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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1035 | Data di udienza: 27 Febbraio 2019

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Realizzazione di interventi strutturalmente precari – Necessità di un titolo idoneo – Fattispecie: tamponatura delle aperture allo scopo di mettere in sicurezza l’area.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 8 Maggio 2019
Numero: 1035
Data di udienza: 27 Febbraio 2019
Presidente: Caso
Estensore: De Vita


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Realizzazione di interventi strutturalmente precari – Necessità di un titolo idoneo – Fattispecie: tamponatura delle aperture allo scopo di mettere in sicurezza l’area.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ – 8 maggio 2019, n. 1035


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Realizzazione di interventi strutturalmente precari – Necessità di un titolo idoneo – Fattispecie: tamponatura delle aperture allo scopo di mettere in sicurezza l’area.

In ambito edilizio anche la realizzazione di interventi strutturalmente precari, ma funzionalmente necessari per consentire l’utilizzo non transitorio del bene, vanno preceduti dal rilascio di un titolo idoneo (cfr., sul punto, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 7 febbraio 2018, n. 354). Da ciò discende che la tamponatura delle aperture, consistente nella sovrapposizione esterna alla porta e a quasi tutte le finestre di un pannello rimovibile allo scopo di mettere in sicurezza l’area,  e la realizzazione di apeture di collegamento fra i depositi, pur non determinando alcuna chiusura o rimozione definitiva di porte o finestre, configura una ristrutturazione edilizia necessitante di un titolo abilitativo non surrogabile con una mera comunicazione di inizio lavori asseverata (c.i.l.a.).

Pres. Caso, Est. De Vita – C. s.r.l. (avv.ti Cerami e Ruotolo) c. Comune di Carate Brianza (avv. Boifava)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ - 8 maggio 2019, n. 1035

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ – 8 maggio 2019, n. 1035

Pubblicato il 08/05/2019

N. 01035/2019 REG.PROV.COLL.
N. 02825/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2825 del 2017, proposto da
– Camedi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Carlo Cerami e Angela Ruotolo ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Milano, Galleria San Babila n. 4/A;

contro

– il Comune di Carate Brianza, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Boifava e domiciliato ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm.;

per l’annullamento

– della nota del Comune di Carate Brianza – Settore Tecnico Edilizia Privata del 9 novembre 2017, notificata in pari data, avente ad oggetto “Diffida per la demolizione di opere eseguite in assenza di provvedimento abilitativo”;

– della nota prot. n. 23515 in data 27 settembre 2017 del Comune di Carate Brianza – Settore Tecnico Edilizia Privata, comunicata a mezzo p.e.c. in data 3 ottobre 2017, recante rigetto delle c.i.l.a., pratiche edilizie n. 212/17, n. 213/17, n. 214/17, n. 215/17 e n. 216/17, e conferma dell’ordinanza di sospensione lavori n. 98 dell’8 settembre 2017;

– dell’ordinanza R.O. n. 98 dell’8 settembre 2017 del Comune di Carate Brianza – Settore Tecnico Edilizia Privata, notificata in data 11 settembre 2017, avente ad oggetto “Ordinanza di sospensione dei lavori – Relativa a provvedimenti in materia di edilizia”, in quanto atto presupposto;

– ove occorrer possa, della dichiarazione di inagibilità del 27 luglio 2012, prot. n. 19605 dell’1 agosto 2012 assunta dal Sindaco del Comune di Carate Brianza, in quanto atto presupposto;

– nonché di ogni eventuale ulteriore atto presupposto, connesso e/o conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Carate Brianza;
Vista l’ordinanza n. 110/2018 con cui è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati e fissata l’udienza pubblica per la trattazione del merito della controversia;
Visti tutti gli atti della causa;

Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;

Uditi, all’udienza pubblica del 27 febbraio 2019, i difensori delle parti, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato in data 5 dicembre 2017 e depositato l’11 dicembre successivo, la società ricorrente ha impugnato, tra l’altro, le note del Comune di Carate Brianza – Settore Tecnico Edilizia Privata del 9 novembre 2017, avente ad oggetto “Diffida per la demolizione di opere eseguite in assenza di provvedimento abilitativo”, e del 27 settembre 2017, recante rigetto delle c.i.l.a., pratiche edilizie n. 212/17, n. 213/17, n. 214/17, n. 215/17 e n. 216/17, e conferma dell’ordinanza di sospensione lavori n. 98 dell’8 settembre 2017.

