Argomento: Legislazione | Categoria: Inquinamento del mare
| Organo emanante: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare | Data: 15 Luglio 2016
Pubblicato su: Gazzetta Ufficiale | Numero Gazzetta: 208 | Supplemento:
Data pubblicazione: 6 Settembre 2016 | Numero supplemento: | Data suplemento:
Allegato:
Riassunto: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Regolamento recante la disciplina delle modalita’ e delle norme tecniche per le operazioni di dragaggio nei siti di interesse nazionale, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84. (GU n.208 del 6-9-2016)
Decreto 15 luglio 2016, n. 172
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Regolamento recante la disciplina delle modalita’ e delle norme tecniche per le operazioni di dragaggio nei siti di interesse nazionale, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84.
(GU n.208 del 6-9-2016)
IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
di concerto con
IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la legge 28 gennaio 1994, n. 84 e successive modificazioni, recante «Riordino della legislazione in materia portuale»;
Visto l’articolo 5-bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84 e successive modificazioni, che prevede che il progetto relativo ad operazioni di dragaggio nelle aree portuali e marino costiere poste in siti oggetto di interventi di bonifica di interesse nazionale sia approvato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sotto il profilo tecnico-economico, e poi trasmesso al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ai fini dell’approvazione definitiva;
Visto l’articolo 5-bis, comma 1 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 e successive modificazioni, ai sensi del quale il progetto di dragaggio deve basarsi su tecniche idonee ad evitare la dispersione del materiale, ivi compreso l’eventuale progetto relativo alle casse di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento di cui al comma 3 del medesimo articolo;
Visto che l’articolo 5-bis, comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, prevede che il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e trasporti, adotti con proprio decreto le norme tecniche applicabili alle operazioni di dragaggio nelle aree portuali e marino costiere poste in siti di bonifica di interesse nazionale al fine dell’eventuale reimpiego dei materiali dragati ed al fine di quanto previsto dal comma 2 del medesimo articolo 5-bis;
Vista la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque ed, in particolare, l’articolo 1, che pone l’obiettivo di proteggere, rafforzare e migliorare l’ambiente acquatico;
Vista la direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento, ed in particolare l’articolo 4, comma 3 riferimento ai criteri di definizione dei corpi idrici artificiali o fortemente modificati;
Vista la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 sui rifiuti, che ha abrogato e sostituito la direttiva 2006/12/CE;
Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349, di «Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale»;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59, ed in particolare l’articolo 80, comma 1, lettera s), che individua tra i compiti di rilievo nazionale in materia di inquinamento delle acque l’autorizzazione agli scarichi in mare da parte di navi e aeromobili;
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale» e successive modifiche ed integrazioni ed, in particolare, l’articolo 109, comma 2, che prevede l’adozione di un decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole alimentari e forestali, per la definizione di modalita’ tecniche ed i criteri generali per il rilascio dell’autorizzazione all’immersione in mare di materiale derivante da attivita’ di escavo dei fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
Visto l’articolo 252, comma 4, del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che attribuisce al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare la competenza sulla procedura di bonifica dei siti di interesse nazionale;
Visto il decreto 7 novembre 2008 recante «Disciplina delle operazioni di dragaggio nei siti di bonifica di interesse nazionale, ai sensi dell’articolo 1, comma 996, della legge 27 dicembre 2006, n. 296»;
Acquisito il formale concerto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, reso con nota n. 0018553 del 9 maggio 2016;
Udito il parere interlocutorio del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 28 gennaio 2016, nonche’ il parere del Consiglio di Stato, espresso nella sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 24 marzo 2016;
Vista la nota n. 12837 del 13 giugno 2016, con cui e’ stata resa alla Presidenza del Consiglio dei ministri la comunicazione ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Adotta
il presente decreto:
Art. 1
Finalita’ e ambito di applicazione
1. In attuazione dell’articolo 5-bis, comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, il presente decreto disciplina le modalita’ e le norme tecniche delle operazioni di dragaggio nelle aree portuali e marino costiere poste in siti di bonifica di interesse nazionale, anche al fine del reimpiego dei materiali dragati ovvero per gli utilizzi di cui al comma 2 del medesimo articolo 5-bis.
2. Tutte le operazioni di dragaggio, inclusa la movimentazione del sedimento, il trasporto, la collocazione finale secondo le modalita’ di cui all’articolo 5-bis, comma 2, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, devono essere realizzate secondo modalita’ tali da prevenire o ridurre al minimo gli impatti sull’ambiente circostante, ed in particolare escludendo ogni deterioramento significativo e misurabile delle risorse naturali interessate e delle loro utilita’, nonche’ eventuali dispersioni e rilasci accidentali di materiale.
3. Le operazioni di deposito, trasporto e trattamento del materiale che non rispetta i requisiti di qualita’ stabiliti per l’utilizzo ai sensi dell’articolo 5-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84 restano soggette al regime dei rifiuti di cui alla Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
4. Il presente decreto non si applica alle operazioni inerenti i materiali provenienti dai siti di interesse nazionale risultanti da operazioni di dragaggio nelle aree portuali e marino costiere, destinati ad essere gestiti al di fuori di detti siti. Tali operazioni sono autorizzate nel rispetto delle modalita’ discendenti dall’applicazione dell’articolo 109, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) sito di interesse nazionale: sito oggetto di interventi di bonifica ai sensi dell’articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni;
b) area portuale: struttura naturale o artificiale, posta sul litorale in grado di fornire protezione da avverse condizioni meteo e di consentire l’approdo e l’ormeggio a imbarcazioni, il carico/scarico merci e l’imbarco/sbarco di persone;
c) area marino costiera: area compresa tra la linea di costa, ovvero la zona di interfaccia o di transizione tra terra e mare, che puo’ presentare forme e dinamiche diverse, non prestandosi per definizione a rigidi confini spaziali, e il limite della perimetrazione del sito di interesse nazionale;
d) corpo idrico di provenienza: elemento distinto e significativo di acque superficiali e relativi fondali di un bacino artificiale, di un fiume o canale o parte di essi nonche’ di ambienti di transizione o di aree marino costiere, posti in sito di interesse nazionale e dal quale provengono i materiali dragati;
e) reimpiego: immissione o refluimento dei materiali dragati nell’ambito del corpo idrico di provenienza anche al fine di rifacimento degli arenili, per la formazione di terreni costieri, per il miglioramento dello stato dei fondali attraverso attivita’ di capping o per il riempimento di casse di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento ovvero impieghi a terra o in aree con falda naturalmente salinizzata;
f) deposito temporaneo: temporaneo stoccaggio dei materiali dragati in strutture appositamente create nella zona di intervento ed autorizzate con provvedimento dell’autorita’ competente in cui sono indicate le specifiche prescrizioni tecniche atte a garantire il corretto contenimento del materiale e la durata che, ai sensi l’articolo 5, comma 5, della legge 28 gennaio 1994, n. 84 non puo’ eccedere il periodo massimo di trenta mesi.
