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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Maltrattamento animali Numero: 4876 | Data di udienza: 13 Dicembre 2018

MALTRATTAMENTO ANIMALI – Amputazione della coda (taglio volontario e non necessario) – Nozione di lesione – Detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali – Stato di malnutrizione – Fattispecie ontologicamente distinte ed autonome – Reato permanente – Artt. 582, 544 ter e 727 cod.pen.. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 31 Gennaio 2019
Numero: 4876
Data di udienza: 13 Dicembre 2018
Presidente: LIBERATI
Estensore: GAI


Premassima

MALTRATTAMENTO ANIMALI – Amputazione della coda (taglio volontario e non necessario) – Nozione di lesione – Detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali – Stato di malnutrizione – Fattispecie ontologicamente distinte ed autonome – Reato permanente – Artt. 582, 544 ter e 727 cod.pen.. 



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 31/01/2019 (Ud. 13/12/2018), Sentenza n.4876
  

MALTRATTAMENTO ANIMALI – Amputazione della coda (taglio volontario e non necessario) – Nozione di lesione – Detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali – Stato di malnutrizione – Fattispecie ontologicamente distinte ed autonome – Reato permanente – Artt. 582, 544 ter e 727 cod.pen..
 
Nel reato di maltrattamento di animali ex art. 544 ter cod.pen., la nozione di lesione, sebbene non risulti perfettamente sovrapponibile a quella prevista dall’art. 582 cod. pen., implica comunque la sussistenza di un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia comunque diretta conseguenza di una condotta volontaria comnnissiva od omissiva. Sicché, in tema di maltrattamento di animali, il reato permanente di cui all’art. 727 cod.pen., è integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note, al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali, per cui non è necessario l’accertamento di lesioni. Pertanto, le diverse ipotesi previste dal primo comma del nuovo testo dell’art. 727 cod.pen.(maltrattamento di animali) sono fattispecie ontologicamente distinte ed autonome. La conseguenza è che gli elementi materiali essenziali ad una fattispecie non possono assumersi come necessari anche per le altre ipotesi. In particolare, l’elemento della sofferenza fisica, connaturato all’ipotesi di incrudelimento e sevizie, non è necessario per integrare le altre ipotesi, ed in particolare quella di detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali (conf. Sez. 3, n. 6829 del 17/12/2014, Garnero). Nella specie, è stata ritenuta integrata la violazione dell’art. 544 ter cod.pen. in relazione alla condotta di amputazione della coda, taglio volontario e non necessario, che ha determinato un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale, determinando una menomazione funzionale dello stesso. Inoltre, la detenzione di cagnolini in una porcilaia (locale igienicamente non idoneo) e in stato di malnutrizione integra la contravvenzione di cui all’art. 727 comma 2 cod.pen..
  
(riforma sentenza del 07/02/2018 – CORTE D’APPELLO DI CATANZARO) Pres. LIBERATI, Rel. GAI, Ric. Perrotta

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 31/01/2019 (Ud. 13/12/2018), Sentenza n.4876

SENTENZA

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 31/01/2019 (Ud. 13/12/2018), Sentenza n.4876
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
  
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Perrotta Vincenzo;
 
avverso la sentenza del 07/02/2018 della Corte d’appello di Catanzaro;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
 
udito per l’imputato l’avv. Brugnano, in sost. avv. Colacino ) che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con l’impugnata sentenza, emessa in data 7 febbraio 2018, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Crotone con la quale Perrotta Vincenzo era stato condannato, alla pena di un anno di reclusione, per il reato di cui all’art. 544 ter cod.pen. per avere, per crudeltà e senza necessità, tagliato la coda ad un cagnolino di razza meticcia, in tale modo sottoponendolo a sevizie e cagionando allo stesso lesioni, nonché per avere sottoposto il medesimo cagnolino, unitamente ad altro cagnolino, a comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche, detenendoli in condizione di malnutrizione e in locali igienicamente non idonei e in stato di abbandono.
 
 
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione) in relazione all’erronea applicazione dell’art. 544 ter cod.pen.
 
La corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la fattispecie di maltrattamento di animali in luogo della contravvenzione di cui all’art. 727 comma 2 cod.pen., che ricorre in presenza di detenzione degli animali in pessime condizioni igieniche e in condizioni incompatibili con la loro natura e produttiva di gravi sofferenze.
 
La Corte d’appello non avrebbe adeguatamente risposto alla censura difensiva secondo cui, per la sussistenza del delitto di cui all’art. 544 ter cod.pen., occorre che la lesione inferta all’animale abbia comportato un’apprezzabile diminuzione dell’originaria integrità dell’animale che, pur non risolvendosi in un processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia diretta conseguenza di una condotta volontaria commissiva od omissiva.
 
 
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso è parzialmente fondato per le ragioni qui illustrate.
 