La ricorrente è proprietaria di alcune unità immobiliari site nel Comune di Carate Brianza, Viale Trento Trieste, n. 43, n. 45 e n. 47 ed identificate catastalmente al foglio 12, mappale 182, subb. 709 (ex 701), 703, 705, 706, 707, 708, 710, 712 (vano scala comune ai subb. 708, 709 e 710) e 713 (vano scala e disimpegno comune ai subb.703, 705 e 706) del C.F. del predetto Comune. In relazione al fabbricato in cui sono collocate le citate unità immobiliari di proprietà dell’esponente, è stato ottenuto un permesso di costruire in sanatoria – n. 139/2017 del 29 giugno 2017 – riguardante interventi relativi alla distribuzione spaziale interna delle porzioni abitative presenti, una discordanza di altezze interne e, nella parte produttiva, un’aggiunta di s.l.p. al piano primo riguardante la costruzione di un deposito e la realizzazione di superficie non residenziale realizzata in supero a quella autorizzata, ossia 2 balconi e il sottotetto agibile, ma non abitabile. Dopo aver concesso in locazione, in data 20 luglio 2017, i predetti immobili ad una cooperativa, al fine di effettuare il servizio di accoglienza e ospitalità di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, sono stati avviati lavori di manutenzione relativi ad alcune unità immobiliari. In seguito all’effettuazione di un sopralluogo, con ordinanza n. 98 dell’8 settembre 2017, il Comune ha disposto la sospensione in via cautelare di una parte delle opere edilizie in corso di esecuzione, in ragione della dichiarazione di inagibilità dell’immobile rilasciata ai precedenti proprietari dal Sindaco in data 27 luglio 2012. Ritenendo che i lavori fossero da ascrivere, nella per lei meno favorevole delle ipotesi, a manutenzione straordinaria, la ricorrente ha provveduto a presentare cinque comunicazioni di inizio lavori asseverate (c.i.l.a.) in sanatoria (rispettivamente n. 7075, progressivo SUE 1/2017, n. 7082, progressivo SUE 2/2017, n. 7083, progressivo SUE 3/2017, n. 7084, progressivo SUE 4/2017 e n. 7085, progressivo SUE 5/2017). Il Comune di Carate Brianza, con nota del 27 settembre 2017, ha respinto le c.i.l.a. in sanatoria ed ha confermato la validità dell’ordinanza n. 98 dell’8 settembre 2017, segnalando altresì la necessità di presentare una pratica di permesso di costruire in sanatoria per i lavori identificabili come opere di ristrutturazione. Successivamente all’ostensione di alcuni documenti richiesti dalla ricorrente, in data 9 novembre 2017, è stata adottata una “diffida per la demolizione di opere eseguite in assenza di provvedimento abilitativo”, in funzione della dichiarazione di inagibilità emessa dal Sindaco in data 27 luglio 2012, ribadendosi altresì la possibilità di presentare un permesso di costruire in sanatoria per i lavori identificabili come opere di ristrutturazione.

Assumendo l’illegittimità dei predetti provvedimenti, la ricorrente ne ha chiesto l’annullamento per violazione degli artt. 3, 6 bis, 10, 23 e 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, per violazione degli artt. 27, 33 e 41 della legge regionale n. 12 del 2005, per eccesso di potere per difetto di istruttoria, per travisamento dei presupposti in fatto, per motivazione carente, contraddittoria e perplessa, e per sviamento di potere.

Inoltre, sono stati dedotti la violazione dell’art. 26 del D.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 222 del R.D. n. 1265 del 1934 e dell’art. 3.1.13 del Regolamento di Igiene Tipo della Regione Lombardia, approvato con D.G.R. n. 3/49784 del 28 marzo 1985, l’eccesso di potere per carenza di istruttoria e per sviamento di potere.

Si è costituito in giudizio il Comune di Carate Brianza, che ha chiesto il rigetto del ricorso; con separata memoria, la difesa comunale ha eccepito l’inammissibilità dell’impugnazione della dichiarazione di inagibilità per omessa notifica ad un controinteressato, ossia a colui che ne ha sollecitato l’adozione, oltre che la sua tardività.