Art. 3
Progetto di dragaggio
1. Ai fini di non pregiudicare le operazioni di bonifica del sito di interesse nazionale, il progetto di dragaggio, presentato ai sensi dell’articolo 5-bis comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, deve contenere:
a) i risultati della caratterizzazione dell’area da dragare, e ove necessario, i risultati della caratterizzazione del sito di reimpiego;
b) l’individuazione dell’area da dragare mediante l’indicazione delle coordinate geografiche dei vertici che compongono l’area nel sistema di riferimento WGS84;
c) le metodologie prescelte per l’intero processo di gestione del sedimento dragato o delle singole frazioni dello stesso, dal dragaggio fino alla collocazione o riutilizzo finali, secondo le indicazioni dell’allegato A al presente decreto, ed il relativo cronoprogramma delle attivita’;
d) i metodi e le misure previste per la mitigazione degli effetti attesi derivanti dalle modalita’ operative e gestionali prescelte, secondo le indicazioni dell’allegato A al presente decreto;
e) il piano di monitoraggio previsto per l’intero processo di movimentazione e gestione del sedimento, secondo le indicazioni dell’allegato A al presente decreto;
f) le modalita’ di verifica dei fondali dragati;
g) il progetto di realizzazione di eventuali casse di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento destinate ad accogliere il sedimento dragato o le singole frazioni dello stesso;
h) le modalita’ di gestione dei sedimenti dragati a terra secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis comma 2, della legge 28 gennaio 1994, n. 84.
2. Nel caso in cui la Commissione di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 consideri che il progetto di dragaggio vada assoggettato a valutazione di impatto ambientale, il termine di 30 giorni di cui all’articolo 5-bis, comma 1, e’ interrotto nelle more della presentazione dello studio di impatto ambientale da parte del proponente e del completamento della procedura di VIA da parte dell’autorita’ competente, nel rispetto dei termini fissati dalla normativa vigente.
3. La documentazione e’ depositata su supporto informatico, contestualmente, presso gli uffici competenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. I predetti Ministeri hanno la facolta’ di chiedere un’integrazione della documentazione, una verifica della sussistenza dei requisiti o un approfondimento d’indagine al proponente o, una richiesta di parere agli enti e agenzie deputati al monitoraggio ambientale e sanitario. In tale caso il termine di cui all’articolo 5-bis, comma 1, e’ interrotto nelle more della trasmissione, entro il termine fissato dalla richiesta e non oltre 30 giorni, dalle relative integrazioni o pareri.
4. Ai fini del reimpiego dei sedimenti dragati e per la relativa autorizzazione all’utilizzo degli stessi in ambiente marino o terrestre, e fatte salve le eventuali competenze delle regioni, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare puo’ convocare un apposito tavolo tecnico per la valutazione del progetto e delle documentazioni integrative pervenute, finalizzato all’esame congiunto degli aspetti ambientali con le autorita’ ed agenzie ambientali competenti in materia.
Art. 4
Modalita’ di reimpiego dei materiali dragati
1. Ai fini del reimpiego dei materiali dragati nell’ambito del corpo idrico di provenienza e per la relativa autorizzazione all’utilizzo degli stessi, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 2, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, il progetto di dragaggio individua:
a) l’idoneita’ dei sedimenti a essere immessi o refluiti nei corpi idrici dai quali provengono, ovvero utilizzati per il rifacimento degli arenili, per formare terreni costieri ovvero per migliorare lo stato dei fondali attraverso attivita’ di capping;
b) l’idoneita’ dei sedimenti ad essere impiegati a terra o in aree con falda naturalmente salinizzata;
c) l’idoneita’ dei sedimenti ad essere refluiti in strutture di contenimento.
Art. 5
Forme di pubblicita’
1. Al fine di garantire idonea forma di pubblicita’ al procedimento di cui ai precedenti articoli, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, il decreto di approvazione e’ pubblicato sul sito internet istituzionale del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Art. 6
Norme transitorie
1. Le caratterizzazioni dei fondali in aree diverse da quelle portuali, e comunque interne alla perimetrazione dei siti di interesse nazionale, realizzate con criteri analoghi a quelli riportati nell’allegato A del decreto ministeriale 7 novembre 2008 e verificate dall’ARPA territorialmente competente restano valide e efficaci ai fini di cui all’articolo 2 purche’ realizzate prima della data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.
Roma, 15 luglio 2016
Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
Galletti
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Delrio
Visto, il Guardasigilli: Orlando
Registrato alla Corte dei conti il 25 agosto 2016 Ufficio controllo atti Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, registro n. 1, foglio n. 2808
Allegato A
Modalita’ e norme tecniche per i dragaggi dei materiali
1. Ambito di applicazione.
Le modalita’ e le norme tecniche contenute nel presente allegato si applicano ai progetti di dragaggio dei sedimenti marini di aree portuali e marino – costiere incluse nelle perimetrazioni dei Siti di Interesse Nazionale (SIN) individuati ai sensi dell’articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ai fini della corretta esecuzione delle attivita’ di dragaggio e trasporto per la collocazione del materiale dragato.
2. Gestione ambientale del processo di movimentazione dei sedimenti.
I sedimenti dragati all’interno di aree portuali e marino – costiere incluse nella perimetrazione dei Siti di Interesse Nazionale (SIN), devono essere preliminarmente caratterizzati sulla base di metodologie e criteri stabiliti dall’Allegato A del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 7 novembre 2008. In esito a tale caratterizzazione possono risultare possibili una o piu’ delle modalita’ di gestione di cui all’art. 5-bis, comma 2, della legge 28 gennaio 1994, n. 84.
Le scelte progettuali, effettuate in conformita’ di quanto previsto dall’articolo 3 del presente decreto, possono essere adottate in funzione delle caratteristiche e peculiarita’ delle aree oggetto d’intervento ed anche sulla base di modelli matematici adeguatamente implementati in grado di prevedere, per i diversi scenari ipotizzati, il comportamento del sedimento movimentato in ambiente acquatico e i processi di dispersione e/o diffusione della contaminazione eventualmente presente. I risultati di tali modelli, ove applicati, devono costituire parte integrante del progetto di dragaggio di cui all’articolo 3 del presente decreto.
3. Dragaggio del materiale.
3.1. Dragaggio convenzionale.
La rimozione del sedimento dai fondali marini puo’ avvenire principalmente mediante draghe convenzionali di tipo «meccanico» o «idraulico» o, piu’ raramente, con sistemi di dragaggio «idrodinamico».
Le draghe meccaniche di tipo convenzionale (draghe a secchie, a benna o a cucchiaio, a benna mordente o a grappo) utilizzano una strumentazione meccanica per lo scavo ed il sollevamento del materiale. Le draghe idrauliche di tipo convenzionale (draghe aspiranti stazionarie con o senza disgregatore, draghe aspiranti semoventi con pozzo di carico) sollevano ed allontanano idraulicamente, mediante pompaggio, il materiale smosso (miscela di sedimento e acqua). Il dragaggio idrodinamico consiste nel «disturbare» ovvero sollevare, con forze meccaniche o idrauliche, il sedimento che, a seconda della tecnologia di dragaggio prescelta, viene semplicemente trasportato via dalle correnti (tecniche di agitazione), ad opera della forza di gravita’ (tecniche d’impiego di getti d’acqua sotto pressione) o grazie ad una spinta meccanica fornita dal sistema dragante (tecniche di aratura).
