+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: C-399/17 | Data di udienza:

RIFIUTI – Spedizione di rifiuti – Procedura di notifica e autorizzazione – Spedizione illegale – Oneri – Diniego della Repubblica ceca di garantire la ripresa della miscela TPS‑NOLO (Geobal) spedita in Polonia a partire da detto Stato membro – Esistenza di un rifiuto – Onere della prova – Inadempimento di uno Stato – Regolamento (CE) n. 1013/2006 – Nozione di «rifiuto» – Espressione «disfarsi» – Esistenza di un rifiuto – Procedimento per inadempimento – Principi della precauzione e dell’azione preventiva. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Marzo 2019
Numero: C-399/17
Data di udienza:
Presidente: Silva de Lapuerta
Estensore: Bonichot


Premassima

RIFIUTI – Spedizione di rifiuti – Procedura di notifica e autorizzazione – Spedizione illegale – Oneri – Diniego della Repubblica ceca di garantire la ripresa della miscela TPS‑NOLO (Geobal) spedita in Polonia a partire da detto Stato membro – Esistenza di un rifiuto – Onere della prova – Inadempimento di uno Stato – Regolamento (CE) n. 1013/2006 – Nozione di «rifiuto» – Espressione «disfarsi» – Esistenza di un rifiuto – Procedimento per inadempimento – Principi della precauzione e dell’azione preventiva. 



Massima

 

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez. 1^, 14/03/2019 Sentenza C-399/17


RIFIUTI – Spedizione di rifiuti – Procedura di notifica e autorizzazione – Spedizione illegale – Oneri – Diniego della Repubblica ceca di garantire la ripresa della miscela TPS‑NOLO (Geobal) spedita in Polonia a partire da detto Stato membro – Esistenza di un rifiuto – Onere della prova – Inadempimento di uno Stato – Regolamento (CE) n. 1013/2006.
 
L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1013/2006 assoggetta ad una procedura di notifica e autorizzazione preventive scritte le spedizioni, all’interno dell’Unione, di tutti i rifiuti destinati ad operazioni di smaltimento e di numerosi rifiuti destinati ad operazioni di recupero, in particolare quelli che compaiono all’allegato IV del suddetto regolamento. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, di tale regolamento, le spedizioni di rifiuti devono essere oggetto di informazione mediante compilazione del modulo che compare all’allegato VII dello stesso regolamento, tranne se esse riguardano quantitativi minimi, non superiori a 20 kg. L’articolo 2, punto 35, lettere a) e g), del regolamento n. 1013/2006 qualifica come «spedizione illegale» segnatamente una spedizione di rifiuti che non sia stato oggetto né di una notifica né di un’informazione. Nel caso di una spedizione illegale per i summenzionati motivi, l’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 1013/2006 prevede che l’autorità competente per l’applicazione di detto regolamento nello Stato membro di provenienza dei rifiuti, denominata «autorità competente di spedizione», deve provvedere affinché, entro un termine, in linea di principio, di 30 giorni dalla data in cui essa è stata informata, i rifiuti siano ripresi dal «notificatore de iure», ossia la persona che ha l’onere di notificare o comunicare o, in mancanza, di far riprendere o riprendere essa stessa i rifiuti.


RIFIUTI – Nozione di «rifiuto» – Espressione «disfarsi» – Esistenza di un rifiuto – Procedimento per inadempimento – Principi della precauzione e dell’azione preventiva.
 
Una sostanza non è un rifiuto per sua natura, ma in conseguenza dell’intenzione o dell’obbligo del suo detentore di disfarsene, ossia per volontà del detentore o del legislatore. Nell’ambito di un procedimento per inadempimento, incombe alla Commissione provare la sussistenza dell’asserito inadempimento. È infatti la Commissione che deve fornire alla Corte tutti gli elementi necessari alla verifica, da parte di quest’ultima, dell’esistenza di tale inadempimento, senza potersi basare su una qualsivoglia presunzione. Inoltre, dalla qualifica di «rifiuto» deriva anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine «disfarsi». Per quanto riguarda l’espressione «disfarsi», siffatta espressione va interpretata tenendo conto dell’obiettivo della direttiva 2006/12, che, ai sensi del suo considerando 2, consiste nella tutela della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi causati dalla raccolta, dal trasporto, dal trattamento, dall’ammasso e dal deposito dei rifiuti, nonché alla luce dell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, a tenore del quale la politica dell’Unione in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, sui principi della precauzione e dell’azione preventiva. Ne consegue che l’espressione «disfarsi» e, dunque, la nozione di «rifiuto», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12, non possono essere interpretati in modo restrittivo. Pertanto, l’esistenza di un rifiuto ai sensi della direttiva 2006/12 va accertata alla luce del complesso delle circostanze, tenendo conto della finalità della direttiva ed in modo da non pregiudicarne l’efficacia.
  
Pres. Silva de Lapuerta, Rel. Bonichot, Ric. Commissione europea contro Repubblica ceca

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez. 1^, 14/03/2019 Sentenza C-399/17

SENTENZA

 

 

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez. 1^, 14/03/2019 Sentenza C-399/17
 
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
 
14 marzo 2019

«Inadempimento di uno Stato – Regolamento (CE) n. 1013/2006 – Spedizione di rifiuti – Diniego della Repubblica ceca di garantire la ripresa della miscela TPS‑NOLO (Geobal) spedita in Polonia a partire da detto Stato membro – Esistenza di un rifiuto – Onere della prova – Prova»
 
Nella causa C-399/17,
 
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 3 luglio 2017,
 
Commissione europea, rappresentata da P. Němečková, E. Sanfrutos Cano e L. Haasbeek, in qualità di agenti,
 
ricorrente,
 
contro
 
Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, J. Vláčil, T. Müller e L. Dvořáková, in qualità di agenti,
 
convenuta,
 
LA CORTE (Prima Sezione),
 
composta da R. Silva de Lapuerta, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, J.‑C. Bonichot (relatore), A. Arabadjiev, E. Regan e S. Rodin, giudici,
 
avvocato generale: N. Wahl
 
cancelliere: M. Aleksejev, capo unità
 
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 settembre 2018,
 
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 novembre 2018,
 
ha pronunciato la seguente
 
Sentenza
 
1        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, rifiutandosi di garantire la ripresa nella Repubblica ceca della miscela TPS‑NOLO o Geobal [in prosieguo: il «TPS‑NOLO (Geobal)»] spedita a partire da tale Stato membro a Katowice (Polonia), la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 24, paragrafo 2, e dell’articolo 28, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (GU 2006, L 190, pag. 1).
 
