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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale amministrativo Numero: 882 | Data di udienza: 5 Luglio 2018

PROCESSO AMMINISTRATIVO – Annullamento giurisdizionale per difetto di motivazione – Effetto conformativo – Integrità dell’ambito discrezionale affidato all’amministrazione – Nuovo esito negativo – Legittimità – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Tutela del paesaggio e dei beni culturali – Amministrazione competente alla gestione dei vincoli – Comparazione e bilanciamento dell’interesse paesaggistico con interessi da altra natura e spettanza – Non è dovuta.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 7 Settembre 2018
Numero: 882
Data di udienza: 5 Luglio 2018
Presidente: Mielli
Estensore: Mielli


Premassima

PROCESSO AMMINISTRATIVO – Annullamento giurisdizionale per difetto di motivazione – Effetto conformativo – Integrità dell’ambito discrezionale affidato all’amministrazione – Nuovo esito negativo – Legittimità – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Tutela del paesaggio e dei beni culturali – Amministrazione competente alla gestione dei vincoli – Comparazione e bilanciamento dell’interesse paesaggistico con interessi da altra natura e spettanza – Non è dovuta.



Massima

 

TAR VENETO, Sez. 2^ – 7 settembre 2018, n. 882


PROCESSO AMMINISTRATIVO – Annullamento giurisdizionale per difetto di motivazione – Effetto conformativo – Integrità dell’ambito discrezionale affidato all’amministrazione – Nuovo esito negativo – Legittimità.

L’annullamento giurisdizionale per difetto di motivazione produce un effetto conformativo che, determinando un vincolo di ampiezza limitata, lascia sostanzialmente integro l’ambito discrezionale affidato all’Amministrazione ai fini di un nuovo esercizio dell’attività valutativa che può avere nuovamente un esito negativo (ex pluribus cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 giugno 2018 n. 3664; Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 novembre 1995 n. 898).
 


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Tutela del paesaggio e dei beni culturali – Amministrazione competente alla gestione dei vincoli – Comparazione e bilanciamento dell’interesse paesaggistico con interessi da altra natura e spettanza – Non è dovuta.

In ragione dell’indeclinabilità della funzione pubblica di tutela del paesaggio e dei beni culturali per la particolare dignità data dall’essere iscritta dall’art.9 della Costituzione tra i principi fondamentali della Repubblica (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9; Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2378; id. 22 settembre 2014, n. 4775), l’Amministrazione competente alla gestione dei vincoli è chiamata ad esercitare valutazioni proprie della discrezionalità tecnica caratterizzata dal perseguimento di un unico interesse, e non può legittimamente svolgere quell’attività di comparazione e di bilanciamento dell’interesse affidato alla sua cura (la tutela del paesaggio e dei beni culturali) con interessi di altra natura e spettanza che è propria della discrezionalità amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652).


Pres. f.f. ed Est. Mielli – G. s.r.l. (avv. Bianchini) c. Ministero dei Beni e delle Attivita’ Culturali e del Turismo e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 2^ – 7 settembre 2018, n. 882

SENTENZA

 

TAR VENETO, Sez. 2^ – 7 settembre 2018, n. 882

Pubblicato il 07/09/2018

N. 00882/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01107/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1107 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Garage San Marco S.r.l., rappresentato e difeso dall’avvocato Alfredo Bianchini, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, Piazzale Roma 464;

contro

Ministero dei Beni e delle Attivita’ Culturali e del Turismo, Comitato Tecnico Scientifico per Le Belle Arti, Comitato Tecnico Scientifico per il Paesaggio, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, Segretariato Regionale Ministero Beni e Attivita’ Culturali e del Turismo per il Veneto, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, Soprintendenza Archeologica del Veneto, Commissione Reginale per il Patrimonio Culturale del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo-Veneto, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63;
Mibact – Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per Venezia e Laguna, Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Mibact – Veneto non costituitisi in giudizio;

nei confronti

Comune di Venezia, Veritas S.p.A. non costituiti in giudizio;

per l’ottemperanza o l’annullamento

A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

– per l’ottemperanza alla Sentenza del TAR Veneto, Seconda Sezione, n. 199/2017 pubblicata il 21 febbraio 2017;

– comunque per la declaratoria di nullità e/o annullamento del provvedimento prot. 10386 del 3 agosto 2017 della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna avente ad oggetto "Venezia – Santa Croce – Piazzale Roma. Acquedotto Sant’Andrea. Complesso tutelato ai sensi delle Parti II e III del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modifiche, con DDR 18 marzo 2008 e DM 1 agosto 1985. Ampliamento Garage San Marco. Rideterminazione parere in ottemperanza a sentenza TAR Veneto n. 199/2017";