Numerosi sono i potenziali effetti del dragaggio sull’ecosistema marino-costiero, principalmente connessi con l’aumento della torbidita’ delle acque e la dispersione, ovvero diffusione delle sostanze contaminanti presenti nei
sedimenti:
alterazione dell’equilibrio ecosistemico ovvero produttivo di ecosistemi sensibili, compromissione di usi legittimi del mare, biomagnificazione degli inquinanti nella catena trofica.
3.2. Dragaggio ambientale.
Rispetto al dragaggio convenzionale, il dragaggio di tipo «ambientale» utilizza le migliori tecnologie disponibili integrate con opportune misure di mitigazione degli effetti sull’ecosistema.
Il dragaggio «ambientale» deve soddisfare i seguenti requisiti:
misure per ridurre al minimo la risospensione dei sedimenti e dell’incremento della torbidita’;
La testa dragante deve essere progettata e successivamente manovrata in modo tale da ridurre il disturbo al sedimento e la conseguente formazione di una nube di torbida. Devono inoltre essere adottati opportuni accorgimenti per la fase di sollevamento del materiale.
della Misure per prevenire la perdita di materiale (Spill);
La testa dragante e, nel caso specifico di un dragaggio di tipo idraulico, la pompa di aspirazione, devono essere dimensionate in modo appropriato e manovrate opportunamente affinche’ tutto il materiale tagliato o smosso dalla testa dragante sia poi allontanato, evitando la perdita di sedimento e la successiva dispersione dello stesso. Devono inoltre essere adottati opportuni accorgimenti per la fase di sollevamento del materiale.
della Misure per ottimizzare la densita’ del materiale dragato, in relazione alla sua destinazione finale;
Il processo di dragaggio deve minimizzare la quantita’ d’acqua rimossa insieme al sedimento. A tal fine, in funzione della tipologia di dragaggio, il sistema dragante deve consentire il monitoraggio (e l’adattamento) in tempo reale di parametri quali: posizione della testa dragante rispetto al fondale, volume dragato, portata di aspirazione, densita’ del fango di dragaggio, velocita’ di avanzamento o rotazione, grado di riempimento delle benne/secchie.
misure per garantire un’elevata precisione nel posizionamento e accuratezza del profilo di scavo;
In funzione della qualita’ dei sedimenti e delle opzioni di gestione, il sistema di dragaggio e in particolare la testa dragante possono essere dotati di un sistema di posizionamento a elevata precisione, in modo da realizzare un monitoraggio in tempo reale del profilo di scavo, attraverso il confronto con un accurato modello digitalizzato del fondale costruito sulla base di una dettagliata batimetria dell’area d’intervento e dei risultati della campagna di caratterizzazione. La precisione richiesta deve essere coerente con l’accuratezza della caratterizzazione svolta.
Le draghe di tipo «ambientale» possono essere:
a) ottenute da draghe convenzionali mediante l’adozione di opportuni accorgimenti costruttivi e operativi, mirati principalmente all’automazione del processo di dragaggio e del suo controllo, ad impedire le perdite di materiale in colonna d’acqua (incapsulamento della catenaria delle draghe a secchie, sistemi di chiusura delle benne) ed a minimizzare l’aggiunta di acqua al materiale dragato e la produzione di torbidita’ (sistema di degassificazione, overflow controllato o ricircolo dell’overflow nelle draghe aspiranti refluenti con pozzo di carico, etc.);
b) appositamente costruite per la rimozione selettiva, accurata e sicura di sedimenti altamente contaminati.
3.3. Scelta della tecnologia di dragaggio.
La scelta tra il dragaggio convenzionale e quello «ambientale» deve essere effettuata in funzione dei valori di riferimento per i sedimenti elaborati su base sito-specifica, secondo i criteri stabiliti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e approvati dalla Conferenza di Servizi nonche’ dei potenziali effetti sull’ecosistema marino-costiero, con particolare attenzione a biocenosi sensibili ed usi legittimi del mare.
La selezione della tecnologia di dragaggio si deve basare sui seguenti fattori:
caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche ed ecotossicologiche del sedimento da dragare, definite sulla base della caratterizzazione (cfr. par. 2);
caratteristiche morfologiche ed idrodinamiche dell’area di dragaggio;
obiettivi del progetto;
presenza di obiettivi sensibili e/o aree a vario titolo protette;
specifiche opzioni di gestione per il materiale dragato;
risultati dell’applicazione di eventuali modelli matematici, adeguatamente implementati, in grado di prevedere, per i diversi scenari ipotizzati, il comportamento del sedimento risospeso durante le attivita’ di dragaggio e i processi di dispersione e/o diffusione della contaminazione eventualmente presente.
Qualunque tipologia di draga venga prescelta, e’ indispensabile la presenza a bordo di strumentazione idonea al controllo in tempo reale dell’efficacia delle modalita’ esecutive applicate e dell’evoluzione dell’intervento, e che i mezzi utilizzati non costituiscano di per se’ una fonte di contaminazione per l’ambiente circostante.
In particolare, nel caso di selezione di sistemi di rimozione meccanica di tipo «ambientale» deve essere previsto: la regolazione del grado di riempimento della benna (o delle secchie); l’adozione di una velocita’ adeguata di lavoro; la chiusura ermetica della benna; in funzione della qualita’ dei sedimenti, la presenza a bordo di dispositivi per il lavaggio dei mezzi d’opera.
Nel caso di selezione di sistemi di rimozione idraulica di tipo «ambientale» deve essere previsto: la regolazione della portata di aspirazione e della velocita’ di avanzamento della testa dragante; in funzione della qualita’ dei sedimenti, sistemi di ricircolo delle acque di trasporto.
Preliminarmente all’avvio delle attivita’ di rimozione dei sedimenti, deve essere effettuata una ricognizione al fine di individuare e rimuovere eventuali ordigni bellici e trovanti di varia natura, escludendo alterazioni significative e misurabili delle risorse naturali interessate.
4. Trasporto del materiale dragato.
Le operazioni di trasporto di sedimenti dragati in aree portuali e marino-costiere incluse nella perimetrazione dei Siti di Interesse Nazionale devono avvenire secondo modalita’ tali da prevenire o ridurre al minimo dispersioni e rilasci accidentali di materiale.
Il trasporto del materiale dragato puo’ avvenire mediante tubazioni, bette o direttamente utilizzando il sistema dragante, se dotato di pozzo di carico, o con una combinazione di queste modalita’.
Nel caso in cui venga selezionato il trasporto mediante betta o direttamente per mezzo del sistema dragante dotato di pozzo di carico, devono essere adottate tutte le accortezze al fine prevenire o ridurre al minimo la perdita di materiale durante il tragitto, tra cui: il controllo, anche automatizzato, dell’effettiva chiusura delle porte di scarico; la copertura del carico; la limitazione del grado di riempimento, adottando un adeguato franco di sicurezza.
Nel caso in cui venga selezionato il trasporto mediante tubazioni, deve essere eseguita la regolare manutenzione delle stesse e verificata accuratamente l’assenza di perdite di materiale lungo il percorso. Deve essere valutata la fattibilita’ dell’adozione di sistemi di ricircolo delle acque di trasporto.
Nel caso di adozione di combinazioni di sistemi di trasporto differenti, deve essere previsto un controllo su tutte le fasi di passaggio da un sistema all’altro.
