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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 53670 | Data di udienza: 23 Ottobre 2018

RIFIUTI – Insediamento produttivo di recupero di rifiuti – Sequestro preventivo dell’area adibita a deposito – Terreno attiguo censito quale "seminativo arboreo" – Art. 256 d.lgs n. 152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Provvedimenti cautelari reali – Sequestro preventivo – Nozione di violazione di legge – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 29 Novembre 2018
Numero: 53670
Data di udienza: 23 Ottobre 2018
Presidente: SARNO
Estensore: GAI


Premassima

RIFIUTI – Insediamento produttivo di recupero di rifiuti – Sequestro preventivo dell’area adibita a deposito – Terreno attiguo censito quale "seminativo arboreo" – Art. 256 d.lgs n. 152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Provvedimenti cautelari reali – Sequestro preventivo – Nozione di violazione di legge – Giurisprudenza.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 29/11/2018 (Ud. 23/10/2018), Sentenza n.53670
 

RIFIUTI – Insediamento produttivo di recupero di rifiuti – Sequestro preventivo dell’area adibita a deposito – Terreno attiguo censito quale "seminativo arboreo" – Art. 256 d.lgs n. 152/2006.
 
Sussiste il presupposto del fumus in relazione all’incolpazione provvisoria di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) del d.lgs n. 152 del 2006 (capo 2), con riferimento al deposito su terreno sterrato, privo di pavimentazione e separazione delle acque, attiguo all’insediamento produttivo di recupero di rifiuti, terreno censito quale "seminativo arboreo", non pericolosi codice CER 170405 (ferro e acciaio) e altri rifiuti codice CER 160214 (motori elettrici, apparecchiature fuori uso).
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Provvedimenti cautelari reali – Sequestro preventivo – Nozione di violazione di legge – Giurisprudenza.
 
In tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge. Nella nozione di "violazione di legge" rientrano, in particolare, gli "errores in iudicando" o "in procedendo", e anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi). Non può, invece, essere dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui alla lett. e) dell’art. 606, stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua; Sez. U., n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S.).
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso ordinanza TRIBUNALE DEL RIESAME DI VARESE – 15/05/2018) Pres. SARNO, Rel. GAI, Ric. Serughetti

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 29/11/2018 (Ud. 23/10/2018), Sentenza n.53670

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 29/11/2018 (Ud. 23/10/2018), Sentenza n.53670
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Serughetti Gabriele, nato a Gallarate
 
avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Varese in data 15/05/2018;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
 
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta Marinelli che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza emessa in data 15 maggio 2018, il Tribunale del riesame di Varese ha respinto il ricorso, ex art. 322 cod.proc.pen., proposto da Gabriele Serughetti, per l’effetto, ha confermato il decreto di sequestro preventivo dell’area contraddistinta dal mapp. 3204 del Comune di Mornago, di proprietà della Immobiliare SG srl, di cui il Serughetti è legale rappresentante, emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio in data 12/04/2018, nell’ambito di indagine per il reato di cui all’art. 256 comma 1 e comma 4 del d.lgs n. 152 del 2006.
 
A Gabriele Serughetti – quale legale rappresentante della Euro Steel srl – sono contestate:
 
1) la violazione dell’art. 256 comma 4 del d.lgs n. 152 del 2006, per avere effettuato nell’impianto di Mornago, la gestione di rifiuti non pericolosi (materiale ferroso e non ferroso) in eccedenza rispetto all’autorizzazione, in settori diversi rispetto alle aree autorizzate e privi di individuazione separazione con l’utilizzo improprio di cassoni destinati a sovvalli;
 
2) la violazione dell’art. 256 comma 1 del d.lgs n. 152 del 2006, per avere effettuato, su terreno sterrato privo di pavimentazione e separazione delle acque, censito come "seminativo arboreo", attività di gestione di rifiuti non pericolosi, motori elettrici e pannelli, in assenza di autorizzazione, rispetto alle quali il Tribunale cautelare ravvisava, come richiesto dal Pubblico Ministero, il fumus commissi delicti e il periculum in mora perdurando la situazione di illiceità fino a rimozione dei rifiuti, con riferimento al solo capo 2) dell’incolpazione provvisoria.
 
 
2. Propone ricorso per cassazione l’indagato, a mezzo del proprio difensore, deducendo due motivi di ricorso.
 
– Violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’art. 321 comma 1 cod.proc.pen.
 
Il Tribunale cautelare avrebbe confermato il decreto di sequestro con riguardo al fumus commissi delicti anche in relazione al capo 1), per il quale il Giudice lo aveva escluso, avendolo ritenuto solo con riferimento al capo 2).
 
– Violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’art. 321 comma 1 cod.proc.pen.
 
Il Tribunale avrebbe confermato il provvedimento sul rilievo che sul mappale risultavano presenti i rifiuti, affermazione rispetto alla quale l’indagato ha proposto querela per falso in relazione alla ritenuta natura di rifiuto di quanto rinvenuto. A tale riguardo, si trattava di materiale ferroso End of Waste, e non dunque di rifiuto, come rilevato anche con riferimento al materiale rinvenuto nell’insediamento e oggetto di contestazione sub 1).
 
Chiede l’annullamento dell’ordinanza.
 
 
3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il gravame è manifestamente infondato. 
 
In via preliminare, questa Corte osserva che, in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge. Nella nozione di "violazione di legge" rientrano, in particolare, gli "errores in iudicando" o "in procedendo", e anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093). Non può, invece, essere dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui alla lett. e) dell’art. 606, stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).
 
Tenuto conto dell’ambito cognitivo, manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso risultando, chiaramente dal tenore del provvedimento genetico e di quello impugnato, che il Giudice, prima, e il Tribunale cautelare, poi, hanno ritenuto il presupposto del fumus con riferimento solo all’incolpazione provvisoria di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) del d.lgs n. 152 del 2006 (capo 2), con riferimento al deposito, sul terreno attiguo all’insediamento produttivo di recupero di rifiuti, terreno censito quale "seminativo arboreo", di rifiuti non pericolosi codice CER 170405 (ferro e acciaio) e altri rifiuti codice CER 160214 (motori elettrici, apparecchiature fuori uso). Ed invero, lo stesso Pubblico Ministero aveva avanzato richiesta di sequestro preventivo con riferimento al solo capo 2), richiesta accolta dal Giudice delle indagini preliminari la cui decisione è stata confermata dal Tribunale. Nessuna violazione di legge sotto il profilo della violazione del principio della domanda non essendo la decisione emessa ultra petita.
 
Quanto al secondo motivo di ricorso, esso è inammissibile perché sollecita alla Corte una nuova e diversa valutazione della qualifica di "rifiuto" di quanto rinvenuto sul terreno che dovrebbe essere fondata, secondo la prospettazione difensiva, sulla proposizione di una querela per falso (rispetto al verbale di sopralluogo) di cui si contesta, si badi, la accertata natura di rifiuto, senza peraltro neppure contestare il fatto storico del rinvenimento sul terreno di rottami ferrosi, acciaio, motori elettrici e apparecchiatura in disuso, la cui natura di rifiuto discende dalla valutazione operata dal giudice, giudice che sul corretto rilievo della natura di rifiuto di quanto rinvenuto sul terreno, ha disposto il sequestro in presenza dei presupposti applicativi del fumus e del periculum in mora ora non contestato.
 
La motivazione non è solo presente ma è anche congrua e corretta in diritto. 
 
5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2. 000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. 
 
Così deciso il 23/10/2018
 

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