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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Inquinamento acustico, Rifiuti, Sicurezza sul lavoro Numero: 32501 | Data di udienza: 6 Giugno 2018

* RIFIUTI – SICUREZZA SUL LAVORO – INQUINAMENTO ACUSTICO – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Causa di non punibilità – Condotte plurime, abituali e reiterate sorrette dalla medesima "ratio punendi" – Applicazione della tenuità del fatto – Esclusione – Presupposto negativo dell’abitualità anche distinte condotte implicate nello sviluppo degli accadimenti – Gestione non autorizzata – Esercizio abusivo della professione – Smaltimento di rifiuti prodotti da terzi in assenza del necessario titolo abilitativo – Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 cod. pen.) – D. lgs. n. 181/2008 – Art. 256 d. lgs. n.152/2006 – Art. 131-bis cod. pen. – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Luglio 2018
Numero: 32501
Data di udienza: 6 Giugno 2018
Presidente: DI NICOLA
Estensore: MENGONI


Premassima

* RIFIUTI – SICUREZZA SUL LAVORO – INQUINAMENTO ACUSTICO – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Causa di non punibilità – Condotte plurime, abituali e reiterate sorrette dalla medesima "ratio punendi" – Applicazione della tenuità del fatto – Esclusione – Presupposto negativo dell’abitualità anche distinte condotte implicate nello sviluppo degli accadimenti – Gestione non autorizzata – Esercizio abusivo della professione – Smaltimento di rifiuti prodotti da terzi in assenza del necessario titolo abilitativo – Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 cod. pen.) – D. lgs. n. 181/2008 – Art. 256 d. lgs. n.152/2006 – Art. 131-bis cod. pen. – Giurisprudenza.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 16/07/2018 (Ud. 06/06/2018), Sentenza n.32501


RIFIUTI – SICUREZZA SUL LAVORO – INQUINAMENTO ACUSTICO – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Causa di non punibilità – Condotte plurime, abituali e reiterate sorrette dalla medesima "ratio punendi" – Applicazione della tenuità del fatto – Esclusione – Presupposto negativo dell’abitualità anche distinte condotte implicate nello sviluppo degli accadimenti – Gestione non autorizzata – Esercizio abusivo della professione – Smaltimento di rifiuti prodotti da terzi in assenza del necessario titolo abilitativo – Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 cod. pen.) – D. lgs. n. 181/2008 – Art. 256 d. lgs. n.152/2006 – Art. 131-bis cod. pen. – Giurisprudenza.  
 
L’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen. risulta legata alla sussistenza di condotte ripetute od ulteriori rispetto all’avvenuto perfezionarsi del reato, che – a prescindere dalla natura penalmente rilevante, invero non necessaria – siano comunque idonee ad incidere in termini negativi sul profilo soggettivo dell’autore, oppure ad aggravare il disvalore o le conseguenze dannose dell’illecito commesso e già integrato in tutti i suoi elementi costituitivi. In sintesi, "la norma intende escludere dall’ambito della particolare tenuità del fatto comportamenti "seriali" (Cass. Sez. Un., n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj). (Ad esempio: fattispecie relativa al reiterato trasporto non autorizzato di notevoli quantità di materiale ferroso, di cui al reato eventualmente abituale previsto dall’art. 256, comma primo, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Sez. 3, n. 10134 del 5/4/2017, Dentice). Sez. 7, n. 13379 del 12/1/2017, Boetti: fattispecie relativa a condotte reiterate nel tempo integranti il reato di esercizio abusivo della professione. Sez. 3, n. 48318 dell’11/10/2016, Halilovic: fattispecie relativa al reiterato conferimento di rifiuti urbani e speciali prodotti, da terzi in assenza del necessario titolo abilitativo); c) all’imputato, anche se non gravato da precedenti penali specifici, che abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima "ratio punendi"), anche nell’ipotesi in cui ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità. (Sez. 3, n. 776 del 4/4/2017, Del Galdo: fattispecie di violazioni da parte del datore di lavoro di diverse disposizioni in materia di sicurezza di cui al d. lgs. 9 aprile 2008, n. 181); d) al reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 cod. pen.) in caso di reiterazione della condotta, in quanto si configura un’ipotesi di "comportamento abituale", ostativa al riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 48315 dell’11/10/2016, Quaranta, Rv. 268498); e) alla reiterata omissione nella corresponsione dell’assegno divorzile (Sez. 2, n. 23020 del 10/5/2016, P.).
 