Secondo quanto accertato, e non contestato, nelle sentenze di merito, non censurabile in questa sede in presenza di congrua e non manifestamente illogica motivazione, l’imputato custodiva all’interno di una porcilaia di sua proprietà, due cagnolini di razza meticcia, uno dei quali presentava l’amputazione della coda avvenuta di recente e, comunque, detenuti, entrambi i cani, in luogo pieno di escrementi e mal nutriti.
 
Sotto un primo profilo deve rammentarsi che la giurisprudenza di legittimità ha affermato, con indirizzo interpretativo consolidato, che nel reato di maltrattamento di animali ex art. 544 ter cod.pen., la nozione di lesione, sebbene non risulti perfettamente sovrapponibile a quella prevista dall’art. 582 cod. pen., implica comunque la sussistenza di un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia comunque diretta conseguenza di una condotta volontaria comnnissiva od omissiva (Sez. 3, n. 32837 del 27/06/2013, Prota, Rv. 255910 – 01). Ed ancora, che in tema di maltrattamento di animali, il reato permanente di cui all’art. 727 cod.pen., è integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note, al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali, per cui non è necessario l’accertamento di lesioni. Come osservato da Sez. 3, n. 1353 del 19/11/1997, Losi, Rv. 209795 "le diverse ipotesi previste dal primo comma del nuovo testo dell’art. 727 cod.pen.(maltrattamento di animali) sono fattispecie ontologicamente distinte ed autonome. La conseguenza è che gli elementi materiali essenziali ad una fattispecie non possono assumersi come necessari anche per le altre ipotesi. In particolare, l’elemento della sofferenza fisica, connaturato all’ipotesi di incrudelimento e sevizie, non è necessario per integrare le altre ipotesi, ed in particolare quella di detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali" (conf. Sez. 3, n. 6829 del 17/12/2014, Garnero, Rv. 262529).
 
 
5. Nel caso in esame, è stata ritenuta integrata, correttamente, la violazione dell’art. 544 ter cod.pen. in relazione alla condotta di amputazione della coda, taglio volontario e non necessario, che ha determinato un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale, determinando una menomazione funzionale dello stesso. La sentenza impugnata ha fornito adeguata motivazione sul punto, e il ricorrente non muove una specifica doglianza in punto volontarietà dell’atto e degli effetti sull’integrità dell’animale. 
 
Con riguardo alle ulteriori contestazioni ) di aver detenuto gli animali in condizioni incompatibili con le loro condizioni i in quanto tenuti in pessime condizioni igieniche e malnutriti, e dunque, in condizioni incompatibili con la loro natura, la sentenza mostra di non aver fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati. L’avere detenuto i cagnolini in una porcilaia, come descritta, e in stato di malnutrizione integra la contravvenzione di cui all’art. 727 comma 2 cod.pen..
 
 
6.- Per effetto dell’accoglimento del ricorso con riguardo alla qualificazione giuridica della detenzione incompatibile con la natura degli animali quale violazione dell’art. 727 comma 2 cod.pen., la sentenza va annullata sul punto senza rinvio per essere il reato contravvenzionale estinto per prescrizione.
 
Il parziale accoglimento del ricorso e il conseguente annullamento senza rinvio, limitatamente alla diversa qualificazione giuridica ai sensi dell’art. 727 comma 2 cod.pen. con riguardo alla detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali (di entrambi i cagnolini), comporta l’eliminazione della pena per esso inflitta pari a mesi tre di reclusione.
 
La misura della pena di mesi tre di reclusione era stata individuata dal Tribunale di Crotone quale aumento di pena per il concorso formale in quanto le condotte erano state perpetrate ai danni di due animali. Tale pena deve essere elisa in quanto il segmento di pena, pari a mesi tre di reclusione, era stata irrogata dal Tribunale di Crotone per le condotte di maltrattamento, ora diversamente qualificata quale violazione di cui all’art. 727 comma 2 cod.pen., nei confronti del secondo cagnolino, mentre con riguardo al cagnolino a cui era stata amputata la coda, condotta questa integrante il reato di maltrattamenti, era stata irrogata una pena di mesi nove di reclusione, senza alcun aumento per il concorso formale con l’ulteriore segmento di condotta sussumibile nella (ora ritenuta) condotta di detenzione in condizioni incompatibili con la natura dell’animale, integrante la contravvenzione oggi prescritta di cui all’art. 727 comma 2 cod.pen.
 
 
7. Conclusivamente, qualificato il reato satellite come contravvenzione ai sensi dell’art. 727 comma 2 cod.pen., la sentenza deve essere annullata senza rinvio limitatamente a tale reato per essere lo stesso estinto per prescrizione e deve essere eliminato l’aumento di pena per esso inflitta ) nella misura di mesi tre di reclusione. Il ricorso deve, nel resto, essere respinto.
 
P.Q.M.
 
Qualificato il reato satellite come contravvenzione ai sensi dell’art. 727 comma 2 cod.pen., annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente a tale reato per essere lo stesso estinto per prescrizione ed elimina il relativo aumento di pena pari a mesi tre di reclusione.
 
Rigetta nel resto il ricorso.
 
Così deciso il 13/12/2018

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