– per l’annullamento della nota prot. 8955 del 5 luglio 2017 della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il C

omune di Venezia e Laguna di comunicazione di avvio del procedimento e comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, di tutti gli atti, provvedimenti, pareri precedenti e successivi a quelli sopradescritti e comunque ad essi connessi

B) per quanto riguarda i motivi aggiunti:

– per ottemperanza alla Sentenza del TAR Veneto, Seconda Sezione, n. 199/2017 pubblicata il 21 febbraio 2017 e comunque la declaratoria di nullità e/o di annullamento del parere espresso nel verbale della seduta congiunta n. 16 del 10 aprile 2017 dei Comitati Tecnici Scientifici e precisamente Comitato per le Belle Arti e Comitato per il Paesaggio, recepito nel provvedimento prot. 10386 del 3 agosto 2017 della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna avente ad oggetto “Venezia – Santa Croce – Piazzale Roma. Acquedotto Sant’Andrea. Complesso tutelato ai sensi delle Parti II e III del D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modifiche, con DDR 18 marzo 2008 e DM 1 agosto 1985. Ampliamento Garage San Marco. Rideterminazione parere in ottemperanza a sentenza TAR Veneto n. 199/2017” e nella nota prot. 8955 del 5 luglio 2017 della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna di comunicazione di avvio del procedimento e comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, nonché declaratoria di nullità e/o di annullamento, sotto diverso profilo, del provvedimento prot. 10386 del 3 agosto 2017 della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna e della nota prot. 8955 del 5 luglio 2017 della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni e delle Attivita’ Culturali e del Turismo, del Comitato Tecnico Scientifico per le Belle Arti e di Comitato Tecnico Scientifico per il Paesaggio e di Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, del Segretariato Regionale Ministero Beni e Attivita’ Culturali e del Turismo per il Veneto e di Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna e di Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna e di Soprintendenza Archeologica del Veneto e della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Ministro dei Beni e delle Attivitaà Culturali e del Turismo-Veneto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 luglio 2018 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La Società ricorrente gestisce il garage per auto “San Marco” sito in Piazzale Roma a Venezia ed ha presentato un progetto per l’ampliamento dell’edificio comportante la realizzazione di 500 nuovi posti auto, parte dei quali da assegnare alle esigenze di Veritas Spa (Società multiutility a capitale pubblico) e della c.d. Cittadella della Giustizia in corso di realizzazione nelle vicinanze.

Al fine di realizzare il progetto la Società ha chiesto un’autorizzazione alla Soprintendenza perché l’area sulla quale deve essere realizzato l’ampliamento è sottoposta ad un vincolo paesaggistico ai sensi del DM 1 agosto 1985 e ad un vincolo culturale imposto con DDR 18.03.2008, avente ad oggetto una torre piezometrica ed una struttura denominata “Cisternone”, in quanto parti del contesto architettonico e ambientale del primo acquedotto storico di Venezia di Sant’Andrea.

Il vincolo è stato parzialmente revocato nel 2014 relativamente alla torre piezometrica, in quanto sono stati osservati problemi di staticità della stessa, mentre è tutt’ora vigente con riguardo al “Cisternone” e all’area di sedime della torre.

Tale struttura, costruita nel 1884, è costituita da un grande manufatto (delle dimensioni di m 72×37) seminterrato che all’esterno si presenta come un volume fuori terra mimetizzato da un manto erboso e all’interno è costituito da vani a botte che costudiscono l’acqua ad uso potabile proveniente dalla terraferma.

La relazione storico artistica del provvedimento di apposizione del vincolo osserva che “all’interno del complesso permangono tuttavia ancora (…) edifici fortemente caratterizzati sotto l’aspetto architettonico e tipologico che costituiscono, anche grazie alla loro peculiarità costruttiva, un’importante testimonianza di architettura ottocentesca industriale, unica nel panorama architettonico veneziano e come tale meritevole di essere tutelata” evidenziando che “si tratta di una mirabile opera di ingegneria civile ottocentesca”.

La Soprintendenza con provvedimento 8 luglio 2016, n. 9017, ha opposto un primo parere negativo il quale, impugnato dalla Società odierna ricorrente, è stato annullato con sentenza Tar Veneto, Sez. II, 21 febbraio 2017. n. 199, impugnata in appello dall’Amministrazione soccombente.

