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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Pubblica amministrazione, Rifiuti Numero: 43174 | Data di udienza: 15 Maggio 2018

* RIFIUTI – Attività di recupero dei rifiuti – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Prescrizioni contenute nell’autorizzazione – Inosservanza delle prescrizioni normative o imposte dalla P.A. – Effetti – Natura di reato reato proprio – Art. 256 d. lgs. n.152/2006 – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 1 Ottobre 2018
Numero: 43174
Data di udienza: 15 Maggio 2018
Presidente: RAMACCI
Estensore: CERRONI


Premassima

* RIFIUTI – Attività di recupero dei rifiuti – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Prescrizioni contenute nell’autorizzazione – Inosservanza delle prescrizioni normative o imposte dalla P.A. – Effetti – Natura di reato reato proprio – Art. 256 d. lgs. n.152/2006 – Giurisprudenza.



Massima

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 01/10/2018 (Ud. 15/05/2018), Sentenza n.43174
  

RIFIUTI – Attività di recupero dei rifiuti – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Prescrizioni contenute nell’autorizzazione – Inosservanza delle prescrizioni normative o imposte dalla P.A. – Effetti – Natura di reato reato proprio – Art. 256 d. lgs. n.152/2006.
 
Configura il reato di inosservanza delle prescrizioni, previste per l’esercizio della attività di recupero dei rifiuti, qualora le stesse traggano origine da specifiche disposizioni normative o che siano direttamente imposte dalla pubblica amministrazione nell’esercizio del suo potere discrezionale (Sez. 3, n. 19955 del 09/04/2013, Balzarini). Questa violazione, integrano gli elementi del reato reato proprio, in quanto l’agente è necessariamente il soggetto destinatario del titolo abilitativo, permanente e formale, poiché richiede, per la sua configurabilità, la mera inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, ovvero la carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni, avendo come finalità quella di assicurare il controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione.
  
(conferma sentenza del 19/07/2017 – TRIBUNALE DI BELLUNO) Pres. RAMACCI, Rel. CERRONI, Ric. Golin
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 01/10/2018 (Ud. 15/05/2018), Sentenza n.43174

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 01/10/2018 (Ud. 15/05/2018), Sentenza n.43174
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Golin Siro, nato a Auronzo di Cadore;
 
avverso la sentenza del 19/07/2017 del Tribunale di Belluno;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Tocci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 
udito per il ricorrente l’avv. Stefano Conte, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 19 luglio 2017 il Tribunale di Belluno ha condannato Siro Golin, nella qualità di legale rappresentante della s.r.l. Golynrecyclling, alla pena di euro 5000 di ammenda per il reato di cui all’art. 256, comma 4, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
 
 
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione, articolato su due motivi di impugnazione. 
 
 
2.1. Col primo motivo il ricorrente ha lamentato violazione di legge, in quanto la norma contestata riguardava l’inosservanza delle prescrizioni autorizzative, nell’ipotesi in cui la condotta riguardasse la gestione dei rifiuti (tant’è che l’autorizzazione ambientale era necessaria per la gestione dei rifiuti, e non del materiale che rifiuto non era bensì materia prima secondaria, come in specie).
 
 
2.2. Col secondo motivo è stato allegato il vizio di motivazione, dal momento che lo stesso Tribunale bellunese, sebbene avesse osservato che si trattava della gestione di materia prima secondaria, aveva illogicamente ritenuto sussistente la responsabilità penale di cui alla norma richiamata.
 
 
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente stante la loro stretta connessione, è infondato.
 
 
4.1. Il provvedimento impugnato ha rilevato in fatto che, all’epoca dell’accertamento, il provvedimento autorizzativo della provincia di Belluno autorizzava la società, legalmente rappresentata dall’odierno ricorrente, al deposito nel proprio impianto di Longarone di materiali cd. MPS (materia prima secondaria), derivanti sia dalla propria attività di recupero rifiuti che ricevuti da terzi. In sede testimoniale il militare dell’Arma ha riferito che, contrariamente alle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, i materiali MPS erano stoccati in modo casuale e comunque non conforme a quanto indicato, ossia in cumuli suddivisi per tipologia merceologica e per specifiche commerciali.
 
 
4.2. Ciò premesso, l’art. 256, comma 4, d.lgs. 152 del 2006 cit. sanziona colui che, effettuando un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti, tra l’altro non osserva le prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni.
 
In specie, correttamente il provvedimento impugnato ha ricordato che appunto la sanzione penale è stata inflitta in ragione dell’inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, laddove infatti integra il reato l’inosservanza delle prescrizioni previste per l’esercizio della attività di recupero dei rifiuti, che traggano origine da specifiche disposizioni normative o che siano direttamente imposte dalla P.A. nell’esercizio del suo potere discrezionale (Sez. 3, n. 19955 del 09/04/2013, Balzarini, Rv. 255401).
 
E’ stato infatti colà osservato che il reato è reato proprio, in quanto l’agente è necessariamente il soggetto destinatario del titolo abilitativo, permanente e formale, poiché richiede, per la sua configurabilità, la mera inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, ovvero la carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni, avendo come finalità quella di assicurare il controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione (così, in motivazione, anche per ulteriori riferimenti, Sez. 3, n. 19955 cit.).
 
Non vi è pertanto dubbio che anche le prescrizioni relative alla sistemazione del cd. materiale MPS facevano parte della complessiva autorizzazione, siccome rilasciata dall’ente pubblico territoriale per le attività, tra l’altro, di recupero di rifiuti anche per la produzione di materia prima secondaria.
 
 
4.3. Ferme infatti le svolte, assorbenti, considerazioni, in ogni caso, e per quanto possa rilevare, i rilievi in fatto del provvedimento impugnato, sui quali alcunché è stato aggiunto dal ricorrente, hanno dato atto che i materiali in questione derivavano tanto dall’attività di recupero operata dalla società quanto dal diretto conferimento di terzi.
 
In definitiva, quindi (sì che anche in fatto la vicenda è distinta dalla precedente fattispecie altrimenti decisa dal Giudice bellunese, la cui sentenza è stata prodotta dal ricorrente), essi erano stati sottoposti in detta sede a trattamenti e/o ad operazioni di trasformazione ai richiamati fini oggetto dell’attività industriale, ed invero ciò era ampiamente compreso nell’autorizzato esercizio di recupero dei rifiuti, per il cui svolgimento erano state dettate anche le prescrizioni oggettivamente violate, in sé idonee ad assicurare il controllo amministrativo nell’ambito del potere discrezionale dell’Autorità competente.
 
Al riguardo, infatti, per materia prima secondaria deve intendersi quella sostanza, materia od oggetto ottenuti al termine delle operazioni di recupero di rifiuti (che ovviamente si realizza quando non sono necessari ulteriori trattamenti), e che possono essere usati in un processo industriale o commercializzati.
 
E’ infine appena il caso di ricordare quindi che per "recupero" deve intendersi qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale.
 
 
4.4. Del tutto correttamente, pertanto, la violazione delle prescrizioni è stata sanzionata nei termini fatti propri dal Tribunale bellunese.
 
 
5. Il ricorso va quindi ritenuto infondato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. 
 
Così deciso in Roma il 15/05/2018
 

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