5. Collocazione del materiale dragato.
Ogni fase di collocazione del materiale dragato o delle sue singole frazioni, che avviene nel rispetto dell’art. 5-bis, comma 2 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 deve essere condotta secondo modalita’ tali da prevenire o ridurre al minimo eventuali dispersioni e rilasci accidentali di materiale.
La compatibilita’ ambientale degli specifici interventi deve essere valutata alla luce di tutti gli elementi informativi acquisiti ed in relazione alle particolari modalita’ operative prescelte.
La scelta delle modalita’ di gestione dei sedimenti, effettuata tra le possibili soluzioni risultanti a seguito delle operazioni di caratterizzazione, deve avvenire secondo criteri che privilegino l’utilizzo degli stessi ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 2 lettera a) della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (ad esempio, ricostruzione di strutture naturali, opere di difesa costiera) ovvero interventi di valorizzazione ambientale (ad esempio, creazione e/o ripristino di habitat, mantenimento del bilancio sedimentario,
strutture ricreative), in un’ottica di gestione integrata.
Di seguito sono riportate le modalita’ e le norme tecniche ai fini della tutela ambientale per le seguenti collocazioni del sedimento:
ripascimento di spiaggia emersa ovvero sommersa, formazione di terreni costieri, immersione nel corpo idrico di provenienza e miglioramento di fondali tramite capping;
collocazione a terra (per invio a discarica autorizzata, riutilizzo a terra o invio ad impianto di trattamento per successivo riutilizzo secondo le opzioni di gestione previste);
refluimento all’interno di casse di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento poste in ambito costiero.
5.1 Ripascimento di spiaggia emersa e/o sommersa, formazione di terreni costieri, immersione nel corpo idrico di provenienza e miglioramento di fondali tramite capping.
Ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2, lettera a), della legge 28 gennaio 1994, n. 84, il materiale dragato puo’ essere utilizzato per:
a) ripascimento di spiaggia emersa ovvero sommersa e formazione di terreni costieri per interventi di protezione e/o gestione della costa e di valorizzazione ambientale;
b) immissione o refluimento nel corpo idrico di provenienza per: ripristino morfologico, opere di difesa costiera, interventi di valorizzazione ambientale, mantenimento del bilancio sedimentario, riempimento di strutture di contenimento sommerse;
c) miglioramento di fondali tramite capping.
Tutte le tipologie di intervento devono essere realizzate secondo modalita’ tali da escludere impatti misurabili e significativi sulle risorse naturali interessate, prevenendo e limitando eventuali dispersioni e rilasci accidentali di materiale, salvaguardando altresi’ obiettivi sensibili o aree a vario titolo protette, e nel rispetto della pertinente normativa regionale.
In funzione della complessita’ dell’intervento e del contesto ambientale in cui si opera, la valutazione degli effetti deve interessare l’intera area potenzialmente influenzata dalle attivita’, tenendo conto di:
caratteristiche chimiche, fisiche, microbiologiche ed ecotossicologiche del sedimento dragato o delle sue singole frazioni;
caratteristiche chimiche e fisiche, microbiologiche
ed ecotossicologiche dei sedimenti nell’area di intervento;
caratteristiche biocenotiche nell’area di intervento, con particolare attenzione alla presenza di biocenosi bentoniche sensibili e/o di elevato pregio naturalistico ed alla presenza di aree di nursery e/o di specie di interesse commerciale;
caratteristiche idrodinamiche e morfo-batimetriche dell’area di intervento;
presenza di obiettivi sensibili e/o aree a vario titolo protette;
risultati dell’applicazione di eventuali modelli matematici, adeguatamente implementati, in grado di prevedere, per i diversi scenari ipotizzati, il comportamento del sedimento movimentato e i processi di dispersione e/o diffusione della contaminazione eventualmente presente.
L’area interessata dalla collocazione deve essere preliminarmente caratterizzata ai sensi del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 7 novembre 2008.
Le modalita’ operative degli interventi devono essere tali da minimizzare la risospensione dei sedimenti, l’incremento della torbidita’ e non devono causare danno alla flora e fauna locali.
Deve essere verificata la possibilita’ di attuare gli interventi in corrispondenza di finestre temporali in cui gli effetti presunti sull’ambiente siano minori.
Inoltre, nel caso di cui alla lettera c) il sedimento dragato deve essere posizionato in modo tale da formare uno strato di materiale in grado di:
garantire l’isolamento del sedimento ricoperto, prevenendo o riducendo l’assunzione di eventuali contaminanti da parte del biota ovvero la migrazione degli eventuali contaminanti in colonna d’acqua;
essere stabile rispetto all’azione erosiva di onde e correnti.
Per l’utilizzo dei materiali nelle modalita’ di cui alla lettera a) la documentazione deve essere corredata di informazioni relative agli elementi progettuali (avanzamento stimato della linea di riva, disegno del nuovo profilo di equilibrio, profondita’ di chiusura della spiaggia attiva, eventuali strutture fisse di protezione) e del piano di manutenzione.
Per gli interventi di cui alla lettera b) e c), in funzione dei potenziali
Impatti ambientali, devono essere adottate prioritariamente modalita’ di collocazione del materiale direttamente in prossimita’ o sul fondale. In particolare, nel caso di svuotamento idraulico dei mezzi contenenti il materiale da collocare, l’estremita’ della tubazione di scarico in prossimita’ del fondale deve essere preferibilmente dotata di un diffusore sommerso, progettato per la trasformazione del flusso verticale del materiale dragato in flusso orizzontale di ridotta velocita’.
Per lo svolgimento degli interventi di tipo c), la documentazione deve essere corredata di informazioni relative agli elementi progettuali
(caratteristiche tecniche della copertura, consolidamento) ed al programma di controllo per la verifica nel tempo dell’efficacia dell’isolamento della copertura dal materiale sottostante e della stabilita’ della stessa.
5.2 Collocazione a terra.
Il deposito temporaneo dei materiali che rispettano i requisiti di cui all’articolo 5-bis, comma 2, lettera b), della legge n. 84/1994, in attesa dell’utilizzo previsto dal medesimo articolo, e’ autorizzato con provvedimento rilasciato dall’Autorita’ competente in cui sono specificate, caso per caso, oltre a quelle di seguito indicate, ulteriori modalita’ tecniche di contenimento e stoccaggio temporaneo del materiale nonche’ la durata temporale fino ad un massimo di trenta mesi in applicazione delle previsioni di cui all’articolo 5-bis, comma 5 della legge n. 84/1994. .
L’area di deposito deve avere una pendenza tale da convogliare le acque reflue, che possono drenare dai sedimenti stoccati, verso sistemi di canalizzazione dotati di pozzetti di raccolta di dimensioni idonee. Le acque raccolte se necessario devono essere avviate ad impianti di trattamento. Al fine di proteggere i sedimenti dall’azione di dilavamento esercitata dalle acque meteoriche possono essere previsti opportuni sistemi di copertura anche mobili.
Le strutture destinate al deposito devono essere realizzate in modo idoneo e fatto salvo quanto previsto al successivo paragrafo 7.5 devono essere adottati sistemi di controllo per verificare l’integrita’ e l’efficienza degli eventuali sistemi di confinamento dell’area di deposito, per tutte le fasi di riempimento e nelle fasi successive ad esso.
