+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 2501 | Data di udienza: 10 Ottobre 2018

* APPALTI – Procedure ad evidenza pubblica – Dovere di correttezza e buona fede – Responsabilità precontrattuale – Comportamenti anteriori e successivi al bando –  Elementi costitutivi della responsabilità – Individuazione – Valutazione rigorosa e in concreto.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 6 Novembre 2018
Numero: 2501
Data di udienza: 10 Ottobre 2018
Presidente: De Zotti
Estensore: Vampa


Premassima

* APPALTI – Procedure ad evidenza pubblica – Dovere di correttezza e buona fede – Responsabilità precontrattuale – Comportamenti anteriori e successivi al bando –  Elementi costitutivi della responsabilità – Individuazione – Valutazione rigorosa e in concreto.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 1^ – 6 novembre 2018, n. 2501


APPALTI – Procedure ad evidenza pubblica – Dovere di correttezza e buona fede – Responsabilità precontrattuale – Comportamenti anteriori e successivi al bando –  Elementi costitutivi della responsabilità – Individuazione – Valutazione rigorosa e in concreto.

Il dovere di correttezza e buona fede (e l’eventuale responsabilità precontrattuale in caso di sua violazione) sussiste, prima e a prescindere dell’aggiudicazione, in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica strumentale alla scelta del contraente, che si pone quale strumento di formazione progressiva del consenso contrattuale nell’ambito di un sistema di trattative (c.d. multiple o parallele) che determinano la costituzione di un rapporto giuridico sin dal momento della presentazione delle offerte (cfr. Cass., I, 12 maggio 2015, n. 9636; Cass., I, 3 luglio 2014, n. 15260; cfr., altresì, CdS, IV, 6 marzo 2015, n. 1142; CdS, V, 15 luglio 2013, n. 3831);  l’azione amministrativa, infatti, pur ordinariamente regolata dalla normazione di diritto pubblico, non può non sfuggire ai generali doveri di correttezza e di lealtà che massimamente deve informare l’agere dei pubblici poteri, istituzionalmente funzionali al perseguimento di interessi pubblici; la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante, indi, ben può configurarsi anche prima dell’aggiudicazione, e può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai più volte richiamati doveri di correttezza e buona fede; d’altra parte, chi entra in una trattativa precontrattuale (specie se condotta nelle forme del procedimento di evidenza pubblica, soggetto anche ai poteri di autotutela pubblicistici preordinati alla cura dell’interesse pubblico), si assume un ineliminabile margine di rischio in ordine alla conclusione del contratto; il riconoscimento della responsabilità precontrattuale modifica questa naturale allocazione dei rischi economici, determinando il trasferimento dei costi sostenuti per partecipare alla trattativa (o alla gara) da un soggetto ad un altro, cui è imputabile la scorrettezza; di qui la necessità di appurare con rigore, e con riferimento alle circostanze del caso concreto, la sussistenza degli elementi costitutivi di tale responsabilità, cioè: oggettiva violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, affidamento incolpevole del privato,  elemento soggettivo, id est ascrivibilità della violazione all’Amministrazione in termini di colpa o dolo, danno e nesso di causalità.

Pres. De Zotti, Est. Vampa – P. s.p.a. e altri (avv.ti Pontiroli e Sozzi) c. A.C. Milan S.p.A. e altro (avv. Saladino)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 1^ - 6 novembre 2018, n. 2501

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 1^ – 6 novembre 2018, n. 2501


Pubblicato il 06/11/2018

N. 02501/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02123/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2123 del 2014, proposto da
Paolo Beltrami S.p.A., in persona del Presidente del CdA e legale rappresentante pro tempore, anche nella qualità di mandataria del costituendo RTI con Diesse Electra S.p.A. e Gianni Benvenuto S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Elena Pontiroli e Mattia Sozzi, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio eletto in Milano, alla via Manara, 15;

contro

A.C. Milan S.p.A. e F.C. Internazionale Milano S.p.A., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Maurizio Saladino con il quale sono elettivamente domiciliate in Milano, al viale Regina Margherita, 43;

per il risarcimento del danno

conseguente alla revoca della procedura aperta ai sensi dell’art. 55 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, relativa all’appalto per interventi relativi al progetto Executive sottotribuna, 1° anello arancio, e di risagomatura gradoni dello stadio “G. Meazza” di Milano, revoca deliberata con determina della stazione appaltante in data 30 maggio 2014 e comunicata alla mandataria in data 6 giugno 2014.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di A.C. Milan S.p.A. e F.C. Internazionale Milano S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2018, Rocco Vampa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con bando pubblicato in GURI (13 Gennaio 2014) A.C. Milan S.p.A. ed F.C. Internazionale Milano S.p.A. indicevano una gara d’appalto per la realizzazione di “interventi relativi al Progetto Executive Sottotribuna 1° Anello Arancio e di Risagomatura Gradoni dello Stadio G. Meazza – Milano”, con importo a base d’asta di € 10.258.912,87, oltre IVA, e criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

