+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia, Rifiuti Numero: 755 | Data di udienza: 16 Maggio 2019

RIFIUTI – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Impianto di recupero dei rifiuti – Decadenza del titolo autorizzatorio per mancato inizio dei lavori – Art. 15, c. 2 d.P.R. n. 380/2001 – Indici rivelatori dell’inizio dei lavori.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 24 Giugno 2019
Numero: 755
Data di udienza: 16 Maggio 2019
Presidente: Pasi
Estensore: Buonauro


Premassima

RIFIUTI – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Impianto di recupero dei rifiuti – Decadenza del titolo autorizzatorio per mancato inizio dei lavori – Art. 15, c. 2 d.P.R. n. 380/2001 – Indici rivelatori dell’inizio dei lavori.



Massima

 

TAR VENETO, Sez. 2^ – 24 giugno 2019, n. 755


RIFIUTI – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Impianto di recupero dei rifiuti – Decadenza del titolo autorizzatorio per mancato inizio dei lavori – Art. 15, c. 2 d.P.R. n. 380/2001 – Indici rivelatori dell’inizio dei lavori.

Anche con riferimento ad un impianto di recupero di rifiuti urbani e speciali non pericolosi, i lavori possono ritenersi iniziati ove implichino il concentramento di mezzi e di manodopera, la messa a punto dell’organizzazione del cantiere, l’innalzamento di elementi portanti, lo scavo e il riempimento in conglomerato cementizio delle fondazioni perimetrali fino alla quota del piano di campagna o almeno l’esecuzione di scavi preordinati al getto delle fondazioni, non risultando idonei ad evitare la decadenza del titolo autorizzatorio (ai sensi dell’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001), invece, semplici sbancamenti di terreno (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI 19 settembre 2017 n. 4381 e 30 settembre 2013 n. 4855; sez. V, 15 luglio 2013 n. 3823; T.A.R. Valle d’Aosta, sez. I, 18 aprile 2018 n. 26; T.A.R. Veneto, sez. II, 12 marzo 2015 n. 299).

Pres. Pasi, Est. Buonauro – S. s.r.l. (avv.ti Sala e Zambelli) c. Comune di Rivoli Veronese  (avv.ti Scappini e Sartori)


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 2^ - 24 giugno 2019, n. 755

SENTENZA

TAR VENETO, Sez. 2^ – 24 giugno 2019, n. 755

Pubblicato il 24/06/2019

N. 00755/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00480/2018 REG.RIC.
N. 00753/2018 REG.RIC.
N. 01005/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 480 del 2018, proposto da
Serit S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Sala, Franco Zambelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


contro

Comune di Rivoli Veronese, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Renzo Fausto Scappini, Antonio Sartori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Sartori in Venezia, San Polo 2988;

nei confronti

Marco Gamberoni non costituito in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 753 del 2018, proposto da
Ser.I.T. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gabriele Leondini, Franco Zambelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Franco Zambelli in Mestre, via Cavalloti n. 22;

contro

Provincia di Verona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giancarlo Biancardi, Isabella Sorio, Antonio Sartori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Sartori in Venezia, San Polo 2988;

nei confronti

Comune di Rivoli Veronese, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Renzo Fausto Scappini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Sartori in Venezia, San Polo 2988;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
4963 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Fratta Pasini, Giovanni Vanti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Carlo Fratta Pasini in Verona, P.Tta Chiavica n. 2;

sul ricorso numero di registro generale 1005 del 2018, proposto da
Ser i T S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Sala, Franco Zambelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Franco Zambelli in Mestre, via Cavalloti n. 22;

contro

Comune di Rivoli Veronese, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Renzo Fausto Scappini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 480 del 2018:

dell’ordinanza n. 6 del 21 marzo 2018 del responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Rivoli Veronese, che ha disposto l’immediata sospensione dei lavori di realizzazione, da parte della società ricorrente, di un impianto di recupero di rifiuti urbani e speciali non pericolosi, autorizzato con determinazione della Provincia di Verona in data 28 settembre 2015, n. 3581/15;.