Le aree destinate allo stoccaggio dei sedimenti da reimpiegare o da sottoporre a trattamento prima del reimpiego devono essere distinte da quelle destinate allo stoccaggio dei rifiuti in attesa dello smaltimento.
E’ vietata la miscelazione dei sedimenti classificati come pericolosi ai sensi dell’Allegato D alla parte IV del decreto legislativo n. 152/06 con sedimenti non pericolosi e la miscelazione tra sedimenti non pericolosi al fine di raggiungere i valori di concentrazione idonei agli utilizzi previsti dall’articolo 5.
La collocazione a terra del materiale dragato puo’ essere realizzata mediante svuotamento idraulico (con pompaggio e scarico mediante tubazione, nel caso di trasporto con betta o con sistema dragante con pozzo di carico) o meccanico (con escavatori con benna o a grappo, manovrati da terra o da pontone, nel caso di trasporto con betta).
Indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, la collocazione a terra del sedimento dragato deve avvenire in aree appositamente identificate ed autorizzate all’utilizzo con
provvedimento dell’Autorita’ competente. Nel progetto di dragaggio devono essere elencate tutte le misure atte a prevenire o ridurre al minimo la perdita di materiale e il trasferimento degli eventuali inquinanti nel suolo e nelle acque.
5.3 Refluimento all’interno di casse di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento poste in ambito costiero.
Una volta dragato, il materiale compatibile ad essere collocato all’interno di casse di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento, ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2, lettera c) della legge 28 gennaio 1994, n. 84 puo’ essere refluito con tecniche idrauliche o meccaniche.
Qualunque sia la modalita’ (idraulica o meccanica) di riempimento, devono essere adottate tutte le accortezze al fine di prevenire o ridurre al minimo la perdita di materiale. A tal proposito, devono essere adottati sistemi di controllo per la verifica dell’integrita’ dei sistemi di confinamento dell’area di collocazione e per la salvaguardia dell’ambiente circostante in relazione ai potenziali impatti, sia nel breve che nel lungo periodo.
Nella scelta della modalita’ di dragaggio e successivo riempimento di casse di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento poste in ambito costiero, si deve tener conto delle dimensioni delle vasche e dei tempi di consolidamento richiesti in relazione alla destinazione d’uso finale, anche in funzione dei sistemi previsti per il drenaggio, il consolidamento e la stabilizzazione del materiale di riempimento delle vasche. Al fine di favorire, all’interno della struttura di contenimento, i processi di attenuazione naturale o la disidratazione del materiale, il riempimento puo’ essere alternato con materiale pulito (sandwiching) o strati drenanti (sabbie), questi ultimi anche in abbinamento ai sistemi di drenaggio convenzionali.
In particolare, nel caso di refluimento idraulico, il tasso di riempimento e le modalita’ operative devono essere compatibili con le dimensioni della struttura di contenimento e gli accorgimenti costruttivi in essa realizzati (settorializzazione in bacini, percorsi di sedimentazione alternativi, sistemi di sfioro delle acque, etc.) al fine di agevolare la sedimentazione all’interno della struttura della frazione solida del fango di dragaggio e quindi lo sfioro di acque con basso contenuto di solidi sospesi, prevedendo all’occorrenza appropriate misure di mitigazione (impiego di diffusori per il refluimento all’interno della struttura, etc.).
Nel caso di dragaggio meccanico, devono essere selezionati sistemi meccanici per lo svuotamento della betta o del pozzo di carico ed il conferimento all’interno della struttura di contenimento per mantenere la densita’ del carico; in alternativa, deve essere valutata la fattibilita’ dell’adozione di sistemi di ricircolo delle acque.
6. Misure di mitigazione.
Il dragaggio e la relativa gestione del sedimento richiedono l’adozione di opportune misure di mitigazione degli eventuali impatti sull’ambiente circostante, da dimensionare sulla base di:
caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche ed ecotossicologiche del materiale dragato, definite sulla base della caratterizzazione (cfr. par. 2);
caratteristiche idrodinamiche e morfo-batimetriche delle aree di intervento;
presenza di obiettivi sensibili e/o aree a vario titolo protette;
modalita’ di dragaggio, trasporto e collocazione prescelte;
opzioni di gestione selezionate.
In funzione dell’entita’ degli impatti ambientali attesi devono essere selezionate misure di mitigazione:
che agiscano sulle diverse sorgenti dell’impatto (dragaggio, trasporto, collocazione), quali, ad esempio: accorgimenti operativi nelle diverse fasi del processo, limitazioni temporali, utilizzo di barriere fisiche attorno al sistema dragante;
che agiscano sui possibili bersagli, quali, ad esempio: limitazioni temporanee d’uso, utilizzo di barriere fisiche a protezione degli obiettivi sensibili.
In alcuni casi e’ possibile mitigare gli impatti delle attivita’ di dragaggio mediante l’utilizzo di barriere fisiche per limitare la diffusione della nube di torbida e/o ridurre le potenziali interazioni acqua-sedimento e la conseguente mobilizzazione degli eventuali contaminanti presenti.
Le barriere di tipo strutturale (palancole e sistemi modulari portatili) possono essere utilizzate in situazioni in cui sia necessario evacuare l’acqua dall’area di intervento, per consentire lavori di scavo in ambiente asciutto.
Le barriere non strutturali (silt curtains, completamente impermeabili, e silt screens, filtranti), composte da una parte emersa galleggiante (barriera), con funzione portante, di ormeggio ed eventualmente anche contenitiva rispetto a schiume, oli e materiale disperso in galleggiamento, e da una parte immersa (draft) con azione di contenimento, opportunamente zavorrata e bilanciata, eventualmente anche a lunghezza regolabile, possono essere utilizzate:
per l’inglobamento totale del sistema dragante, nel caso di sistemi di dragaggio di tipo stazionario e di sedimenti estremamente contaminati;
per la chiusura parziale dell’area di escavo;
per la chiusura totale dell’area di escavo, solitamente nel caso di utilizzo di draghe di tipo meccanico, con eventuale realizzazione di un’intercapedine per consentire il passaggio delle imbarcazioni di appoggio;
in corrispondenza degli sfiori di casse di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento poste in ambito costiero;
per la protezione di un obiettivo potenzialmente impattato dalle attivita’ di movimentazione.
In aree d’intervento di dimensioni ridotte ed in condizioni di relativa calma idrodinamica e’ ammesso l’utilizzo di barriere a bolle (bubble screens o bubble curtains), previa dimostrazione dell’efficacia delle stesse in relazione al contenimento della dispersione dei contaminanti eventualmente presenti nei sedimenti movimentati.
L’utilizzo di eventuali barriere fisiche deve essere supportato da una valutazione della stabilita’ ed effettiva efficacia delle stesse sulla base di uno studio delle condizioni idrodinamiche locali ed in relazione alla tipologia di contaminazione presente. Deve inoltre essere prevista l’esecuzione di regolari ispezioni in campo al fine di verificare l’eventuale presenza di lacerazioni, tagli, fori o altri problemi che ne compromettano l’efficacia.