Con l’ordinanza n. 110/2018 è stata accolta, in parte, la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati ed è stata fissata l’udienza pubblica per la trattazione del merito della controversia.

In prossimità dell’udienza di merito, i difensori delle parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive posizioni.

Alla pubblica udienza del 27 febbraio 2019, su conforme richiesta dei difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, va chiarito che la parte dell’immobile di proprietà della ricorrente, le cui unità immobiliari sono riferibili ai subalterni 708 e 710, nonché 712 (vano scala comune ai subb. 708, 709 e 710) e 713 (vano scala e disimpegno comune ai subb. 703, 705 e 706), non costituiscono oggetto del presente giudizio, visto che tali porzioni non risultano assoggettate alla dichiarazione di inagibilità del 27 luglio 2012.

2. Si può prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari formulate dalla difesa del Comune e relative alla dichiarazione di inagibilità del 27 luglio 2012, in quanto il ricorso è infondato nel merito.

3. Appare opportuno, per ragioni di pregiudizialità logica tra le censure, esaminare prioritariamente la seconda doglianza di ricorso, attraverso la quale si assume l’illegittimità della dichiarazione sindacale di inagibilità del 27 luglio 2012, in ragione dell’assenza dei presupposti per la sua emanazione previsti dall’art. 3.1.13 del Regolamento di Igiene della Regione Lombardia, essendo stata riscontrata la presenza di impianti di riscaldamento in tutte le unità abitative.

3.1. La doglianza è infondata.

L’art. 3.1.13 del Regolamento di Igiene della Regione Lombardia stabilisce che «il Sindaco, sentito il parere o su richiesta del Responsabile del Servizio n. 1, può dichiarare inabitabile un alloggio o parte di esso qualora le condizioni di questo siano tali da pregiudicare la salute degli occupanti. Un alloggio dichiarato inabitabile deve essere sgomberato con ordinanza del Sindaco e non potrà essere rioccupato se non dopo ristrutturazione e rilascio di nuova licenza d’uso, nel rispetto delle procedure amministrative previste».

La dichiarazione di inagibilità, peraltro richiesta dal dante causa della ricorrente, al fine di ottenere una riduzione dell’imposta municipale unica (I.M.U.), è stata assunta all’esito di un sopralluogo attraverso il quale è stato «riscontrato quanto segue:

– per tutte le unità immobiliari non vi è presenza di allacciamenti energia elettrica e gas. Gli impianti elettrici a prima vista non rispondono alle normative vigenti;

– l’impianto di riscaldamento è presente, una buona parte dei corpi scaldanti sono stati modificati riducendoli singolarmente a due elementi;

– la copertura dell’immobile è in cattivo e precario stato di conservazione. Esternamente si nota il cedimento della piccola orditura del tetto. Vi sono infiltrazioni di acqua nei luoghi sottostanti;

– in generale tutti gli immobili sono provvisti di pavimenti, di non recente fattura, in buone condizioni;

– i serramenti in generale sono in cattivo stato di conservazione;

– in diversi locali del piano primo, terra e seminterrato è presente umidità diffusa con muffe e distacco delle tinteggiatura» (cfr. verbale di sopralluogo del 26 luglio 2012: all. 13 quater al ricorso).

Sulla scorta di tali presupposti il Sindaco ha ritenuto di dover dichiarare l’inagibilità e l’inabitabilità delle unità immobiliari identificate al foglio 12, mappale 182, subalterni 701, 703, 705, 706 e 707 del catasto fabbricati. La determinazione sindacale appare del tutto immune dai vizi segnalati dalla parte ricorrente, in quanto si è ritenuto che le condizioni delle richiamate unità immobiliari non fossero soltanto antigieniche – sulla base delle previsioni di cui all’art. 3.1.12 del Regolamento d’igiene – ma addirittura fossero in grado di pregiudicare la salute degli eventuali occupanti. Del resto, la valutazione in ordine all’agibilità di un immobile va effettuata globalmente e non attraverso una verifica che si appunti su singoli aspetti, considerandoli separatamente. È ben possibile che anche specifiche, o quantitativamente limitate, carenze possano determinare l’inagibilità di un immobile, essendo da riferire la vivibilità dello stesso alla complessiva valutazione di aspetti qualitativi e non meramente quantitativi. Inoltre, contrariamente a quanto prospettato dalla parte ricorrente, le disposizioni del Regolamento di igiene in precedenza richiamate sono strutturate diversamente tra loro, evidenziandosi che l’antigienicità presuppone l’assenza di alcuni elementi necessari per soggiornare in un immobile, mentre l’inabitabilità appare essere un concetto più ampio, riconducibile ad una valutazione di tipo qualitativo, legata alla necessità di tutelare la salute degli occupanti. In tale ultimo caso, la finalità perseguita attribuisce maggiore spazio alla discrezionalità dell’Amministrazione, che nella fattispecie non pare essere stata utilizzata in modo abnorme o illogico, avuto riguardo alle carenze effettivamente riscontrate all’esito del sopralluogo. A conferma della correttezza della predetta determinazione, vi è altresì la richiesta in senso conforme del proprietario delle unità immobiliari attinte dalla dichiarazione di inagibilità, dante causa dell’odierna ricorrente.