quanto al ricorso n. 753 del 2018:

per l’annullamento

della determinazione n. 1471 del 4 maggio 2018 del dirigente dell’Area funzionale servizi in campo ambientale della Provincia di Verona, di presa d’atto dell’avvenuta decadenza della determinazione n. 3581 del 28 settembre 2015, avente ad oggetto l’approvazione del progetto per la delocalizzazione e potenziamento di un impianto di recupero di rifiuti urbani e speciali non pericolosi con adeguamento volumetrico selezione e cernita con messa in riserva, nonché stoccaggio e travaso di rifiuti urbani pericolosi, non pericolosi e speciali non pericolosi della ditta SERIT s.r.l., sito nel Comune di Rivoli Veronese; nonché per la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni ingiustamente subiti dalla società ricorrente per effetto del provvedimento impugnato..

quanto al ricorso n. 1005 del 2018:

per l’annullamento

della deliberazione del Consiglio Comunale di Rivoli Veronese in data 6 giugno 2018 n. 11, pubblicata all’albo pretorio in data 14 giugno 2018, di “ricognizione delle aree di trasformazione o espansione soggette a strumenti attuativi non approvati previste nel P.I. approvato con D.C.C. n. 8/2012, decadute ai sensi dell’art. 18, C. 7, L.R.V. n. 11/2004”, per la parte in cui ha ricompreso quale “Area N. 6”, la “zona di espansione produttiva in località Terramatta” e con riserva di proporre, ai sensi dell’art. 30 del cpc., azione di risarcimento del danno ingiustamente patito..

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Rivoli Veronese e di Provincia di Verona;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 maggio 2019 il dott. Carlo Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Parte ricorrente, società privata a partecipazione pubblica che gestisce in appalto la raccolta dei rifiuti per diversi comuni, premesso di aver individuato in una zona industriale del Comune di Rivoli Veronese il sito idoneo per la realizzazione del proprio nuovo impianto di recupero di rifiuti urbani e speciali non pericolosi sul presupposto che attualmente essa opera in un sito non di proprietà, locato e diventato dimensionalmente inidoneo a supportare lo sviluppo dell’attività, deduce in fatto che il Comune intimato ha presentato, in data 16 novembre 2017, istanza alla Provincia di Verona di pronuncia di decadenza del provvedimento di approvazione del progetto per omesso inizio dei lavori entro il termine di dodici mesi dall’approvazione del progetto, ordinando (con il provvedimento impugnato nel primo ricorso recante RG n. 480/2018) l’immediata sospensione dei lavori nelle more del procedimento provinciale di decadenza dell’approvazione del progetto culminato nel provvedimento impugnato con il secondo ricorso, recante RG n. 753/2018. Infine, con il terzo ricorso, recante RG n. 1005/2018, viene impugnata la deliberazione n. 11 in data 6 giugno 2018, con la quale il Consiglio comunale di Rivoli Veronese ha preso atto della decadenza della validità delle previsioni urbanistiche di espansione relativamente all’area nella quale era stato localizzato l’impianto della SER.I.T. autorizzato dalla Provincia nel 2015.

Avverso tali provvedimenti vengono proposte articolate censure di violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e sviamento, concludendo per il loro annullamento.

Si sono costituiti il Comune di Rivoli Veronese e la Provincia di Verona, concludendo per l’improcedibilità e il rigetto del ricorso.

Nel ricorso RG n. 753/2018 ha spiegato intervento ad adiuvandum la 4963 srl.

All’udienza pubblica del 16 maggio 2016 le cause sono state trattenute in decisione.


