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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 25189 | Data di udienza: 7 Marzo 2019

* RIFIUTI – Decreto di sequestro probatorio – Indizi non supportati da sufficienti elementi probatori – Qualifica di rifiuti dei beni sequestrati – Necessità – Art. 256 d.lgs. n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Decreto di perquisizione e sequestro e decreto di convalida – Limiti – Motivazione – Necessità – Finalità probatorie.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Giugno 2019
Numero: 25189
Data di udienza: 7 Marzo 2019
Presidente: IZZO
Estensore: LIBERATI


Premassima

* RIFIUTI – Decreto di sequestro probatorio – Indizi non supportati da sufficienti elementi probatori – Qualifica di rifiuti dei beni sequestrati – Necessità – Art. 256 d.lgs. n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Decreto di perquisizione e sequestro e decreto di convalida – Limiti – Motivazione – Necessità – Finalità probatorie.



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 06/06/2019 (Ud. 07/03/2019), Sentenza n.25189


RIFIUTI – Decreto di sequestro probatorio – Indizi non supportati da sufficienti elementi probatori – Qualifica di rifiuti dei beni sequestrati – Necessità – Art. 256 d.lgs. n.152/2006.
 
Non si configura il reato di cui all’art. 256 d.lgs. 152/2006, quando gli indizi non siano supportati da sufficienti elementi per poter qualificare come rifiuti i beni sequestrati, (nella specie, gli autoveicoli assoggettati al vincolo erano tutti, tranne uno – rottamato e con specifica autorizzazione a essere trattenuto in area privata -, ancora immatricolati, funzionati e assicurati per la responsabilità civile, e gli altri oggetti sequestrati, costituiti prevalentemente da materiali per l’edilizia, erano stati sottoposti a sequestro sulla base di una valutazione discrezionale della polizia giudiziaria, in assenza di indicazioni specifiche nel provvedimento di sequestro).
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – RIFIUTI – Decreto di perquisizione e sequestro e decreto di convalida – Limiti – Motivazione – Necessità – Finalità probatorie.
 
In materia di rifiuti, sia il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Cass. Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, Macis). Una corretta lettura dell’art. 253, comma 1, cod. proc. pen. non può consentire, nell’ambito dell’onere motivazionale chiaramente espresso dalla norma, differenziazioni di sorta tra corpo del reato da una parte e cose pertinenti al reato dall’altra, hanno sottolineato la necessità di indicare le specifiche finalità probatorie perseguite anche nel caso del sequestro del corpo del reato. Nella specie, tale indicazione, che può essere assolta anche con motivazione concisa, risulta del tutto mancante, in quanto nel decreto di sequestro in ragione della natura processuale della censura formulata con il ricorso, in relazione alla quale il giudice di legittimità è anche giudice del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali la motivazione del decreto di perquisizione e sequestro è fondata esclusivamente sulla natura di corpo e cose pertinente ai reati delle cose da sequestrare, senza altre indicazioni circa le esigenze e finalità probatorie perseguite con l’imposizione del vincolo ("ed il conseguente sequestro, a norma dell’art. 252 c.p.p., di quanto sopra indicato, inclusa l’area medesima oggetto di perquisizione locale, che costituisce corpo e cosa pertinente ai reati per cui procede, ed in ogni caso di quanto ritenuto utile ai fini di indagine").

(annulla senza rinvio ordinanza del 24/7/2018 del TRIBUNALE DI ENNA) Pres. IZZO, Rel. LIBERATI, Ric. Chiolo

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 06/06/2019 (Ud. 07/03/2019), Sentenza n.25189

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 06/06/2019 (Ud. 07/03/2019), Sentenza n.25189