1.1. Entro il termine prescritto dalla legge di gara pervenivano 24 offerte, ivi compresa quella formulata dalla ricorrente; in data 18 e 28 febbraio 2014 si tenevano, indi, due sedute destinate all’apertura dei plichi contenenti la documentazione amministrativa, a seguito delle quali venivano ammesse tutte le imprese partecipanti (una delle quali con riserva); le buste “B” e “C” (contenenti progetti e offerte economiche) presentate dalle imprese ammesse venivano di poi sigillate e custodite in vista del loro esame da parte della Commissione giudicatrice.

1.2. Tuttavia, in data 30 Maggio 2014, l’iter procedimentale si concludeva anzitempo per effetto del provvedimento di revoca della gara adottato dalla stazione appaltante, comunicato alle concorrenti con nota del RUP del 5 giugno 2014, tenuto conto dell’emergere di “nuove priorità in termini di individuazione delle opere” e del “concreto interesse pubblico” da rinvenirsi, “nella fattispecie, nel risparmio di risorse pubbliche”.

1.3. Con nota del 16 giugno 2014 la Paolo Beltrami S.p.A., quale “capogruppo e mandataria del costituendo RTI”, richiedeva alla Stazione Appaltante il pagamento dell’importo di € 20.785,25, a titolo di spese (inutilmente) sostenute per la partecipazione alla gara di poi revocata. La richiesta veniva respinta con nota del 2 luglio 2014.

1.4. Con il ricorso in esame, notificato in data 4 luglio 2014, la ricorrente esperiva azione volta al riconoscimento della responsabilità precontrattuale delle intimate società, ed al ristoro dei danni conseguentemente ritratti, consistenti nelle spese sostenute per partecipare alla gara, nonché “nella perdita di ulteriori occasioni per la stipulazione con altri soggetti di un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso”, danno quest’ultimo quantificato nel 2 % dell’importo contrattuale, ovvero nella misura “ritenuta di giustizia, anche in via equitativa”.

Si costituivano le società appaltanti e, all’esito della discussione nella pubblica udienza del 10 ottobre 2018, la causa veniva introitata per la decisione.

DIRITTO

2. La domanda veicolata con il ricorso, prescindendo dalla impugnazione e dalla caducazione del provvedimento di revoca, è funzionale all’acclaramento della culpa in cuntrahendo da parte della stazione appaltante, id est della violazione delle regole di buone fede e correttezza che devono sempre e comunque informare i rapporti intersoggettivi, segnatamente allorquando una delle parti rivesta lo status di “professionista” ovvero di soggetto particolarmente qualificato (Cass., I, 12 luglio 2016, n. 14188; sul contatto sociale qualificato nei rapporti tra privati e P.A. e sulla necessità di tutela dell’affidamento, anche in sede di riesercizio del potere di autotutela, da ultimo TAR Lombardia, I, 2 luglio 2018, n. 1637).

2.1. In altre parole, nella causa petendi della domanda azionata dalla ricorrente il provvedimento di revoca si inscrive quale fatto -benchè di pregnante rilevanza- all’interno di un più ampio rapporto intercorrente tra le parti (stazione appaltante, impresa ricorrente, nonché tutte le altre imprese partecipanti alla gara) nascente dal primigenio contatto sociale tra esse intercorso: pubblicazione del bando di gara e presentazione della domanda di partecipazione.

2.2. La valutazione di responsabilità ha qui ad oggetto il complessivo contegno tenuto dalla Amministrazione –ovvero dai soggetti ad essa equiparati- nell’ambito del quale l’atto amministrativo si atteggia come uno (anche se di particolare rilevanza) degli elementi fattuali di valutazione, secondo lo schema fenomenico, ben noto alla teoria generale, della cd. digressione dell’atto in fatto.