DIRITTO

Preliminarmente va disposta la riunione dei tre giudizi in epigrafe indicati in quanto avvinti da connessione oggettiva, oltre che da parziale connessione soggettiva, ruotando l’intera vicenda, nei diversi profili provvedimentali, attorno alla fondamentale questione costituita dall’effettivo o meno inizio dei lavori nel termine di legge: ed, invero, tale aspetto costituisce, per un verso e principaliter, l’elemento giustificativo del provvedimento provinciale di decadenza dall’autorizzazione alla realizzazione del progetto de quo e, di riflesso, il presupposto giuridico-fattuale da cui discendono sia la precedente ordinanza comunale di sospensione dei lavori (avente, diversamente dai precedenti ordini di sospensione oggetto di distinti ricorsi già definiti dalla sezione, natura cautelare e strumentale – sul versante urbanistico-edilizio ex art. 35, comma 3, della legge regionale n. 3/2000 -rispetto proprio al citato procedimento provinciale e come tale non incorrente in alcun vizio di incompetenza in ragione delle diverse attribuzione dei due enti); sia il successivo provvedimento consiliare di presa d’atto della decadenza della validità delle previsioni urbanistiche di espansione relativamente all’area nella quale era stato localizzato l’impianto della SER.I.T a seguito di decadenza dall’autorizzazione provinciale.

Sempre in via preliminare va esaminata – e condivisa, quanto meno ai fini caducatori degli impugnati atti per le ragioni di seguito indicate – l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse: ed, invero, non soltanto rispetto all’ordinanza comunale di sospensione dei lavori nelle more del perfezionamento del procedimento provinciale di decadenza (i cui effetti, attesa la natura cautelare ed interinale, risultano esauriti per l’effetto della definizione di quest’ultimo), ma anche rispetto al complesso dei tre ricorsi rileva, in senso ostativo alla pratica fruttuosità della principale domanda di annullamento, la duplice circostanza per cui, da un lato, la ricorrente ha chiesto l’archiviazione dell’istanza finalizzata ad ottenere il medesimo titolo autorizzatorio decaduto (nota SER.I.T.n. 329/2019/MM del 25/02/2019 in atti) e, dall’altro, non risulta né riscontrata la richiesta di integrazione documentale della Provincia di Verona né impugnato il diniego di proroga del termine fissato per la produzione documentale.

In ogni caso, e anche ai fini delle spiegate domande risarcitorie, i ricorsi non si presentano sorretti da fondate censure e vanno respinti per le ragioni che seguono.

Come sopra accennato, il fulcro giuridico-fattuale della complessiva vicenda provvedimentale è costituito dalla verifica in ordine al decorso del termine di 12 mesi per l’inizio dei lavori che avrebbe determinato l’automatica decadenza della determinazione provinciale di approvazione del progetto.

Sul punto va premesso in diritto che, secondo la consolidata giurisprudenza anche riferita ad interventi de quibus, i lavori possono ritenersi iniziati ove implichino il concentramento di mezzi e di manodopera, la messa a punto dell’organizzazione del cantiere, l’innalzamento di elementi portanti, lo scavo e il riempimento in conglomerato cementizio delle fondazioni perimetrali fino alla quota del piano di campagna o almeno l’esecuzione di scavi preordinati al getto delle fondazioni, non risultando idonei ad evitare la decadenza del titolo autorizzatorio, invece, semplici sbancamenti di terreno (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI 19 settembre 2017 n. 4381 e 30 settembre 2013 n. 4855; sez. V, 15 luglio 2013 n. 3823; T.A.R. Valle d’Aosta, sez. I, 18 aprile 2018 n. 26; T.A.R. Veneto, sez. II, 12 marzo 2015 n. 299).

Nel caso di specie, per un verso, gli esiti dell’istruttoria condotta dall’ente provinciale e trasfusi nella motivazione del provvedimento impugnato risultano in linea con tali assunti, disvelando compiutamente l’assenza di tali indici dimostrativi; per altro verso, le opposte argomentazioni di parte ricorrente, peraltro condotte non sul piano controfattuale ma di indiretti indizi giuridico-formali, non si presentano idonei a superare tali evenienze istruttorie.

