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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 35170 | Data di udienza: 13 Aprile 2018

* RIFIUTI – Reato di abusiva gestione di rifiuti – Attività di demolizione – Materiale misto di rifiuti non pericolosi – Disciplina sui rifiuti – Esclusione – Presupposti normativi – Sottoprodotto – Deposito temporaneo – Artt. 183, 184, 184bis e 256 d.lgs n.152/2006 – Onere della prova – T.U. Ambientale – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Inammissibilità del ricorso per Cassazione – Motivi non specifici – Fattispecie: motivi generici ed indeterminati.


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 7^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Luglio 2018
Numero: 35170
Data di udienza: 13 Aprile 2018
Presidente: CAVALLO
Estensore: SCARCELLA


Premassima

* RIFIUTI – Reato di abusiva gestione di rifiuti – Attività di demolizione – Materiale misto di rifiuti non pericolosi – Disciplina sui rifiuti – Esclusione – Presupposti normativi – Sottoprodotto – Deposito temporaneo – Artt. 183, 184, 184bis e 256 d.lgs n.152/2006 – Onere della prova – T.U. Ambientale – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Inammissibilità del ricorso per Cassazione – Motivi non specifici – Fattispecie: motivi generici ed indeterminati.



Massima

 

 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.7^ 24/07/2018 (Ud. 13/04/2018), Ordinanza n.35170
 
 
RIFIUTI – Reato di abusiva gestione di rifiuti – Attività di demolizione – Materiale misto di rifiuti non pericolosi – Disciplina sui rifiuti – Esclusione – Presupposti normativi – Sottoprodotto – Deposito temporaneo  – Artt. 183, 184, 184bis e 256 d.lgs n.152/2006 –  Onere della prova – T.U. Ambientale – Giurisprudenza. 
 
La natura di rifiuti speciali dei materiali di risulta da demolizione nonché circa l’individuazione del soggetto su cui incombe l’onere della prova che non si tratti di rifiuti. Pertanto, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 256, commi 1- 3, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, i materiali provenienti da demolizione debbono essere qualificati dal giudice come rifiuti, in quanto oggettivamente destinati all’abbandono, salvo che l’interessato non fornisca la prova della sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per l’applicazione di un regime giuridico più favorevole, quale quello relativo al "deposito temporaneo" o al "sottoprodotto".
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Inammissibilità del ricorso per Cassazione – Motivi non specifici – Fattispecie: motivi generici ed indeterminati.
 
E’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia  generici ed indeterminati, che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione.
 
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 30/01/2017 del TRIBUNALE di LOCRI) Pres. CAVALLO, Rel. SCARCELLA, Ric. Ferraro  

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.7^ 24/07/2018 (Ud. 13/04/2018), Ordinanza n.35170

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.7^ 24/07/2018 (Ud. 13/04/2018), Ordinanza n.35170
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SETTIMA PENALE,
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
ORDINANZA 
 
sul ricorso proposto da FERRARO FRANCESCO nato a AFRICO;
 
avverso la sentenza del 30/01/2017 del TRIBUNALE di LOCRI;
 
dato avviso alle parti;
 
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA; 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il Tribunale di Locri con sentenza 30.01.2017 dichiarava il FERRARO colpevole del reato di abusiva gestione di rifiuti non pericolosi costituiti da materiale misto proveniente da attività di demolizione (art. 256, TU Ambientale), condannandolo alla pena di 5000 €di ammenda, in relazione a fatti del 17.07.2013.
 
 
2. Con il ricorso per cassazione, articolato con un unico motivo, il difensore iscritto all’Albo speciale ex art. 613 c.p.p., deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 192, c.p.p. e all’art. 256, d. lgs. n. 152 del 2006 (si censura il vizio di travisamento del fatto per erronea valutazione della prova, che si traduce in carenza e illogicità della motivazione laddove ha affermato come la tipologia dell’attività svolta dall’imputato, sebbene cessata all’epoca dei fatti, la riconducibilità allo stesso dell’automezzo utilizzato per il trasporto dei rifiuti in quanto ultimo possessore del mezzo, rappresenterebbero elementi gravi, precisi e concordanti che, in assenza di un’alternativa spiegazione ragionevole, deponevano per l’attribuzione del fatto all’imputato; sul punto si obbietta come alla prospettazione alternativa della difesa, i giudici di appello avrebbero risposto come a condurre l’autocarro fosse un soggetto diverso dall’imputato e che tuttavia era allo stesso riconducibile, omettendo qualsiasi argomentazione circa la consapevolezza del reo circa l’illecito trasporto del materiale di risulta; a ciò andrebbe aggiunto, secondo il ricorrente, il fatto che un teste a difesa, ritenuto frettolosamente inattendibile, avesse riferito che il materiale contenuto nell’autocarro dovesse essere trasportato dal silos appartenente ad una società ad un terreno di proprietà di tale Zappia, che aveva commissionato il trasporto).
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
 
