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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 17819 | Data di udienza: 27 Novembre 2018

RIFIUTI – Deposito incontrollato – Rifiuti speciali non pericolosi – Fanghi derivanti dalle operazioni di lavaggio degli ortaggi – Classificazione tra rifiuto e sottoprodotto – Disciplina eccezionale e derogatoria – Applicabilità – Onere della prova – Responsabilità del legale rappresentante committente e del titolare dell’impresa esecutrice – Artt. 184-bis e 256 d.lgs n.152/2006. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 30 Aprile 2019
Numero: 17819
Data di udienza: 27 Novembre 2018
Presidente: RAMACCI
Estensore: MACRI'


Premassima

RIFIUTI – Deposito incontrollato – Rifiuti speciali non pericolosi – Fanghi derivanti dalle operazioni di lavaggio degli ortaggi – Classificazione tra rifiuto e sottoprodotto – Disciplina eccezionale e derogatoria – Applicabilità – Onere della prova – Responsabilità del legale rappresentante committente e del titolare dell’impresa esecutrice – Artt. 184-bis e 256 d.lgs n.152/2006. 



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 30/04/2019 (Ud. 27/11/2018), Sentenza n.17819


RIFIUTI – Deposito incontrollato – Rifiuti speciali non pericolosi – Fanghi derivanti dalle operazioni di lavaggio degli ortaggi – Classificazione tra rifiuto e sottoprodotto – Disciplina eccezionale e derogatoria – Applicabilità – Onere della prova – Responsabilità del legale rappresentante committente e del titolare dell’impresa esecutrice – Artt. 184-bis e 256 d.lgs n.152/2006.
 
Configura il reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, il deposito incontrollato (di circa 50 metri cubi) di rifiuti speciali non pericolosi quali fanghi palabili derivanti dalla pulizia delle vasche di decantazione delle acque di lavaggio degli ortaggi. Nella specie, l’escavazione e il deposito sul terreno per l’essiccamento sono condotte ritenute estranee all’attività produttiva di lavaggio e confezionamento per la vendita degli stessi, con conseguente esclusione dell’ipotesi del sottoprodotto di cui all’art. 184-bis D.Lvo n. 152/2006 ed applicazione della disciplina derogatoria sui rifiuti. Inoltre, i ricorrenti non hanno assolto alla prova positiva della qualificazione degli scarti come sottoprodotto che grava su di loro poiché si tratta d’ipotesi di esclusione da responsabilità, fondata su una disciplina avente natura eccezionale e derogatoria rispetto a quella ordinaria (Cass., Sez. 3, n. 56066 del 19/09/2017, Sacco e altro). 
 
(dich. inammissibili i ricorsi avverso sentenza in data 27/10/2017 – TRIBUNALE DI FIRENZE) Pres. RAMACCI, Rel. MACRI’, Ric. Baldassi ed altro

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 30/04/2019 (Ud. 27/11/2018), Sentenza n.17819

SENTENZA

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 30/04/2019 (Ud. 27/11/2018), Sentenza n.17819

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
  
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da:
– Baldassi Angela, nata a Gemona del Friuli;
– Landini Roberto, nato a Vicchio;
 
avverso la sentenza in data 27.10.2017 del Tribunale di Firenze;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Pietro Gaeta, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
 
udito per l’imputata Baldassi, l’avv. Mario Taddeucci Sassolini, e per l’imputato Landini, l’avv. Lorenzo Manfriani, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza in data 27.10.2017 il Tribunale di Firenze ha condannato alle pene di legge Angela Baldassi e Roberto Landini per il reato di cui agli art. 110 e 81 cpv cod. pen., nonché 256, comma 2, d.lgs. n. 152/2006 per aver, la prima, in qualità di legale rappresentante della Balco S.r.l. e committente dei lavori, ed il secondo in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale ed esecutore dei lavori, eseguito un deposito incontrollato di circa 50 metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi quali fanghi palabili derivanti dalla pulizia delle vasche di decantazione delle acque di lavaggio degli ortaggi.
 
2. Con un unico motivo di ricorso gli imputati lamentano la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. con riferimento alla qualificazione dei fanghi derivanti dalla pulizia delle vasche di decantazione delle
acque di lavaggio degli ortaggi come rifiuto anziché come sottoprodotto ai sensi dell’art. 184-bis d.lgs. n. 152/2006.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. I ricorsi sono manifestamente infondati perché ripropongono questioni già affrontate dal Tribunale con motivazione logica e razionale. 
 
Innanzi tutto, il Giudice ha accertato che il fango derivante dalla decantazione delle acque di lavaggio non era destinato all’uso in agricoltura quale fertilizzante o ammendante.
 
In secondo luogo, ha precisato che il lavaggio delle carote ed il successivo confezionamento per la vendita erano l’unico oggetto dell’attività produttiva della Balco.
 
Pertanto, l’accumulo del fango di lavaggio nelle vasche di decantazione, l’escavazione, il deposito sul terreno per l’essiccamento erano condotte estranee all’attività produttiva, con conseguente esclusione dell’ipotesi del sottoprodotto di cui all’art. 184-bis d.lgs. n. 152/2006.
 
Dall’istruttoria era inoltre emerso che questi scarti erano stati sempre smaltiti come rifiuti speciali. I ricorrenti non hanno assolto alla prova positiva della qualificazione degli scarti come sottoprodotto che grava su di loro poiché si tratta d’ipotesi di esclusione da responsabilità, fondata su una disciplina avente natura eccezionale e derogatoria rispetto a quella ordinaria (tra le più recenti, Cass., Sez. 3, n. 56066 del 19/09/2017, Sacco e altro, Rv. 272428). 
 
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
 
P.Q.M.
 
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende
 
Così deciso, il 27 novembre 2018

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