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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 343 | Data di udienza: 10 Aprile 2019

* APPALTI – Differenza tra concessione e contratto di appalto – Tratto distintivo – Art. 3, lett. zz) d.lgs. n. 50/2016 – Mancata corrispondenza tra costi operativi gestionali e canone concessorio – Rischio ordinario connaturato allo stesso istituto concessorio – Obbligo per la stazione appaltante di ricondurre il contratto ad una dimensione di remuneratività economica – Insussistenza – Art. 106 d.lgs. n. 50/2016.


Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione: Sicilia
Città:
Data di pubblicazione: 26 Aprile 2019
Numero: 343
Data di udienza: 10 Aprile 2019
Presidente: Contessa
Estensore: Contessa


Premassima

* APPALTI – Differenza tra concessione e contratto di appalto – Tratto distintivo – Art. 3, lett. zz) d.lgs. n. 50/2016 – Mancata corrispondenza tra costi operativi gestionali e canone concessorio – Rischio ordinario connaturato allo stesso istituto concessorio – Obbligo per la stazione appaltante di ricondurre il contratto ad una dimensione di remuneratività economica – Insussistenza – Art. 106 d.lgs. n. 50/2016.



Massima

 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 26 aprile 2019, n. 343


APPALTI – Differenza tra concessione e contratto di appalto – Tratto distintivo – Art. 3, lett. zz) d.lgs. n. 50/2016.

Il tratto distintivo che differenza la concessione rispetto al contratto di appalto è rappresentato dalla sussistenza di un rischio operativo sostanziale, da ultimo definito dal legislatore come “il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico” (in tal senso l’articolo 3, lettera zz) del decreto legislativo n. 50 del 2016). Il rischio operativo si ritiene sussistente nel caso in cui, in condizioni operative normali (per tali intendendosi l’insussistenza di eventi non prevedibili) “non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita all’operatore economico deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dall’operatore economico non sia puramente nominale o trascurabile”.
 


APPALTI – Concessione – Mancata corrispondenza tra costi operativi gestionali e canone concessorio – Rischio ordinario connaturato allo stesso istituto concessorio – Obbligo per la stazione appaltante di ricondurre il contratto ad una dimensione di remuneratività economica – Insussistenza – Art. 106 d.lgs. n. 50/2016.

La mancata corrispondenza fra costi operativi gestionali e canone concessorio (con conseguente perdita di esercizio per il gestore) rappresenta un – non auspicabile, ma possibile – evento connesso all’ordinaria dinamica gestionale.  Più in particolare, il rischio che la non corretta valutazione della domanda del servizio (e dei conseguenti flussi di cassa) determini effetti negativi sulla gestione del servizio rappresenta un ordinario ‘rischio di domanda’, connaturato con lo stesso istituto concessorio (e, anzi, coessenziale ad esso). Non sussiste di conseguenza in capo all’ente concedente alcun obbligo alla riconduzione del contratto di concessione ad una dimensione di remuneratività economica. Laddove infatti si postulasse  l’esistenza di un siffatto obbligo in capo all’amministrazione, ne resterebbe minata alla radice la stessa sussistenza del rischio operativo gestionale e, in via diretta, la stessa qualificabilità del contratto come concessione; la scelta dell’amministrazione di accordare ex post una rimodulazione degli aspetti economici del contratto in corso di esecuzione si porrebbe in contrasto con i princìpi liberoconcorrenziali, determinando una modifica successiva delle condizioni in relazione alle quali si è svolto il confronto competitivo fra più potenziali concessionari. Non a caso l’articolo 106 del nuovo ‘Codice dei contratti’, declinando princìpi immanenti nella materia concessoria stabilisce che la modifica dei contratti in corso di esecuzione è eccezionalmente possibile, ma solo a condizione: i) che la necessità della modifica sia determinata da circostanze impreviste ed imprevedibili al momento di conclusione della concessione; ii) che la modifica non alteri la natura generale del contratto (ivi compresi gli elementi costitutivi dell’equilibrio economico).