 Contesto normativo
 
 Regolamento n. 1013/2006
 
2        Ai sensi dell’articolo 1 del regolamento n. 1013/2006, intitolato «Ambito d’applicazione»:
 
«1.      Il presente regolamento istituisce le procedure e i regimi di controllo per le spedizioni di rifiuti in funzione dell’origine, della destinazione e dell’itinerario di spedizione, del tipo di rifiuti spediti e del tipo di trattamento da applicare ai rifiuti nel luogo di destinazione.
 
(…)».
 
3        L’articolo 2 del medesimo regolamento così dispone:
 
«Ai fini del presente regolamento, si intende per:
 
1)      “rifiuti”: i rifiuti quali definiti dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti (GU 2006, L 114, pag. 9), sostituita, a decorrere dal 12 dicembre 2010, dalla direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU 2008, L 312, pag. 3), il cui articolo 3 riprende essenzialmente la definizione di “rifiuto” fornita dalla direttiva 2006/12).
 
(…)
 
19)      “autorità competente di spedizione”: l’autorità competente per la zona dalla quale si prevede che la spedizione avrà inizio o nella quale essa ha inizio;
 
20)      “autorità competente di destinazione»: l’autorità competente per la zona verso la quale è prevista o ha luogo la spedizione (…);
 
(…)
 
22)      «paese di spedizione»: qualsiasi paese dal quale si prevede che la spedizione di rifiuti avrà inizio o nel quale essa ha inizio;
 
23) “paese di destinazione”: qualsiasi paese verso il quale è prevista o ha luogo la spedizione di rifiuti (…);
 
(…)
 
35)      “spedizione illegale”: qualsiasi spedizione di rifiuti effettuata:
 
a) senza notifica a tutte le autorità competenti interessate a norma del presente regolamento; o
 
(…)
 
g) per la quale, in relazione alle spedizioni di rifiuti di cui all’articolo 3, paragrafi 2 e 4, sia stato accertato che:
 
(…)
 
iii) la spedizione è effettuata in un modo che non è materialmente specificato nel documento di cui all’allegato VII;
 
(…)».
 
4        Ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1013/2006, le spedizioni transfrontaliere all’interno dell’Unione – a seconda della natura e del trattamento dei rifiuti e qualora questi ultimi superino un quantitativo di 20 kg – devono essere soggette ad una procedura di notifica alle autorità competenti o di informazione di queste ultime.
 
5        L’articolo 24, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento così dispone:
 
«1.      Quando un’autorità competente individua una spedizione da essa ritenuta illegale ne informa immediatamente le altre autorità competenti interessate.
 
2.      Se il responsabile della spedizione illegale è il notificatore, l’autorità competente di spedizione provvede affinché i rifiuti in questione siano:
 
a)      ripresi dal notificatore de facto; o, se non è stata trasmessa alcuna notifica,
 
b)      ripresi dal notificatore de iure; o, qualora ciò risulti impossibile,
 
c)      ripresi dalla stessa autorità competente di spedizione o da una persona fisica o giuridica che agisce per suo conto; o, qualora ciò risulti impossibile,
 
d)      recuperati o smaltiti in modo alternativo nel paese di destinazione o spedizione dall’autorità competente stessa di spedizione o da una persona fisica o giuridica che agisce per suo conto; o, qualora ciò risulti impossibile,
 
e)      recuperati o smaltiti in modo alternativo in un paese diverso dall’autorità competente stessa di spedizione o da una persona fisica o giuridica che agisce per suo conto, se tutte le autorità competenti interessate sono d’accordo.
 
Tale ripresa, recupero o smaltimento devono avvenire entro trenta giorni o entro il termine eventualmente concordato tra le autorità competenti interessate dal momento in cui l’autorità competente di spedizione viene a conoscenza o è avvisata per iscritto dalle autorità competenti di destinazione o transito della spedizione illegale e informata dei motivi che l’hanno prodotta. Questo avviso può risultare dalle informazioni trasmesse alle autorità competenti di destinazione o transito, nonché da altre autorità competenti.
 
In caso di ripresa dei rifiuti di cui alle lettere a), b) e c), è trasmessa una nuova notifica, a meno che le autorità competenti interessate non convengano che è sufficiente una richiesta debitamente motivata dell’autorità competente di spedizione iniziale.
 
La nuova notifica è trasmessa dai soggetti o dalle autorità di cui alle lettere a), b) o c) dell’elenco, nell’ordine indicato.
 
Nessuna autorità competente può sollevare obiezioni od opporsi alla reintroduzione dei rifiuti oggetto di una spedizione illegale. Qualora l’autorità competente di spedizione abbia optato per le soluzioni alternative di cui alle lettere d) ed e), l’autorità competente di spedizione iniziale o una persona fisica o giuridica che agisce per suo conto trasmette una nuova notifica, a meno che le autorità competenti interessate non convengano che è sufficiente una richiesta debitamente motivata di tale autorità».
 
6        Ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 1013/2006:
 
«1.      Se le autorità competenti di spedizione e destinazione non si accordano in merito alla classificazione dei materiali come rifiuti o no, detti materiali sono trattati come rifiuti. Ciò avviene fatto salvo il diritto del paese di destinazione di trattare i materiali spediti, dopo il loro arrivo, conformemente alla legislazione nazionale, allorché tale legislazione è conforme alla normativa comunitaria o al diritto internazionale.
 
2.      Se le autorità competenti di spedizione e destinazione non si accordano in merito alla classificazione dei rifiuti notificati come rifiuti dell’allegato III, III A, III B o IV, i rifiuti si considerano rifiuti dell’allegato IV.
 
3.      Se le autorità competenti di spedizione e destinazione non si accordano in merito alla classificazione dell’operazione notificata di trattamento dei rifiuti come operazione di recupero o di smaltimento, si applicano le disposizioni in materia di smaltimento.
 