2.3. Orbene, in subiecta materia non può non venire in rilievo l’insegnamento da ultimo foggiato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (4 maggio 2018, n. 5), per cui:

– anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’Amministrazione è tenuta a rispettare non soltanto le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), ma anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza;

– il giudizio di responsabilità, da comportamento scorretto, è diverso (e più ampio) rispetto a quello avente ad oggetto la legittimità del provvedimento amministrativo che, invero, può costituire un frammento legittimo di un mosaico connotato da una condotta complessivamente superficiale, violativa degli obblighi di trasparenza, di attenzione, di diligenza, al cospetto dei quali si stagliano corrispondenti diritti soggettivi di stampo privatistico;

– non diversamente da quanto accade nei rapporti tra privati, indi, anche per la P.A. le regole di correttezza e buona fede non sono regole di validità (del provvedimento), ma regole di responsabilità (per il comportamento complessivamente tenuto);

– in questa ottica, ben si comprende il riconoscimento della responsabilità dell’Amministrazione, in caso di annullamento in via giurisdizionale o in autotutela di un provvedimento, nei confronti di chi “incolpevolmente” su quel provvedimento –a lui favorevole- abbia fatto affidamento (Cass., SS.UU., 4 settembre 2015, n. 17586; cfr., da ultimo Cass., SS.UU., 24 settembre 2018, n. 22435; Cass., SS.UU., 23 maggio 2011, nn. 6594, 6595, 6596); anche in tal caso, al di fuori cioè dall’ambito dei procedimenti di “evidenza pubblica” finalizzati alla conclusione di un contratto, il provvedimento digrada infatto, inserito in una più ampia vicenda comportamentale, retta dai generali obblighi di buona fede correttezza;

– la Corte di Cassazione ha espressamente affermato che il dovere di correttezza e buona fede (e l’eventuale responsabilità precontrattuale in caso di sua violazione) sussiste, prima e a prescindere dell’aggiudicazione, in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica strumentale alla scelta del contraente, che si pone quale strumento di formazione progressiva del consenso contrattuale nell’ambito di un sistema di “trattative (c.d. multiple o parallele) che determinano la costituzione di un rapporto giuridico sin dal momento della presentazione delle offerte, secondo un’impostazione che risulta rafforzata dalla irrevocabilità delle stesse” (cfr. Cass., I, 12 maggio 2015, n. 9636; Cass., I, 3 luglio 2014, n. 15260; cfr., altresì, CdS, IV, 6 marzo 2015, n. 1142; CdS, V, 15 luglio 2013, n. 3831);

– l’azione amministrativa, pur ordinariamente regolata dalla normazione di diritto pubblico, non può non sfuggire ai generali doveri di correttezza e di lealtà che, gravando su tutti i consociati anche in funzione solidaristica (art. 2 Cost.), massimamente deve informare l’agere dei pubblici poteri, istituzionalmente funzionali al perseguimento di interessi pubblici;

– il diritto positivo domestico, recependo principi sovranazionali per vero già direttamente applicabili ovvero in ogni caso conformanti l’attività esegetica degli organi statuali chiamati ad applicare l’ordinamento nazionale, ha espressamente introdotte regole quali: art. 1 l. 241/90 che espressamente assoggetta l’attività amministrativa ai principi dell’ordinamento comunitario tra i quali assume un rilievo primario la tutela dell’affidamento legittimo (a far data da CGUE 3 maggio 1978, C-12/77, Topfer; da ultimo, sulla valenza di regola generale, fondante il diritto dell’Unione, da attribuire al principio della tutela dell’affidamento, CGUE, 20 dicembre 2017, C-322/16, Global Starnet; cfr., CGUE 14 marzo 2013 C-545/11, Agrargenossenschaft Neuzelle); artt. 21-nonies e 21-quinquies l. 241/90 sui presupposti del potere di autotutela, che deve sempre considerare l’affidamento del privato rispetto a un precedente provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica e sul quale basa una precisa strategia imprenditoriale; art. 2-bis, comma 1, l. 241/90, sul danno da ritardo;

– assai significativa della evoluzione del quadro normativo nel senso di assegnare sempre più rilevanza al valore del “tempo” nello svolgimento dei contatti e/o dei rapporti tra Amministrazione e consociati, e dell’affidamento che in tal guisa può ingenerarsi nella parte “debole” del rapporto (id est nell’amministrato), è altresì la norma di cui all’art. 19, comma 4, l. 241/90 in tema di segnalazione certificata di inizio attività (siccome introdotta, nella sua attuale versione, dall’art. 6, comma 1, lett. a), l. 124/15) a mente della quale il potere inibitorio è esercitabile, una volta decorso il termine “fisiologicamente assegnato”, soltanto in presenza dei presupposti previsti dell’art. 21-nonies; il decorso del tempo, con la mancata attivazione da parte dell’Amministrazione, è fattoex seidoneo ad ingenerare un affidamento nel privato, suscettibile di tutela nelle medesime forme, procedimentali e sostanziali, contemplate per il caso di riesame in autotutela di situazioni in cui vi è stata una positiva manifestazione di volontà provvedimentale (favorevole);

