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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Cave e miniere Numero: 1351 | Data di udienza: 12 Febbraio 2019

CAVE E MINIERE – Quantificazione dei canoni dovuti per l’attività di estrazione – Criterio di calcolo introdotto dall’art. 83 della l.r. Sicilia n. 9/2015 – Sentenza Corte Cost. n. 89/2018 – Legittimità del decreto assessoriale esecutivo anche sotto il profilo dell’applicazione retroattiva ai canoni del 2014.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Sicilia
Città: Palermo
Data di pubblicazione: 16 Maggio 2019
Numero: 1351
Data di udienza: 12 Febbraio 2019
Presidente: Quiligotti
Estensore: Pignataro


Premassima

CAVE E MINIERE – Quantificazione dei canoni dovuti per l’attività di estrazione – Criterio di calcolo introdotto dall’art. 83 della l.r. Sicilia n. 9/2015 – Sentenza Corte Cost. n. 89/2018 – Legittimità del decreto assessoriale esecutivo anche sotto il profilo dell’applicazione retroattiva ai canoni del 2014.



Massima

 

TAR SICILIA, Palermo, Sez. 3^ – 16 maggio 2019, n. 1351


CAVE E MINIERE – Quantificazione dei canoni dovuti per l’attività di estrazione – Criterio di calcolo introdotto dall’art. 83 della l.r. Sicilia n. 9/2015 – Sentenza Corte Cost. n. 89/2018 – Legittimità del decreto assessoriale esecutivo anche sotto il profilo dell’applicazione retroattiva ai canoni del 2014.

Alla stregua delle motivazioni contenute nella sentenza n. 89 del 2018 della Corte Costituzionale, è legittimo il nuovo criterio di quantificazione dei canoni dovuti per l’attività di estrazione legato alla superficie dell’area coltivabile e ai volumi autorizzati di cava, nonché, in via derivata, le modalità applicative e di controllo fissate nel decreto dell’Assessore regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità del 12 agosto 2015 che dà esecuzione all’ art. 83 della L.r. Sicilia n. 9/2015 e i provvedimenti conseguenziali, anche sotto il profilo dell’applicazione retroattiva dei nuovi di criteri di calcolo ai canoni del 2014.

Pres. Quiligotti, Est. Pignataro – I. s.r.l. (avv.ti Lentini e Perrone) c. Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità  (Avv. Stato) e Comune di Castelvetrano (avv. Vasile)


Allegato


Titolo Completo

TAR SICILIA, Palermo, Sez. 3^ - 16 maggio 2019, n. 1351

SENTENZA

 

TAR SICILIA, Palermo, Sez. 3^ – 16 maggio 2019, n. 1351

Pubblicato il 16/05/2019

N. 01351/2019 REG.PROV.COLL.
N. 03585/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3585 del 2015, proposto da Impredil S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Lentini e Anna Rita Perrone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Rosalba Genna, in Palermo, via Siracusa, n. 30;

contro

– l’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;
– il Comune di Castelvetrano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Vasile, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Vito Scalisi, in Palermo, via Catania, n.15;

per l’annullamento

previa sospensione

– del decreto dell’Assessore regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità del 12 agosto 2015, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della regione siciliana, parte I, n. 34 del 21 agosto 2015, avente a oggetto “Modalità applicative e di controllo del pagamento dei canoni dovuti per le attività di estrazione dei giacimenti minerari di cava (ex art. 83 della l.r. 7 maggio 2015, n. 9)”;

– dell’avviso di pagamento prot. n. 34873 del 19 ottobre 2015, notificato il 23 ottobre 2015, del Distretto minerario di Palermo;

– di tutti gli atti successivi e connessi;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per l’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità;
Vista la memoria di costituzione in giudizio del Comune di Castelvetrano;
Vista l’ordinanza collegiale cautelare n. 1459 del 21 dicembre 2015;
Vista l’ordinanza collegiale del C.G.A. n. 202 del 17 marzo 2016;
Vista l’ordinanza collegiale n.40 del 9 gennaio 2017, di sospensione del presente giudizio ai sensi dell’art. 79, primo comma, cod. proc. amm.;
Vista la sentenza della Corte Costituzionale, n. 89 del 20 marzo 2018;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Anna Pignataro;