Tale sentenza contestualmente all’annullamento, fondato sulla circostanza che il diniego non è stato sufficientemente motivato in ordine alle specifiche ragioni di pericolo che l’edificio a destinazione garage presenta rispetto alla cisterna oggetto di protezione, ha disposto l’obbligo per l’Amministrazione di rideterminarsi analizzando specificamente se l’esecuzione del progetto possa pregiudicare il c.d. Cisternone, valutando la documentazione al riguardo prodotta dal proponente.

La Soprintendenza con provvedimento prot. 10386 del 3 agosto 2017, sorretto da un’articolata motivazione che dà atto si aver esaminato gli apporti procedimentali allegati dalla Società ricorrente, e in particolare la relazione tecnica dell’Ing. Maurizio Milan del 29 settembre 2015, nonché la nota del 20 luglio 2017 che comprende la relazione geotecnica del Prof. Ing. Francesco Colleselli e del dott. Stefano Trevisan e la relazione concernente le indagini geognostiche e geotecniche di Geotecnica Veneta Srl, ha nuovamente espresso un parere contrario all’autorizzazione all’intervento, osservando che “le criticità da un punto di vista strutturale non vengono del tutto risolte e comunque permane la principale criticità dell’intervento: quella della sua interferenza architettonica pregiudizievole – per dimensioni, morfologia, proporzioni relative, localizzazione rispetto al manufatto tutelato – e in contrasto con i più elementari criteri di tutela. E’ di tutta evidenza, infatti, che non possa essere compatibile, con le esigenze di conservazione e protezione, costruire un edificio di 8 piani fuori terra, su un sedime tutelato ai sensi della parte II del Codice dei Beni Culturali ed a ridosso di strutture anch’esse sottoposte a tutela diretta. Tale realizzazione non solo, come si è detto, è incompatibile da un punto di vista strutturale (per il rischio di sollecitazioni statiche e dinamiche sul Cisternone nella fase di realizzazione dell’ampliamento e per i rischi strutturali connessi all’assestamento che un nuovo carico del genere comporta, con possibili cedimenti differenziali nel terreno), ma soprattutto dal punto di vista dei rapporti architettonici, che verrebbero totalmente sovvertiti”, invitando infine a studiare una soluzione “di minor impatto architettonico e strutturale sulle preesistenze tutelate”.

Il parere contrario è impugnato, in via cumulativa con ricorso di ottemperanza e di annullamento, per le seguenti censure:

I) violazione degli artt. 112, 113 e 114 cod. proc. amm., degli artt. 1, 2, 7 e 10 della legge 7 agosto 1990 n. 241, nonché difetto di istruttoria e motivazione in relazione all’art. 22, comma 3, del Dlgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in primo luogo perché l’Amministrazione pur affermando di voler ottemperare alla sentenza, l’ha sostanzialmente elusa, come dimostra la circostanza che le argomentazioni contenute nel parere sono le medesime proposte nell’atto di appello avverso la sentenza; in secondo luogo perché l’Amministrazione ha violato i principi di correttezza, della buona fede, della lealtà e della cooperazione effettiva e non puramente formale con le parti private che la giurisprudenza, e segnatamente la sentenza dell’Adunanza Plenaria 15 gennaio 2013, n. 2, ha affermato come necessari in sede di esecuzione delle sentenze, in quanto non ha preso in seria considerazione le osservazioni tecniche prodotte, e non ha neppure considerato gli interessi di carattere pubblicistico connessi alla creazione di nuovi posti auto a servizio di Veritas Spa e della Cittadella della Giustizia;

II) violazione degli artt. 10, 21, 22 del Dlgs. 22 gennaio 2004, n. 42, dei principi di coordinamento tra gli strumenti di pianificazione e la tutela dei beni culturali, illogicità, irragionevolezza, incoerenza, incompletezza di valutazione, errore e travisamento della situazione di fatto nonché erronea percezione del vincolo, in quanto, con riguardo al capo di motivazione che fa riferimento al profilo architettonico, il parere negativo non tiene conto della circostanza che oggetto di tutela è la struttura interna del Cisternone, che non è visibile, mentre l’esterno è caratterizzato dalla presenza di un’anonima montagnola ricoperta da un prato priva di pregio o di elementi da tutelare; inoltre lo strumento urbanistico comunale nel piano di assetto del territorio classifica l’area nell’ambito di quelle che devono essere oggetto di riqualificazione o riconversione in ragione della presenza di elementi di degrado, e la pretesa di aumentare la distanza tra l’ampliamento progettato e la parte sommitale del Cisternone ricoperta da erba contraddice precedenti comportamenti della Soprintendenza che con riguardo al medesimo ambito ha autorizzato che l’impianto denominato People Mover fosse infitto nelle pareti dell’edificio adibito a garage comunale, anch’esso oggetto di specifico vincolo di tutela, con la conseguenza che l’affermazione di un’interferenza architettonica risulta illogica;