7. Monitoraggio.
Costituiscono requisito essenziale per la corretta esecuzione del progetto di dragaggio di cui all’articolo 3 del presente decreto, la progettazione e l’esecuzione di un piano di monitoraggio ambientale dell’intero processo di gestione del sedimento, dal dragaggio alla collocazione (o riutilizzo) finale del materiale dragato e delle singole frazioni che lo compongono. Tale monitoraggio e’ funzionale alla verifica degli effetti attesi sulle diverse matrici ambientali interessate da tali attivita’ e dell’efficacia delle eventuali misure introdotte per la loro mitigazione. Il piano di monitoraggio deve:
fornire criteri e strumenti per la valutazione degli impatti sulle diverse matrici ambientali, con particolare attenzione alle biocenosi bentoniche sensibili e/o di elevato pregio naturalistico;
verificare l’idoneita’ delle modalita’ operative adottate ai fini della minimizzazione degli effetti;
segnalare in tempo utile la necessita’ di introdurre eventuali misure correttive e/o di mitigazione in relazione agli impatti monitorati e/o alle modalita’ operative adottate, e valutarne l’efficacia;
verificare, dopo il completamento delle attivita’, la tendenza al ripristino delle condizioni iniziali nelle matrici ambientali oggetto del monitoraggio.
Sono da considerarsi strumenti di supporto modelli matematici in grado di prevedere il comportamento del sedimento movimentato e i relativi processi di dispersione e/o diffusione della contaminazione ad essi eventualmente associata. Tali modelli devono essere opportunamente implementati in funzione delle caratteristiche ambientali del sito e delle specifiche modalita’ operative individuate, e successivamente calibrati in corso d’opera mediante il monitoraggio stesso.
Il piano di monitoraggio deve inoltre prevedere la rapida divulgazione e valutazione degli esiti dello stesso, prevedendo la predisposizione di una banca dati ambientale specifica, preferibilmente basata su Sistemi Informativi Territoriali.
Il piano di monitoraggio deve altresi’ contenere la descrizione del contesto ambientale in cui si svolgono gli interventi (caratteristiche morfologiche ed idrodinamiche, presenza di obiettivi sensibili e/o aree a vario titolo protette), degli impatti attesi e della strategia di indagine da adottare.
7.1 Strategia di monitoraggio per le attivita’ di movimentazione dei sedimenti.
Il piano di monitoraggio, definito sulla base di un’approfondita conoscenza dell’area di intervento e commisurato all’entita’ degli impatti attesi, deve essere articolato in tre fasi distinte:
una fase di monitoraggio «ante operam», antecedente le previste attivita’ di movimentazione dei sedimenti, avente come obiettivo principale quello di definire i valori di riferimento dell’area per i parametri di interesse e la loro relativa
variabilita’ spazio-temporale. Tale fase prevede anche l’individuazione e la caratterizzazione delle stazioni di monitoraggio, incluse specifiche stazioni «di controllo», rappresentative delle caratteristiche ambientali dell’area e della loro variabilita’ naturale e non influenzabili dalle attivita’ di movimentazione;
una fase di monitoraggio «in corso d’opera», durante l’attivita’ di movimentazione dei sedimenti propriamente detta, finalizzata ad individuare e quantificare gli impatti attesi nei diversi comparti ambientali, verificare l’idoneita’ delle modalita’ operative adottate e valutare l’efficacia delle eventuali misure correttive e/o di mitigazione introdotte;
infine, una fase di monitoraggio «post operam», successiva alla conclusione delle attivita’ di movimentazione, finalizzata alla verifica della tendenza al ripristino delle condizioni ambientali ante operam. Nel caso di capping, deve essere verificata l’efficacia dell’intervento stesso.
Sulla base dei risultati ottenuti durante le diverse fasi del monitoraggio, la strategia puo’ essere modificata in corso d’opera, sia nel senso di una semplificazione delle attivita’, sia nel senso di una intensificazione dei controlli. Nel caso di eventi critici (rottura di panne, perdite di materiale, eventi meteo-marini eccezionali, etc.) devono essere eseguite attivita’ di controllo aggiuntive rispetto a quelle previste regolarmente.
7.1.1 Stazioni di monitoraggio.
In generale, le stazioni di monitoraggio devono essere posizionate in modo tale da:
rilevare tutti i processi in corso connessi con gli impatti attesi e valutarne la significativita’;
controllare gli obiettivi sensibili individuati in relazione a tali impatti.
La strategia di monitoraggio deve pertanto prevedere un sistema integrato di stazioni «fisse» e «mobili», in corrispondenza delle quali acquisire i dati relativi a parametri fisico-chimici della colonna d’acqua e prelevare campioni per le diverse matrici da monitorare, nel corso di specifiche «campagne di indagine».
Le stazioni di monitoraggio definite «fisse», la cui posizione rimane costante per l’intera durata del monitoraggio, devono essere individuate in punti significativi, funzionali alla comprensione dei processi in atto, quali, ad esempio, all’imboccatura del porto, in corrispondenza di obiettivi sensibili, ai limiti areali d’influenza dell’intervento, esternamente all’area di influenza dell’intervento (stazioni «di controllo»).
Le stazioni di monitoraggio «mobili» devono essere riposizionate durante ciascuna campagna d’indagine in funzione dell’estensione e dell’andamento del pennacchio di torbida (plume).
L’ubicazione delle stazioni deve essere inoltre funzionale all’acquisizione di dati utili alla calibrazione, in corso d’opera, dei modelli matematici eventualmente utilizzati per lo studio dei processi di trasporto, dispersione e/o diffusione.
7.1.2 Frequenza di monitoraggio.
La frequenza delle attivita’ di monitoraggio deve essere definita sulla base della qualita’ del materiale da movimentare, delle modalita’ e tempistica degli interventi e delle caratteristiche ambientali dell’area.
Le attivita’ di monitoraggio della fase ante operam devono essere avviate con sufficiente anticipo rispetto all’avvio delle attivita’ di movimentazione.
La frequenza delle indagini in corso d’opera deve essere maggiore nella fase iniziale ed in concomitanza di ogni nuova attivita’, per poi ridimensionarsi una volta comprese dinamiche ed entita’ dei processi in corso.
7.1.3 Elementi da monitorare.
Gli elementi da monitorare devono essere selezionati in funzione dei volumi e della contaminazione riscontrata nei sedimenti da movimentare, delle caratteristiche delle aree di intervento, della tipologia di movimentazione prevista e relative modalita’ operative e della presenza di obiettivi sensibili e/o aree a vario titolo protette.
Essi possono essere:
caratteristiche meteomarine e regime correntometrico specifici delle aree oggetto del monitoraggio (direzione ed intensita’ delle correnti);
caratteristiche chimico-fisiche della colonna d’acqua (conducibilita’, temperatura, pressione, pH, potenziale redox, concentrazione di ossigeno disciolto, concentrazione di nutrienti, clorofilla «a»);
livelli di torbidita’ in situ e concentrazione di solidi sospesi in colonna d’acqua;
concentrazione dei contaminanti significativi sui diversi componenti della colonna d’acqua (tal quale, particellato, disciolto);
concentrazione dei contaminanti biodisponibili nei tessuti di organismi
bioindicatori, selezionati in funzione delle caratteristiche ambientali dell’area di intervento, da abbinare eventualmente all’analisi di biomarkers per la valutazione precoce degli effetti;
struttura delle biocenosi bentoniche sensibili e/o di elevato pregio naturalistico potenzialmente influenzate dalle attivita’ di movimentazione.