Uditi, nella udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2019, per le parti i difensori presenti così come specificato nel verbale;

PREMESSO che, in esecuzione dell’art. 83 della legge regionale siciliana n. 9 del 2015 (“Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2015. Legge di stabilità regionale”) che ha modificato l’art. 12 della legge regionale siciliana n. 9 del 15 maggio 2013 (“Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2013. Legge di stabilità regionale”), è stato emanato il decreto dell’Assessore della regione siciliana dell’energia e dei servizi di pubblica utilità del 12 agosto 2015 (“Modalità applicative e di controllo del pagamento dei canoni dovuti per le attività di estrazione dei giacimenti minerari di cava ex art. 83 della l.r. 7 maggio 2015, n. 9”) con cui sono state definite le modalità applicative del canone di produzione annuo dovuto dai titolari di concessioni per lo sfruttamento di giacimenti minerari di cave, prevedendo che il canone non vada più commisurato alla quantità di minerale estratto, ma alla superficie dell’area coltivabile e ai volumi autorizzati anche con riferimento al precedente anno 2014;

CONSIDERATO che la società Impredil:

– con ricorso, notificato il 30 ottobre 2015 e depositato il 26 novembre successivo, premesso di gestire una cava di calcarenite tufacea a Castelvetrano, in fatto espone che l’art. 12 della legge regionale siciliana n. 9 del 15 maggio 2013 aveva innovato la disciplina di settore relativa all’attività di estrazione di giacimenti minerari di cave, prevedendo il pagamento di un canone di produzione. Tale canone era stato commisurato “alla quantità di minerale”, ovverosia alla c.d. “resa della cava”, che si otteneva sottraendo il volume inutilizzabile dalla quantità di “materiale” estratto. A distanza di appena due anni era, però, intervenuta la legge regionale siciliana n. 9 del 7 maggio 2015, contenente disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2015, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana, parte I, n. 20 del 15 maggio 2015, il cui art. 83 aveva interamente riformulato tale disposizione nei termini di seguito riportati relativamente alle parti di interesse: “1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è dovuto un canone di produzione annuo che è commisurato alla superficie dell’area coltivabile ed ai volumi autorizzati della cava. Esso è ottenuto sommando gli importi corrispondenti agli scaglioni di superfici e di volumi autorizzati riportati nelle seguenti tabelle (…). 3. L’Assessore regionale per l’energia ed i servizi di pubblica utilità, sentita la Conferenza permanente Regione – autonomie locali, definisce, con proprio decreto, le modalità applicative e di controllo del pagamento dei canoni entro 90 giorni dalla pubblicazione della presente legge nella Gazzetta ufficiale della regione siciliana. 4. I canoni di produzione sono destinati per il 50 per cento al comune in cui ricade l’area di cava e per il 50 per cento sono versati in entrata nel bilancio regionale. Qualora siano interessati più comuni, la quota del 50 per cento è ripartita sulla base della superficie dell’area di cava ricadente in ciascun comune. 5. I comuni destinatari delle quote di canone di cui al comma 4 impiegano le somme esclusivamente per interventi infrastrutturali di recupero, riqualificazione e valorizzazione del territorio, del tessuto urbano e degli edifici scolastici e ad uso istituzionale. Una quota non inferiore al 50% delle suddette risorse è riservata agli interventi di manutenzione e valorizzazione ambientale ed infrastrutturale connessi all’attività estrattiva o su beni immobili confiscati alla mafia ed alle organizzazioni criminali. 6. In caso di sospensione dei lavori di coltivazione ai sensi dell’articolo 24 della legge regionale 9 dicembre 1980, n. 127 e successive modifiche ed integrazioni, la quota dei canoni relativa al periodo di sospensione non è dovuta. Eventuali periodi di attività estrattiva inferiori all’anno solare sono calcolati per dodicesimi. 7. Il ritardato pagamento delle somme dovute comporta l’applicazione degli interessi legali. 8. Le presenti disposizioni si applicano anche per il calcolo del pagamento dei canoni relativi all’anno 2014".