4.      I paragrafi da 1 a 3 si applicano esclusivamente ai fini del presente regolamento e lasciano impregiudicato il diritto delle parti interessate di risolvere eventuali controversie relative a tali questioni dinanzi a un organo giurisdizionale».
 
7        La voce A3190 dell’elenco A che compare nella parte 1 dell’allegato V del regolamento n. 1013/2006 è formulata nel modo seguente:
 
«Rifiuti di residui catramosi (esclusi i cementi asfaltici) provenienti dai trattamenti di raffinazione, distillazione o pirolisi di materiali organici».
 
 La direttiva 2006/12
 
8        Il considerando 2 della direttiva 2006/12 è del seguente tenore:
 
«Ogni regolamento in materia di gestione dei rifiuti deve essenzialmente mirare alla protezione della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti».
 
9        L’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva definisce come «rifiuto» «qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi».
 
 La direttiva 2008/98
 
10      L’articolo 3 della direttiva 2008/98 così dispone:
 
«Ai fini della presente direttiva, si intende per:
 
1)      “rifiuto” qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi
 
(…)».
 
11      L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, prevede quanto segue:
 
«Taluni rifiuti specifici cessano di essere tali ai sensi dell’articolo 3, punto 1, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino criteri specifici da elaborare conformemente alle seguenti condizioni:
 
a)      la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzata/o per scopi specifici;
 
b)      esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
 
c)      la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; e
 
d)      l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
 
I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto».
 
 Il regolamento REACH
 
12      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 1272/2008 della Commissione, del 16 dicembre 2008 (GU L 353, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento REACH»):
 
«I rifiuti quali definiti nella direttiva 2006/12/CE (…) non sono considerati né sostanze, né miscele, né articoli a norma dell’articolo 3 del presente regolamento».
 
13      L’articolo 128 del regolamento REACH così dispone:
 
«1.      Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri si astengono dal vietare, restringere o ostacolare la fabbricazione, l’importazione, l’immissione sul mercato o l’uso di una sostanza, in quanto tale o in quanto componente di una miscela o di un articolo, che rientri nell’ambito d’applicazione del presente regolamento e ottemperi al presente regolamento e, se del caso, ad atti comunitari adottati in applicazione di esso.
 
2.      Nulla, nel presente regolamento, impedisce agli Stati membri di mantenere o stabilire norme nazionali intese a proteggere i lavoratori, la salute umana e l’ambiente, applicabili ai casi in cui il presente regolamento non armonizza le prescrizioni in materia di fabbricazione, immissione sul mercato o uso».
 
 Procedimento precontenzioso e procedimento dinanzi alla Corte
 
14      Tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, un operatore ceco ha spedito da Litvínov (Repubblica ceca) a Katowice (Polonia) circa 20 000 tonnellate di TPS‑NOLO (Geobal), una miscela composta di catrami acidi risultanti dalla raffinazione del petrolio, di polvere di carbone e di ossido di calcio.
 
15      Tale miscela è stata depositata, in tutto o in parte, in un terreno preso in locazione dall’importatore polacco e situato in Katowice, rue Karol Woźniak.
 
16      L’11 settembre 2011 le autorità polacche hanno comunicato al Ministero dell’Ambiente ceco che consideravano tale spedizione come una spedizione illegale di rifiuti ai sensi dell’articolo 2, punto 35, lettera a), del regolamento n. 1013/2006, in quanto né lo speditore né il destinatario di tali rifiuti aveva notificato tale spedizione alle autorità responsabili per la protezione dell’ambiente.
 
17      Nel gennaio 2012 il Ministero dell’Ambiente ceco ha risposto alle autorità polacche che, poiché il TPS‑NOLO (Geobal) è registrato in conformità del regolamento REACH, non lo considerava come un rifiuto e che, di conseguenza, si rifiutava di ingiungere allo speditore ceco della miscela di cui trattasi di garantirne la ripresa.
 
18      A seguito della presentazione, il 4 febbraio 2014, di una denuncia relativa a tale spedizione da parte di un’associazione per la tutela dell’ambiente, la Commissione il 12 giugno seguente ha avviato un’indagine.
 
19      Il 27 novembre 2014 la Commissione ha inviato alla Repubblica ceca una lettera di diffida, alla quale detto Stato membro ha risposto il 20 febbraio seguente, affermando che il TPS‑NOLO (Geobal) non costituiva un rifiuto.
 
20      Il 22 ottobre 2015 la Commissione ha inviato alla Repubblica ceca un parere motivato, al quale quest’ultima ha risposto il 18 dicembre seguente, confermando il proprio rifiuto a garantire la spedizione sul suo territorio della miscela in questione.
 
21      Avendo constatato che la Repubblica ceca si rifiutava di conformarsi al suo parere motivato, La Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
 
 Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento
 
22      A seguito delle conclusioni presentate dall’avvocato generale, con lettera del 23 novembre 2018 la Commissione ha chiesto alla Corte la riapertura della fase orale del procedimento, ai sensi dell’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte, sulla base del rilievo che i motivi sui quali si era fondato l’avvocato generale per concludere per il rigetto del ricorso in quanto irricevibile non erano stati dibattuti tra le parti, né durante la fase scritta né durante la fase orale del procedimento.
 
23      Si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 83 del regolamento di procedura, la Corte, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, può disporre la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte, oppure quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti o gli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.
 
24      La Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per statuire sul presente ricorso e che la fattispecie non debba essere esaminata alla luce di un argomento non dibattuto dinanzi ad essa.
 
25      Di conseguenza, la domanda di riapertura della fase orale del procedimento presentata dalla Commissione deve essere respinta.
 
 Sul ricorso
 
 Argomenti delle parti
 
26      La Commissione contesta alla Repubblica ceca di aver rifiutato, in violazione dell’articolo 24 del regolamento n. 1013/2006, di ottemperare alla richiesta delle autorità polacche di riprendere la miscela in questione, che sarebbe stata spedita illegalmente verso il territorio polacco.
 
27      Il TPS‑NOLO (Geobal) dovrebbe essere qualificato come «rifiuto».
 
28      In primo luogo, infatti, tale miscela sarebbe prodotta a partire da rifiuti provenienti da una precedente attività di raffineria nel sito di Ostrava (Repubblica ceca).
 
29      In secondo luogo, i catrami acidi, dai quali risulta il TPS‑NOLO (Geobal), al pari di questa stessa miscela, sarebbero rifiuti pericolosi.
 