(annulla con rinvio sentenza del 26/10/2017 – CORTE DI APPELLO DI MILANO) Pres. DI NICOLA, Rel. MENGONI, Ric. Zugnoni

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 16/07/2018 (Ud. 06/06/2018), Sentenza n.32501

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 16/07/2018 (Ud. 06/06/2018), Sentenza n.32501

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Zugnoni Candido, nato a Cesio Valtellino (So);
 
avverso la sentenza del 26/10/2017 della Corte di appello di Milano;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
 
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
 
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro Molino, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza;
 
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. Ilario Albertella, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 26/10/2017, la Corte di appello di Milano, in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Sondrio il 3/2/2016, dichiarava Candido Zugnoni colpevole del delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 novembre 1983, n. 638, limitatamente all’annualità 2012, assolvendolo, per contro, dalla medesima contestazione relativa all’anno 2013, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
 
2. Propone ricorso per cassazione lo Zugnoni, a mezzo del proprio difensore, deducendo – con unica doglianza – l’erronea applicazione della legge penale. La Corte di appello avrebbe negato la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. soltanto per il numero delle mensilità coinvolte, peraltro soltanto due, senza tenere in alcuna considerazione le modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo ed il grado di colpevolezza. Ancora, non avrebbe valutato: a) che il ricorrente si era adoperato per evitare le conseguenze dannose dell’illecito, operando una rateizzazione del debito in corso di regolare pagamento; b) che il dolo doveva esser ritenuto assente, attesa la crisi delle imprese nel periodo di cui alla rubrica; c) che lo "sconfinamento" rispetto alla soglia di punibilità era stato davvero modesto, ossia pari a 251,20 euro.
 
Si chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza con rinvio.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso risulta fondato.
 
L’art. 131-bis cod. pen. recita, al comma 1: "Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale". Al successivo comma 3, poi, si precisa che "Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate".
 
"Il nuovo istituto è esplicitamente, indiscutibilmente definito e disciplinato come causa di non punibilità e costituisce dunque figura di diritto penale sostanziale. Esso persegue finalità connesse ai principi di proporzione ed extrema ratio; con effetti anche in tema di deflazione. Lo scopo primario è quello di espungere dal circuito penale fatti marginali, che non mostrano bisogno di pena e, dunque, neppure la necessità di impegnare i complessi meccanismi del processo. Proporzione e deflazione s’intrecciano coerentemente" (Sez. U. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, rv. 266591).
 
4. Dalla lettera della norma come appena richiamata, e concentrandone l’esame sui soli profili di rilievo nella vicenda in oggetto, ecco dunque che l’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen. risulta legata – quanto al presupposto negativo dell’abitualità, nei termini ampi di cui al comma 3 – alla sussistenza di condotte ripetute od ulteriori rispetto all’avvenuto perfezionarsi del reato, che – a prescindere dalla natura penalmente rilevante, invero non necessaria – siano comunque idonee ad incidere in termini negativi sul profilo soggettivo dell’autore, oppure ad aggravare il disvalore o le conseguenze dannose dell’illecito commesso e già integrato in tutti i suoi elementi costituitivi.
 
5. In sintesi, "la norma intende escludere dall’ambito della particolare tenuità del fatto comportamenti "seriali" (Sez. U., Tushaj, cit.).
 
Quelli che, per espressa indicazione del legislatore, si rinvengono nel caso in cui l’autore del reato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza. Ancora, quelli che si rinvengono nel caso in cui l’autore del reato ne abbia commessi altri della stessa indole (dunque almeno due), diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell’applicabilità dell’istituto in esame; il terzo illecito della medesima indole, dunque, dà "legalmente" luogo alla serialità che osta all’applicazione dell’istituto. Quelli che, infine, si rinvengono nel caso in cui il reato abbia ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. Proprio a questo riguardo, ancora le Sezioni Unite già richiamate hanno evidenziato che "il legislatore evoca senz’altro, in primo luogo, reati che presentano l’abitualità come tratto tipico: il pensiero corre subito, esemplificativamente, al reato di maltrattamenti in famiglia. Analogamente per ciò che riguarda i reati che presentano nel tipo condotte reiterate. Anche qui un esempio si rinviene agevolmente nel reato di atti persecutori. In tali ambiti, può dirsi, la serialità è un elemento della fattispecie ed è quindi sufficiente a configurare l’abitualità che esclude l’applicazione della disciplina; senza che occorra verificare la presenza di distinti reati".
 
6. Meno agevole, invece, è intendere il riferimento alle condotte plurime, richiamato proprio dalla Corte di appello di Milano per negare la causa di non punibilità nel caso di specie.
 