L’art. 83 aveva, pertanto, modificato, con effetto retroattivo, i criteri di misurazione della base imponibile che, nell’originaria formulazione della norma, erano identificati nella quantità di minerale estratto, mentre, in quella successiva, nella superficie dell’area coltivabile e nei volumi autorizzati della cava.

In applicazione di tale disposizione, l’Assessore regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità aveva adottato il decreto del 12 agosto 2015, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana, parte I, n. 34 del 21 agosto 2015, avente a oggetto: “Modalità applicative e di controllo del pagamento dei canoni dovuti per le attività di estrazione dei giacimenti minerari di cava (ex art. 83 della l.r. 7 maggio 2015, n. 9)”.

L’art. 1 di tale decreto prevedeva che: “I canoni di produzione per le attività di estrazione di giacimenti minerari di cava, dovuti dagli esercenti l’attività di cava, devono essere corrisposti secondo le modalità previste all’art. 83 della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9, pubblicata nel supplemento ordinario n. 1 alla Gazzetta ufficiale della regione siciliana n. 20, parte I, del 15 maggio 2015; il canone di produzione è commisurato alla superficie dell’area coltivabile ed ai volumi autorizzati della cava ed è ottenuto sommando gli importi corrispondenti agli scaglioni di superfici e di volumi come risultanti dalle autorizzazioni secondo le tabelle di cui al comma 1 dell’art. 83 della legge regionale”.

Il successivo art. 8 disponeva che: “Il pagamento per l’annualità 2014 deve essere effettuato nel termine di trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione da parte dei servizi – Distretti minerari competenti per territorio”.

La novella dell’art. 12 aveva quindi determinato una notevolissima maggiorazione del canone (quasi 10 volte quello precedente) dalla stessa dovuto;

– ha, perciò, chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare, del decreto dell’Assessore regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità del 12 agosto 2015 e del provvedimento conseguenziale con cui il Distretto minerario di Palermo ha rideterminato il canone dovuto relativamente al 2014, del quale deduce l’illegittimità derivata, per il seguente unico articolato motivo di “Violazione e falsa applicazione: degli artt. 53, 3, 23, 41, 97 e 117, comma 1, della Costituzione. Eccesso di potere sotto i profili: del difetto di presupposto; della manifesta irragionevolezza; della disparità di trattamento”.

Precisato che il canone dovuto dagli esercenti giacimenti minerari di cave era una prestazione patrimoniale imposta rientrante nell’alveo dell’art. 23 della Costituzione, l’individuazione della base imponibile nella superficie dell’area coltivabile e nei volumi autorizzati comporterebbe una violazione del principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 della Costituzione.

Mentre, infatti, la quantità di materiale estratto, alla quale si faceva riferimento nella previgente formulazione, esprimeva la resa annuale della cava, la superficie e i volumi non sarebbero stati espressivi del potenziale economico della stessa, tanto più che si trattava di un canone dovuto non una tantum, ma annualmente.

Sotto tale profilo, non si sarebbe tenuto conto del fatto che la capacità produttiva della cava era massima all’inizio dell’attività estrattiva, ma andava diminuendo nel corso del tempo, cosicché non si giustificava la sua costante quantificazione rapportata a un profilo statico.

La previsione dell’applicazione del nuovo criterio di quantificazione anche per il 2014 contrasterebbe con il divieto di retroattività della legge e sarebbe irragionevole anche in considerazione della lesione dell’affidamento riposto sull’applicazione del precedente.