– sotto questo profilo, come efficacemente osservato dal supremo Consesso (CdS, comm. speciale, pareri 30 marzo 2016, n. 839 e 13 luglio 2016, n. 1640) l’art. 21-nonies della legge 241/90 introduce un “nuovo paradigma” nei rapporti tra cittadino e Pubblica Amministrazione, nel quadro di una regolamentazione attenta ai valori della trasparenza e della certezza, che vale a conformare l’esercizio del potere amministrativo in funzione della tutela dell’affidamento legittimamente riposto dal privato in costanza di un rapporto ovvero a seguito di un contatto qualificato con la P.A. (Tar Lombardia, I, 1637/18, cit.);

– da tale quadro giurisprudenziale e normativo emerge, quindi, che i doveri di correttezza, lealtà e buona fede hanno un ampio campo applicativo, anche rispetto all’attività procedimentalizzata dell’Amministrazione, operando pure nei procedimenti non finalizzati alla conclusione di un contratto con un privato, ed afferendo sia ad atti e comportamenti “espressi” sia a contegni silenti, omissivi, ovvero reticenti;

– nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, di poi, i suddetti obblighi sussistono anche prima e a prescindere dall’aggiudicazione, sorgendo dal momento del primigenio contatto (pubblicazione del bando e partecipazione alle gara) e connotanti tutto l’iter procedimentale, siccome iniziatosi con la indizione della gara;

– la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante, indi, ben può configurarsi anche prima dell’aggiudicazione, e può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai più volte richiamati doveri di correttezza e buona fede;

– d’altra parte, chi entra in una trattativa precontrattuale (specie se condotta nelle forme del procedimento di evidenza pubblica, soggetto anche ai poteri di autotutela pubblicistici preordinati alla cura dell’interesse pubblico), si assume un ineliminabile margine di rischio in ordine alla conclusione del contratto; il riconoscimento della responsabilità precontrattuale modifica questa naturale allocazione dei rischi economici, determinando il trasferimento dei costi sostenuti per partecipare alla trattativa (o alla gara) da un soggetto ad un altro, cui è imputabile la scorrettezza;

– di qui la necessità di appurare con rigore la sussistenza degli elementi costitutivi di tale responsabilità, id est: oggettiva violazione degli obblighi di correttezza e buona fede; affidamento incolpevole del privato; elemento soggettivo, id est ascrivibilità della violazione all’Amministrazione in termini di colpa o dolo; danno e nesso di causalità;

– tale valutazione andrà condotta con riferimento alle circostanze del caso di specie, tenendo conto, a titolo esemplificativo: del tipo di procedimento di evidenza pubblica prescelto; dello stato di avanzamento del procedimento e del ruolo in esso rivestito dall’istante; della conoscenza o conoscibilità, secondo ordinaria diligenza, dei vizi (di legittimità o di merito) che hanno determinato l’esercizio del potere di autotutela (anche tenendo conto del tradizionale principio civilistico, secondo cui non può considerarsi incolpevole l’affidamento che deriva dalla mancata conoscenza della norma imperativa violata).

2.4. Orbene, nel caso di specie, siccome sopra rammentato in punto di fatto:

– il procedimento si iniziava con la pubblicazione del bando (GURI del 13 gennaio 2014);

– la ricorrente presentava apposita domanda di partecipazione nel termine prescritto;

– in data 18 e 28 febbraio 2014 si espletava la fase di ammissione alla gara, pel tramite dell’esame dei plichi contenenti la documentazione amministrativa dei partecipanti, con la ammissione di 24 imprese (di cui una con riserva) compresa la ricorrente;

– in data 30 maggio 2014 la stazione appaltante determinava l’arresto dell’iter procedimentale iniziatosi con la pubblicazione del bando, revocando in toto la gara per “specifiche ragioni di interesse pubblico”.