Pres. Ed Est. Contessa – S. s.p.a. (avv.ti Lombardi e Fontanarosa) c. Comune di Marsala  (avv. Floridia)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 26 aprile 2019, n. 343

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 26 aprile 2019, n. 343


Pubblicato il 26/04/2019

N. 00343/2019REG.PROV.COLL.
N. 00004/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4 del 2015, proposto dalla Soes S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difeao dagli avvocati Christian Lombardi e Vincenzo Fontanarosa, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Rosalba Genna in Palermo, via Siracusa 30

contro

Comune di Marsala in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Grazia Floridia, con domicilio eletto presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa in Palermo, via F. Cordova , n.76

per la riforma della sentenza del T.A.R. della Sicilia, Sezione II, 1101/2014

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Marsala;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 10 aprile 2019 il Pres. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Biagio Bruno su delega dell’avvocato Vincenzo Fontanarosa e l’avvocato Francesca Scardina su delega dell’avvocato Maria Grazia Floridia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia e recante il n. 1351/2012 la SOES s.p.a., concessionaria del servizio di gestione delle aree di parcheggio a pagamento in alcune vie della Città di Marsala, impugnava le determinazioni dirigenziali del 4 maggio 2012 e 12 luglio 2012 con cui il Comune resistente aveva diffidato la medesima Società al versamento integrale alle casse comunali dei canoni attivi maturati e non pagati per un importo complessivo di euro 160.995,20, con conseguente automatica risoluzione del contratto in ipotesi di mancato adempimento.

Con il ricorso in questione si deduceva, in particolare, il vizio di eccesso di potere per insussistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto e si allegavano altresì specifiche circostanze tese a dimostrare il complessivo inadempimento della convenzione da parte del Comune di Marsala sul quale doveva, secondo l’appellante, altresì, anche gravare l’obbligazione risarcitoria.

Con l’appellata sentenza n. 1101 del 2014 il Tribunale amministrativo respingeva – in quanto infondato – il ricorso principale e dichiarava inammissibile il ricorso incidentale proposto dal Comune.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla SOES s.p.a. la quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

– Illegittimità della risoluzione contrattuale;

– Insussistenza dei presupposti della risoluzione contrattuale;

– Mancata disponibilità del numero di stalli oggetto di appalto;

– Indeterminatezza del numero di stalli nella disponibilità giornaliera;

– Mancata introduzione della penale ex art. 17, co, 132 della l. 127 del 1997;

– Inadeguata istruttoria sui dati forniti.

L’appellante ha altresì reiterato nella presente sede di appello la domanda risarcitoria già articolata in primo grado e disattesa dal Tribunale amministrativo.

Si è costituito in giudizio il Comune di Marsala il quale ha concluso nel senso dell’infondatezza dell’appello.

Alla pubblica udienza del giorno 10 aprile 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla SOES s.p.a., attiva nel settore della gestione dei parcheggi, avverso la sentenza del T.A.R. della Sicilia con cui è stato respinto il ricorso avverso i provvedimenti con cui il Comune di Marsala, avendo contestato alcuni inadempimenti contrattuali a carico dell’appellante, le intimava il pagamento della somma di euro 160.995,20 entro un breve termine, avvertendo che, in mancanza di pagamento, si sarebbe determinata la risoluzione automatico del contratto.

2. L’appello è infondato.

3. Con un primo motivo di ricorso (pagine da 7 a 9 dell’atto di appello) la SOES s.p.a. lamenta che il primo Giudice non avrebbe tenuto in adeguata considerazione l’evidente contraddittorietà insita nell’atto comunale del 4 maggio 2012 il quale

– per un verso ammetteva (sia pure soltanto de futuro) la possibilità di accordare l’invocata revisione tariffaria, mentre

– per altro verso preconizzava la risoluzione contrattuale in caso di mancato pagamento, entro il termine di sessanta giorni, della somma dovuta al Comune a termini di contratto.

3.1. Il motivo è infondato in quanto non è ravvisabile alcun profilo di contraddittorietà fra i due presupposti logici sui quali si fondava la richiamata nota comunale.

Va premesso al riguardo che la rimodulazione dell’impianto corrispettivo su cui si fonda il rapporto concessorio costituisce una incoercibile facoltà in capo all’amministrazione concedente, la quale non può in alcun modo essere obbligata ad accordare tale rimodulazione.

Sul punto si tornerà nel prosieguo.

Ciò che occorre qui sottolineare, però, è che fino al momento in cui l’amministrazione non addivenga a una nuova e diversa regolazione del richiamato impianto corrispettivo, è del tutto evidente che il concessionario resti obbligato all’integrale esecuzione del contratto accessivo originariamente stipulato, restando altresì soggetto – in caso di inadempimento – alle ordinarie regole in tema di risoluzione per inadempimento.

