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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Cave e miniere, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia, VIA VAS AIA Numero: 25731 | Data di udienza: 26 Febbraio 2019

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – CAVE E MINIERE – Ampliamento di cava in area con sopraggiunto vincolo urbanistico/paesaggistico –  Responsabilità dei soci accomandatari – V.I.A. (Valutazione di impatto ambientale) – Speciale procedura – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Riqualificazione del ricorso per cassazione come appello e limite dell’appellabilità – Artt. 134, 136 lett. D, 146, 167 e 181 del d. Lgs. n.42/04.


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Giugno 2019
Numero: 25731
Data di udienza: 26 Febbraio 2019
Presidente: RAMACCI
Estensore: SOCCI


Premassima

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – CAVE E MINIERE – Ampliamento di cava in area con sopraggiunto vincolo urbanistico/paesaggistico –  Responsabilità dei soci accomandatari – V.I.A. (Valutazione di impatto ambientale) – Speciale procedura – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Riqualificazione del ricorso per cassazione come appello e limite dell’appellabilità – Artt. 134, 136 lett. D, 146, 167 e 181 del d. Lgs. n.42/04.



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 11/06/2019 (Ud. 26/02/2019), Ordinanza n.25731

 
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – CAVE E MINIERE – Ampliamento di cava in area con sopraggiunto vincolo urbanistico/paesaggistico –  Responsabilità dei soci accomandatari – V.I.A. (Valutazione di impatto ambientale) – Speciale procedura – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Riqualificazione del ricorso per cassazione come appello e limite dell’appellabilità – Artt. 134, 136 lett. D, 146, 167 e 181 del d. Lgs. n.42/04.
 
La realizzazione, in qualità di soci accomandatari, di lavori di ampliamento di una cava in area con sopraggiunto vincolo urbanistico/paesaggistico necessita dei relativi nulla osta e/o permessi anche per le varianti in corso d’opera, integrando l’omissione i reati di cui agli artt. 134, 136 lett. D, 146, 167 e 181 del d. Lgs. 42/04. Sicché, il limite dell’appellabilità di cui all’art. 593, comma 3 cod. proc. pen., non opera in relazione a reati puniti con la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda per i quali il giudice applichi erroneamente solo la pena dell’ammenda, posto che l’illegittima applicazione della pena non può precludere al condannato l’accesso ad un grado di giudizio (Sez. 3, n. 53430 del 22/11/2017 – dep. 24/11/2017, Girardi; vedi anche Sez. 3, n. 40531 del 11/06/2014 – dep. 01/10/2014, Zucchi).
 
(Riqualificazione del ricorso per cassazione come appello con trasmissione atti sentenza del 28/06/2017 – TRIBUNALE di VITERBO) Pres. RAMACCI, Rel. SOCCI, Ric. Gioacchini 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 11/06/2019 (Ud. 26/02/2019), Ordinanza n.25731

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 11/06/2019 (Ud. 26/02/2019), Ordinanza n.25731
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
  
ha pronunciato la seguente
 
ORDINANZA
 
sui ricorsi proposti da:
 
GIOACCHINI MAURO;
GIOACCHINI ANDREA;
 
avverso la sentenza del 28/06/2017 del TRIBUNALE di VITERBO;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ROBERTA MARIA BARBERINI che ha concluso chiedendo L’annullamento senza rinvio per prescrizione;
 
L’avvocato Luigi SCIALLA, per la parte civile, sost. proc., chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e deposita conclusioni scritte e nota spese. 
 
L’avvocato Angelo DI SILVIO, per l’imputato, chiede l’accoglimento del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il Tribunale penale di Viterbo con sentenza del 28 giugno 2017, ha condannato Gioacchini Mauro e Gioacchini Andrea alla pena di € 5000,00 di ammenda ciascuno, relativamente al reato di cui agli artt. 134, 136 lett. D, 146, 167 e 181 del d. Lgs. 42/04, per aver realizzato, in qualità di soci accomandatari, un ampliamento nella cava di basalto nel Comune di Acquapendente in un’area con sopraggiunto vincolo urbanistico/paesaggistico. Reato accertato il 19 settembre 2012.
 