2.5. In particolare, nel preambolo del provvedimento di revoca è testualmente dato leggere che:

“la Stazione Appaltante e l’Amministrazione Comunale, sentita l’UEFA, hanno aperto un tavolo di lavoro finalizzato alla riprogrammazione del comparto delle opere attualmente in corso di rielaborazione per definire le nuove priorità in termini di individuazione delle opere stesse e delle tempistiche di esecuzione ed, in tale ambito, è stato deciso di non procedere all’esecuzione dell’intervento così come precedentemente progettato e messo in gara; il mantenimento della attuale sagomatura, peraltro, consentirebbe un notevole risparmio di spesa quanto ad i lavori da eseguire”;

– “a fronte di specifiche ragioni di interesse pubblico, alla Stazione Appaltante è riconosciuto il potere di revocare provvedimenti già emanati e di non procedere all’aggiudicazione di una gara; rientra pacificamente nella potestà discrezionale della Stazione Appaltante il potere di revoca di un bando di gara, ove sussista un concreto interesse pubblico che renda inopportuna la prosecuzione della gara medesima”;

– “tale interesse deve essere rinvenuto, nella fattispecie, nel risparmio di risorse pubbliche”.

2.5.1. E’ evidente che il “sopravvenuto motivo di pubblico interesse” che ha indotto le società resistenti a vanificare il procedimento di evidenza pubblica sia stato expressis verbis rinvenuto nella esigenza di “risparmio di risorse pubbliche”, visto che “il mantenimento della attuale sagomatura, peraltro, consentirebbe un notevole risparmio di spesa”

2.5.2. Il cd. “tavolo di lavoro” aperto con il Comune, “sentita l’UEFA”, rimane per così dire sullo sfondo del provvedimento, quale elemento fattuale volto ad illustrare le ragioni del “ripensamento”, frutto della elaborazione di “nuove priorità in termini di individuazione delle opere stesse e delle tempistiche”.

2.5.3. L’interesse pubblico su cui, invero ed inequivocabilmente, fonda l’atto di ritiro è la esigenza di contenimento della spesa pubblica, quale “specifica ragione” integrante il fatto costitutivo del “potere di revocare provvedimenti già emanati e di non procedere all’aggiudicazione di una gara”.

2.6. Sul punto, non possono rilevare, in funzione giustificativa dell’atto di revoca, le considerazioni relative alla sopravvenienza costituita dalla assegnazione al Comune di Milano (in data 18 settembre 2014) dello “svolgimento della finale di Champions League 2016 presso lo Stadio G. Meazza di Milano”; ciò che avrebbe reso necessitato, in ragione “dei tempi a disposizione per la realizzazione dei lavori necessari per lo svolgimento della finale (…) sostituire le opere previste nel progetto di riqualificazione 1° anello arancio”, trattandosi di rilievi e considerazioni:

– diversi da quelli che, solo, sono contenuti nel provvedimento di revoca, ove il ritiro degli atti di gara non è posto in correlazione con la esigenza di garantire lo svolgimento della finale della competizione europea -peraltro in allora ben lungi dall’essere oggetto di ufficiale assegnazione alla città di Milano- ma esclusivamente con ragioni di bilancio, sullo sfondo di una non meglio precisata “riprogrammazione delle opere” e della “individuazione di nuove priorità”;

– contenuti solo negli scritti difensivi, concretanti pertanto una integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato, non ammissibile in subiecta materia ove è a parlarsi di atto connotato da consistenti profili di discrezionalità, in quanto tale estraneo allo spettro applicativo dell’art. 21-octies l. 241/90 e alla logica che lo permea;

– in parte prospettati nel verbale dell’incontro del collegio tecnico del 21 maggio 2014, ma non mai riprodotti nella unica manifestazione di volontà provvedimentale che qui solo può venire in rilievo, id est nella determinazione di revoca del 30 maggio 2014;

– in ogni caso, contenuti in una delibera della Giunta comunale di Milano, n. 2247 del 14 novembre 2014, adottata a distanza di quasi sei mesi dal provvedimento di ritiro de quo agitur.

2.7. Ora, in tal guisa delimitato l’apparato motivazionale che solo vale a sorreggere l’atto di revoca, va rilevato che l’interesse pubblico ivi enucleato, vale a dire il risparmio di spesa, in ragione degli ingenti costi rivenienti dalla risagomatura dei gradoni:

– non è sopravvenuto, in ragione di eventi successivamente intervenuti aventi carattere di imprevedibilità;

– né tampoco èemerso successivamente, atteso che la effettiva consistenza dei lavori de quibus e delle spese relative non potevano non esser note anche al momento della pubblicazione del bando.