30      In terzo luogo, nella Repubblica ceca come in Polonia, la miscela in questione sarebbe considerata un rifiuto. La Repubblica ceca non contesterebbe tale stato di fatto per quanto la riguarda. Peraltro, il Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa, Repubblica ceca), con decisione del 3 dicembre 2015, avrebbe constatato che la sostanza «Geobal» era classificata tra i rifiuti. Inoltre, la decisione relativa alla modifica n. 20 del permesso integrato relativo al complesso di discariche di Litvínov designerebbe come rifiuto la sostanza «Geobal 4».
 
31      In quarto luogo, tale sostanza non avrebbe cessato di essere un rifiuto in conseguenza della sua registrazione ai sensi del regolamento REACH. Da un lato, infatti, i rifiuti sarebbero esclusi dall’ambito di applicazione di tale regolamento, a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, di quest’ultimo. Di conseguenza l’articolo 128 del regolamento REACH, che vieta segnatamente qualsiasi ostacolo alla libera circolazione delle sostanze che rientrano nell’ambito di applicazione di tale regolamento, non sarebbe applicabile ad una sostanza inizialmente classificata come rifiuto, fino a che essa non abbia cessato di essere un rifiuto. D’altro lato, la registrazione ai sensi di tale regolamento costituirebbe solo uno dei fattori che possono presentare un interesse per determinare se una sostanza abbia cessato di essere un rifiuto, come la Corte avrebbe statuito nella sentenza del 7 marzo 2013, Lapin ELY‑keskus, liikenne ja infrastruktuuri (C‑358/11, EU:C:2013:142). Infine, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento REACH, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) sarebbe soltanto abilitata a procedere ad un controllo di completezza del fascicolo di registrazione, senza che sia effettuata una valutazione della qualità o dell’adeguatezza dei dati presentati.
 
32      In quinto luogo, l’intenzione del detentore non sarebbe l’unico elemento determinante della qualificazione come rifiuto di un materiale. Come la Corte avrebbe dichiarato nella sentenza del 15 giugno 2000, ARCO Chemie Nederland e a. (C‑418/97 e C‑419/97, EU:C:2000:318, punto 88), la qualità di rifiuto dovrebbe essere determinata alla luce delle circostanze di ciascuna fattispecie e la definizione della nozione di «rifiuto» non potrebbe essere interpretata in senso restrittivo. La composizione di un materiale e il rischio che esso costituisce per l’ambiente e la salute umana sarebbero fattori importanti per determinare se esso costituisca o meno un rifiuto.
 
33      In sesto luogo, secondo le sentenze del 28 marzo 1990, Vessoso e Zanetti (C‑206/88 e C‑207/88, EU:C:1990:145, punto 11) e del 18 dicembre 1997, Inter-Environnement Wallonie ASBL (C‑129/96, EU:C:1997:628, punto 31 e giurisprudenza ivi citata), la possibilità di riutilizzazione economica non sarebbe esclusiva della nozione di rifiuto. Per di più, non sarebbe dimostrato l’interesse economico della miscela in questione ed esso non potrebbe essere ricavato dal contratto di vendita in conto consegna concluso. Tale contratto non proverebbe l’esistenza di una domanda, in Polonia, per il materiale in questione quale combustibile per i cementifici poiché, in tale Stato membro, l’acquirente non avrebbe realizzato la vendita della miscela immagazzinata conformemente alle disposizioni contrattuali. Tenuto conto della diminuzione del quantitativo di miscela presente nel sito considerato, che è stata rilevata dagli ispettori polacchi, una parte di essa sarebbe stata probabilmente riesportata.
 
34      In ogni caso, dal tenore letterale stesso dell’articolo 28 del regolamento n. 1013/2006 risulterebbe che, in mancanza di accordo tra le autorità ceche e le autorità polacche, la miscela in questione dovrebbe essere trattata come se costituisse un rifiuto. A giusto titolo le autorità polacche avrebbero concluso, alla luce degli esami da esse effettuati in laboratorio, che la miscela in questione costituisse un rifiuto ai sensi dell’allegato IV di tale regolamento e della normativa polacca.
 
35      A sua difesa, la Repubblica ceca sostiene che gli Stati membri non possono fare un uso discrezionale dell’articolo 28 del regolamento n. 1013/2006. Tale disposizione potrebbe essere applicata solo allorché uno Stato membro nutra seri dubbi in merito alla qualità di rifiuto del materiale in questione. Se fosse permesso ad uno Stato membro di invocare l’articolo 28 di tale regolamento, senza fornire la prova, ne risulterebbe un grave rischio per la libertà di circolazione. Tale interpretazione sarebbe confermata dalla sentenza del 9 giugno 2016, Nutrivet, C‑69/15, EU:C:2016:425. Orbene, la Commissione non apporterebbe alcuna prova del fatto che la miscela in questione sia un rifiuto ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98.
 
36      Risulterebbe dalla definizione di «rifiuto» ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98 e dalla giurisprudenza della Corte (sentenze del 18 dicembre 1997, Inter‑Environnement Wallonie, C‑129/96, EU:C:1997:628, punto 26, e del 15 giugno 2000, ARCO Chemie Nederland e a., C‑418/97 e C‑419/97, EU:C:2000:318, punti 57 e 97), che, ai fini della classificazione di un materiale come rifiuto, sarebbe rilevante il modo in cui il suo detentore intende trattarlo, cosicché uno stesso materiale potrebbero essere classificato o meno come rifiuto. Pertanto ai fini della qualificazione come rifiuto di un materiale, non sarebbe determinante la sola composizione di quest’ultimo. Neppure gli esami effettuati in laboratorio dalle autorità polacche sarebbero determinanti per la qualificazione della miscela in questione.
 
37      La Commissione non potrebbe basarsi sul fatto che la Repubblica ceca non ha presentato alcuna decisione nazionale dalla quale risulti che la miscela in questione abbia cessato di essere un rifiuto. Tale argomento della Commissione si fonderebbe, infatti, sull’articolo 6 della direttiva 2008/98, che non sarebbe applicabile ratione temporis a detta miscela. Il termine di recepimento della suddetta direttiva sarebbe, infatti, scaduto il 12 dicembre 2010, mentre la miscela sarebbe stata prodotta prima di tale data.
 