 
4. E’ anzitutto affetto da genericità per aspecificità, in quanto il ricorrente non si confronta con le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata che confutano in maniera puntuale e con considerazioni del tutto immuni dai denunciati vizi motivazionali le identiche doglianze difensive svolte in sede di merito (che, vengono, per così dire "replicate" in questa sede di legittimità senza alcun apprezzabile elementi di novità critica), esponendosi quindi al giudizio di inammissibilità; ed invero, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia  generici ed indeterminati, che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (v., tra le tante: Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).
 
 
5. Il ricorso è inoltre da ritenersi manifestamente infondato, atteso che giudice di merito, con motivazione del tutto immune dai denunciati vizi, giustifica le ragioni per le quali ha ritenuto di dover affermare la responsabilità penale del reo.
 
 
6. In particolare, infatti, risulta dalla sentenza impugnata: 1) che a seguito di un controllo stradale veniva fermato un autocarro condotto da tale Maviglia, che trasportava rifiuti misti derivanti da attività di demolizione; che questi era sprovvisto dell’autorizzazione al trasporto rifiuti o di altro documento che giustificasse la presenza dei rifiuti sul mezzo, che veniva pertanto sequestrato unitamente ai rifiuti trasportati per un quantitativo di 18 m3; che successivi accertamenti consentivano di appurar e che il mezzo era intestato ad una società di noleggio che lo aveva concesso in locazione all’imputato Ferraro, titolare dell’omonima impresa individuale, esercente attività di demolizione edifici e sistemazione del terreno, nonché attività edilizia, che risultava essere cessata nel novembre 2011, ossia quasi due anni prima del controllo, avvenuto in data 17.07.2013; 2) che all’attribuibilità del fatto all’attuale ricorrente il giudice era pervenuto sulla base di elementi di prova indiziaria, in particolare costituiti dai documenti acquisiti, da cui risultava che l’imputato, una volta ottenuto in locazione l’autocarro, non aveva provveduto al pagamento dei canoni alla ditta di noleggio, né alla restituzione del mezzo, tanto da costringere la società proprietaria del mezzo alla presentazione di una denuncia-querela alla Procura della Repubblica di Bologna per appropriazione indebita, donde il giudice perveniva alla logica conclusione che l’imputato era riconducibile all’imputato, ultimo possessore del mezzo, non risultando peraltro che questi avesse presentato denuncia di furto del mezzo; 3) che, ancora, non poteva essere data credibilità alle dichiarazioni rese dal suocero dell’imputato Zappia Leo, che aveva affermato che il mezzo si trovasse nella sua disponibilità e che, per puro caso, al momento del controllo lo stesso fosse condotto dal Maviglia, aggiungendo che i materiali trasportati non fossero residui da demolizione ma terra lavorata destinata ad essere riutilizzata in un terreno di cui la moglie era affittuaria; 4) che le predette dichiarazioni erano state sconfessate da quella del teste Cogliandro che aveva eseguito il controllo sul mezzo, nonché dal verbale di sequestro e dai rilievi fotografici, da cui emergeva chiaramente che il cassone dell’autocarro conteneva residui da demolizione; 5) che essendo pacifica la natura di rifiuti speciali di detti residui (richiamando a tal proposito il giudice giurisprudenza di questa Corte circa la natura di rifiuti speciali dei materiali di risulta da demolizione nonché circa l’individuazione del soggetto su cui incombe l’onere della prova che non si tratti di rifiuti: cfr., per tutte, Sez.3, n. 29084 del 14/05/2015 – dep. 08/07/2015, Favazzo e altro, Rv. 264121, secondo cui ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 256, commi 1- 3, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, i materiali provenienti da demolizione debbono essere qualificati dal giudice come rifiuti, in quanto oggettivamente destinati all’abbandono, salvo che l’interessato non fornisca la prova della sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per l’applicazione di un regime giuridico più favorevole, quale quello relativo al "deposito temporaneo" o al "sottoprodotto"); 6) che, alla luce di quanto sopra, il giudice ha ritenuto del tutto prive di rilevanza le prove della difesa tese a confortare la versione dei fatti fornita dal suocero dell’imputato (ossia la copia del contratto di affitto di fondo rustico e le riproduzioni fotografiche), nonché le dichiarazioni del teste Maviglia, conducente del mezzo al momento del controllo, che aveva affermato che il materiale trasportato era in realtà terra da trasportare dal silos di "Costantino Stilo & C." ad un terreno di proprietà dello Zappia, trattandosi di dichiarazioni smentite dal teste Cogliandro circa la natura dei materiali trasportati, il quale ha anche precisato che il luogo in cui il mezzo era stato fermato presentava, in ambedue i lati della strada, cumuli di rifiuti da demolizione che sovente venivano abbandonati da ignoti soggetti; 7) che, ancora, un ulteriore elemento a sostegno della riferibilità dei rifiuti trasportati all’imputato, era rappresentato dalla tipologia di attività della ditta dall’imputato, sebbene cessata formalmente all’epoca dei fatti, in quanto ultimo possessore del mezzo, tenuto conto del fatto che il luogo su cui il mezzo era stato controllato era adibito a luogo di abbandono abusivo di rifiuti dello stesso tipo, elementi valutati dal giudice di merito quali indizi gravi, precisi e concordanti che, in assenza di una ragionevole spiegazione alternativa, deponevano per l’attribuzione del fatto e della responsabilità all’attuale imputato, non rilevando la circostanza che l’autocarro fosse condotto da una terza persona, atteso che il mezzo di trasporto era all’imputato riconducibile; 8) che, conclusivamente, da tali elementi doveva inferirsi che l’imputato fosse perfettamente a conoscenza che l’autocarro era impiegato per il trasporto di materiale di risulta, in considerazione sia della naturale destinazione dell’automezzo, sia del legame di parentela che lo univa allo Zappia, che aveva commissionato al Maviglia il trasporto.
 