III) difetto dei presupposti, irragionevolezza ed illogicità manifeste, difetto e contraddittorietà della motivazione, inadeguatezza dell’istruttoria nonché travisamento in quanto, con riguardo al capo di motivazione che fa riferimento ad un presunta interferenza delle fondazioni dell’ampliamento progettato con quelle del Cisternone, l’Amministrazione non ha tenuto conto che tali interferenze vengono definite come sostanzialmente modeste e irrilevanti dal punto di vista ingegneristico dalla documentazione tecnica di parte, e tali valutazioni, anche in ragione dell’autorevolezza di chi le ha espresse, avrebbero imposto un effettivo confronto in contraddittorio tra le parti comprendente anche un sopralluogo sul sito.

Con motivi aggiunti la Società ricorrente impugna il parare espresso nel verbale della seduta congiunta n. 16 del 10 aprile 2017 dei Comitati Tecnici Scientifici (e precisamente il Comitato per le Belle Arti e il Comitato per il Paesaggio), i quali hanno affermato di ribadire il parere espresso nella precedente seduta dell’8 febbraio 2016, e l’opportunità di proporre appello avverso la sentenza Tar Veneto, Sez. II, 21 febbraio 2017. n. 199.

Avverso tale parere sono proposte le seguenti censure:

I) violazione degli artt. 112, 113 e 114 cod. proc. amm. degli artt. 1, 2, 7 e 10 della legge 7 agosto 1990 n. 241, difetto di istruttoria e di presupposto anche in relazione all’art. 22, comma terzo del Dlgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in quanto tale parere non costituisce l’esito di una rinnovata istruttoria che tenga conto degli apporti procedimentali degli interessati, ma un riesame finalizzato alla valutazione dell’opportunità o meno dell’impugnazione della sentenza di primo grado, e in quanto tale non può costituire il legittimo presupposto del nuovo diniego, dato che elude l’obbligo di riesame in contraddittorio dalla stessa sancito;

II) violazione degli artt. 112, 113, e 114 cod. proc. amm. e dell’art. 21 septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, perché l’effetto conformativo derivante dalla sentenza Tar Veneto, Sez. II, 21 febbraio 2017. n. 199, precludeva l’espressione di un parere identico a quello precedentemente reso e implicava un espresso riesame delle problematiche attinenti la presunta pericolosità dell’intervento per l’immobile vincolato, alla luce della documentazione tecnica di parte, sia sotto il profilo strutturale che architettonico;

III) violazione dei principi generali del Dlgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e degli artt. 10, 22, 45 e 146 del medesimo decreto, del D.P.C.M. 18 novembre 2010 n. 231, sviamento, difetto di motivazione e di istruttoria, difetto di presupposto ed illogicità nonché contraddittorietà manifesta perché in realtà le valutazioni compiute dall’Amministrazione ed estrinsecate nei pareri dei Comitati sono prive di concretezza dato che non tengono conto dell’effettivo stato dei luoghi e dello specifico progetto;

IV) illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, incoerenza, incompletezza della valutazione, errore e travisamento della situazione di fatto, violazione degli artt. 10, 22 e 45 del Dlgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e sviamento, perché nel parere si afferma l’opportunità e la necessità di avviare un procedimento volto a costituire un vincolo c.d. relazionale che individui e riconosca i beni culturali aventi valore storico-identitario “testimonianza materiale avente valore di civiltà”, ovvero la necessità di configurare un’area di rispetto ai sensi dell’art. 45 del Codice per tutelare la cornice di contesto architettonico e ambientale del complesso dell’acquedotto di Sant’Andrea, e ciò denota l’insufficienza dei presupposti di fatto e di diritto allo stato esistenti a sorreggere un diniego rispetto al progetto proposto;

V) violazione degli artt. 10, 21, 22 del Dlgs. 22 gennaio 2004, n. 42, dei principi di coordinamento tra gli strumenti di pianificazione e la tutela dei beni culturali, illogicità, irragionevolezza, incoerenza, incompletezza di valutazione, errore e travisamento della situazione di fatto nonché erronea percezione del vincolo, in quanto, con riguardo al capo di motivazione che fa riferimento al profilo architettonico, non si tiene conto della circostanza che oggetto di tutela è la struttura interna del Cisternone che non è visibile, mentre all’esterno è presente solo una montagnola ricoperta da un prato di per sé priva di pregio o di elementi da tutelare, e lo strumento urbanistico comunale nel piano di assetto del territorio classifica l’area nell’ambito di quelle che devono essere oggetto di riqualificazione o riconversione in ragione della presenza di elementi di degrado, e la pretesa di aumentare la distanza tra l’ampliamento progettato e la parte sommitale del Cisternone ricoperta da erba contraddice precedenti comportamenti della Soprintendenza che ha autorizzato che l’impianto denominato People Mover fosse infitto nelle pareti dell’edificio adibito a garage comunale anch’esso oggetto di specifico vincolo, con la conseguenza che l’affermazione di un’interferenza architettonica risulta illogica;