38      Peraltro, la miscela in questione non sarebbe stata mai classificata come un rifiuto. L’affermazione della Commissione secondo cui nella Repubblica ceca la miscela era considerata come rifiuto non avrebbe corroborazione. Al contrario, il permesso integrato, relativo agli impianti nei quali è stata prodotta tale miscela, mostrerebbe chiaramente che il trattamento in esso previsto era finalizzato a realizzare un prodotto combustibile. La domanda per quest’ultimo sarebbe esistita non solo nella Repubblica ceca, ma anche in Polonia.
 
39      In particolare sarebbe manifesto che, alla data della spedizione considerata, la miscela in questione non era un rifiuto. Il suo detentore non avrebbe avuto l’intenzione di disfarsene, come sarebbe attestato, in primo luogo, dalla registrazione di tale miscela come combustibile, ai sensi del regolamento REACH, prima della sua esportazione in Polonia. Orbene, conformemente alla sentenza del 7 marzo 2013, Lapin ELY‑keskus, liikenne ja infrastruktuuri (C‑358/11, EU:C:2013:142), la registrazione di tale miscela ai sensi del regolamento REACH dovrebbe essere presa in considerazione quale elemento attestante l’intenzione del detentore di utilizzare la stessa miscela non come un rifiuto, ma da un punto di vista economico.
 
40      In secondo luogo, l’esportazione della miscela in questione in Polonia sarebbe stata effettuata in base ad un contratto di vendita in conto consegna concluso da una società polacca stabilita a Sosnowiec (Polonia) per la produzione di cemento. L’affermazione della Commissione secondo cui tale miscela sarebbe stata probabilmente riesportata non è suffragata in alcun modo. L’ammenda inflitta agli acquirenti polacchi e la constatazione, da parte delle autorità polacche, di una considerevole riduzione del volume della suddetta miscela dimostrerebbe, al contrario, che la miscela in questione ha avuto, in Polonia, un uso conforme al progetto iniziale.
 
41      L’assenza di attuali possibilità di utilizzazione di detta miscela in tale Stato membro, secondo le informazioni fornite dall’autorità dello stesso Stato membro, non sarebbe in alcun modo pertinente per valutare se, al momento della sua esportazione, la suddetta miscela costituisse o meno un rifiuto. Peraltro, l’uso di una sostanza registrata in applicazione del regolamento REACH non potrebbe essere limitato al territorio di un unico Stato membro.
 
42      La Commissione non apporterebbe alcuna prova del fatto che la miscela spedita non sia stata utilizzata conformemente al contratto concluso e che essa sia stata riesportata.
 
43      La Commissione non apporterebbe quindi alcun elemento di prova del fatto che la miscela in questione fosse, all’epoca dei fatti, un rifiuto ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98. Pertanto, essa non avrebbe assolto l’onere della prova gravante nei suoi confronti nell’ambito di un procedimento per inadempimento.
 
 Giudizio della Corte
 
44      Il regolamento n. 1013/2006 istituisce le procedure e i regimi di controllo per le spedizioni di rifiuti in particolare tra gli Stati membri dell’Unione.
 
45      L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1013/2006 assoggetta ad una procedura di notifica e autorizzazione preventive scritte le spedizioni, all’interno dell’Unione, di tutti i rifiuti destinati ad operazioni di smaltimento e di numerosi rifiuti destinati ad operazioni di recupero, in particolare quelli che compaiono all’allegato IV del suddetto regolamento. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, di tale regolamento, le spedizioni di rifiuti devono essere oggetto di informazione mediante compilazione del modulo che compare all’allegato VII dello stesso regolamento, tranne se esse riguardano quantitativi minimi, non superiori a 20 kg.
 
46      L’articolo 2, punto 35, lettere a) e g), del regolamento n. 1013/2006 qualifica come «spedizione illegale» segnatamente una spedizione di rifiuti che non sia stato oggetto né di una notifica né di un’informazione.
 
47      Nel caso di una spedizione illegale per i summenzionati motivi, l’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 1013/2006 prevede che l’autorità competente per l’applicazione di detto regolamento nello Stato membro di provenienza dei rifiuti, denominata «autorità competente di spedizione», deve provvedere affinché, entro un termine, in linea di principio, di 30 giorni dalla data in cui essa è stata informata, i rifiuti siano ripresi dal «notificatore de iure», ossia la persona che ha l’onere di notificare o comunicare o, in mancanza, di far riprendere o riprendere essa stessa i rifiuti.
 
48      Nella fattispecie, la spedizione, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, di 20 000 tonnellate di TPS‑NOLO (Geobal) dalla Repubblica ceca verso la Polonia non è stata oggetto né di una notifica né di un’informazione. Quando nel settembre 2011 le autorità polacche hanno segnalato tale spedizione al Ministero dell’Ambiente ceco, quest’ultimo si è rifiutato di ingiungere allo speditore ceco di procedere alla ripresa della miscela in questione in Polonia, sostenendo che essa non costituiva un rifiuto. È stata la persistenza di tale diniego che ha condotto all’avvio della procedura per inadempimento e successivamente alla proposizione del ricorso dinanzi alla Corte da parte della Commissione.
 
49      Quest’ultima sottolinea che, ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 1013/2006, si presume che l’oggetto di una spedizione sia costituito da rifiuti quando le autorità competenti di spedizione e di destinazione, come nella fattispecie, non si accordano sulla questione se l’oggetto della spedizione debba essere qualificato come rifiuto. Il trasporto della miscela in questione nella presente fattispecie avrebbe dovuto quindi essere considerato una spedizione di rifiuti che, in mancanza dell’espletamento delle formalità ricordate al punto 4 della presente sentenza, era illegale. La Commissione considera pertanto che la Repubblica ceca, avendo ricevuto una richiesta in tal senso da parte delle autorità polacche, fosse tenuta a garantire la ripresa di rifiuti in conformità del testo stesso dall’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 1013/2006. La Commissione chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti per esservisi rifiutata.
 
50      Secondo la Repubblica ceca la Commissione non ha prodotto alcun elemento atto a dimostrare che la miscela in questione costituisca un rifiuto.
 
