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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 992 | Data di udienza: 30 Gennaio 2019

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ricorso avverso un provvedimento di sanatoria – Ricorrente promissario acquirente del bene immobile confinante con quello dei controinteressati – Inammissibilità per difetto di legittimazione ad agire – Attività edilizia sanata ex post – Valutazione della tempestività dell’impugnativa – Criteri utilizzati con riferimento al rilascio della concessione edilizia – Inapplicabilità – Ragioni.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Sicilia
Città: Catania
Data di pubblicazione: 3 Maggio 2019
Numero: 992
Data di udienza: 30 Gennaio 2019
Presidente: Brugaletta
Estensore: Barone


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ricorso avverso un provvedimento di sanatoria – Ricorrente promissario acquirente del bene immobile confinante con quello dei controinteressati – Inammissibilità per difetto di legittimazione ad agire – Attività edilizia sanata ex post – Valutazione della tempestività dell’impugnativa – Criteri utilizzati con riferimento al rilascio della concessione edilizia – Inapplicabilità – Ragioni.



Massima

 

TAR SICILIA, Catania, Sez. 2^ – 3 maggio 2019, n.  992


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ricorso avverso un provvedimento di sanatoria – Ricorrente promissario acquirente del bene immobile confinante con quello dei controinteressati – Inammissibilità per difetto di legittimazione ad agire.

E’ inammissibile per difetto di legittimazione ad agire il ricorso ove, all’epoca dell’introduzione del giudizio, il ricorrente era promissario acquirente del bene immobile confinante con quello dei controinteressati. La legittimazione sostanziale ad agire sul piano processuale o legitimatio ad causam spetta infatti al titolare della situazione giuridica sostanziale che si assume essere stata ingiustamente lesa dal provvedimento amministrativo e che viene dedotta in giudizio; dichiarando di agire nella veste di promissario acquirente dell’immobile, il ricorrente non ha pertanto veste giuridica per l’esercizio dell’azione impugnatoria, posto che egli è titolare di rapporto obbligatorio non idoneo a fondare quel rapporto di stabile collegamento con i luoghi interessati dai provvedimenti asseritamente illegittimi, sicché non può predicarsi in capo a tale soggetto l’esistenza di una posizione di interesse legittimo che sia stata lesa dal provvedimento di sanatoria, bensì di un interesse di mero fatto eventuale e certamente non attuale potendo venire meno anche sulla base della semplice rinuncia ad effettuare l’acquisto con la stipula del contratto definitivo. (Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2018 n. 389; T.A.R. Lombardia- Milano Sez. II, 18 giungo 2014, n. 1592; T.A.R. Campania – Napoli, sez. VIII 7 marzo 2013 n. 1285; T.A.R. Toscana, Sez. III, 12 ottobre 2018, n. 1309).
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Attività edilizia sanata ex post – Valutazione della tempestività dell’impugnativa – Criteri utilizzati con riferimento al rilascio della concessione edilizia – Inapplicabilità – Ragioni.

 In presenza di attività edilizia ex post sanata, non valgono i criteri utilizzati per valutare la tempestività delle impugnative avverso il rilascio della concessione edilizia (completamento dell’involucro esterno, ultimazione dei lavori), poiché nel caso della concessione edilizia in sanatoria, viene sanata ex post un’attività edilizia già ultimata e quindi percepibile dal vicino confinante prima ancora del rilascio del titolo e deve, quindi, applicarsi il principio generale di decorrenza dei termini dalla sua pubblicazione; non esiste, infatti, alcuna ragione di temperamento, quale si riscontra invece per le concessioni ordinarie, dalla non immediata percezione della lesività dell’atto che il solo provvedimento concessorio formalmente emanato può non evidenziare, dal momento che in mancanza di una tempestiva denunzia e, a fortiori, nelle ipotesi in cui quanto edificato sul fondo del vicino è stato tollerato per molto tempo dal proprietario limitrofo, quest’ultimo sostanzialmente accetta il rischio che l’opera abusiva venga poi sanata e che l’atto di sanatoria si consolidi nei suoi confronti per il decorso del termine decadenziale d’impugnativa. Ciò al fine di tutela della certezza dei rapporti giuridici che verrebbe pregiudicata dalla possibilità di impugnazione in ogni tempo dei titoli edilizi a sanatoria. (Cfr. Cons. Stato sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8017; T.A.R. Sicilia – Palermo sez. II, 5 settembre 2012, n. 1835; T.A.R. Lazio – Latina, sez. I, 9 gennaio 2013, n. 21 e 25 gennaio 2012, n. 52).