4. E’ altresì infondato il secondo motivo di appello, con cui l’appellante SOES lamenta sotto diversi profili che il T.A.R. abbia mancato di rilevare l’insussistenza dei presupposti per disporre la risoluzione contrattuale.

4.1. Dal punto di vista generale va premesso che è la stessa natura del contratto di concessione intercorso fra la SOES e il Comune di Marsala a palesare l’infondatezza delle tesi dell’odierna appellante.

Come è noto, infatti, il tratto distintivo che differenza la concessione rispetto al contratto di appalto è rappresentato dalla sussistenza di un rischio operativo sostanziale, da ultimo definito dal legislatore come “il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico” (in tal senso l’articolo 3, lettera zz) del decreto legislativo n. 50 del 2016).

Il legislatore ha recentemente chiarito che il rischio operativo si ritiene sussistente nel caso in cui, in condizioni operative normali (per tali intendendosi l’insussistenza di eventi non prevedibili) “non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita all’operatore economico deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dall’operatore economico non sia puramente nominale o trascurabile”.

Si tratta di chiarimenti normativi in tema di rischio operativo la cui portata (meramente esplicativa) può essere ritenuta riferibile anche alle concessioni sorte nella vigenza del decreto legislativo n. 163 del 2006.

Tanto premesso dal punto di vista generale, la mancata corrispondenza fra costi operativi gestionali e canone concessorio (con conseguente perdita di esercizio per il gestore) rappresenta pur sempre un – non auspicabile, ma possibile – evento connesso all’ordinaria dinamica gestionale.

Più in particolare, il rischio che la non corretta valutazione della domanda del servizio (e dei conseguenti flussi di cassa) determini effetti negativi sulla gestione del servizio rappresenta un ordinario ‘rischio di domanda’, connaturato con lo stesso istituto concessorio (e, anzi, coessenziale ad esso).

Si osserva al riguardo

– che non sussiste in capo all’ente concedente alcun obbligo alla riconduzione del contratto di concessione ad una dimensione di remuneratività economica. Laddove infatti si postulasse (come invocato dall’appellante) l’esistenza di un siffatto obbligo in capo all’amministrazione, ne resterebbe minata alla radice la stessa sussistenza del rischio operativo gestionale e, in via diretta, la stessa qualificabilità del contratto come concessione;

– che la scelta dell’amministrazione di accordare ex post una rimodulazione degli aspetti economici del contratto in corso di esecuzione si porrebbe in contrasto con i princìpi liberoconcorrenziali, determinando una modifica successiva delle condizioni in relazione alle quali si è svolto il confronto competitivo fra più potenziali concessionari.

Non a caso l’articolo 106 del nuovo ‘Codice dei contratti’, declinando princìpi immanenti nella materia concessoria (e in quanto tali applicabili anche al contratto all’origine dei fatti di causa) stabilisce che la modifica dei contratti in corso di esecuzione è eccezionalmente possibile, ma solo a condizione: i) che la necessità della modifica sia determinata da circostanze impreviste ed imprevedibili al momento di conclusione della concessione; ii) che la modifica non alteri la natura generale del contratto (ivi compresi gli elementi costitutivi dell’equilibrio economico).

L’appellante non poteva pertanto vantare alcuna pretesa (e neppure un’aspettativa qualificata) a che il Comune appellato accordasse una rimodulazione in senso favorevole delle condizioni economiche del contratto di concessione.

Per le stesse ragioni, l’appellante non poteva pretendere che l’amministrazione attivasse – su sua richiesta – specifici strumenti normativi volti a migliorare l’equilibrio di gestione (e.g.: attraverso l’introduzione della penale di cui all’articolo 17, comma 132 della l. 127 del 1997 ovvero, a maggior ragione, attraverso la rimodulazione della tariffa oraria).

5. E’ inoltre infondata la tesi secondo cui il pagamento solo parziale degli oneri operato di propria iniziativa dall’appellante non giustificasse la risoluzione contrattuale.

In particolare, è infondata la tesi della SOES secondo cui la risoluzione sarebbe stata giustificata soltanto in caso di omesso/ritardato pagamento per oltre trenta giorni dopo il termine previsto, ma non anche nel caso di pagamento soltanto parziale.

5.1. Osserva al riguardo il Collegio che la tesi in questione non trova fondamento nell’ambito del complessivo regolamento contrattuale della concessione, né – più in generale – nei princìpi fondamentali e nelle disposizioni in materia di obbligazioni.