 Onere della prova
 
51      Nell’ambito di un procedimento per inadempimento, secondo una giurisprudenza costante della Corte, incombe alla Commissione provare la sussistenza dell’asserito inadempimento (sentenze del 25 maggio 1982, Commissione/Paesi Bassi, 97/81, EU:C:1982:193, punto 6, e dell’11 luglio 2018, Commissione/Belgio, causa C‑356/15, EU:C:2018:555, punto 25). È infatti la Commissione che deve fornire alla Corte tutti gli elementi necessari alla verifica, da parte di quest’ultima, dell’esistenza di tale inadempimento, senza potersi basare su una qualsivoglia presunzione (sentenze del 10 giugno 2010, Commissione/Portogallo, C‑37/09, non pubblicata, EU:C:2010:331, punto 28; del 22 settembre 2011, Commissione/Spagna, C‑90/10, non pubblicata, EU:C:2011:606, punto 47, e del 13 febbraio 2014, Commissione/Regno Unito, C‑530/11, EU:C:2014:67, punto 60).
 
52      Nel caso di specie, se la miscela in questione non è un rifiuto, il regolamento n. 1013/2006 non è applicabile alla sua spedizione dalla Repubblica ceca verso la Polonia e la Commissione non può far valere l’inadempimento del primo di tali Stati membri. Pertanto, è necessaria la classificazione come rifiuto di tale miscela per poter constatare un inadempimento fondato sull’articolo 24, paragrafo 2, di tale regolamento ed essa rientra, quindi, tra gli elementi soggetti alla verifica della Corte nella presente causa.
 
53      Inoltre, poiché, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 51 della presente sentenza, la Commissione non può basarsi su una qualsivoglia presunzione per apportare la prova di un inadempimento, tale istituzione non può limitarsi ad invocare la presunzione di cui all’articolo 28, paragrafo 1, del regolamento n. 1013/2006, né affermare di attenersi alla mera constatazione del disaccordo fra le autorità competenti di spedizione e di destinazione, in merito alla classificazione come rifiuto della miscela in questione, per dimostrare che quest’ultima costituisce effettivamente un rifiuto.
 
54      Da quanto precede risulta che a torto la Commissione sostiene che non spetta ad essa fornire la prova del fatto che la miscela in questione debba essere qualificata come «rifiuto» ai fini del presente procedimento per inadempimento.
 
 Prova dell’inadempimento
 
55      Poiché è pacifico che non è stata espletata nessuna delle formalità richieste per una spedizione di rifiuti in vista del trasporto della miscela in questione, si deve considerare che quest’ultima sia stata oggetto di una spedizione illegale ai sensi dell’articolo 2, punto 35, del regolamento n. 1013/2006, sempre che essa possa essere qualificata come rifiuto. In tal caso, l’autorità competente di spedizione avrebbe dovuto garantirne la ripresa, su richiesta delle autorità polacche, in applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, di tale regolamento. Naturalmente, va tenuta distinta l’ipotesi, prevista all’articolo 24, paragrafo 2, lettera d), dello stesso regolamento, in cui tale ripresa sia impossibile, ma siffatta impossibilità non è invocata da nessuna delle parti. Pertanto la qualificazione come rifiuto della miscela in questione è decisiva per accertare l’esistenza dell’asserito inadempimento.
 
56      Ai sensi dell’articolo 2, punto 1, del regolamento n. 1013/2006, ai fini di tale regolamento la nozione di «rifiuti» è definita secondo quella che è fornita all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12 nei termini seguenti: «qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi». Essendo espressamente non esaustivo, l’elenco delle categorie di rifiuti di cui all’allegato I ha principalmente natura illustrativa (sentenza del 12 dicembre 2013, Shell Nederland, C‑241/12 e C‑242/12, EU:C:2013:821, punto 35).
 
57      La direttiva 2008/98, che ha sostituito la direttiva 2006/12, ha riprodotto sostanzialmente tale definizione all’articolo 3 paragrafo 1. Occorre, tuttavia, rilevare che, l’applicabilità della summenzionata direttiva alla presente controversia non risulta dagli atti di causa. Le parti, infatti, non hanno prodotto nessun elemento che consenta di dimostrare che la direttiva era stata recepita nel diritto ceco alla data della spedizione controversa, spedizione che le parti sono concordi nel situare, senza ulteriori precisazioni, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011. Orbene, come riconosciuto dalla Commissione in udienza, occorre situarsi alla data di tale spedizione per qualificare o meno come rifiuto la miscela in questione, giacché la liceità della spedizione deve essere valutata a quella stessa data.
 
58      Come si evince dalla definizione ricordata supra, la qualifica di «rifiuto» deriva anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine «disfarsi» (v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2008, Commune de Mesquer, C‑188/07, EU:C:2008:359, punto 53, e del 18 dicembre 2007, Commissione/Italia, C‑263/05, EU:C:2007:808, punto 32).
 
59      Per quanto riguarda l’espressione «disfarsi», dalla giurisprudenza della Corte risulta che siffatta espressione va interpretata tenendo conto dell’obiettivo della direttiva 2006/12, che, ai sensi del suo considerando 2, consiste nella tutela della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi causati dalla raccolta, dal trasporto, dal trattamento, dall’ammasso e dal deposito dei rifiuti, nonché alla luce dell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, a tenore del quale la politica dell’Unione in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, sui principi della precauzione e dell’azione preventiva. Ne consegue che l’espressione «disfarsi» e, dunque, la nozione di «rifiuto», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/12, non possono essere interpretati in modo restrittivo (sentenza del 12 dicembre 2013, Shell Nederland, C‑241/12 e C‑242/12, EU:C:2013:821, punto 38 e giurisprudenza citata).
 
60      Inoltre, la Corte ha dichiarato che l’esistenza di un rifiuto ai sensi della direttiva 2006/12 va accertata alla luce del complesso delle circostanze, tenendo conto della finalità della direttiva ed in modo da non pregiudicarne l’efficacia (sentenza del 12 dicembre 2013, Shell Nederland, C‑241/12 e C‑242/12, EU:C:2013:821, punto 40 e giurisprudenza citata).
 
