbero lasciato immutata la frammentarietà dei percorsi in atto, imponendo inoltre una serie di interventi che avrebbero compromesso gli attuali accessi agli edifici esistenti.

Le puntuali controdeduzioni dell’amministrazione non sono scalfite dalle generiche allegazioni dei ricorrenti, i quali non confutano in alcun modo i dati forniti dal Comune in ordine al numero di cittadini potenzialmente interessati e beneficiati dalla realizzazione del collegamento pedonale, né smentiscono gli inconvenienti collegati alle soluzioni alternative rifiutate dall’amministrazione; di modo che, per questo aspetto, l’impugnativa non è idonea a evidenziare profili di manifesta irragionevolezza o illogicità delle valutazioni discrezionali operate dal Comune, ma si traduce nell’inammissibile richiesta di un sindacato attraverso il quale sostituire la scelta di merito – legittima, ancorché opinabile – sottesa all’approvazione della variante con una scelta differente e altrettanto opinabile, in violazione della sfera riservata dell’azione amministrativa.

4.1.2. Il Comune di Peccioli ha trasmesso a tutte le autorità competenti in materia ambientale, ivi compresa la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle province di Pisa e Livorno, il documento preliminare di V.A.S., sollecitando l’invio dei contributi di competenza entro il termine del 20 febbraio 2017, il tutto ai sensi dell’art. 22 della legge regionale n. 10/2010, che disciplina la procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica di piani a programmi.

Il terzo comma dell’art. 22 cit. stabilisce che “L’autorità competente, entro dieci giorni dal ricevimento del documento preliminare, inizia le consultazioni, trasmettendolo ai soggetti competenti in materia ambientale al fine di acquisirne il parere entro trenta giorni dall’invio”. La Soprintendenza, di contro, ha espresso il proprio parere solo in data 10 marzo 2017, quando era oramai decorso il termine di legge e quando l’esclusione dalla V.A.S. era stata già deliberata (il verbale del Nucleo di valutazione e verifica dell’Unione Parco Altavaldera è del 24 febbraio 2017).

Il parere della Soprintendenza risulta oltretutto adottato ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, che presuppone l’esistenza di un vincolo paesaggistico-ambientale in realtà indimostrata: versandosi al di fuori del procedimento per il rilascio di una (non necessaria) autorizzazione paesaggistica, deve tuttavia escludersi che l’autoqualificazione attribuita dalla Soprintendenza al proprio atto ne abbia modificato la sostanza, e, di conseguenza, che il Comune fosse tenuto ad adeguarvisi.

Riportando, dunque, l’intervento della Soprintendenza nel corretto alveo del procedimento di screening delineato dall’art. 22 l.r. n. 10/2010, va ricordato che la norma prevede al comma quarto che l’autorità competente emette il provvedimento di verifica “tenuto conto dei contributi pervenuti”: vale a dire che legittimamente l’autorità competente si pronuncia senza attendere i contributi tardivi e che, in ogni caso, ai contributi non può annettersi natura vincolante.

Se pertanto, sul piano procedimentale, il parere negativo della Soprintendenza è tamquam non esset, ad esso non può attribuirsi altro ruolo, nella fattispecie, se non quello di parametro estrinseco di attendibilità della valutazione comunale secondo cui la passerella è compatibile con il contesto storico, architettonico e paesaggistico. Ma anche se letto in questa ottica il parere non presenta spunti di particolare interesse, giacché si limita a rilevare l’eccessivo impatto dell’opera rispetto al contesto (l’opera altererebbe “fortemente la percezione visiva da e verso il borgo”), senza ulteriori precisazioni che chiariscano – in assenza, lo di ripete, di un vincolo – quali sarebbero i valori oggettivamente compromessi, ad esempio con riferimento alle prescrizioni dettate dal P.I.T. o da altri atti di pianificazione territoriale, e comunque in relazione alle obiettive caratteristiche dei luoghi; e, soprattutto, non contiene elementi dai quali desumere che tali valori sarebbero irrinunciabili e dovrebbero necessariamente farsi prevalere, a pena di irragionevolezza, sugli altri interessi collettivi che la variante tende a soddisfare.

Le controdeduzioni del Comune ai contributi esterni evidenziano proprio la connotazione in qualche misura stereotipata del parere della Soprintendenza, osservando come nella medesima area collinare l’esistenza di valori paesaggistici da salvaguardare non abbia impedito la realizzazione di altri interventi non privi di incidenza su quegli stessi valori.

D’altro canto, nella parte in cui negano l’impatto visivo dell’opera, le controdeduzioni comunali non formano oggetto di critiche specifiche da parte dei ricorrenti, se non per il tautologico richiamo al parere della Soprintendenza. Così come, in ricorso, non sono dedotti gli specifici profili di contrasto della variante con il P.I.T., del quale la relazione alla variante valorizza le disposizioni che favoriscono lo sviluppo delle reti di mobilità dolce, di sistemi integrati di mobilità delle persone, dei percorsi pedonali e dell’accessibilità pedonale ai centri storici.

Ne risulta, di nuovo, il tentativo di contrapporre al giudizio del Comune un giudizio diverso, senza che del primo possa affermarsi l’illegittimità per errata applicazione dei criteri tecnico-discrezionali che debbono presiedere alla valutazione dell’incidenza ambientale dell’opera, quanto in virtù di valutazioni estetiche per un verso, e di merito amministrativo per l’altro, che, rimanendo nell’ambito dell’opinabilità e della soggettività, non possono essere sindacate dal giudice.

5. In forza di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso non può trovare accoglimento.

5.1. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:

Manfredo Atzeni, Presidente
Gianluca Bellucci, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Pierpaolo Grauso
        
IL PRESIDENTE
Manfredo Atzeni
        
        

IL SEGRETARIO

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