In particolare, la sentenza in epigrafe deve essere puntualmente confermata per aver stabilito che la tesi dell’appellante non rinveniva alcun conforto nelle previsioni del contratto di concessione e non risultava altresì compatibile con i criteri generali di interpretazione del contratto (con particolare riguardo alla clausola generale della buona fede in senso oggettivo di cui all’articolo 1336 cod. civ.).

A tacer d’altro, laddove si accedesse alla tesi propettata dall’appellante, si perverrebbe alla conseguenza per cui il concessionario potrebbe sottrarsi a tempo indefinito alle conseguenze solutorie connesse al proprio inadempimento, semplicemente provvedendo al pagamento di una porzione minima degli importi dovuti ed invocando – quindi – un adempimento (quanto meno) parziale.

Il che è evidentemente inammissibile.

Non esiste poi alcun elemento atto a confortare la tesi dell’appellante secondo cui la litera del contratto di concessione avrebbe “implicitamente” ammesso che un pagamento parziale fosse incondizionatamente idoneo ad impedire la risoluzione per inadempimento.

5.2. Si osserva inoltre che l’appellante non può invocare in proprio favore il principio dell’importanza dell’inadempimento (art. 1455 cod. civ.).

Si osserva al riguardo che, in disparte il carattere ictu oculi rilevante dell’inadempimento contestato (il quale, all’epoca dei fatti, ammontava ormai ad oltre 160mila euro), risultava idonea a giustificare la risoluzione contrattuale la previsione dell’articolo 5 del C.S.A. il quale contemplava una clausola risolutiva espressa per l’ipotesi di reiterato, tardivo pagamento dei canoni contrattualmente dovuti.

E si è già osservato in precedenza che, ai fini dell’applicazione della disposizione da ultimo richiamata, l’appellante non potrebbe invocare in proprio favore l’esistenza di adempimenti di carattere parziale.

5.3. L’esistenza di una clausola risolutiva espressa e l’inveramento della circostanza in essa prevista giustificava di per sé la risoluzione contrattuale, senza che l’appellante potesse invocare (come torna a fare alla pagina 14 dell’atto di appello) un’indagine in ordine alle violazioni maggiormente rilevanti in capo all’una oppure all’altra delle parti del contratto.

5.4. Si osserva poi che (fermo restando tutto quanto già osservato in ordine al carattere non coercibile della pretesa rimodulazione economico-tariffaria), certamente non meritevole di accoglimento era la richiesta dell’appellante la quale aveva proposto di procedere all’integrale pagamento di quanto contrattualmente dovuto, ma solo a condizione che il Comune rinunciasse a pretendere il versamento della TARSU per gli anni di servizio.

A tacer d’altro, la richiesta in questione risultava contrastante con il generale principio dell’indisponibilità della pretesa impositiva e avrebbe determinato – laddove accolta – profili di responsabilità per danno erariale a carico dei funzionari pubblici i quali avessero acconsentito alla richiesta rinunzia al gettito dovuto ai sensi di una normativa impositiva di fonte statale.

6. Non può poi trovare accoglimento la tesi dell’appellante secondo cui il contratto di concessione avrebbe previsto l’obbligo per l’amministrazione di mantenere sempre a disposizione del concessionario un numero fisso di stalli per la sosta (per un totale di 997).

6.1. Contrariamente a quanto dedotto dalla SOES, infatti, l’articolo 7 del contratto prevedeva in modo espresso la facoltà per l’Ente di concedere a terzi per tempi definiti l’utilizzo degli stalli.

Da tanto emerge l’infondatezza della pretesa a disporre di un numero invariato di stalli (per un totale di 997) per tutta la durata del contratto.

Si osserva peraltro che del tutto correttamente il Comune ha omesso di pretendere il pagamento del canone in relazione agli stalli per il periodo in cui – stante la concessione a terzi – ne restava esclusa la disponibilità in capo all’appellante.

Non può quindi ritenersi che il mancato raggiungimento dell’equilibrio della gestione sia dipeso dalla sporadica concessione a terzi di una parte degli stalli di sosta (l’appellante non offre a tal fine né un principio di prova, né elementi significativi e indicativi).

Si osserva poi che la tesi in parte qua svolta dall’appellante risulta in contrasto con l’argomento (a più riprese evocato nell’ambito dell’atto di appello) secondo cui la domanda del servizio di parcheggio si era rivelata in concreto assai inferiore alle aspettative iniziali.