 
7. Orbene, al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze del ricorrente appaiono manifestamente infondate, in quanto si risolvono nel "dissenso" sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle emergenze processuali svolte dal giudice di merito, operazione vietata in sede di legittimità, attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per una presunta violazione della legge processuale e per un asserito vizio motivazionale, sub specie delle regole di valutazione della prova indiziaria ex art. 192 c.p.p. e di travisamento del fatto (quest’ultimo, si noti, non sindacabile da parte di questa Corte, atteso che anche a seguito della modifica apportata all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. dalla I. n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito: cfr, tra le tante, Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012 – dep. 26/06/2012, Minervini, Rv. 253099), con cui, in realtà, si propone una doglianza non suscettibile di sindacato da parte di questa Corte; deve, sul punto, ribadirsi infatti che il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 – dep. 31/01/2000, Moro, Rv. 215745): e la sentenza, sotto tale profilo, non merita censura; a ciò va aggiunto che le censure difensive, come articolate, non tengono conto del principio, già affermato da questa Corte, secondo cui il sindacato di legittimità sulla gravità, precisione e concordanza della prova indiziaria è limitato alla verifica della correttezza del ragionamento probatorio del giudice di merito, che deve fornire una ricostruzione non inficiata da manifeste illogicità e non fondata su base meramente congetturale in assenza di riferimenti individualizzanti, o sostenuta da riferimenti palesemente inadeguati (Sez. 4, n. 48320 del 12/11/2009 – dep. 17/12/2009, Durante, Rv. 245880), vizi che non ricorrono nel caso di specie nell’articolazione del processo inferenziale operato dal giudice di merito nel pervenire all’attribuzione della responsabilità al ricorrente.
 
 
8. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
P.Q.M. 
 
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 13 aprile 2018
 
 

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