VI) difetto dei presupposti, irragionevolezza ed illogicità manifeste, difetto e contraddittorietà della motivazione, inadeguatezza dell’istruttoria nonché travisamento in quanto, con riguardo al capo di motivazione che fa riferimento ad un presunta interferenza delle fondazioni dell’ampliamento progettato con quelle del Cisternone, l’Amministrazione non ha tenuto conto che tali interferenze vengono definite come sostanzialmente modeste e irrilevanti dal punto di vista ingegneristico dalla documentazione tecnica di parte, e tali valutazioni, anche in ragione dell’autorevolezza di chi le ha espresse, avrebbero imposto un effettivo confronto in contraddittorio tra le parti comprendente anche un sopralluogo sul sito.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente replicando alle censure proposte, eccependo la tardività dei motivi aggiunti e comunque l’infondatezza dei medesimi in quanto il parere con gli stessi impugnato è estraneo alla fattispecie in esame perché, in sede di riedizione del potere a seguito della sentenza, la Soprintendenza ha scelto di non chiedere il parere (facoltativo) dei Comitati.

Alla pubblica udienza del 5 luglio 2018, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’eccezione di tardività dei motivi aggiunti è fondata e deve essere accolta.

La parte ricorrente nei motivi aggiunti afferma di essere venuta a conoscenza del parere espresso dai Comitati Tecnici Scientifici n. 16 del 10 aprile 2017, solo a seguito del suo deposito in giudizio da parte dell’Amministrazione, mentre nella memoria di replica precisa che i motivi aggiunti sono stati proposti tuzioristicamente in quanto solo a seguito del deposito in giudizio del parere è stato possibile avere cognizione del suo contenuto.

In realtà il predetto parere, impugnato per la prima volta solo con i motivi aggiunti e non con il ricorso introduttivo, era espressamente menzionato sia nel preavviso di rigetto del 5 luglio 2017 adottato ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l’indicazione degli estremi e della possibilità di visionarlo, sia nel provvedimento finale del 3 agosto 2017.

Tale circostanza, secondo una costante giurisprudenza, è sufficiente a concretare quella condizione di piena conoscenza dello stesso da cui decorre il termine di decadenza per l’impugnazione, in quanto non è necessaria la compiuta cognizione della motivazione e degli atti del procedimento che può tutt’al più valere unicamente ai fini della proposizione di eventuali motivi aggiunti rispetto ad un atto già tempestivamente impugnato con il ricorso introduttivo (ex pluribus cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 20 novembre 2015, n. 5292; Consiglio di Stato, Sez. III, 16 giugno 2015, n. 3025; id. 23 maggio 2012, n. 2993; Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 maggio 2012, n. 2974).

I motivi aggiunti, notificati in data 27 marzo 2018, devono pertanto essere dichiarati irricevibili per tardività.

2. Il ricorso introduttivo è infondato e deve essere respinto.

Il primo motivo, con il quale la parte ricorrente lamenta la sostanziale elusione della sentenza Tar Veneto, Sez. II, 21 febbraio 2017. n. 199, che viene articolato in una pluralità di censure, non può essere accolto.

La parte ricorrente in sostanza lamenta in primo luogo che l’utilizzo nel provvedimento impugnato delle stesse argomentazioni utilizzate in sede di appello avverso la sentenza da eseguire, sarebbe sintomatico di un intento elusivo volto a confermare acriticamente il precedente giudizio di non compatibilità dell’intervento progettato rispetto alle esigenze di tutela del bene vincolato.

La doglianza non può essere accolta perché l’annullamento del primo parere negativo è stato disposto per un vizio di difetto di motivazione il quale produce un effetto conformativo che, determinando un vincolo di ampiezza limitata, lascia sostanzialmente integro l’ambito discrezionale affidato all’Amministrazione ai fini di un nuovo esercizio dell’attività valutativa che può avere nuovamente un esito negativo (ex pluribus cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 giugno 2018 n. 3664; Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 novembre 1995 n. 898).