Ne consegue che, anche sotto tale aspetto, non risulta plausibile l’argomento secondo cui la sporadica concessione a terzi di una parte minore degli stalli avrebbe lasciato inevasa una parte della domanda locale di parcheggi, in tal modo privando l’appellante di fonti certe di entrata e contribuendo così ad aggravare il carattere deficitario della gestione.

7. E’ poi infondata la tesi dell’appellante secondo cui il T.A.R. avrebbe omesso di censurare la mancata attivazione da parte del Comune di Marsala di strumenti di riequilibrio contrattuale (quali quelli di cui all’articolo 17, comma 132 della l. 127 del 2007).

Al riguardo ci si limita ad osservare:

– che la disposizione invocata dall’appellante si limita a delineare una mera facoltà in capo agli Enti locali (“i comuni possono (…)”);

– che non depone in senso diverso la nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 22 marzo 2010 (si tratta di un documento richiamato dalla SOES a pagina 18 dell’atto di appello). Premesso che la nota in questione non presenta evidentemente un valore normativo, essa non fonda comunque in capo al concessionario un diritto potestativo all’attivazione dei richiamati strumenti di riequilibrio, ma richiama gli atti regolativi di cui all’articolo 17, comma 132, cit. per il solo caso in cui il Comune di sia avvalso – in assenza di un qualunque obbligo in tal senso – delle facoltà previste dalla richiamata disposizione.

8. Non può poi essere condivisa la tesi dell’appellante secondo cui il Comune avrebbe (attraverso un contegno sostanzialmente decettivo) sviato l’appellante nella predisposizione dei propri calcoli di convenienza economica, prospettando un tasso di occupazione giornaliera dei singoli di sosta (pari a 4 ore) di molto sovradimensionato rispetto al dato effettivo (pari a circa 2,32 ore).

8.1. Va premesso al riguardo che l’individuazione dei dati e dei parametri di convenienza economica sottesi alla formulazione dell’offerta è rimessa all’iniziativa dell’operatore professionale il quale dispone (o dovrebbe disporre) di tutti gli strumenti conoscitivi per valutare la correttezza di quanto prospettato (ma senza valore negoziale) dall’amministrazione.

Si osserva poi che il riscontro negativo da parte dell’utenza rispetto alle attese del gestore non necessariamente dipende dall’erronea prospettazione di dati rilevanti da parte dell’amministrazione, ma ben può dipendere da fattori che rientrano nella disponibilità del gestore (quali le modalità concrete di offerta ed erogazione del servizio).

Non risulta quindi dimostrato che lo scostamento fra il numero di ore di occupazione attese per ciascuno stallo e quelle effettivamente riscontrate sia dipeso soltanto dall’erronea prospettazione dei dati rilevanti da parte del Comune appellato.

Anche il presente motivo di appello deve quindi essere respinto.

9. Non può infine trovare accoglimento la tesi dell’appellante secondo cui la decisione dell’amministrazione di procedere alla risoluzione contrattuale risulterebbe violativa del generale canone della bona fides in contrahendo et in executivis.

Al riguardo si osserva:

– che la risoluzione in questione è stata disposta (per le ragioni in precedenza evidenziate) in esecuzione di una clausola risolutiva espressa, all’inverarsi della condizione ivi contemplata;

– che non può ravvisarsi un contegno contraddittorio o decettivo in capo al Comune il quale (pur richiamando l’astratta possibilità di ammettere la rimodulazione degli elementi economici del rapporto), ha nondimeno rilevato l’esistenza di una condotta inadempiente da parte dell’appellante;

– che, allo stesso modo, non può ravvisarsi un contegno contraddittorio in capo al civico Ente per avere quest’ultimo (e in modo corretto) richiamato il carattere pubblico del servizio di che trattasi. Ed infatti la qualificazione come servizio pubblico non comporta né la necessità per cui il servizio sia gestito sempre dal medesimo operatore, né una sorta di ‘impegno alla desistenza’ rispetto agli strumenti di reazione ordinamentale all’inadempimento contrattuale.

10. Dall’infondatezza dell’appello deriva altresì la reiezione della domanda risarcitoria già articolata in primo grado e riproposta nella presente sede di appello.

11. Per le ragioni esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Sussistono giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese fra le parti, anche in relazione all’accentuata peculiarità della vicenda .per cui è causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:

Claudio Contessa, Presidente, Estensore
Nicola Gaviano, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Giambattista Bufardeci, Consigliere
Elisa Maria Antonia Nuara, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE       
Claudio Contessa       
        
                 

IL SEGRETARIO

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