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
  
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da
Chiolo Giuseppe, nato a Pietraperzia;
Chiolo Roberto, nato a Pietraperzia;
Chiolo Salvatore, nato a Pietraperzia;
Chiolo Vittorio, nato a Pietraperzia;
 
avverso l’ordinanza del 24/7/2018 del Tribunale di Enna;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marilia Di Nardo, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso;
 
udito per i ricorrenti l’avv. Salvatore Antonio Bevilacqua, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza del 24 luglio 2018 il Tribunale di Enna ha respinto la richiesta di riesame proposta da Giuseppe Chiolo, Roberto Chiolo, Salvatore Chiolo e Vittorio Chiolo nei confronti del decreto di perquisizione e sequestro emesso il 28 giugno 2018 dal pubblico ministero di tale Tribunale, eseguito il 10 luglio 2018, sottoponendo a sequestro alcune automobili e materiali vari, oltre alle aree su cui gli stessi erano depositati, in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 256 d.lgs. 152/2006 e 13, comma 1, d.lgs. 209/2003.
 
2. Avverso tale ordinanza gli indagati hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
 
2.1. Con un primo motivo hanno denunciato la violazione e l’errata applicazione degli artt. 125, comma 3, 253, comma 1, e 325, comma 1, cod. proc. pen., a causa della assoluta mancanza di motivazione nel decreto di perquisizione e sequestro delle esigenze e finalità investigative e probatorie idonee a giustificare l’imposizione del vincolo reale. Hanno richiamato i principi espressi al riguardo nella sentenza Bevilacqua delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 5876 del 28/01/2004), stante la genericità della motivazione con cui era stato giustificato il sequestro ("in quanto corpo e cosa pertinenti ai reati per cui si procede"), da cui non poteva trarsi alcuna indicazione circa tali specifiche esigenze o necessità probatorie, non desumibili dal solo diretto collegamento fra le cose sequestrate e i reati contestati sottolineato nella motivazione dell’ordinanza impugnata. Tale carenza del decreto di sequestro non poteva, poi, essere emendata dal Tribunale, spettando solamente al pubblico ministero identificare e allegare le ragioni probatorie che, in funzione dell’accertamento dei
fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione della misura.
 
Hanno eccepito anche la genericità della indicazione delle cose da assoggettare al vincolo, determinante la nullità del provvedimento di sequestro.
 
2.2. Con un secondo motivo hanno lamentato una ulteriore violazione degli artt. 125, comma 3, 253, comma 1, e 325, comma 1, cod. proc. pen., in relazione alla affermazione della sussistenza degli indizi del reato di cui all’art. 256 d.lgs. 152/2006, non essendovi sufficienti elementi per poter qualificare come rifiuti i beni sequestrati, in quanto gli autoveicoli assoggettati al vincolo erano tutti, tranne uno (rottamato e con specifica autorizzazione a essere trattenuto in area privata), ancora immatricolati, funzionati e assicurati per la responsabilità civile, e gli altri oggetti sequestrati, costituiti prevalentemente da materiali per l’edilizia, erano stati sottoposti a sequestro sulla base di una valutazione discrezionale della polizia giudiziaria, in assenza di indicazioni specifiche nel provvedimento di sequestro.
 
2.3. Con un terzo motivo hanno lamentato una ulteriore violazione degli artt. 125, comma 3, 253, comma 1, e 325, comma 1, cod. proc. pen., per la violazione delle disposizioni da osservare all’atto della esecuzione del sequestro, al quale non avevano presenziato tutti gli indagati, giacché al momento della esecuzione del sequestro era presente solo uno di essi e in una sola delle aree assoggettate al vincolo, in violazione della previsione dell’art. 81 disp. att. cod. proc. pen.
 
2.4. Con un quarto motivo hanno eccepito la nullità del sequestro, a causa del fatto che le aree assoggettate al vincolo appartenevano a terzi, ai quali non era stato notificato il decreto di sequestro, con la conseguente carenza di legittimazione passiva dei ricorrenti.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il primo motivo di ricorso è fondato e assorbente.
 
