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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 40250 | Data di udienza: 18 Luglio 2018

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi in zona sismica – Sequestro delle opere abusive – Potenziali rischi per l’incolumità fisica dei terzi – Fattispecie: Bar, ampliamento l’attività commerciale costruendo in adiacenza un manufatto, in assenza di qualsiasi progettazione e titolo abilitativo – Artt.3, 6, 44, 71, 72 e 95 d.P.R. 380/01.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Settembre 2018
Numero: 40250
Data di udienza: 18 Luglio 2018
Presidente: SARNO
Estensore: MACRI'


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi in zona sismica – Sequestro delle opere abusive – Potenziali rischi per l’incolumità fisica dei terzi – Fattispecie: Bar, ampliamento l’attività commerciale costruendo in adiacenza un manufatto, in assenza di qualsiasi progettazione e titolo abilitativo – Artt.3, 6, 44, 71, 72 e 95 d.P.R. 380/01.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 10/09/2018 (Ud. 18/07/2018), Sentenza n.40250
 
 
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi in zona sismica – Sequestro delle opere abusive – Potenziali rischi per l’incolumità fisica dei terzi – Fattispecie: Bar, ampliamento l’attività commerciale costruendo in adiacenza un manufatto, in assenza di qualsiasi progettazione e titolo abilitativo – Artt.3, 6, 44, 71, 72 e 95 d.P.R. 380/01.
 
In tema di reati edilizi, il sequestro diventa necessario per prevenire l’aggravamento delle conseguenze lesive all’ambiente, al paesaggio circostante ed alla fruibilità della zona, cui si aggiungevano i potenziali rischi per l’incolumità fisica dei terzi per effetto della violazione della normativa antisismica.  Nella specie, il titolare di un esercizio commerciale aveva ampliato l’attività costruendo in adiacenza al complesso immobiliare preesistente il manufatto, in assenza di qualsiasi progettazione da parte del tecnico preposto ed in difetto di qualsiasi titolo abilitativo ai sensi degli art. 3 e 6 d.P.R. 380/01, per di più in zona sismica 2.

(dich. inammissibile il ricorso avverso ordinanza dela 15.3.2018 – TRIBUNALE DEL RIESAME DI CALTANISSETTA) Pres. SARNO, Rel. MACRI’, Ric. Liardo

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 10/09/2018 (Ud. 18/07/2018), Sentenza n.40250

SENTENZA

 

 
 
 
 
 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 10/09/2018 (Ud. 18/07/2018), Sentenza n.40250

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Liardo Valentina, nata a Gela,
 
avverso l’ordinanza in data 15.3.2018 del Tribunale del riesame di Caltanissetta;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal c::onsigliere Ubalda Macrì;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Ciro Angelillis, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
 
RITENUTO IN FATTO
 
1.Con ordinanza in data 15.3.2018 il Tribunale del riesame di Caltanissetta ha rigettato il ricorso di Liardo Valentina avente ad oggetto il riesame del decreto emesso dal Giudice per le indagini preliminari di Gela in data 20.2.2018 di sequestro preventivo di un manufatto di mq 45 realizzato in adiacenza al lato nord dell’attività commerciale denominata "Bar Tamigi" sita in Gela, in violazione degli art. 44, 71, 72 e 95 d.P.R. 380/01.
 
 
2. Con un unico motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., perché il Tribunale del riesame era stato superficiale e non aveva esaminato in modo completo gli atti e le deduzioni difensive. Precisa che al lato nord del locale adibito ad attività commerciale v’era una corte su cui, prima del manufatto, insisteva un gazebo con la stessa funzione privata che avrebbe dovuto avere la struttura oggetto di misura cautelare reale; che la struttura non ostacolava il traffico veicolare e la sua dimensione consentiva l’agevole passaggio dei pedoni; che l’area non era sismica perché ricadeva in zona territoriale omogenea B3 e rientrava nell’area di recupero del patrimonio edilizio esistente ai sensi dell’art. 27 L. n. 457/1978; che la motivazione sul periculum in mora era solo apparente.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
 
Al contrario di quanto lamentato dalla ricorrente, il Tribunale del riesame ha reso una motivazione adeguata sia in ordine al fumus che al periculum della cautela reale.
 
Ha infatti evidenziato che il sequestro preventivo era giustificato sulla base della comunicazione della notizia di reato del Comando della Polizia municipale di Gela con i relativi allegati. Dal sopralluogo in data 23.11.2017 presso l’esercizio commerciale Bar Tamigi era emerso che l’indagata aveva ampliato l’attività costruendo in adiacenza al complesso immobiliare preesistente il manufatto di cui al capo d’imputazione, in assenza di qualsiasi progettazione da parte del tecnico preposto ed in difetto di qualsiasi titolo abilitativo ai sensi degli art. 3 e 6 d.P.R. 380/01, per di più in zona sismica 2. La richiesta di SCIA era stata sospesa con provvedimento n. 196/17 in considerazione dell’incertezza della titolarità della corte su cui era stata realizzata l’opera e della destinazione d’uso a parcheggio della stessa. Irrilevanti erano stati il riferimento al piano urbanistico per negare la violazione della normativa sismica, siccome tale dato non era funzionale allo scopo, ed il riferimento alle esigenze lavorative e familiari perché inidonee ad elidere l’abusività del manufatto.
 
Quanto al periculum ha sottolineato che il sequestro era necessario per prevenire l’aggravamento delle conseguenze lesive all’ambiente, al paesaggio circostante ed alla fruibilità della zona, cui si aggiungevano i potenziali rischi per l’incolumità fisica dei terzi per effetto della violazione della normativa antisismica.
 
Il ricorso non si è confrontato criticamente con la suddetta motivazione e si è limitato a reiterare le generiche deduzioni già sottoposte all’attenzione dei Giudici della cautela.
 
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
P.Q.M.
 
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
 
Così deciso il 18 luglio 2018
 

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