2.8. Ne discende la oggettiva sussistenza della violazione degli obblighi di buona fede e correttezza da parte della stazione appaltante che, a distanza di pochi mesi dalla indizione pone nel nulla la gara (cui erano state già ammesse 24 imprese, tra cui la ricorrente) per mere ragioni di risparmio (non frutto di eccezionali eventi sopraggiunti), in tal guisa concretando esercizio di un vero e proprio ius poenitendi.

2.8.1. Lo stesso verbale dell’incontro del collegio tecnico del 21 maggio 2014 ove –contrariamente a quanto poi sarà rimarcato nel provvedimento di revoca- il rappresentante delle società concessionarie (odierne resistenti) rimarcava che “la risagomatura dei gradoni non riveste più interesse per la finale di Champion’s League”, così che per tale ragione la gara “sarà revocata”, appare vieppiù confermare che il complessivo comportamento della stazione appaltante non si è informato agli indefettibili canoni di trasparenza, lealtà, clare loqui, buona fede e correttezza normativamente esigibili.

2.8.2. Parimenti, la successiva indizione dopo 8 mesi di procedure ad evidenza pubblica per la realizzazione di opere, sia pure parzialmente diverse e con impegni di spesa inferiori, ma in ogni caso afferenti alla ristrutturazione (anche) della porzione di stadio oggetto della gara per cui è causa, vale a confermare la natura di mero “ripensamento” della revoca del 30 maggio 2014.

2.9. Analogamente deve riconoscersi:

– la soggettiva ascrivibilità alle società resistenti del suddetto contegno illecito;

– l’incolpevole affidamento riposto dalla impresa nella prosecuzione della competizione e, dunque, la lesione del suo interesse (diritto) a non essere inutilmente coinvolta in un procedimento di poi vanificatosi.

3. La domanda di risarcimento del danno va, pertanto, accolta.

3.1. Può, a tal fine e in mancanza di opposizione delle parti, procedersi ad individuare ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a. i criteri in base ai quali le società resistenti determineranno il quantum debeatur, all’uopo formulando apposita proposta di pagamento in favore della società ricorrente entro un congruo termine, fissato in giorni 60 dalla comunicazione ovvero dalla notificazione, se anteriore, della presente sentenza.

3.2. Vanno quivi ribaditi i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di responsabilità precontrattuale nei procedimenti ad evidenza pubblica, in forza dei quali e conformemente ai principi generali in tema di culpa in cuntrahendo, va ristorato il c.d. interesse negativo, id est l’interesse a non intraprendere trattative inutili e dispendiose (CdS, IV, 20 febbraio 2014, n. 790), e dunque il danno a tale titolo risarcibile è unicamente quello consistente nella perdita derivata dalle spese inutilmente sostenute e dalle perdite sofferte per non avere usufruito di ulteriori occasioni, c.d. chance contrattuale alternativa (CdS, a.p., 5 settembre 2005, n. 6; da ultimo, CdS, V, 21 maggio 2018, n. 3025).

3.3. Orbene, quanto al danno consistente nelle spese sostenute per la partecipazione alla gara, vanno riconosciute alla società ricorrente tutte quelle partitamente indicate nei documenti versati in atti (docc. 4, 5, 6, 7 e 8, fascicolo della ricorrente) relative agli esborsi sostenuti, oltre che per la cauzione e AVCP, per le attività professionali e progettuali espletate in suo favore da soggetti terzi, nonché quelle relative “ai costi del personale della Paolo Beltrami s.p.a.” in relazione alle diverse funzioni svolte (analisi preliminare e consuntiva, verifica computo, sopralluoghi, ricerche aree per stoccaggio, redazione patti parasociali RTI et similia; doc. 8).

3.3.1. Trattasi, peraltro, di spese:

– già individuate dalla società ricorrente con la nota del 17 giugno 2014 (doc. 5, fascicolo resistenti), per un importo di € 20.785,25, comprensivo dei pagamenti concretamente effettuati nei confronti di terzi, nonchè dei costi sofferti in ragione dell’impiego di “personale proprio” nella redazione della domanda di partecipazione, tenuto conto che la formulazione della offerta implicava, “relazioni tecniche descrittive, elaborati grafici di dettaglio, computi metrici estimativi, stime dei costi interni per la sicurezza, schede integrative al PSC (cfr. punto 20, pag. 4 del bando di gara)” (pag. 8, memoria della ricorrente del 4 settembre 2018) e, dunque una effettiva “distrazione” di risorse umane e materiali tali da inverare, secondo l’id quod plerumque accidit, un costo per la società;