Devono inoltre essere acquisite, per l’intera durata delle attivita’ di movimentazione dei sedimenti, informazioni relative a: condizioni meteo-marine e parametri idrografici in corrispondenza di stazioni mareografiche, meteorologiche e idrografiche di riferimento; dati operativi delle attivita’ di movimentazione (area di lavoro, cicli di lavoro, modalita’ specifiche, attuazione di misure di mitigazione, eventi particolari, etc.); traffico navale.
7.1.4 Strumentazione di monitoraggio.
Per il monitoraggio degli elementi di cui al par. 7.1.3 puo’ essere utilizzata la strumentazione descritta di seguito.
Le misure di intensita’ e direzione delle correnti possono essere rilevate mediante l’uso di correntometri puntuali o profilatori, da utilizzare nel corso delle «campagne di indagine» e/o in corrispondenza di stazioni «fisse» di monitoraggio, in «modalita’ di registrazione autonoma». In quest’ultimo caso, le stazioni possono essere anche allestite per l’acquisizione congiunta delle variazioni del livello e delle onde. Le variazioni di livello medio possono essere rilevate anche mediante utilizzo di celle di pressione.
Per l’acquisizione dei principali parametri chimico-fisici della colonna d’acqua possono essere utilizzate sonde multiparametriche, nel corso delle «campagne di indagine» e/o in corrispondenza di stazioni «fisse» di monitoraggio, in «modalita’ di registrazione autonoma», su cui puo’ essere installato anche il sensore ottico per la lettura della torbidita’. L’acquisizione dei dati deve avvenire una volta raggiunta la condizione di equilibrio. Nel caso di acquisizione lungo verticali di indagine, la velocita’ di discesa della sonda deve essere adeguata alle impostazioni strumentali di acquisizione dei dati, alla profondita’ di indagine ed alla variabilita’ dei processi in corso. Nel caso di utilizzo di piu’ unita’, si raccomanda di adottare la medesima tipologia di strumento.
Per il rilevamento della torbidita’ possono essere utilizzati sensori ottici (trasmissometri o nefelometri), opportunamente calibrati, in grado di fornire una lettura diretta in situ, e conseguentemente, una lettura indiretta della concentrazione di solidi sospesi in colonna d’acqua, nel caso in cui venga costruita e regolarmente aggiornata, mediante prelievo ed analisi in laboratorio di campioni d’acqua, una curva di regressione affidabile. Per la determinazione indiretta dei solidi sospesi possono essere anche utilizzati profilatori di corrente del tipo ADCP, che consentono l’acquisizione di dati istantanei e continui lungo l’intero battente idrico, da abbinare sempre a prelievi periodici di campioni d’acqua per le analisi dei solidi sospesi ed, eventualmente, all’utilizzo di sensori ottici.
La calibrazione della strumentazione deve essere effettuata prima di ogni campagna di indagine o, nel caso di utilizzo in modalita’ di registrazione autonoma, periodicamente.
La determinazione dei nutrienti puo’ essere effettuata anche mediante analisi di laboratorio su campioni d’acqua, cosi’ come la determinazione della clorofilla «a».
Il prelievo di campioni d’acqua deve essere effettuato utilizzando un campionatore del tipo Niskin. Nel caso di prelievi a piu’ profondita’ e’ consigliabile l’utilizzo del campionatore del tipo «Rosetta». Il prelievo di campioni d’acqua deve essere effettuato in condizioni di equilibrio.
Il prelievo degli organismi filtratori puo’ essere effettuato per mezzo di un operatore subacqueo. Nel caso di utilizzo di organismi trapiantati devono essere utilizzate gabbie opportunamente ancorate al fondo e segnalate. Gli organismi bioindicatori possono essere selezionati tra organismi filtratori naturali e/o trapiantati e/o presenti in impianti di maricoltura ed organismi bentonici e/o necto-bentonici stanziali nell’area e/o presenti in impianti di maricoltura.
Il campionamento delle specie necto-bentoniche puo’ essere effettuato mediante l’utilizzo di attrezzi appositamente predisposti per finalita’ scientifiche.
Il prelievo di sedimento per l’analisi della comunita’ macrozoobentonica deve essere effettuato mediante benna. Le alterazioni biocenotiche nell’area di intervento possono essere determinate anche mediante videoriprese con operatore subacqueo o ROV (Remotely Operated Vehicle).
Ogni attivita’ di monitoraggio deve essere riportata su apposite schede, contenenti informazioni relative alle stazioni di campionamento e/o acquisizione dati (denominazione della stazione; coordinate geografiche, rilevate tramite GPS differenziale, e profondita’; data ed ora dell’indagine; tipologia di indagine ed informazioni tecniche; denominazione dei campioni prelevati e/o files acquisiti; note generali) ed alle caratteristiche operative ed ambientali al contorno.
7.1.5 Prelievo, conservazione e analisi dei campioni.
Le procedure per i corretti prelievo, preparazione, conservazione ed analisi dei campioni per le diverse matrici ambientali, inclusi i parametri relativi al controllo della qualita’ del dato, devono essere concordate con gli enti di controllo prima dell’avvio delle attivita’ di campionamento, nell’ambito di procedure riconosciute a livello nazionale e/o internazionali (UNICHIM, ISO, ASTM, IRSA/CNR, EPA, etc.).
7.2 Monitoraggio delle attivita’ di dragaggio.
I potenziali impatti delle attivita’ di dragaggio sull’ecosistema marino-costiero sono principalmente connessi con:
l’aumento della torbidita’ delle acque nell’intorno dell’area di dragaggio e nelle aree limitrofe;
la diminuzione temporanea del livello di ossigeno disciolto e la variazione della concentrazione dei nutrienti in colonna d’acqua;
la dispersione e/o diffusione delle sostanze contaminanti presenti nei sedimenti dragati;
la risospensione e la conseguente dispersione, a causa delle correnti al fondo o del passaggio di navi, del materiale «smosso» ma non allontanato dal sistema dragante («spill»).
Per la valutazione degli impatti attesi sull’ecosistema marino-costiero, il piano di monitoraggio deve considerare:
le caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche ed ecotossicologiche del sedimento da dragare, definite sulla base della caratterizzazione (cfr. par. 2);
le caratteristiche morfo-batimetriche ed idrodinamiche dell’area di dragaggio;
gli obiettivi del progetto di dragaggio;
la tipologia dei sistemi di dragaggio prescelti;
le eventuali misure di mitigazione previste (cfr. par. 6);
la presenza di obiettivi sensibili e/o aree a vario titolo protette.
In funzione di quanto sopra elencato il piano di monitoraggio puo’ prevedere il controllo dei seguenti elementi (cfr. par. 7.1.3):
caratteristiche meteomarine e regime correntometrico (direzione ed intensita’ delle correnti);
caratteristiche chimico-fisiche della colonna d’acqua;
livelli di torbidita’ in situ e concentrazione di solidi sospesi in colonna d’acqua;
concentrazioni dei contaminanti significativi, emersi in fase di caratterizzazione, presenti in colonna d’acqua e/o in associazione ai solidi sospesi;
concentrazioni di contaminanti biodisponibili nei tessuti di organismi bioindicatori ed eventualmente analisi di biomarkers;
struttura delle biocenosi bentoniche sensibili e/o di elevato pregio naturalistico potenzialmente influenzate dalle attivita’ di movimentazione.