Ed, invero, quanto al primo aspetto, dagli atti richiamati nella motivazione del provvedimento decadenziale e da quelli versati in atti (verbali e supporti fotografici di entrambe le parti) emerge sia l’assenza di esecuzione di scavi di fondazione e, a fortiori, di realizzazione di opere murarie, sia la stessa propedeutica organizzazione del cantiere, venendo in rilievo una non significativa opera di sbancamento, recinzione dell’area con minima strumentazione e peraltro sgombra di altri mezzi d’opera, di materiali di costruzione e di maestranze.

Ne deriva che – ribadito il principio di diritto per cui il concetto di “inizio dei lavori”, ai fini del termine di cui all’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 (al quale, alla luce della previsione ex art. 24, comma 2, della l.r. Veneto n. 3/2000, va ricondotta la norma del successivo comma 4, specificamente inerente al termine di inizio dei lavori di realizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti) non si riferisce a qualsiasi lavoro preordinato ad una costruzione edilizia, bensì a quelle opere e lavori prima citati che la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto necessari ed idonei ad evitare la decadenza del titolo autorizzatorio – nel caso di specie appare congruamente istruita e sufficientemente motivata la determinazione provinciale.

Né, quanto al secondo profilo, in senso opposto convincono gli argomenti di parte ricorrente, incentrati, come detto, non sul medesimo piano di prova dei fatti (attraverso la documentata descrizione di lavori in concreto eseguiti ed idonei ad impedire la decadenza del titolo autorizzatorio, anche attraverso ulteriori profili di convincimento, quali documenti contabili del cantiere), ma sul confronto con precedenti ordini di sospensione adottati dal comune e con la correlativa ricaduta in punto di imputabilità del ritardo.

Orbene, in senso contrario s’osserva come “l’inizio dei lavori” richiamato in precedenti provvedimenti comunali inibitori della loro ulteriore prosecuzione, per un verso, rileva sul diverso piano di misure cautelari attivate proprio per effetto del timore di un loro incipiente avvio (e non già, come ai fini qui in esame, di significativo mutamento dell’area per effetto dell’impianto del cantiere e della esecuzione di scavi preordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio); per altro verso ed in correlazione col precedente assunto, come ivi comunque vengano in rilievo meri interventi di sbancamento e lavori di movimento terra.

Quanto infine all’ulteriore richiamo alle citate ordinanze comunali di sospensione dei lavori, quali ipotesi di impedimento oggettivo e scusabile ad eseguire i lavori di realizzazione dell’impianto (factum principis), in disparte la mancata richiesta di proroga, s’osserva in senso contrario come nell’impugnato atto compiutamente si dia conto della neutralizzazione dei relativi periodi e di un puntuale computo sia dell’ampio termine precedente che di quello residuo, superandosi altresì il richiamo a quella situazione di incertezza giuridica che, in ogni caso, lungi dal costituire ulteriore causa di sospensione automatica del termine, avrebbe al più legittimato una richiesta di proroga mai presentata.

Ne discende, pertanto, la congruità istruttorio-motivazionale degli atti impugnati e di riflesso l’infondatezza della spiegata domanda risarcitoria stante l’inconfigurabilità nella specie di un danno ingiusto eziologicamente riconducile ad un non corretto esercizio della funzione amministrativa.

In conclusione i ricorsi vanno respinti. Nelle peculiarità delle questioni trattate il Collegio ravvisa, tuttavia, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c. p. a. e 92, comma 2, c. p. c., eccezionali ragioni per l’integrale compensazione delle spese del grado di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Alberto Pasi, Presidente
Carlo Buonauro, Consigliere, Estensore
Mariagiovanna Amorizzo, Referendario

L’ESTENSORE
Carlo Buonauro
        
IL PRESIDENTE
Alberto Pasi
        
        
IL SEGRETARIO

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!