– che è ragionevole reputare siano sostenute dalla impresa partecipante ad una procedura di tal fatta, tenuto conto delle peculiarità della offerta e delle elaborazioni progettuali richiesti dal bando;

– non specificamente e puntualmente contraddette, sia per quanto attiene all’an (relativamente alla natura e alla qualità delle prestazioni effettivamente necessarie per la formulazione di una offerta, secondo le prescrizioni della legge di gara) che al quantum, limitandosi le società resistenti a genericamente negare che “meri elenchi delle spese” possano assumere rilevanza probatoria.

3.3.2. Non vanno, di contro, riconosciuti i “costi del personale” asseritamente sopportati della altre due società costituenti il raggruppamento di cui era mandataria la società ricorrente, atteso che ai fini che ci occupano –nell’ambito del procedimento di gara, e nei confronti della stazione appaltante- le tre imprese de quibus (parti del costituendo RTI) costituivano un unico centro di imputazione di interessi e, dunque, una unica “parte”, ancorchè soggettivamente complessa. La partecipazione alle attività preliminari dei dipendenti delle diverse società costituenti il raggruppamento ed il coordinamento organizzativo tra di loro, costituisce la necessaria scaturigine della natura “complessa” del raggruppamento, frutto di una libera scelta delle imprese che ne fanno parte e, dunque:

– non può avere rilevanza ab externo, nei rapporti con la stazione appaltante;

– non può sortire, indi, l’effetto di moltiplicare le voci di costo nei confronti dei terzi.

Unico è il soggetto partecipante (anche se nella forma di RTI), unica è l’offerta e, indi, i “costi” riferibili alla attività espletata da “personale interno” vanno riferiti a quella sofferti da una società, melior dalla mandataria e capogruppo del raggruppamento.

3.4. Non può essere accolta, di contro, la domanda con riferimento alla perdita di chance.

3.4.1. Viene quivi in rilievo la lesione alla libera esplicazione della iniziativa economica della impresa coinvolta in inutili trattative e, dunque, cui è stato colpevolmente preclusa la possibilità di fattivamente e proficuamente impegnarsi in altre trattative o procedure di evidenza pubblica, per la aggiudicazione di commesse.

3.4.2. Trattasi di bene che “presenta le stimmate dell’interesse pretensivo” e postula “la preesistenza di un quid su cui andrà ad incidere sfavorevolmente la condotta colpevole del danneggiante impedendone la possibile evoluzione migliorativa” (da ultimo, per tutte, Cass., III, 9 marzo 2018, n. 5641); nella fattispecie, la capacità professionale ed imprenditoriale dell’operatore partecipante ad una pubblica gara, e la sua concreta attitudine “produttiva” –funzionale alla acquisizione di contratti ed al loro espletamento- viene in certo modo compressa e conculcata dal negligente agere della stazione appaltante, cui causalmente conseguono “possibilità perdute” di arricchimenti patrimoniali (ancorchè eventuali).

3.4.3. Tuttavia, le occasioni favorevoli di cui si lamenta la perdita non devono essere astratte, ma avere un minimo di concretezza e consistenza (CdS, VI, 10 gennaio 2010, n. 20; CdS, V, 8 agosto 2014, n. 4248). Nel caso di specie le allegazioni della ricorrente, e la documentazione prodotta, non valgono a lumeggiare, né tampoco a comprovare, la esistenza di una effettiva chance di alternative contrattuali –nella sua necessaria dimensione di apprezzabilità, serietà e consistenza- persa in ragione della partecipazione alla procedura de qua.

3.4.4. Nel ricorso, invero, sono riportati elenchi di bandi di gara pubblicati nel periodo in cui era in corso la trattativa, dolendosi la ricorrente che a causa della trattativa in corso le imprese facenti parte del raggruppamento non avrebbero potuto concorrere ad altre gare, potenzialmente appetibili e per le quali si era anche manifestato interesse.

3.4.5. E, tuttavia:

– è pacificamente riconosciuto che le imprese del costituendo RTI non hanno presentato domanda di partecipazione a dette procedure;

– non vi è alcun principio di prova, indi, sulla possibilità che vi fosse un -serio, apprezzabile e consistente- margine di possibile vittoria in caso di partecipazione.