Pres. Brugaletta, Est. Barone – G.F. (avv. Trimboli) c. Comune di Riposto (avv.ti Rodolico, Di Caro e  Licciardello) e Genio Civile di Catania e altri (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR SICILIA, Catania, Sez. 2^ - 3 maggio 2019, n. 992

SENTENZA

 

TAR SICILIA, Catania, Sez. 2^ – 3 maggio 2019, n.  992

Pubblicato il 03/05/2019

N. 00992/2019 REG.PROV.COLL.
N. 02127/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2127 del 2010, proposto da
Giovanni Facchi, rappresentato e difeso dall’avvocato Salvatore Trimboli, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Catania, via Firenze, 225;

contro

Comune di Riposto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angela Rodolico, Paolo Di Caro, Agata Licciardello, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Mangano in Catania, via V. E. Orlando, 26;
Genio Civile di Catania, Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, Capitaneria di Porto di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

nei confronti

Piero D’Aita, Milazzotto Agata, Maria Luisa D’Aita, Carmelina D’Aita, rappresentati e difesi dagli avvocati Gaetano Carmelo Tafuri e Martina Romeo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gaetano Tafuri in Catania, via Umberto, 296;

per l’annullamento

1) della concessione edilizia in sanatoria n.328 del 19.3.2010, relativa alla pratica SA497, rilasciata dal Comune di Riposto ai Sigg.ri D’Aita Carmelina, D’Aita Orazio, D’Aita Piero e D’Aita Maria Luisa per le opere edilizie relative al fabbricato sito in Torre Archirafi, Piazza XV Giugno n4/5.

2)di ogni altro atto antecedente, presupposto, siccome altresì menzionato nella suddetta concessione, e precisamente:

a) il provvedimento n.15920 del 12.1.1999 del Soprintendente Beni Culturali ed ambientali di Catania;

b) il provvedimento n.92/I1 del 21.1.1999 del Soprintendente Beni Culturali ed ambientali di Catania;

c) il provvedimento n.271/01 del 13.6.2001 del Soprintendente ai Beni Culturali ed ambientali di Catania;

d) l’Autorizzazione del 3.5.2007 rilasciata dal Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale per la realizzazione delle opere prescritte dalla Soprintendenza di cui al sopracitato parere n0271/01;

e) la nota dell’Ufficio Tecnico Comunale del 25.5.2009;

f) l’ordinanza del 4.6.2009 di sospensione e ripristino lavori giusta autorizzazione del 3.5.2007 dell’Ufficio Tecnico Comunale;

g) la nota dell’Ufficio Tecnico Comunale del 23.7.2009, prot.l550/III;

h) il parere della Soprintendenza (variante al progetto) del 24.6.2009, prot. n.4283/09;

i) il parere dell’Ufficiale Sanitario del 12.8.2009, prot.n.376/09;

l) l’autorizzazione edilizia del 22.9.2009 rilasciata dall’Ufficio Tecnico Comunale;

m) il provvedimento di autorizzazione allo scarico in pubblica fognatura rilasciato il 10.11.2009;

3) di ogni altro atto antecedente, successivo o comunque presupposto,

connesso o conseguenziale a quelli indicati sub1 e sub2

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Riposto, del Genio Civile di Catania, della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, della Capitaneria di Porto di Catania e dei controinteressati;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2019 la dott.ssa Agnese Anna Barone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in esame, notificato il 12 luglio 2010, il Signor Giovanni Facchi ha impugnato la concessione edilizia in sanatoria n. 328 del 19 marzo 2010 rilasciata dal Comune di Riposto ai controinteressati signori D’Aita per le opere realizzate in c.da Torre Archirafi, Piazza XV giugno n. 4/5 (oggi piazza Vagliasindi), unitamente ad una serie di atti, nulla osta, pareri e autorizzazioni edilizie rilasciati tra il 1999 e il 2009.

Il ricorrente premette di avere interesse all’impugnazione dei provvedimenti indicati in epigrafe “essendo qualificato possessore e promittente acquirente (giusto preliminare di compravendita) del lotto di terreno confinante con quello su cui insiste l’immobile oggetto della concessione in sanatoria” e di aver constatato, nel 2009, che i Sig.ri D’Aita avevano realizzato un immobile abusivo composto da due elevazioni fuori terra oggetto della richiesta di sanatoria avanzata nel 1986 ex art.31 della legge n.47/85 definita con il provvedimento impugnato.