Pertanto la riedizione del potere amministrativo avvenuta previo un approfondimento istruttorio avente ad oggetto la relazione tecnica dell’Ing. Maurizio Milan del 29 settembre 2015 e delle ulteriori osservazioni tecniche prodotte dalla parte ricorrente a seguito del preavviso di diniego, il cui esito è stato esposto nell’articolata motivazione contenuta nel provvedimento finale, concreta un corretto adempimento degli obblighi conformativi discendenti dalla sentenza Tar Veneto, Sez. II, 21 febbraio 2017. n. 199.

In un tale contesto appare del tutto inconferente, al fine di dimostrare l’esistenza di un intento elusivo della sentenza, la circostanza che talune delle argomentazioni utilizzate nel nuovo parere negativo possano essere state poste anche a fondamento dell’atto di appello proposto dall’Amministrazione avverso la sentenza da eseguire.

Infatti, come sopra sottolineato, nel dare esecuzione alla sentenza che ha annullato il primo parere per difetto di motivazione, l’Amministrazione conserva ampi margini di valutazione e può legittimamente reiterare un parere negativo, mentre la possibilità di appellare la sentenza costituisce esplicazione del diritto di difesa riconosciuto a tutte le parti del giudizio.

Pertanto la circostanza dedotta rientra in realtà nella naturale e fisiologica esplicazione degli obblighi conformativi derivanti dalla sentenza che ha annullato il primo parere per difetto di motivazione e dal contemporaneo esercizio del diritto di difesa spettante all’Amministrazione in quanto parte del giudizio, e non è sintomatica di un uso sviato del potere amministrativo.

2.1 Sempre nell’ambito del primo motivo la parte ricorrente lamenta che l’Amministrazione ha violato i principi di correttezza, della buona fede, della lealtà e della cooperazione effettiva e non puramente formale con le parti private, necessari in sede di esecuzione delle sentenze.

Il rilievo non è condivisibile perché l’Amministrazione risulta aver assolto a tutti gli obblighi sulla stessa incombenti attinenti il contradditorio procedimentale, trasmettendo un motivato preavviso di rigetto e replicando nel provvedimento finale in modo puntuale alle ulteriori osservazioni prodotte dalla parte ricorrente, e non risulta pertanto fondatamente sostenibile che fosse necessario lo svolgimento di adempimenti ulteriori privi di una base normativa, tanto più che nel caso in esame la parte ricorrente non dimostra in concreto di quali ulteriori elementi conoscitivi o valutativi avrebbe potuto ulteriormente arricchire l’istruttoria già svolta.

2.2 L’ulteriore censura proposta nell’ambito del primo motivo secondo la quale l’Amministrazione avrebbe errato nel non tener conto degli interessi di tipo pubblicistico connessi alla realizzazione del progetto, volto a ricavare dei posti auto a servizio anche di una Società a capitale pubblico e della Cittadella della Giustizia, è parimenti infondata.

Infatti, all’opposto di quanto dedotto dalla parte ricorrente, in ragione dell’indeclinabilità della funzione pubblica di tutela del paesaggio e dei beni culturali per la particolare dignità data dall’essere iscritta dall’art.9 della Costituzione tra i principi fondamentali della Repubblica (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9; Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2378; id. 22 settembre 2014, n. 4775), l’Amministrazione competente alla gestione dei vincoli è chiamata ad esercitare valutazioni proprie della discrezionalità tecnica caratterizzata dal perseguimento di un unico interesse, e non può legittimamente svolgere quell’attività di comparazione e di bilanciamento dell’interesse affidato alla sua cura (la tutela del paesaggio e dei beni culturali) con interessi di altra natura e spettanza che è propria della discrezionalità amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652).

Ne consegue che correttamente l’Amministrazione ha svolto le proprie valutazioni tenendo conto solo delle esigenze di tutela dei beni vincolati, evidenziando peraltro, alla fine del parere, di non aver riscontrato una incompatibilità assoluta rispetto ad ogni tipo di intervento, ma solo rispetto al progetto presentato sollecitando una soluzione “di minor impatto architettonico e strutturale sulle preesistenze tutelate”, ovvero il Cisternone e l’area di sedime della torre piezometrica.

Il primo motivo deve pertanto essere respinto.

3. Con il secondo motivo in sostanza la parte ricorrente lamenta l’erroneità del giudizio della Soprintendenza per non aver adeguatamente valutato l’effettiva insussistenza di esigenze di tutela del bene vincolato che nel suo aspetto esterno consiste in una montagnola ricoperta d’erba priva di interesse.

