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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Cave e miniere, Rifiuti Numero: 1252 | Data di udienza: 13 Giugno 2018

* CAVE E MINIERE – RIFIUTI – Regione Campania – Impianti di trattamento di materiali inerti da demolizione – Localizzazione entro i perimetri di cava – Possibilità – Ratio.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Campania
Città: Salerno
Data di pubblicazione: 6 Settembre 2018
Numero: 1252
Data di udienza: 13 Giugno 2018
Presidente: Abbruzzese
Estensore: Di Popolo


Premassima

* CAVE E MINIERE – RIFIUTI – Regione Campania – Impianti di trattamento di materiali inerti da demolizione – Localizzazione entro i perimetri di cava – Possibilità – Ratio.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 2^ – 6 settembre 2018, n. 1252


CAVE E MINIERE – RIFIUTI – Regione Campania – Impianti di trattamento di materiali inerti da demolizione – Localizzazione entro i perimetri di cava – Possibilità – Ratio.

Nella Regione Campania, nessuna disposizione primaria, regolamentare o pianificatoria vieta la localizzazione degli impianti di trattamento di materiali inerti da demolizione entro i perimetri di cava. L’art. 61, comma 4, delle n.a. del p.r.a.e. Campania vieta, infatti, unicamente la ben distinta fattispecie della realizzazione di discariche in cava. Viceversa, il paragrafo 5.6.1 del p.r.g.r.s. promuove espressamente il recupero dei materiali di demolizione prevedendo di incentivare gli “impianti di lavorazione di materiali inerti da riciclaggio, anche negli ambiti estrattivi, a vantaggio di una minor cavazione”. Sul piano sia logico sia sistematico-teleologico, è innegabile la stretta affinità ‘naturalistica’ tra l’oggetto del riciclaggio dei rifiuti da costruzioni e demolizioni e quello della produzione in cava, così come la stretta continuità e specularità funzionale tra attività (industriale) di recupero di inerti ed attività (parimenti industriale) estrattiva; nel senso che, quanto più efficace è la prima, tanto meno esorbitante è il consumo del suolo determinato dalla seconda; e con la conseguenza che la sede elettiva dell’una risulta essere tale anche per l’altra.

Pres. Abbruzzese, Est. Di Popolo – M. s.r.l- (avv. Fenucciu) c. Regione Campania (avv. Marzocchella) e Provincia di Salerno (avv. Tosini)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 2^ - 6 settembre 2018, n. 1252

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 2^ – 6 settembre 2018, n. 1252

Pubblicato il 06/09/2018

N. 01252/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00655/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 655 del 2017, proposto da
Ma.Ce. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Demetrio Fenucciu, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via G. F. Memoli, 12;

contro

Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Angelo Marzocchella, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Abella Salernitana 3;
Provincia di Salerno, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’Marina Tosini, domiciliataria presso l’Avvocatura provinciale, in Salerno, largo dei Pioppi;

per l’annullamento

del decreto dirigenziale del Dipartimento della Salute e delle Risorse Naturali – Direzione Generale per l’Ambiente e l’Ecosistema – UOD Valutazioni ambientali della Regione Campania n. 78 del 7 aprile 2017: diniego di assoggettabilità a VIA in relazione all’“attività esistente di recupero di rifiuti inerti in località Buccoli nel Comune di Battipaglia”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e della Provincia di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
 

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 giugno 2018 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe, la MA.CE s.r.l. (ora, a seguito di fusione per incorporazione, IN.CA s.p.a.) impugnava, chiedendone, l’annullamento: – il decreto dirigenziale del Dipartimento della Salute e delle Risorse Naturali – Direzione Generale per l’Ambiente e l’Ecosistema – UOD Valutazioni ambientali della Regione Campania n. 78 del 7 aprile 2017, comunicato con nota del 18 aprile 2017, prot. n. 282531, recante declaratoria di improcedibilità dell’istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (VIA) relativa all’“attività esistente di recupero di rifiuti inerti in località Buccoli nel Comune di Battipaglia” (preannunciata con nota del 14 luglio 2016, prot. n. 291461); – la nota del Dipartimento delle Politiche Territoriali – Direzione Generale per i Lavori Pubblici e la Protezione Civile – UOD Gestione tecnico-amministrativa delle cave, miniere, torbiere e geotermia della Regione Campania prot. n. 291461 del 28 aprile 2016; – la nota del Dipartimento della Salute e delle Risorse Naturali – Direzione Generale per l’Ambiente e l’Ecosistema – UOD Valutazioni ambientali della Regione Campania prot. n. 217888 del 24 marzo 2017, recante la reiezione delle deduzioni rassegnate dall’interessata ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990.