Il ricorrente, quindi, alle pagg. 5-18 espone quanto segue.

Con istanza dell’1 ottobre 1986 la parte controinteressata chiedeva la sanatoria, ai sensi dell’art. 31 della legge 41/85, di opere poste a piano terra (due locali w.c. e un forno) e dell’intero primo piano per una superficie di mq 153,30 realizzate negli anni 1974-75, come da dichiarazione resa dal Signor D’Aita Giovanni (dante causa dei controinteressati); tale dato concernente la data di realizzazione delle opere sarebbe, tuttavia, smentito dalla circostanza documentata dalla relazione dei VV.UU. di Riposto del 14 agosto 1987, nella quale relazionavano circa l’incendio del 28 novembre 1985 che aveva interessato il fabbricato dei controinteressati e che aveva distrutto “quasi tutto il piano”.

Il ricorrente ritiene, quindi, che le opere oggetto della domanda di sanatoria non sono quelle realizzate nel 1975, andate distrutte nell’incendio del 1985, bensì opere differenti che non potevano essere sanate, poiché realizzate successivamente al termine dell’1 ottobre 1983.

Il ricorrente aggiunge, inoltre, che i controinteressati – utilizzando molteplici richieste di autorizzazioni edilizie e di nulla osta rilasciati solo per l’adeguamento del "progetto di sanatoria" ai dettami della Soprintendenza o per la manutenzione dell’immobile – avrebbero realizzato radicali e ben più rilevanti interventi edilizi necessitanti di apposita concessione (v. vicende esposte alle pagg. 9-17 del ricorso), con il risultato che con i provvedimenti impugnati sarebbe stata “concessa la sanatoria di un intero organismo edilizio realizzato in epoca successiva al 28 novembre 1985, per di più radicalmente differente rispetto a quello oggetto della domanda di condono”.

Dopo ampia esposizione in punto di fatto delle circostanze sopra sintetizzate, il ricorrente ha articolato due motivi di ricorso con i quali ha dedotto censure di violazione e falsa applicazione di legge (artt. 7,31 e 40 della legge n. 45/1984 come recepita dalla l.r. 37/1985; artt. 27 e 31 del DPR 380/2001); eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di presupposto, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, violazione del principio di trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa, violazione dell’interesse pubblico e omessa vigilanza sull’attività edilizia.

In particolare il ricorrente ritiene:

– che con i provvedimenti impugnati sarebbe stata “concessa la sanatoria di un intero organismo edilizio realizzato in epoca successiva al 28 novembre 1985, per di più radicalmente differente rispetto a quello fatto oggetto della domanda di condono”;

– che il Comune di Riposto (che era a conoscenza dell’effettiva epoca di realizzazione delle opere in questione, alla luce della relazione dei VV.UU. del 14.8.1987) avrebbe dovuto rigettare la concessione in sanatoria, applicando le sanzioni urbanistiche previste per gli abusi realizzati;

– che peraltro, la concessione in sanatoria sarebbe stata rilasciata sulla base di un certificato di idoneità statica palesemente non veritiero, depositato al Genio Civile di Catania il 22.7.2009 al n.30524 di protocollo, a firma del Tecnico Ing. Mario Cundari.

I controinteressati sig. D’Aita si sono costituiti in giudizio e hanno preliminarmente eccepito la tardività del ricorso, il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse in capo al ricorrente. Hanno, inoltre, controdedotto alle censure articolate in ricorso chiedendone il rigetto.

Anche il Comune di Riposto si è costituito in giudizio e ha formulato eccezioni di rito (tardività, difetto di legittimazione e carenza di interesse) chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 1377/2010 è stata respinta la domanda cautelare formulata dal ricorrente.

Il 22 marzo 2012 il ricorrente ha depositato copia della sentenza n. 61/2012 del Tribunale di Catania – sezione distaccata di Giarre recante il trasferimento in capo al ricorrente dell’immobile già promesso in vendita con preliminare del 2007.

In prossimità della pubblica udienza per la trattazione del ricorso le parti hanno depositato memorie e repliche con le quali insistito nelle rispettive difese.

In particolare:

Il Comune di Riposto ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché irricevibile avuto riguardo alla data di pubblicazione del provvedimento impugnato (3 aprile 2010), e inammissibile per difetto di interesse, oltre che infondato; il Comune ha depositato copia dell’ordinanza n. 106/2010 del Tribunale di Catania – sezione distaccata di Giarre di rigetto del ricorso per la reintegra nel possesso proposto dal ricorrente.