Viene, dunque, a mancare la stessa esistenza dell’evento di danno, mancando in nuce il bene leso, cioè una concreta possibilità di conseguire un risultato vantaggioso.

3.4.6. Sotto altro aspetto, non è stato neanche allegato che le maestranze e i mezzi d’opera delle imprese facenti parte del RTI fossero di entità e consistenza tali da impedire ad esso raggruppamento di essere contemporaneamente impegnato sul fronte delle trattative con le società resistenti e su quello della partecipazione ad altre gare di appalto.

3.4.7. Non è dimostrato (e neanche allegato) che la perduta possibilità di acquisire altri appalti pubblici sia causalmente riconducibile alla partecipazione (inutile) alla gara di che trattasi. Sotto questo profilo, indi, viene a mancare –ancor prima che l’evento di danno- il nesso di causalità, all’esito della valutazione improntata, come è noto, al principio civilistico del “più probabile che non” (Cass., 18392/17; Cass., 15991/11).

3.4.8. Non risulta dunque provato:

– che nel periodo della trattativa si siano presentate alla ricorrente concrete favorevoli occasioni; manca la chance e, dunque, l’evento di danno, mancando il bene sostanziale la cui lesione concreta il danno;

– in ogni caso, il nesso causale tra la condotta della stazione appaltante e la mancata possibilità di concorrere alla aggiudicazione di altri appalti.

3.4.9. In altre parole, ai fini che ci occupano duplice è l’oggetto della disamina:

– dapprima, la relazione causale –da accertarsi secondo il consueto metro di giudizio del “più probabile che non”, tra la condotta tenuta dalla stazione appaltante e la mancata partecipazione ad altre trattative prodromiche alla conclusione di contratti;

– in seguito, una volta acclarata la sussistenza del nesso di causalità tra condotta ed evento (mancata partecipazione ad altre trattative), la possibilità o probabilitàche dette trattative (cui non si è potuto partecipare in ragione dell’illecito contegno del danneggiante) conducessero al conseguimento del risultato sperato, costituito dal conseguimento dei contratti e dei correlati incrementi patrimoniali.

3.4.10. Nella fattispecie, ambedue detti giudizi conducono, sulla scorta delle considerazioni sopra esposte, ad un esito negativo per la ricorrente, mancando la prova sia del nesso di causalità che della esistenza stessa di una chance, intesa quale apprezzabile possibilità/probabilità di ottenimento dell’evento sperato.

4. In definitiva, in accoglimento parziale della domanda di risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale, la stazione appaltante va condannata al ristoro dei danni ritratti dalla ricorrente nei sensi e nei limiti di cui sopra, di talchè, in applicazione dell’art. 34, comma 4, c.p.a.:

– entro 60 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore, della presente decisione, la stazione appaltante, dovrà, previa instaurazione di un contraddittorio con la ricorrente, proporle il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno per lesione dell’interesse negativo, nei limiti delle spese sostenute per la partecipazione alla gara, nulla essendo dovuto a titolo di perdita di chance di alternative contrattuali;

– l’importo offerto dovrà essere pari alle spese sofferte per la elaborazione della offerta, comprensivo dei costi del personale dipendente della mandataria del RTI, nell’importo già in via stragiudiziale richiesto con la nota del 16 giugno 2014, pari a € 20.785,25;

– l’importo così individuato è oggetto di rivalutazione monetaria (secondo l’indice medio dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat) che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, con gli interessi compensativi (determinati in via equitativa assumendo come parametro il tasso di interesse legale) calcolati sulla somma periodicamente rivalutata, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno dell’effettivo pagamento.

Tenuto conto dell’accoglimento solo parziale della domanda, le spese di lite, pur se poste a carico della stazione appaltante, vanno contenute nella misura liquidata in dispositivo.


P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in parte motiva e, per l’effetto:

– accerta il diritto della ricorrente al ristoro dei danni ritratti in ragione del contegno tenuto dalla stazione appaltante, integrante illecito precontrattuale;

– rimette alle società resistenti la formulazione nei confronti della ricorrente di una proposta di risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., entro 60 giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, secondo i criteri di cui in motivazione;

– condanna le società resistenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese di lite, liquidate complessivamente, tenuto conto del parziale accoglimento della domanda, in € 2.500,00, oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato versato dalla ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2018, con l’intervento dei signori magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente
Fabrizio Fornataro, Consigliere
Rocco Vampa, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Rocco Vampa
        
IL PRESIDENTE
Angelo De Zotti
        
        
IL SEGRETARIO

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!