La censura non può essere accolta perché in realtà mira a mettere in discussione la validità di un altro provvedimento, estraneo al presente giudizio perché non è oggetto di impugnazione e che ormai ha consolidato i propri effetti, ovvero del decreto di vincolo culturale che ha sottoposto a tutela la Cisterna del primo acquedotto storico di Venezia prescindendo dalla circostanza che attualmente (ma non necessariamente nel futuro) l’interno della stessa non sia visibile.

3.1 Parimenti non sono condivisibili le ulteriori censure proposte nel medesimo motivo volte a lamentare che, nell’esprimere un parere negativo, l’Amministrazione non ha tenuto conto che l’area è qualificata dal piano di assetto del territorio come degradata e da riqualificare, e che l’attuale parere negativo contraddice il parere favorevole espresso nel passato all’infissione nelle pareti dell’edificio adibito a garage comunale, anch’esso oggetto di specifico vincolo, dell’impianto del People Mover insistente nel medesimo ambito.

Il Collegio ritiene che neanche questi rilievi siano inidonei a dimostrare la sussistenza di profili di erroneità o illogicità nel giudizio espresso dall’Amministrazione, perché la tutela del vincolo prescinde dalle valutazioni di tipo urbanistico e in ogni caso la qualificazione di un’area come necessitante di interventi di riqualificazione ha il significato di promuoverne il recupero e la valorizzazione, non di consentire la realizzazione di qualsiasi opera indipendentemente dal contesto.

Anche la censura di disparità di trattamento per un precedente parere favorevole volto a consentire la realizzazione del People Mover non è accoglibile, perché tale vizio è riscontrabile soltanto in caso di completa identità di situazioni di fatto che nel caso in esame non è comprovata, ed in quanto la legittimità dell´operato della pubblica amministrazione non potrebbe comunque essere inficiata dall´eventuale illegittimità compiuta in altra situazione atteso che l’errore eventualmente commesso in altri contesti non potrebbe costringere l’Amministrazione a perseverare nel medesimo errore (ex pluribus cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 1 giugno 2018, n. 3310).

Il secondo motivo deve pertanto esser respinto.

4. Con il terzo motivo la parte ricorrente lamenta la sussistenza di molteplici figure sintomatiche dell’eccesso di potere con riguardo al capo di motivazione che fa riferimento ad un presunta interferenza delle fondazioni dell’ampliamento progettato con quelle del Cisternone, perché l’Amministrazione non ha tenuto conto che tali interferenze vengono definite come sostanzialmente modeste e irrilevanti dal punto di vista ingegneristico dalla documentazione tecnica di parte, e tali valutazioni, anche in ragione dell’autorevolezza di chi le ha espresse, avrebbero imposto un effettivo confronto in contraddittorio tra le parti comprendente anche un sopralluogo sul sito.

Tali censure non possono essere accolte perché nel caso in esame il parere negativo è sorretto da un’ampia ed approfondita motivazione (con un’esposizione che si sviluppa in 13 pagine) corredata da sezioni progettuali e da fotografie che rappresentano lo stato dei luoghi, e che dimostra che sono stati valutati analiticamente tutti i punti sviluppati dalla documentazione tecnica di parte.

Per maggiore chiarezza espositiva e per dare contezza dell’articolazione del parere se ne riportano sinteticamente alcuni dei punti salienti.

Il parere negativo è stato formulato rilevando che:

– la nuova struttura, che si svilupperebbe in otto piani fuori terra, ai primi due piani disterebbe di soli 2 metri dalle strutture del Cisternone, mentre i piani superiori, aggettanti rispetto a primi due, arriverebbero a sovrastare visivamente (anche se non fisicamente) il Cisternone con un’evidente sproporzione architettonica (con una differenza di 23 m tra le due strutture);

– dal punto di vista strutturale il nuovo ampliamento avrebbe fondazioni profonde di pali trivellati con camicia di acciaio la cui messa in opera comporterebbe sollecitazioni dinamiche vicinissime alle strutture ottocentesche del Cisternone fondate su palificata in legno, getto di calcestruzzo e murature in laterizio;

– dall’esame della documentazione non è possibile escludere tassativamente il rischio di possibili cedimenti delle fondazioni e di deformazioni del suolo circostante il garage, che potrebbero produrre cedimenti differenziali con conseguenti lesioni nelle murature;

– il nuovo corpo di fabbrica a pianta trapezioidale andrebbe a saturare il sedime triangolare tra l’attuale struttura ed il Cisternone, la cui area di sedime oggi occupata dalla torre piezometrica, è comunque oggetto del vincolo di tutela;