2. Con l’impugnato decreto dirigenziale n. 78 del 7 aprile 2017 l’amministrazione regionale aveva arrestato il procedimento di VIA promosso dalla MA.CE. (ora IN.CA) nell’ambito del procedimento di autorizzazione unica ambientale (AUA) instaurato in relazione all’impianto di recupero di materiali inerti da demolizione dalla stessa gestito presso la cava in propria titolarità, sita in Battipaglia, località Buccoli, precipuamente sulla scorta dei rilievi formulati dal Dipartimento delle Politiche Territoriali – Direzione Generale per i Lavori Pubblici e la Protezione Civile – UOD Gestione tecnico-amministrativa delle cave, miniere, torbiere e geotermia della Regione Campania nella nota del 28 aprile 2016, prot. n. 291461, recepiti dalla Commissione VIA-VAS-VI nella seduta del 28 giugno 2016.

2.1. In dettaglio, nella citata nota del 28 aprile 2016, prot. n. 291461, l’Ufficio regionale aveva osservato che: «all’interno del perimetro di cava è consentita la presenza soltanto di impianti ed immobili che siano funzionalmente connessi all’attività estrattiva della cava stessa, in quanto strutture individuabili come pertinenze di cava ai sensi della vigente normativa di settore. Quanto sopra deriva dalle disposizioni normative attualmente vigenti in materia di attività estrattiva rappresentate dalla … l. r. 13 dicembre 1985, n. 54, modificata ed integrata dalla l. r. 13 aprile 1995, n. 17, nonché dalle norme nazionali (r.d. 29 luglio 1927, n. 1443; d.p.r. n. 128/1959; d.lgs. n. 624/1996), ma è stato anche ampiamente precisato dallo scrivente Ufficio … con direttiva prot. n. 40166 del 16 gennaio 2009, ove al punto E.2, ‘Pertinenze e riuso dei siti di cava’, è chiarito cosa si debba intendere per pertinenze di cava … In particolare, al punto E.2 della direttiva prot. n. 40166 del 16 gennaio 2009 è chiarito che “per pertinenza di cava, ai sensi della normativa vigente … tra gli impianti che ricadono nel perimetro dell’area autorizzata ai fini di cava sono da annoverarsi gli impianti ed i lavori ad essi connessi di frantumazione, vagliatura e squadratura dei prodotti di cava, nonché le ulteriori strutture addette al caricamento di tali prodotti dai piazzali, i silos e gli eventuali impianti di lavaggio del materiale scavato”. Da quanto sopra è evidente che gli impianti di trattamento rifiuti, non essendo manufatti funzionalmente connessi all’attività estrattiva e, quindi, pertinenze di cava, potranno essere realizzati all’interno delle stesse soltanto a completamento del programma di ricomposizione ambientale e ad avvenuta dichiarazione di estinzione della cava ai sensi dell’art. 23 della l. r. n. 54/1985 s.m.i.».

2.2. A conferma di tale approdo, e in reiezione delle deduzioni rassegnate dall’interessata ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990, l’impugnato decreto dirigenziale n. 78 del 7 aprile 2017 aveva, altresì, rimarcato che:

«1) In primis per le motivazioni già esposte nella seduta del 28 aprile 2016 (ovvero: “ritiene il progetto improcedibile in quanto risultano mancanti i presupposti amministrativi necessari all’istruttoria del progetto secondo quanto precisato dalla UOD Gestione tecnico-amministrativa delle cave, miniere, torbiere e geotermia con la nota prot. n. 291461 del 28 aprile 2016”) che, ad oggi, non sono state superate da direttive diverse da quelle contenute nella nota prot. n. 291461 del 28 aprile 2016; 2) per la parte nella quale la ditta contesta la circostanza rilevata dalla scrivente UOD della mancanza del presupposto amministrativo della procedibilità (art. 2 della l. n. 241/90), elemento principe al fine dell’espletamento della procedura di VIA, il contenuto delle osservazioni è basato su fatti puramente descrittivi senza il sostegno di atti concreti o normativi; difatti, la ‘prassi diffusa in Campania’ ed anche la ‘concreta realtà presente nei siti estrattivi’ – con riferimento alla presenza di impianti di recupero rifiuti inerti in area di cava – non rappresentano disposizioni normative; 3) con riferimento alla presenza di autorizzazioni emesse da altre autorità competenti, si ricorda che tali pareri, acquisiti dalla ditta, si riferiscono all’attività di cava e non all’impianto di recupero dei rifiuti; 4) nelle medesime osservazioni l’attività estrattiva viene considerata attività industriale. Tale circostanza sarebbe confermata da una serie di sentenze del TAR e del Consiglio di Stato, che la ditta ha ritenuto utile comunicare, sia alla UOD Valutazioni ambientali che alla Direzione Generale per i Lavori Pubblici e la Protezione Civile, con la nota prot. 637997 del 30 settembre 2016 di integrazione alle osservazioni rese con la nota prot. 523190 del 29 luglio 2016. L’attività estrattiva è certamente catalogabile come attività industriale nel senso che non è certamente un’attività agricola ma la sua presenza su un’area classificata urbanisticamente come agricola … viene consentita sia dalla l. r. n. 54/1985 s.m.i. sia dalle norme di attuazione del piano regionale delle attività estrattive che ne costituisce strumento di pianificazione e regolamento tecnico amministrativo di attuazione. In questo caso non è necessario effettuare variante urbanistica al piano regolatore né per l’attività estrattiva in senso stretto né per gli impianti e le strutture presenti all’interno del perimetro di cava purché gli stessi siano funzionalmente connessi alle attività della stessa (impianti di frantumazione, di vagliatura); ciò per effetto del combinato disposto di cui ai citati articoli 5, comma 3, e 19, comma 2, della l. r. n. 54/1985 s.m.i. Un impianto industriale in senso stretto così come un impianto di recupero di rifiuti inerti non costituendo pertinenza di cava svolgerebbero attività industriale in violazione delle norme urbanistiche, risultando ubicate in zona agricola. Ancor più, nel caso delle cave dichiarate abusive, per effetto del combinato disposto di cui al comma 1 dell’art. 28 della l. r. n. 54/1985 s.m.i. e dell’art. 33 delle norme di attuazione del piano regionale delle attività estrattive, le destinazioni di riuso ammissibili sono soltanto quelle di tipo naturalistico, paesaggistico e agroforestale. Da ciò deriva che in cave abusive non possono essere consentiti impianti industriali non pertinenza di cava (fattispecie questa che, diversamente, risulta verificata per alcuni siti); 5) le osservazioni rese dalla ditta si concludono con la considerazione che i prodotti provenienti da attività di demolizione non siano catalogabili come rifiuti. A tal proposito si ricordano due sentenze della Corte di Cassazione dell’anno 2013 – sentenza n. 16186 del 6 marzo 2013 e sentenza n. 19942 del 9 maggio 2013 – nelle quali si riferisce che “… gli inerti provenienti da demolizioni e costruzioni non sono assimilabili alle terre e rocce da scavo (erano previsti come rifiuti speciali già dall’art. 7, comma 3, lett. b, del decreto Ronchi) …” anche se non pericolosi».

2.3. In estrema sintesi, ad avviso dell’amministrazione regionale, l’impianto di recupero di materiali inerti da demolizione gestito dalla IN.CA, siccome adibito ad attività industriale, era da reputarsi in radice precluso dal conseguire una VIA favorevole. Ciò, in quanto esso non era qualificabile come ‘pertinenza di cava’, cosicché non poteva beneficiare del regime derogatorio contenuto nelle norme di attuazione del piano regionale delle attività estrattive della Campania (in appresso n.a. del p.r.a.e. Campania), che consentono la localizzazione in zona agricola delle sole attività industriali estrattive.