61      Nel caso di specie, è opportuno far precedere l’esame degli elementi di prova presentati dalla Commissione da due osservazioni preliminari. In primo luogo, allorché si tratta di valutare la qualità di rifiuto della miscela spedita, le circostanze pertinenti alla luce delle quali va effettuata tale valutazione sono quelle esistenti alla data della spedizione, e non già le circostanze anteriori o posteriori a tale data. In secondo luogo, avendo ritenuto che spettasse alla Repubblica ceca di fornire la prova che il TPS‑NOLO (Geobal) non era un rifiuto, nelle sue memorie, la Commissione si è adoperata meno a fornire essa stessa la prova che tale sostanza è un rifiuto che a rispondere agli argomenti formulati dallo Stato membro convenuto nel corso della procedura per inadempimento, al fine di provare il contrario.
 
62      Tra le circostanze che la Commissione presenta come atte a dimostrare la natura di rifiuto della miscela in questione, essa menziona, in primo luogo, il fatto che il TPS‑NOLO (Geobal) è prodotto a partire da rifiuti provenienti da una precedente attività di raffineria nel sito di Ostrava.
 
63      Tale punto è stato confermato all’udienza dinanzi alla Corte dalla Repubblica ceca, la quale ha del pari ammesso che i catrami acidi, componente principale di tale miscela, sono il risultato dell’attività di una ex raffineria di petrolio stabilita nel sito di Ostrava e corrispondono ai «[r]ifiuti di residui catramosi (esclusi i cementi asfaltici) provenienti dai trattamenti di raffinazione, distillazione o pirolisi di materiali organici» che compaiono alla voce A3190 dell’elenco A contenuto nella parte 1 dell’allegato V del regolamento n. 1013/2006. Tuttavia, tale Stato membro sostiene che, per il fatto di essere miscelati con la polvere di carbone e l’ossido di calcio per formare il TPS‑NOLO (Geobal), tali catrami hanno subito una trasformazione che ha fatto perdere loro la natura di rifiuto e ha permesso loro di essere utilizzati come combustibili nei cementifici.
 
64      Orbene, il fatto che una sostanza sia il risultato di un’operazione di recupero di rifiuti è solo uno dei fattori che devono essere presi in considerazione per stabilire se tale sostanza sia ancora un rifiuto, ma esso non consente in quanto tale una conclusione definitiva a tal riguardo (sentenze del 15 giugno 2000, ARCO Chemie Nederland e a., C‑418/97 e C‑419/97, EU:C:2000:318, punto 97, e del 7 marzo 2013, Lapin ELY‑keskus, liikenne ja infrastruktuuri, C‑358/11, EU:C:2013:142, punto 58). Di conseguenza, la mera circostanza che il TPS‑NOLO (Geobal) sia prodotto a partire da rifiuti non consente di stabilire che esso stesso è un rifiuto.
 
65      In secondo luogo, la Commissione sottolinea la pericolosità dei catrami acidi da cui proviene il TPS‑NOLO (Geobal) e di tale miscela stessa.
 
66      Occorre anzitutto sottolineare che la nozione di rifiuto non si ricava dalla pericolosità di una sostanza (sentenza del 18 aprile 2002, Palin Granit e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, C‑9/00, EU:C:2002:232, punto 48). Per quanto riguarda le conseguenze da trarre dall’asserita pericolosità dei catrami acidi di cui trattasi, il diritto dell’Unione non esclude per principio che un rifiuto considerato pericoloso possa cessare di essere un rifiuto se un’operazione consente di renderlo utilizzabile senza mettere in pericolo la salute umana e senza nuocere all’ambiente e se, peraltro, non è accertato che il detentore dell’oggetto di cui trattasi se ne disfi o abbia l’intenzione di disfarsene (sentenza del 7 marzo 2013, Lapin ELY-keskus, liikenne ja infrastruktuuri, C‑358/11, EU:C:2013:142, punto 60).
 
67      Per quanto riguarda la classificazione come rifiuto pericoloso del TPS‑NOLO (Geobal) stesso, fatta valere dalla Commissione, tale istituzione menziona l’ammenda irrogata da un giudice polacco ad uno degli acquirenti di tale miscela a causa della qualificazione di quest’ultima come rifiuto pericoloso. Occorre tuttavia sottolineare i limiti dell’argomento tratto dalla qualificazione di una sostanza diversa da quella di cui trattasi e in circostanze che non sono precisate. Per quanto riguarda la miscela in questione, la Repubblica ceca ha ammesso in udienza che il quantitativo inutilizzato che permane sparso nel sito di Katowice da diversi anni, in condizioni di conservazione nocive per l’ambiente e la salute pubblica, deve certamente essere considerato un rifiuto. Tuttavia, com’è stato ricordato al punto 61 della presente sentenza e come ha sostenuto la Repubblica ceca, tali circostanze attuali non sono pertinenti per valutare la qualità di rifiuto della miscela alla data della sua spedizione.
 
68      In terzo luogo, la Commissione sostiene che il TPS‑NOLO (Geobal) è considerato un rifiuto nella Repubblica ceca e in Polonia.
 
69      La Repubblica ceca non concorda con tale affermazione per quanto la riguarda. Secondo tale Stato membro, il Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa), nella sua sentenza del 3 dicembre 2015 citata dalla Commissione quale prova della classificazione come rifiuto del TPS‑NOLO (Geobal) nella Repubblica ceca, non si è pronunciato su tale punto, ma si è limitato a riferire, nella sintesi delle osservazioni delle parti, che queste ultime avevano qualificato come rifiuto tale miscela.
 
70      La Commissione menziona altresì, a sostegno dei propri argomenti, la modifica n. 20 del permesso integrato relativo all’impianto di Litvínov, nel quale la miscela in questione è stata immagazzinata prima della sua spedizione in Polonia. Essa osserva che tale decisione designa come rifiuto il «Geobal 4». Tuttavia, la somiglianza tra i nomi di tali sostanze non è sufficiente per dimostrare l’identità tra il «Geobal 4» e la miscela in questione. Inoltre, come è stato ricordato al punto 60 della presente sentenza, la qualità dei rifiuti deve essere valutata in concreto, tenendo conto delle circostanze di ciascuna fattispecie.
 