2. Va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza Botticelli (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, dep. 27/07/2018, P.M. in proc. Botticelli e altri, Rv. 273548), nel risolvere il contrasto interpretativo circa l’onere motivazionale nel caso in cui la funzione probatoria del sequestro del corpo del reato costituisca connotato ontologico e immanente del compendio sottoposto al vincolo, di immediata evidenza, desumibile dalla peculiare natura delle cose, hanno ribadito che "il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti" (conf. Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, Macis, Rv. 274781). Le Sezioni Unite nel ribadire che una corretta lettura dell’art. 253, comma 1, cod. proc. pen. non può consentire, nell’ambito dell’onere motivazionale chiaramente espresso dalla norma, differenziazioni di sorta tra corpo del reato da una parte e cose pertinenti al reato dall’altra, hanno sottolineato la necessità di indicare le specifiche finalità probatorie perseguite anche nel caso del sequestro del corpo del reato. 
 
Nel caso in esame tale indicazione, che può essere assolta anche con motivazione concisa, risulta del tutto mancante, in quanto nel decreto di sequestro, al quale questa Corte ha accesso, in ragione della natura processuale della censura formulata con il ricorso, in relazione alla quale il giudice di legittimità è anche giudice del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 4, n. 47891 del 28/09/2004, Mauro, Rv. 230568; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 05/06/2018, F., Rv. 273525), la motivazione del decreto di perquisizione e sequestro è fondata esclusivamente sulla natura di corpo e cose pertinente ai reati delle cose da sequestrare, senza altre indicazioni circa le esigenze e finalità probatorie perseguite con l’imposizione del vincolo ("ed il conseguente sequestro, a norma dell’art. 252 c.p.p., di quanto sopra indicato, inclusa l’area medesima oggetto di perquisizione locale, che costituisce corpo e cosa pertinente ai reati per cui procede, ed in ogni caso di quanto ritenuto utile ai fini di indagine").
 
Si tratta di motivazione che, alla stregua dei principi interpretativi ribaditi dalle Sezioni Unite, non può essere ritenuta sufficiente, essendo del tutto assente l’indicazione delle finalità investigative o probatorie perseguite con il provvedimento impositivo del vincolo, che, tra l’altro, ha colpito una pluralità di beni, diversi tra loro, e cioè due fondi non edificati, della superficie di circa 11.000,00 e 21.000,00 metri quadrati, autoveicoli ivi posteggiati, materiali edili vari, di cui avrebbe dovuto essere illustrata la relazione con i reati contestati (quanto ai terreni sui quali si trovavano le cose considerate rifiuti) e le finalità probatorie perseguite con l’apposizione del vincolo su ciascuna categoria di beni (posto che risultano certamente diverse quelle collegate alle cose considerate come rifiuti e quelle eventualmente attinenti ai luoghi dove questi siano stati depositati), anche allo scopo di giustificare il pregiudizio che deriva dalla apposizione del vincolo ai diritti vantati dagli indagati o dai terzi su tali beni.
 
Deve, pertanto, alla luce di tale carenza assoluta, ritenersi sussistente la violazione delle norme processuali denunciate dai ricorrenti, che comporta, in accoglimento del primo motivo di ricorso, con ciò rimanendo assorbiti gli altri motivi, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e del decreto di sequestro e la restituzione dei beni sequestrati, in quanto il giudice del riesame non può indicare di propria iniziativa le specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare, trattandosi di scelte discrezionali del pubblico ministero, la cui mancata indicazione determina la nullità genetica del provvedimento (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226712; conf., Sez. 5, n. 22818 del 18/03/2004, Unico, Rv. 228818; Sez. 3, n. 37837 del 05/06/2007, Grande, Rv. 237926; Sez. 4, n. 35708 del 10/07/2007, Bedda, Rv. 237459; Sez. 3, n. 47120 del 26/11/2008, Gargiulo, Rv. 242268; Sez. 3, n. 37187 del 06/05/2014, Guarnieri, Rv. 260241; Sez. 5, n. 13917 del 23/03/2015, Barzillona, Rv. 263272; Sez. 3, n. 30993 del 05/04/2016, Casalboni, Rv. 267329). 
 
P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro, disponendo la restituzione dei beni sequestrati agli aventi diritto. 
 
Così deciso il 7/3/2019

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