I controinteressati hanno ribadito le eccezioni di carenza di legittimazione e di difetto di interesse e hanno chiesto il rigetto del ricorso.

Il ricorrente ha depositato una memoria riproduttiva delle censure già articolate in ricorso; in ordine alle eccezioni proposte dalle parti resistenti ha precisato che “… appena avuta contezza ha impugnato la concessione in sanatoria nella qualificante condizione del ricorrente legittimato ad impugnare” riconducibile alla situazione di stabile collegamento con la zona interessata dalla costruzione oggetto di sanatoria, a prescindere da ogni indagine sulla sussistenza di un ulteriore specifico interesse.

Alla pubblica udienza del 30 gennaio 2019 il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

In via preliminare il Collegio rileva che parte ricorrente oltre al provvedimento di sanatoria del 19 marzo 2010 ha impugnato altri atti (alcuni molto risalenti nel tempo) nei cui confronti non ha, tuttavia, articolato alcuno specifico motivo di ricorso con conseguente inammissibilità, in parte qua, dell’impugnativa.

Sempre in via preliminare, il Collegio esamina le eccezioni di rito formulare dalle parti resistenti che ritiene fondate nei termini di seguito precisati.

Il Collegio deve preliminarmente esaminare l’eccezione di difetto di legittimazione ad agire del ricorrente attenendo essa a una condizione dell’azione, la quale deve esistere al momento della presentazione della domanda e deve poi permanere fino a quello della decisione, rivestendo essa carattere pregiudiziale rispetto alle altre eccezioni di rito, oltre cha alla disamina del merito. In proposito, i controinteressati eccepiscono che all’epoca dell’introduzione del giudizio il ricorrente non era proprietario dell’immobile confinante, né possessore o titolare di altro diritto reale o personale di godimento sullo stesso e ritengono che il ricorrente – promissario acquirente dell’immobile confinante – era privo, all’epoca dell’introduzione del giudizio, della legittimazione ad agire.

L’eccezione è fondata.

La legittimazione sostanziale ad agire sul piano processuale o legitimatio ad causam spetta al titolare della situazione giuridica sostanziale che si assume essere stata ingiustamente lesa dal provvedimento amministrativo e che viene dedotta in giudizio, da valutare alla stregua delle affermazioni del ricorrente; nel caso di specie, invece, dichiarando di agire nella veste di promissario acquirente dell’immobile, il ricorrente non aveva veste giuridica per l’esercizio dell’azione impugnatoria, posto che all’epoca di introduzione del giudizio, il ricorrente era titolare di rapporto obbligatorio non idoneo a fondare quel rapporto di stabile collegamento con i luoghi interessati dai provvedimenti asseritamente illegittimi, sicché non può predicarsi in capo a tale soggetto l’esistenza di una posizione di interesse legittimo che sia stata lesa dal provvedimento di sanatoria, bensì di un interesse di mero fatto eventuale e certamente non attuale potendo venire meno anche sulla base della semplice rinuncia ad effettuare l’acquisto con la stipula del contratto definitivo. (Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2018 n. 389; T.A.R. Lombardia- Milano Sez. II, 18 giungo 2014, n. 1592; T.A.R. Campania – Napoli, sez. VIII 7 marzo 2013 n. 1285; T.A.R. Toscana, Sez. III, 12 ottobre 2018, n. 1309).

E’, inoltre, smentita dagli atti di causa la circostanza che all’epoca dell’introduzione del giudizio il ricorrente potesse qualificarsi alla stregua di un “qualificato possessore”, come dallo stesso riferito a pag. 3 del ricorso, poiché nel contratto preliminare del 26 novembre 2007 (pag. 5) le parti avevo espressamente convenuto che “proprietà, possesso legale e possesso materiale saranno trasferiti dalla parte promittente venditrice alla parte promittente acquirente alla stipula dell’atto pubblico di trasferimento” ( cfr. sulla medesima questione ordinanza n.6/2010 del Tribunale di Catania – sezione di Giarre che in relazione alla domanda di reintegra del ricorrente ha ritenuto fondata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva).

Il ricorso è, pertanto, inammissibile per difetto di legittimazione ad agire del ricorrente il quale all’epoca dell’introduzione del giudizio era promissario acquirente del bene immobile confinante con quello dei controinteressati.

Il ricorso è, in ogni caso, irricevibile e in ordine alla contestata tardività del ricorso si formulano le seguenti considerazioni.