3.2. Ciò determina il rigetto della suesposta doglianza.

4. Con la prima doglianza si assume l’illegittimità degli atti comunali impugnati, giacché a loro fondamento sarebbe stata posta la circostanza che i lavori realizzati mediante c.i.l.a., anche a sanatoria, non sarebbero ascrivibili ad attività di manutenzione straordinaria, ma rientrerebbero nell’attività di ristrutturazione edilizia, trattandosi della realizzazione di un insieme sistematico di opere che sarebbe assentibile soltanto mediante un permesso ex art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 (c.d. accertamento di conformità).

4.1. La doglianza è infondata.

Il provvedimento comunale del 27 settembre 2017 evidenzia l’avvenuta realizzazione nell’immobile di proprietà della ricorrente, tra gli altri interventi, della tamponatura delle aperture a piano seminterrato lato cortile interno, con conseguente modifica delle facciate, e di aperture di collegamento fra i depositi. La parte ricorrente ha sostenuto che la tamponatura, consistente nella sovrapposizione esterna alla porta e a quasi tutte le finestre di un pannello rimovibile allo scopo di mettere in sicurezza l’area, non avrebbe determinato alcuna chiusura o rimozione definitiva di porte o finestre (all. 12 al ricorso). Tuttavia, va ribadito che in ambito edilizio anche la realizzazione di interventi strutturalmente precari, ma funzionalmente necessari per consentire l’utilizzo non transitorio del bene, vanno preceduti dal rilascio di un titolo idoneo (cfr., sul punto, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 7 febbraio 2018, n. 354). Da ciò discende che nella fattispecie de qua, avuto riguardo all’insieme delle opere realizzate, si è al cospetto di una ristrutturazione edilizia necessitante di un titolo abilitativo non surrogabile con una mera comunicazione di inizio lavori asseverata (c.i.l.a.).

L’esigenza di un titolo edilizio scaturisce anche dalla perdurante vigenza della dichiarazione di inagibilità del 27 luglio 2012, che espressamente impone di procedere alla previa ristrutturazione dell’immobile prima di poterne nuovamente ottenere l’agibilità (all. 4 al ricorso). Il mancato rispetto di un tale passaggio determina l’illegittimità delle attività edilizie poste in essere dalla ricorrente in base a delle c.i.l.a., peraltro tardive, in quanto relative ad opere già eseguite.

In senso opposto non rileva l’avvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 139/2017 del 29 giugno 2017 (all. 6 al ricorso), tenuto conto che nella relazione di sopralluogo (all. 3 del Comune) si chiarisce che i lavori effettuati risultano difformi anche dalle previsioni del predetto permesso in sanatoria, che comunque non contiene alcun riferimento né ai subalterni oggetto di intervento (ciò generando una obiettiva incertezza, visto che, come evidenziato al precedente punto 1, non tutte le unità immobiliari sono state dichiarate inagibili), né alla dichiarazione di inagibilità, che quindi non si può ritenere implicitamente superata.

4.2. A ciò consegue il rigetto anche della prima doglianza di ricorso.

5. In conclusione, all’infondatezza delle scrutinate censure, segue il rigetto del ricorso.

6. Le peculiarità anche fattuali della controversia determinano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 27 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente
Alberto Di Mario, Consigliere
Antonio De Vita, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Antonio De Vita
        
IL PRESIDENTE
Italo Caso
        
        
IL SEGRETARIO
 

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