Il numero delle campagne di indagine da eseguirsi ante operam deve essere rappresentativo delle condizioni meteoclimatiche. Il numero delle campagne di indagine da eseguirsi in corso d’opera deve essere scelto in funzione della qualita’ dei sedimenti da movimentare, della tipologia di draga, delle modalita’ operative prescelte (produttivita’, cicli, durata, misure di mitigazione, etc.) e dell’entita’ degli effetti attesi. Il numero delle campagne di indagine da eseguirsi post operam deve essere scelto in funzione dell’entita’ degli impatti riscontrati e della tipologia di specie coinvolte, ma non deve comunque essere inferiore a 2.
Una o piu’ stazioni «mobili» per la lettura della torbidita’ e/o il prelievo di campioni d’acqua per la determinazione della concentrazione dei solidi sospesi devono essere previste in prossimita’ del mezzo dragante.
7.3 Monitoraggio delle attivita’ di trasporto.
Il monitoraggio delle attivita’ di trasporto deve essere previsto nel caso di utilizzo di una combinazione di sistemi di trasporto differenti e nel caso di trasporto idraulico, per la verifica dell’assenza di perdite.
I potenziali effetti ambientali del trasporto di materiale dragato sull’ecosistema marino-costiero sono principalmente connessi a rilasci o perdite di materiale, con:
l’aumento della torbidita’ delle acque;
la dispersione e/o diffusione delle sostanze contaminanti presenti nei sedimenti.
Per la valutazione degli impatti attesi sull’ecosistema marino-costiero, il piano di monitoraggio deve considerare:
le caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche ed ecotossicologiche del materiale dragato (cfr. par. 2);
le caratteristiche idrodinamiche lungo il percorso previsto per il trasporto;
la tipologia dei sistemi di trasporto prescelti;
le eventuali misure di mitigazione previste (cfr. par. 6);
la presenza lungo le rotte di navigazione o lungo il percorso delle tubazioni o in aree limitrofe di obiettivi sensibili e/o aree a vario titolo protette.
In funzione di quanto sopra elencato il piano di monitoraggio puo’ prevedere il controllo dei seguenti elementi (cfr. par. 7.1.3):
caratteristiche meteomarine (direzione ed intensita’ delle correnti);
caratteristiche chimico-fisiche della colonna d’acqua;
livelli di torbidita’ in situ e concentrazione di solidi sospesi in colonna d’acqua;
concentrazioni dei contaminanti significativi, emersi in fase di caratterizzazione, presenti in colonna d’acqua e/o in associazione ai solidi sospesi.
La strategia di monitoraggio per la fase di trasporto del materiale dragato deve essere commisurata con quella definita per il monitoraggio delle attivita’ di dragaggio (cfr. par. 7.2).
7.4 Monitoraggio delle attivita’ di ripascimento di spiaggia emersa e/o sommersa, formazione di terreni costieri, immersione nel corpo idrico di provenienza e miglioramento dei fondali tramite capping.
Il monitoraggio delle attivita’ di ripascimento di spiaggia emersa e/o sommersa, formazione di terreni costieri e immersione in ambiente acquatico deve tener conto dei potenziali impatti che tale attivita’ puo’ determinare
sull’ecosistema
marino-costiero, principalmente connessi con:
la variazione della morfologia e della batimetria dei fondali;
l’aumento della torbidita’ delle acque nell’area di intervento e nelle aree limitrofe;
la diminuzione temporanea del livello di ossigeno disciolto e la variazione della concentrazione dei nutrienti in colonna d’acqua.
Per la valutazione degli impatti attesi sull’ecosistema marino-costiero, il piano di monitoraggio deve considerare:
le caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche ed ecotossicologiche del materiale dragato (cfr. par. 2);
le caratteristiche morfo-batimetriche ed idrodinamiche dell’area di intervento;
gli obiettivi del progetto di dragaggio;
la tipologia dei sistemi prescelti per la realizzazione dell’intervento;
le eventuali misure di mitigazione previste (cfr. par. 6);
la presenza di obiettivi sensibili e/o aree a vario titolo protette.
La strategia di monitoraggio deve essere commisurata con quella definita per il monitoraggio delle operazioni di dragaggio e trasporto (cfr. par. 7.2 e 7.3).
7.5 Monitoraggio delle attivita’ di collocazione a terra.
Il monitoraggio durante la collocazione a terra del materiale dragato deve essere volto principalmente al controllo dell’assenza di perdite accidentali nell’intorno dell’area di destinazione, con potenziale:
aumento della torbidita’ delle acque;
dispersione e/o diffusione delle sostanze contaminanti presenti nei sedimenti.
Per la valutazione degli impatti attesi sull’ecosistema marino-costiero, il piano di monitoraggio deve considerare:
le caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche ed ecotossicologiche del materiale dragato (cfr. par. 2);
le caratteristiche idrodinamiche nell’intorno dell’area di destinazione;
gli obiettivi del progetto di dragaggio;
la tipologia del sistema di collocazione prescelto;
le eventuali misure di mitigazione previste (cfr. par. 6);
la presenza nelle vicinanze del sito di destinazione di obiettivi sensibili e/o aree a vario titolo protette.
7.6 Monitoraggio delle attivita’ di refluimento all’interno di casse di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento poste in ambito costiero.
Il monitoraggio delle attivita’ di refluimento del materiale dragato all’interno di vasche di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento poste in ambito costiero deve essere volto principalmente al controllo dell’assenza di perdite accidentali durante il riempimento della struttura ed al controllo dell’effluente dalla struttura stessa, con conseguente:
aumento della torbidita’ delle acque nell’intorno dell’area di refluimento e di quella di efflusso;
dispersione e/o diffusione delle sostanze contaminanti presenti nei sedimenti dragati.
Per la valutazione degli impatti attesi sull’ecosistema marino-costiero, il piano di monitoraggio deve considerare:
le caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche ed ecotossicologiche del materiale dragato (cfr. par. 2);
le caratteristiche morfo-batimetriche ed idrodinamiche dell’area circostante la vasca di colmata, vasca di raccolta o struttura di contenimento;
gli obiettivi del progetto di dragaggio;
le caratteristiche progettuali dell’opera di contenimento;
la tipologia dei sistemi di refluimento prescelti;
le eventuali misure di mitigazione previste (cfr. par. 6);
la presenza di obiettivi sensibili e/o aree a vario titolo protette.
In funzione di quanto sopra elencato il piano di monitoraggio puo’ prevedere il controllo dei seguenti elementi (cfr. par. 7.1.3):
caratteristiche meteomarine e regime correntometrico (direzione ed intensita’ delle correnti);
caratteristiche chimico-fisiche della colonna d’acqua;
livelli di torbidita’ in situ e concentrazione di solidi sospesi in colonna d’acqua;
concentrazioni dei contaminanti significativi, emersi in fase di caratterizzazione, presenti in colonna d’acqua e/o in associazione ai solidi sospesi.
Nella strategia di monitoraggio una stazione «fissa» deve essere posizionata in prossimita’ dell’area di efflusso dalla vasca.
La strategia di monitoraggio deve essere commisurata con quella definita per il monitoraggio delle operazioni di dragaggio e trasporto (cfr. par. 7.2 e 7.3).