3. Nell’avversare siffatta determinazione, la ricorrente, lamentava che: a) l’organo regionale promanante (Dipartimento della Salute e delle Risorse Naturali – Direzione Generale per l’Ambiente e l’Ecosistema – UOD Valutazioni ambientali della Regione Campania) sarebbe stato incompetente a pronunciarsi sui ravvisati profili di incompatibilità urbanistico-edilizia; b) come dal medesimo riconosciuto nella nota del 30 settembre 2016, prot. n. 63199, funzionalmente estraneo al procedimento de quo sarebbe, inoltre, il Dipartimento delle Politiche Territoriali – Direzione Generale per i Lavori Pubblici e la Protezione Civile – UOD Gestione tecnico-amministrativa delle cave, miniere, torbiere e geotermia della Regione Campania (le cui osservazioni, formulate nella nota del 28 aprile 2016, prot. n. 291461, pure sarebbero state poste a fondamento dell’adottato provvedimento declinatorio); c) la compatibilità dell’impianto di recupero di materiali inerti da demolizione con l’attività estrattiva di cava e con la relativa localizzazione in zona agricola sarebbe suffragata sia dal decreto dirigenziale dell’Area Generale di Coordinamento Ecologia, Tutela dell’Ambiente, Disinquinamento, Protezione Civile della Regione Campania n. 120 del 19 ottobre 2004, recante l’autorizzazione alle immissioni in atmosfera da parte dell’impianto anzidetto, sia dalla nota del Dipartimento delle Politiche Territoriali – Direzione Generale per i Lavori Pubblici e la Protezione Civile – UOD Genio Civile di Salerno prot. n. 243536 dell’8 aprile 2016; d) essa troverebbe, altresì, appiglio normativo nella disciplina contenuta sia nel p.r.a.e. Campania sia nel piano regionale di gestione dei rifiuti speciali in Campania (in appresso, p.r.g.r.s. Campania), teleologica giustificazione nel favor espresso da tali strumenti pianificatori per il recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione e per la riduzione del consumo del suolo provocato delle attività estrattive, nonché logica giustificazione nella natura industriale delle cave, al pari di quella propria dell’impianto gestito dalla IN.CA; e) in disparità di trattamento, altri impianti di recupero di materiali inerti da demolizione in perimetro di cava, operanti sul territorio provinciale di Salerno, sarebbero stati esclusi dalla VIA addirittura per mancanza di effetti significativi sull’ambiente; f) a dispetto da quanto ritenuto dall’amministrazione regionale, la cava gestita dalla IN.CA non sarebbe abusiva.

4. L’intimata Regione Campania si costituiva in giudizio per resistere al ricorso, depositando la relazione di controdeduzioni prot. n. 402201 dell’8 giugno 2017, a cura della Direzione Generale per l’Ambiente e l’Ecosistema – UOD Valutazioni ambientali.

Costituitasi, altresì, la Provincia di Salerno, eccepiva l’improcedibilità e l’infondatezza del gravame esperito ex adverso.

5. All’udienza pubblica del 13 giugno 2018, la causa era trattenuta in decisione.

6. Venendo ora a scrutinare il ricorso, in rito, va disattesa l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla resistente amministrazione provinciale, essendo evidente la persistenza, in capo all’incorporante IN.CA, dell’interesse pretensivo alla VIA favorevole e, quindi, al mantenimento dell’impianto di recupero di materiali inerti da demolizione acquisito nel complesso aziendale della incorporata MA.CE.

7. Nel merito, deve, innanzitutto, ripudiarsi la censura di incompetenza rassegnata da parte ricorrente (cfr. retro, sub n. 3, lett. a).

Ed invero, pur essendo distinte le forme di tutela apprestate dall’ordinamento (in primis, tramite prescrizione di appositi titoli abilitativi) e pur essendo, quindi, distinte le competenze attribuite agli organi preposti al rispettivo esercizio, unico è il bene nella specie protetto, e cioè il territorio, riguardato dalle sue varie angolazioni (urbanistica, paesaggistica, ambientale); con la conseguenza che i singoli valori salvaguardati finiscono inevitabilmente per intrecciarsi tra loro e per condizionare il sindacato delle rispettive autorità tutorie.