71      Per quanto riguarda la classificazione del TPS‑NOLO (Geobal) nel diritto polacco, occorre osservare che il governo polacco non ha partecipato né alla fase scritta né alla fase orale del procedimento e che la sua posizione è nota alla Corte solo attraverso due lettere datate 21 luglio 2015 e 11 maggio 2016, inviate dalla Repubblica di Polonia alla Commissione, che le ha versate nel fascicolo presentato alla Corte. Da esse risulta che, in tale Stato membro, la suddetta miscela era considerata, a quelle date, come un rifiuto del quale era vietato l’utilizzo come combustibile. Tuttavia, la Repubblica ceca ha sostenuto in udienza, senza essere contraddetta, che l’utilizzo di tale miscela come combustibile nei cementifici è stato vietato in Polonia solo a partire dal maggio 2011, vale a dire successivamente alla spedizione di cui trattasi. Inoltre, il contratto di vendita in conto consegna concluso sembra attestare che alla data della sua firma, nel dicembre 2010, il TPS‑NOLO (Geobal), secondo l’importatore polacco interessato, aveva in Polonia un’utilità e un valore economico.
 
72      In quarto luogo, la Commissione sostiene che dalla registrazione della miscela in questione ai sensi del regolamento REACH prima della sua spedizione non si può dedurre che tale miscela avesse cessato di essere un rifiuto.
 
73      Occorre, a tal riguardo, ricordare che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, di tale regolamento, i rifiuti non sono considerati né sostanze, né miscele, né articoli a norma dell’articolo 3 dello stesso regolamento. È ben vero che, come ha sostenuto la Commissione, la miscela in questione poteva essere stata registrata erroneamente ai sensi del regolamento REACH, in violazione della sua classificazione come rifiuto. Resta pur sempre il fatto che tale ipotesi non può costituire la dimostrazione della natura di rifiuto della suddetta miscela. Pur non autorizzando alcuna conclusione definitiva in senso contrario, la registrazione di una sostanza in conformità del regolamento REACH presenta tuttavia un interesse per stabilire se tale sostanza abbia cessato di essere un rifiuto (v., in questo senso, sentenza del 7 marzo 2013, Lapin ELY‑keskus, liikenne ja infrastruktuuri, C‑358/11, EU:C:2013:142, punti 63 e 64).
 
74      In quinto luogo, la Commissione menziona la composizione della miscela in questione e il pericolo che essa presenterebbe per l’ambiente o la salute umana. Occorre in proposito rilevare, anzitutto, che le analisi di tale miscela di cui la Commissione fa menzione, senza produrle, sono state realizzate dalle autorità polacche con una modalità priva di contraddittorio e che la Repubblica ceca non è in grado di procedere a una controperizia, poiché la suddetta miscela si trova nel territorio polacco. Inoltre, come risulta dalla definizione di rifiuto, una sostanza non è un rifiuto per sua natura, ma in conseguenza dell’intenzione o dell’obbligo del suo detentore di disfarsene, ossia per volontà del detentore o del legislatore. Ne consegue che la composizione chimica della sostanza in questione è, tutt’al più, idonea a costituire un indizio della sua natura di rifiuto (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2004, Van de Walle e a., C‑1/03, EU:C:2004:490, punto 42). Infine, i rischi che una sostanza presenta per l’ambiente o la salute umana non hanno un’incidenza determinante sulla sua qualificazione come rifiuto (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2000, ARCO Chemie Nederland e a., C‑418/97 e C‑419/97, EU:C:2000:318, punto 66).
 
75      In sesto luogo la Commissione sostiene che, anche ammesso che il TPS‑NOLO (Geobal) potesse essere oggetto di una riutilizzazione economica, tale circostanza non è incompatibile con la sua qualificazione come rifiuto (v., in tal senso, sentenze del 28 marzo 1990, Vessoso e Zanetti, C‑206/88 e C‑207/88, EU:C:1990:145, punto 13, e del 18 dicembre 1997, Inter‑Environnement Wallonie, C‑129/96, EU:C:1997:628, punto 31). Tale argomento, tuttavia, non può per converso essere considerato una prova e neppure un indizio della natura di rifiuto della miscela in questione.
 
76      La Commissione contesta inoltre l’utilità economica della miscela in questione. Dalla diminuzione dei quantitativi di miscela presente nel sito interessato, diminuzione rilevata dagli ispettori polacchi, essa deduce che l’acquirente non abbia effettuato la vendita in Polonia di tale miscela, come prevedeva il contratto concluso, e che essa sia stata in parte riesportata. Da ciò la Commissione deduce che in tale Stato membro non esisteva una domanda per tale miscela quale combustibile per i cementifici.
 
77      Secondo le indicazioni fornite dalle autorità polacche, durante il 2016 il quantitativo di TPS‑NOLO (Geobal) depositato a Katowice ammontava a sole 6 000 tonnellate circa delle 20 000 tonnellate di tale miscela spedite nel corso dell’anno 2011. Appare tuttavia difficile dedurre da tale unica constatazione che non vi sia stata vendita in conto consegna della miscela in questione e che quest’ultima sia stata in parte riesportata. Come suggerito dalla Repubblica ceca, la diminuzione dei quantitativi di miscela presenti nel sito considerato può spiegarsi anche con l’utilizzo di quest’ultima come combustibile nei cementifici polacchi, conformemente alla sua destinazione, fintantoché tale uso era autorizzato. In ogni caso, le affermazioni della Commissione al riguardo non sono suffragate da alcun elemento di prova.
 
78      Da tutte le suesposte considerazioni risulta che non si può considerare che la Commissione abbia fornito, in misura giuridicamente sufficiente, la prova della natura di rifiuto, ai sensi della direttiva 2006/12, della miscela di cui trattasi. Di conseguenza, essa non ha dimostrato che la spedizione della suddetta miscela dalla Repubblica ceca verso la Polonia tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 costituisse, alla data in cui è stata effettuata, una spedizione di rifiuti ai sensi del regolamento n. 1013/2006 e neppure, pertanto, che la Repubblica ceca sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del combinato disposto dell’articolo 24, paragrafo 2, e dell’articolo 28, paragrafo 1, del presente regolamento. Il ricorso della Commissione dev’essere quindi respinto.
 
 Sulle spese
 
79      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica ceca ha chiesto la condanna della Commissione, che è risultata soccombente, quest’ultima dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:
 
1)      Il ricorso è respinto.
 
2)      La Commissione europea è condannata alle spese.
 
Firme

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!