Orbene, a tale riguardo, il Supremo Collegio – ancora con la sentenza "Tushaj" – ha chiarito che "l’unica praticabile soluzione interpretativa è quella di ritenere che si sia fatto riferimento a fattispecie concrete nelle quali si sia in presenza di ripetute, distinte condotte implicate nello sviluppo degli accadimenti. Anche qui un esempio: un reato di lesioni colpose commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, generato dalla mancata adozione di distinte misure di prevenzione, da un consolidato regime di disinteresse per la sicurezza. In una situazione di tale, genere la pluralità e magari la protrazione dei comportamenti colposi imprime al reato un carattere seriale, id est abituale". 
 
7. I canoni interpretativi così richiamati sono stati poi recepiti dalla giurisprudenza delle Sezioni semplici di questa Corte, in plurime occasioni.
 
A titolo esemplificativo, si è affermato che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., non può essere applicata in relazione: a) al reato di cui all’art. 22, comma 12, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che sanziona l’assunzione di lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno, qualora i lavoratori illegalmente assunti siano più d’uno, configurandosi, in tal caso, una particolare forma di continuazione, ostativa al riconoscimento del beneficio in quanto manifestazione di un "comportamento abituale" deviante (Sez. 1, n. 55450 del 24/10/2017, Greco, Rv. 271904); b) ai reati necessariamente abituali ed a quelli eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante la reiterazione della condotta tipica. (Sez. 3, n. 10134 del 5/4/2017, Dentice, Rv. 270255: fattispecie relativa al reiterato trasporto non autorizzato di notevoli quantità di materiale ferroso, di cui al reato eventualmente abituale previsto dall’art. 256, comma primo, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Sez. 7, n. 13379 del 12/1/2017, Boetti, Rv. 269406: fattispecie relativa a condotte reiterate nel tempo integranti il reato di esercizio abusivo della professione. Sez. 3, n. 48318 dell’11/10/2016, Halilovic, Rv. 268566: fattispecie relativa al reiterato conferimento di rifiuti urbani e speciali prodotti, da terzi in assenza del necessario titolo abilitativo); c) all’imputato, anche se non gravato da precedenti penali specifici, che abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima "ratio punendi"), anche nell’ipotesi in cui ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità. (Sez. 3, n. 776 del 4/4/2017, Del Galdo, Rv. 271863: fattispecie di violazioni da parte del datore di lavoro di diverse disposizioni in materia di sicurezza di cui al d. lgs. 9 aprile 2008, n. 181); d) al reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 cod. pen.) in caso di reiterazione della condotta, in quanto si configura un’ipotesi di "comportamento abituale", ostativa al riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 48315 dell’11/10/2016, Quaranta, Rv. 268498); e) alla reiterata omissione nella corresponsione dell’assegno divorzile (Sez. 2, n. 23020 del 10/5/2016, P., Rv. 267040).
 
8. Tanto richiamato in termini generali, e qui condiviso, le medesime considerazioni debbono esser adesso confrontate con il caso di specie, ossia con la condotta di reato accertata a carico dello Zugnoni e con il suo concreto atteggiarsi; ciò, al fine di verificare se la decisione assunta dalla Corte di appello di Milano – che ha negato l’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen. sul solo presupposto che "trattasi di fattispecie caratterizzata da pluralità di condotte, e quindi di carattere abituale" – possa esser ritenuta corretta in punto di diritto e conforme alla lettera e, soprattutto, alla ratio della norma di riferimento.
 
Orbene, ritiene il Collegio che la risposta fornita – di fatto, una declaratoria di inammissibilità ex se della domanda, già solo in ragione della pluralità delle mensilità interessate dall’omissione, senza dunque neppure accedere alla sua valutazione nel merito – debba esser censurata.
 
9. Al riguardo, occorre muover dalla considerazione – già più volte affermata in questa sede (Sez. 3, n. 37232 dell’ll/5/2016, Lanzoni, Rv. 268308; Sez. 3, n. 649 del 20/10/2016, Messina, Rv. 268813) – per la quale, stabilendo il d. lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali integra reato ove l’importo sia superiore a quello di 10.000 euro annui, il legislatore non si è limitato semplicemente ad introdurre un limite di "non punibilità" delle condotte lasciando inalterato, per il resto, l’assetto della precedente figura normativa (che, come noto, nessun limite prevedeva), ma ha configurato tale superamento, strettamente collegato al periodo temporale dell’anno, quale vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensività che viene a segnare, tra l’altro, il momento consumativo dello stesso; in altri termini, il reato deve ritenersi già perfezionato, in prima battuta, nel momento e nel mese in cui l’importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilità di gennaio dell’anno considerato, superi l’importo di 10.000 euro senza che, peraltro – attesa, come si è detto, la necessaria connessione con il periodo temporale dell’anno -, le ulteriori omissioni che seguano nei mesi successivi dello stesso anno sino al mese finale di dicembre possano "aprire" un nuovo periodo e, dunque, dare luogo, in caso di secondo superamento, ad un nuovo reato.
 