2. Ricorrono per cassazione Gioacchini Mauro e Gioacchini Andrea tramite difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. 
 
2.1. Contraddittorietà, carenza, manifesta illogicità della motivazione. Violazione di legge (art. 181 d. Lgs. 42/04); comunque inoffensività della condotta.
 
In particolare si censura la sentenza del Tribunale sul presupposto che non sussista nessuna modifica ambientale mediante ampliamento della cava già esistente perché tale ampliamento sarebbe stato autorizzato sin da prima dell’apposizione del vincolo. La società dei Gioacchini, infatti, già in data 26.11.09 aveva ottenuto il provvedimento di V.I.A. (valutazione di impatto ambientale), che risulta da sola idonea ad includere in sé la valutazione di tutti i possibili effetti dell’intervento sull’ambiente. Nonostante il provvedimento di V.I.A. non sia certo inclusivo del parere paesaggistico previsto dall’art. 146 d. Lgs. 42/2004 (che impone l’instaurazione di una speciale procedura), i ricorrenti sostengono che nel caso di specie tale titolo abilitativo fosse del tutto irrilevante ed inutile ai fini della configurazione della fattispecie penale.
 
La difesa sostiene che il Giudice penale ha il compito di accertare se sussista effettivamente una lesione al bene finale protetto a prescindere dal possesso o meno dei titoli autorizzativi. Da ciò discende, a detta dei 
ricorrenti, l’inoffensività della condotta degli stessi, dato che la modifica del territorio era già stata attuata e assentita ed un’eventuale nulla osta non avrebbe potuto né sanare il pregresso né autorizzare una modifica
che in fatto non vi è stata. 
 
2.2. Contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. 
 
Violazione di legge (art. 47, cod. pen.). La difesa, rilevato che il reato in oggetto è di tipo contravvenzionale, afferma che la buona fede sia idonea ad escludere l’elemento soggettivo necessario ad integrarlo. Nel caso in esame i ricorrenti sarebbero stati in buona fede poiché si sono attivati, a più riprese, per interpellare le autorità amministrative circa la possibilità di procedere con l’attività di impresa, ricevendo sempre riscontri positivi.
 
Infatti il Comune di Acquapendente formulava specifico interpello al Ministero che rispondeva con nota del 4 agosto 2011 nella quale espressamente si riteneva la necessità del nulla osta solo per le varianti in corso d’opera (ex art. 146, d. Lgs. 42/2004) e non per la prosecuzione dei lavori già iniziati prima del vincolo (già autorizzati). Altrettanto la Regione Lazio con nota del 3 dicembre 2013 escludeva la necessità di un nulla osta.
 
I ricorrenti, quindi, si sono sempre attivati per conoscere dalle competenti autorità amministrative la necessità, o no, del nulla osta, ricevendo sempre risposte rassicuranti sulla non necessaria richiesta di nulla osta paesaggistico. 
 
Conseguentemente, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, si è al più verificato un errore su norma extrapenale che ha comportato un errore sul fatto che costituisce il reato con esclusione della punibilità (ex art. 47, cod. pen.).
 
Hanno chiesto pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il reato contestato al ricorrente prevede la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda (art. 181, comma 1, d. Lgs. 42/2004) e, quindi, anche se il giudice ha errato nell’applicare la sola pena dell’ammenda non può precludersi all’imputato un grado di giudizio di merito: «In tema di impugnazioni, il limite della appellabilità di cui all’art. 593, comma 3 cod. proc. pen., non opera in relazione a reati puniti con la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda per i quali il giudice applichi erroneamente solo la pena dell’ammenda, posto che l’illegittima applicazione della pena non può precludere al condannato l’accesso ad un grado di giudizio» (Sez. 3, n. 53430 del 22/11/2017 – dep. 24/11/2017, Girardi, Rv. 27267801; vedi anche Sez. 3, n. 40531 del 11/06/2014 – dep. 01/10/2014, Zucchi, Rv. 26064901).
 
Conseguentemente il ricorso in cassazione deve qualificarsi quale appello e gli atti devono trasmettersi con ordinanza alla Corte di appello di Roma per il relativo giudizio.

P.Q.M.
 
Qualificato il ricorso per cassazione come appello dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Roma.
 
Così deciso il 26/02/2019

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