Nel caso in esame, la verifica di assoggettabilità a VIA non avrebbe potuto, appunto, rimanere avulsa dal profilo urbanistico valorizzato dal provvedimento impugnato, inscindibilmente connesso e, anzi, logicamente pregiudiziale rispetto a quello ambientale, non essendo, cioè, in radice predicabile la compatibilità ambientale per un’attività industriale, come tale potenzialmente inquinante, non consentita – almeno a detta dell’amministrazione regionale resistente – nell’area di relativa ubicazione.

8. Fondati, invece, per le ragioni illustrate in appresso, si rivelano gli ordini di doglianze riportati retro, sub n. 3, lett. d ed e, essenzialmente incentrati sull’assunto di insediabilità degli impianti di trattamento di materiali inerti da demolizione entro i perimetri di cava.

8.1. In argomento, occorre rimarcare, già sul piano normativo letterale, che nessuna disposizione primaria, regolamentare o pianificatoria vieta la localizzazione degli impianti anzidetti entro i perimetri di cava.

L’art. 61, comma 4, delle n.a. del p.r.a.e. Campania vieta, infatti, unicamente la ben distinta fattispecie della realizzazione di discariche in cava.

Viceversa, il paragrafo 5.6.1 del p.r.g.r.s. Campania promuove espressamente il recupero dei materiali di demolizione prevedendo di incentivare gli “impianti di lavorazione di materiali inerti da riciclaggio, anche negli ambiti estrattivi, a vantaggio di una minor cavazione” (cfr., in senso analogo, paragrafi 16.2 del p.r.g.r.s. Puglia e 15.5.5. del p.r.g.r.s. Sardegna).

8.2. Sul piano sia logico sia sistematico-teleologico, è, poi, innegabile la stretta affinità ‘naturalistica’ tra l’oggetto del riciclaggio dei rifiuti da costruzioni e demolizioni e quello della produzione in cava, così come la stretta continuità e specularità funzionale tra attività (industriale) di recupero di inerti ed attività (parimenti industriale) estrattiva; nel senso che, quanto più efficace è la prima, tanto meno esorbitante è il consumo del suolo determinato dalla seconda; e con la conseguenza che la sede elettiva dell’una risulta essere tale anche per l’altra.

8.3. In questa linea di tendenza si collocano anche i provvedimenti richiamati da parte ricorrente (cfr. decreti dirigenziali del Dipartimento della Salute e delle Risorse Naturali – Direzione Generale per l’Ambiente e l’Ecosistema – UOD Valutazioni ambientali della Regione Campania n. 101 del 22 giugno 2015 e n. 97 del 25 febbraio 2016), i quali, in disparità di trattamento rispetto a quello qui impugnato, sottendono la compatibilità ambientale delle attività di recupero di materiali inerti in cave localizzate in zone agricole.

9. L’impugnato decreto dirigenziale n. 78 del 7 aprile 2017, per il suo tenore ellittico e generico sul punto, nonché in mancanza di documentate controdeduzioni da parte dell’amministrazione regionale, neppure resiste, infine, al profilo di censura col quale la IN.CA, nell’allegare che nel p.r.a.e. Campania la cava de qua figura censita come attiva (cod. 65114), contesta la solo adombrata abusività di quest’ultima (cfr. retro, sub n. 3, lett. f).

10. In conclusione, stante la ravvisata fondatezza dei motivi di gravame dianzi scrutinati retro sub n. 8, nonché rimanendo assorbito quello riportato retro, sub n. 3, lett. b e c, il ricorso in epigrafe va accolto, con conseguente annullamento degli atti con esso impugnati.

11. Quanto alle spese di lite, sussistono giusti motivi per disporne l’integrale compensazione tra le parti, considerata la peculiarità delle questioni dedotte.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti con esso impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente
Paolo Severini, Consigliere
Olindo Di Popolo, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Olindo Di Popolo
        
IL PRESIDENTE
Maria Abbruzzese
        
        
IL SEGRETARIO
 

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