Sussisterebbe un’irragionevole disparità di trattamento e la conseguente violazione dell’art. 3 della Costituzione, considerato che gli esercenti giacimenti minerari di cave di materiale pregiato (ad esempio marmo), aventi superfici e volumi estraibili ridotti, pagherebbero un canone notevolmente inferiore a quello dovuto per i giacimenti di materiale povero (es. inerti), aventi ampie superfici e volumi estraibili, pur conseguendo un reddito notevolmente superiore.

Sussisterebbe, altresì, violazione dell’art. 41 della Costituzione considerata la vanificazione retroattiva di assetti economici già cristallizzati.

Sarebbe stato violato l’art. 117, comma 1, della Costituzione in relazione all’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione europea per i diritti dell’uomo in quanto sarebbero stati ingiustamente vessati gli esercenti le cave al fine di riequilibrare i conti pubblici regionali;

CONSIDERATO che per resistere al ricorso:

– si è costituito in giudizio l’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità;

– si è costituito in giudizio anche il Comune di Castelvetrano che ha chiesto il rigetto del ricorso;

CONSIDERATO che:

– con ordinanza n. 1459 del 21 dicembre 2015, l’istanza cautelare è stata respinta con la motivazione che la dedotta questione di legittimità costituzionale non presentava un’evidenza tale da consentire una valutazione prognostica positiva in ordine all’esito del ricorso;

– tale decisione è stata riformata con l’ordinanza del C.G.A. n. 202 del 17 marzo 2016;

– con ordinanza collegiale n. 40 del 9 gennaio 2017, premesso che i provvedimenti in epigrafe sono stati censurati esclusivamente con riferimento all’illegittimità costituzionale della norma applicata, è stata dichiarata la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 della legge regionale siciliana 7 maggio 2015, n. 9, sotto i profili di cui all’unico motivo dedotto e, perciò, è stata disposta la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 79, primo comma, c.p.a. e ordinata l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;

– in data 20/3/2018 è intervenuta la sentenza n. 89 della Corte Costituzionale che ha dichiarato in parte inammissibili e in parte infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tar, ritenendo non contrastante con il precetto dell’art. 53 Cost. (alla luce della natura non tributaria del canone per lo svolgimento dell’attività estrattiva) il nuovo criterio introdotto dalla citata norma di legge regionale ai fini della determinazione del predetto canone, né irragionevole, né fonte di disparità di trattamento, il nuovo criterio adottato, perché correlato all’incidenza dell’attività sull’ambiente circostante ed all’impegno profuso dagli enti interessati nella gestione collegata all’attività di impresa e confermando la natura retroattiva della disposizione di legge censurata, che ha reso applicabili i nuovi criteri di determinazione del canone anche all’esercizio relativo al 2014, escludendo – a fronte della prevedibilità dell’introduzione dei nuovi criteri – la sussistenza di una lesione di un affidamento meritevole di tutela ovvero profili di arbitrarietà o irragionevolezza;

RITENUTO, pertanto, che:

– alla stregua delle motivazioni contenute nella sentenza n. 89 del 2018 della Corte Costituzionale è legittimo il nuovo criterio di quantificazione dei canoni legato alla superficie dell’area coltivabile e ai volumi autorizzati di cava, nonché, in via derivata, le modalità applicative e di controllo fissate nel decreto assessoriale impugnato che dà esecuzione al citato art. 83 della L.r. n. 9/2015 e i provvedimenti conseguenziali, anche sotto il profilo dell’applicazione retroattiva dei nuovi di criteri di calcolo ai canoni del 2014, e da ciò discende l’infondatezza del ricorso;

– le spese di lite vanno compensate tra le parti, in ragione dell’andamento dell’intera vicenda processuale;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Maria Cristina Quiligotti, Presidente
Anna Pignataro, Consigliere, Estensore
Calogero Commandatore, Referendario

L’ESTENSORE
Anna Pignataro
        
IL PRESIDENTE
Maria Cristina Quiligotti
        
        
IL SEGRETARIO

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