– come emerge dalla fig. 11 della relazione geotecnica il nuovo diaframma di fondazione sarebbe realizzato ad una distanza inferiore ad 1,5 m dalle fondazioni ottocentesche in corrispondenza della loro sezione ridotta e di circa 50 cm dai contrafforti delle stesse fondazioni;

– non risultano condivisibili le affermazioni contenute nella relazione geotecnica prodotta a seguito del preavviso di diniego circa l’equivalenza tra gli effetti di ricompressione ciclica dati dalla marea che induce variazioni tensionali del terreno o dalle variazioni del carico idraulico in base al livello dell’acqua contenuta all’interno del Cisternone, e quelle prodotte dalla nuova struttura; infatti viene prevista una consistente cubatura adibita a parcheggio con un prevedibile uso intensivo e soggetta a continue vibrazioni delle auto in transito, ed un conto sono le variazioni modeste, lente, probabilmente distribuite su tutto lo sviluppo in pianta del Cisternone attualmente presenti, un conto sono le diverse variazioni dello stato tensionale dei terreni e i conseguenti movimenti sicuramente di maggiore entità determinati dall’ampliamento in progetto, asimmetrici rispetto alla distribuzione dei carichi esistenti sull’ambito del Cisternone in quanto determinati solo su un lato dello stesso;

– parimenti non condivisibile è l’asserzione secondo la quale vi sarebbe un’equivalenza tra la nuova costruzione e la torre piezometrica di cui è previsto l’abbattimento, in quanto questa occupa meno di un quarto del sedime interessato dall’ampliamento del garage, con carichi sui terreni che pertanto non sono paragonabili;

– anche le relazioni di parte concordano nell’affermare che sono previsti cedimenti, seppure di entità contenuta, ma li ritengono non rilevanti; tale asserzione tuttavia non è condivisibile perché omette di considerare che si tratterebbe di cedimenti asimmetrici rispetto allo sviluppo in pianta del Cisternone che possono determinare cedimenti differenziali non omogenei pericolosi per il rischio di apertura di fessurazioni di assestamento;

– la variante progettuale proposta a seguito del preavviso di diniego comportante la realizzazione di una fondazione continua e profonda realizzata con pannello di diaframma in c. a. per evitare le vibrazioni a seguito dell’infissione di camice metalliche, non appare sufficiente a superare tutte le problematicità evidenziate perché rimarrebbe il problema di possibili cedimenti del terreno non interessato da fenomeni di sovraconsolidazione dovuti alla preesistenza di carichi;

– la stessa documentazione di parte ammette cedimenti sotto il Cisternone che in taluni punti giungono a 12 mm, in altri sono di 7 o 8 mm, con un differenziale di circa 4 o 5 mm;

– permane in ogni caso la principale ed insuperabile criticità dell’intervento consistente nell’interferenza architettonica pregiudizievole per dimensioni, morfologia, proporzioni relative e localizzazione rispetto al manufatto tutelato in contrasto con i più elementari criteri di tutela.

Orbene, come è noto le valutazioni espresse dalla Soprintendenza sono connotate da un’ampia discrezionalità tecnico – valutativa, poiché implicano l’applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari della storia, dell’arte e dell’architettura, caratterizzati da ampi margini di opinabilità, .e per tale ragione l’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione preposta alla tutela è sindacabile in sede giudiziale esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, mentre restano estranee al sindacato giudiziale le valutazioni connotate da ineliminabili margini di opinabilità (ex pluribus cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. VII, 28 marzo 2018, n. 1989).

Nel caso in esame, a fronte di quest’ampia ed articolata motivazione nella quale si dà atto di aver approfondito gli apporti tecnici di parte prodotti nel corso del procedimento nell’ambito di un completo contraddittorio procedimentale, e in cui vengono esplicitate le ragioni per le quali le conclusioni di tali apporti tecnici non risultano condivisibili, la parte ricorrente non allega elementi idonei a comprovare l’erroneità o l’illogicità degli apprezzamenti compiuti dall’Amministrazione.

Anche le cesure di cui al terzo motivo devono pertanto essere respinte

In definitiva il ricorso introduttivo deve essere respinto, mentre i motivi aggiunti devono essere dichiarati irricevibili per tardività

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe e relativi motivi aggiunti, respinge il ricorso introduttivo, e dichiara l’irricevibilità dei motivi aggiunti.

Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio in favore dell’Amministrazione resistente liquidandole nella somma di € 4.000,00 a titolo di compensi e spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Mielli, Presidente FF, Estensore
Daria Valletta, Referendario
Mariagiovanna Amorizzo, Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE       
Stefano Mielli         
        

IL SEGRETARIO
 

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