Preliminarmente, il Collegio rileva che il ricorso è stato notificato con spedizione eseguita tramite raccomandata postale del 12 luglio 2013. Tuttavia, parte ricorrente si è sottratta all’onere di dichiarare in quale data avesse avuto conoscenza dei provvedimenti impugnati, reputando erroneamente che tale elemento di fatto dovesse essere provato dalla controparte. Al contrario, deve rilevarsi come gravi sul ricorrente dichiarare tutti gli elementi salienti della fattispecie posta all’attenzione del giudice, ivi inclusa la data di conoscenza dell’atto impugnato, allo scopo di consentire a quest’ultimo di vagliare tutti gli elementi necessari alla decisione, che includono non solo l’eventuale fondatezza nel merito delle censure dedotte ma – preliminarmente – la sussistenza delle condizioni dell’azione e dei presupposti processuali, ivi inclusa la tempestività dell’impugnazione. Mancando – per omissione addebitabile alla parte ricorrente – l’indicazione della data di conoscenza dell’atto (ed esempio quella dell’esercizio del diritto di accesso) il Collegio non è posto in condizione di valutare la tempestività del ricorso.

Va poi aggiunto che la concessione edilizia in sanatoria è stata pubblicata il 3 aprile 2010 per quindici giorni consecutivi (v. allegato n. 1 depositato il 18 dicembre 2018) e, pertanto, il termine decadenziale di impugnazione iniziava a decorrere il 19 aprile 2010 e scadeva il 17 giugno 2010, con conseguente fondatezza dell’eccezione di tardività formulata dalle parti resistenti.

A tale riguardo va precisato che il termine per l’impugnazione delle concessioni edilizie in sanatoria comincia a decorrere dalla piena conoscenza del titolo che, nella fattispecie in esame e in assenza di ulteriori elementi forniti dalla parte ricorrente in ordine all’effettiva conoscenza, si presume avvenuta dalla loro pubblicazione all’albo pretorio. In questi termini, si è espressa la giurisprudenza amministrativa ritenendo che in presenza di attività edilizia ex post sanata, ma comunque già percepibile nella sua consistenza fisica e nella sua valenza assunta come lesiva degli interessi e/o dei diritti dei terzi, non valgono i criteri utilizzati per valutare la tempestività delle impugnative avverso il rilascio della concessione edilizia (completamento dell’involucro esterno, ultimazione dei lavori), poiché nel caso della concessione edilizia in sanatoria, viene sanata ex post un’attività edilizia già ultimata e quindi percepibile dal vicino confinante prima ancora del rilascio del titolo e deve, quindi, applicarsi il principio generale di decorrenza dei termini dalla sua pubblicazione; non esiste, infatti, alcuna ragione di temperamento, quale si riscontra invece per le concessioni ordinarie, dalla non immediata percezione della lesività dell’atto che il solo provvedimento concessorio formalmente emanato può non evidenziare, dal momento che in mancanza di una tempestiva denunzia e, a fortiori, nelle ipotesi in cui quanto edificato sul fondo del vicino è stato tollerato per molto tempo dal proprietario limitrofo, quest’ultimo sostanzialmente accetta il rischio che l’opera abusiva venga poi sanata e che l’atto di sanatoria si consolidi nei suoi confronti per il decorso del termine decadenziale d’impugnativa. Ciò al fine di tutela della certezza dei rapporti giuridici che verrebbe pregiudicata dalla possibilità di impugnazione in ogni tempo dei titoli edilizi a sanatoria. (Cfr. Cons. Stato sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8017; T.A.R. Sicilia – Palermo sez. II, 5 settembre 2012, n. 1835; T.A.R. Lazio – Latina, sez. I, 9 gennaio 2013, n. 21 e 25 gennaio 2012, n. 52).

A ciò consegue che il ricorso all’esame, notificato il 12 luglio 2010 a fronte di un titolo in sanatoria pubblicato il 3 aprile 2010, deve ritenersi irricevibile.

Va pertanto ribadita la complessiva inammissibilità del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza, secondo la liquidazione operata in dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), dichiara inammissibile il ricorso indicato in epigrafe.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi € 1500,00 (euro millecinquecento/00) oltre IVA e CPA in favore del Comune di Riposto e in complessivi € 1500,00 (euro millecinquecento/00) oltre IVA e CPA in favore della parte controinteressata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Brugaletta, Presidente
Federica Cabrini, Consigliere
Agnese Anna Barone, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Agnese Anna Barone
        
IL PRESIDENTE
Francesco Brugaletta
        
        
IL SEGRETARIO
 

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