10. Ne consegue che tali ulteriori, eventuali omissioni contribuiscono ad accentuare la lesione inferta al bene giuridico per effetto del già verificatosi superamento dell’importo di legge, sicché, da un lato, non possono semplicemente atteggiarsi quale post factum penalmente irrilevante e, dall’altro, approfondendo il disvalore già emerso, non possono segnare, in corrispondenza di ogni ulteriore mensilità non versata, un ulteriore autonomo momento di disvalore (che sarebbe infatti assorbito da quello già in essere). "Ricorre, in realtà dunque, a ben vedere, alla stessa stregua di altre figure criminose (come, ad esempio, le fattispecie di corruzione o di usura: cfr. rispettivamente, per la prima, Sez. 6, n. 49226 del 25/09/2014, Chisso, Rv.261352; per la seconda, da ultimo, Sez. 2, n. 40380 del 11/06/2015, P.G., Tiesi in proc. Cardamene, Rv. 264887), una fattispecie caratterizzata dalla progressione criminosa, nel cui ambito, una volta superato il limite di legge, le ulteriori omissioni nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione viene a coincidere con la scadenza prevista dalla legge per il versamento dell’ultima mensilità".
 
11. Calati tutti questi principi nella vicenda in oggetto, deve allora evidenziarsi che la stessa si connota per un’omissione contributiva relativa a due sole mensilità (novembre e dicembre 2012), e per un importo complessivo di poco superiore alla soglia di punibilità (10.251,20 euro); importo – quel che rileva in modo dirimente – raggiunto non già in forza di una sola delle mensilità interessate, ma con la sommatoria delle stesse, che, singolarmente considerate, risultavano entrambe "sotto-soglia" (3.634,39 euro e 6.616,81 euro). In altri termini, il reato si è perfezionato soltanto con l’unione delle due mensilità oggetto di accertamento processuale; in assenza dell’una, o dell’altra, la condotta residua non avrebbe avuto alcuna rilevanza penale.
 
12. Da quanto precede, a giudizio del Collegio, segue dunque che la domanda ex art. 131-bis cod. pen. avanzata dallo Zugnoni non avrebbe meritato una declaratoria (de facto) di inammissibilità, sol perché coinvolgente "fattispecie caratterizzata da pluralità di condotte e, quindi, di carattere abituale". Il Giudice del merito, infatti, avrebbe dovuto considerare che, prima dell’omissione di cui alla seconda mensilità interessata, il reato non era perfezionato, e dopo la stessa quest’ultimo era ormai definitivamente consumato; in altri termini, la "pluralità di condotte" – che la sentenza ha valorizzato quale elemento ex se ostativo all’ammissibilità della domanda – ha invero costituito il discrimen tra rilevanza ed irrilevanza penale, senza il quale – si ribadisce – l’imputato sarebbe stato prosciolto perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, in assenza di ulteriori condotte omissive ex lege n. 638 del 1983 relativamente alla medesima annualità o, in generale, di ulteriori comportamenti idonei a produrre un aggravamento del reato, anche sub specie del danno.
 
13. Due sole mensilità, quindi, che di per sé – in ragione del loro concreto atteggiarsi nel caso di specie – non potevano costituire motivo di inammissibilità della domanda, emergendo, diversamente, il pericolo di soluzioni paradossali. Aderendo alla tesi della Corte di merito, infatti, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. risulterebbe sempre ammissibile (salva valutazione nel merito) in presenza di una sola omissione contributiva, relativa cioè ad un’unica mensilità, a prescindere dall’importo interessato ed alla sua eccedenza rispetto alla soglia di punibilità di 10.000,00 euro annui; per contro, risulterebbe sempre preclusa – ex se ed in termini assoluti – in presenza di plurime omissioni mensili nell’arco dello stesso anno, anche qualora la sola sommatoria di queste consentisse di superare la soglia medesima, magari per un importo inferiore rispetto a quello dell’unica mensilità citata e, quindi, con un ridotto danno erariale. 
 
Esito all’evidenza paradossale, che un’interpretazione della norma ispirata a ratio e logica deve scongiurare.
 
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza, limitatamente alla applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen., con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicabilità dell’art. 131- bis cod. pen., e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
 
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018
 

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