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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 30533 | Data di udienza: 29 Maggio 2019

RIFIUTI – Gestione non autorizzata di rifiuti – Rifiuti sottoposti a lavorazione – Attività soggetta a specifico titolo abilitativo – D.l. 172/2008 – Art. 181 digs. 42/2004 – D.L.vo n.152/2006 – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Considerazione del giudice degli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti – Diniego delle attenuanti generiche – Limiti e poteri.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Luglio 2019
Numero: 30533
Data di udienza: 29 Maggio 2019
Presidente: LAPALORCIA
Estensore: RAMACCI


Premassima

RIFIUTI – Gestione non autorizzata di rifiuti – Rifiuti sottoposti a lavorazione – Attività soggetta a specifico titolo abilitativo – D.l. 172/2008 – Art. 181 digs. 42/2004 – D.L.vo n.152/2006 – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Considerazione del giudice degli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti – Diniego delle attenuanti generiche – Limiti e poteri.



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 11/07/2019 (Ud. 29/05/2019), Sentenza n.30533

RIFIUTI – Gestione non autorizzata di rifiuti – Rifiuti sottoposti a lavorazione – Attività soggetta a specifico titolo abilitativo – D.l. 172/2008 – Art. 181 digs. 42/2004 – D.L.vo n.152/2006 – Giurisprudenza.

Configura il reato di gestione non autorizzata di rifiuti, di cui all’art. 256 D.L.vo n. 152/2006, in assenza di titolo abilitativo, l’effettuazione della raccolta e smaltimento di rifiuti pericolosi, anche se di fatto sottoposti ad un certo tipo lavorazione, in considerazione che tale processo presuppone un’attività svolta in maniera certamente non occasionale. Nella specie gestione senza la preventiva autorizzazione di rifiuti provenienti da carcasse di autovetture in parte smontate, materiale ferroso, pneumatici, fusti metallici, filtri laminati, batterie esauste, componenti di autoveicoli.

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Considerazione del giudice degli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti – Diniego delle attenuanti generiche – Limiti e poteri.

Il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque, rilevanti ai fini del diniego delle attenuanti generiche, con la conseguenza che la motivazione che appaia congrua e non contraddittoria non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, neppure quando difetti uno specifico apprezzamento per ciascuno dei reclamati elementi attenuanti invocati a favore dell’imputato.

(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 28/03/2018 della CORTE APPELLO di MESSINA) Pres. LAPALORCIA, Rel. RAMACCI, Ric. Benenati


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 11/07/2019 (Ud. 29/05/2019), Sentenza n.30533

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 11/07/2019 (Ud. 29/05/2019), Sentenza n.30533

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da: BENENATI F.;

avverso la sentenza del 28/03/2018 della CORTE APPELLO di MESSINA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ROBERTA MARIA BARBERINI Il P.G. conclude: inammissibilità del ricorso.

udito il difensore

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Messina, con sentenza del 28 marzo 2018 ha parzialmente riformato, dichiarando la prescrizione della contravvenzione di cui all’art. 181 digs. 42/2004 (come riqualificata nel giudizio di primo grado) e rideterminando la pena originariamente inflitta per il reato di cui all’art. 6, comma 1, lett. d) n. 2 d.l. 172/2008, la decisione in data 12 Maggio 2016 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto appellata da F. BENENATI.

La residua imputazione riguarda l’effettuazione, in assenza di titolo abilitativo, di attività di raccolta e smaltimento di rifiuti pericolosi, quali carcasse di autovetture, materiale ferroso, pneumatici, fusti metallici, filtri laminati, batterie esauste, componenti di autoveicoli (fatto accertato in Lipari il 6 aprile 2012).

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..

2. Con il primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, osservando che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che le condotte contestate nell’imputazione non avrebbero evidenziato l’effettuazione di una vera e propria attività, sicché i fatti ascritti all’imputato sarebbero connotati da assoluta occasionalità e, pertanto, non penalmente rilevanti.

3. Con il secondo motivo di ricorso deduce, per le stesse ragioni indicate nel motivo che precede, la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen.

4. Con il terzo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione, osservando che la sentenza impugnata non indicherebbe quali fossero le ragioni che avrebbero portato all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato.

5. Con il quarto motivo di ricorso deduce, per le medesime ragioni di cui ai precedenti motivi, la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen, 1

6. Con il quinto motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e della non menzione della condanna nel certificato penale.

Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perché basato su motivi manifestamente infondati.

2. I primi quattro motivi di ricorso possono essere congiuntamente esaminati, osservando, preliminarmente, che il reato oggetto di contestazione attiene alla effettuazione di attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza dell’autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritte dalla normativa vigente, avente ad oggetto, nella specie, rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi. La natura di rifiuto dei materiali rinvenuti su area nella disponibilità del ricorrente non viene posta in discussione, così come la loro classificazione, la quale, peraltro, risulta evidente dalla mera descrizione contenuta nell’imputazione. Come è noto, il decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito con la legge 30 dicembre 2008, n. 210, reca «Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale». Tale disciplina speciale, applicabile nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, dichiarato ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, ha introdotto, con l’articolo 6, uno specifico sistema sanzionatorio che prende in considerazione diverse fattispecie già contemplate dal d.lgs. 152/2006, inasprendo le pene previste e trasformando le ipotesi contravvenzionali in delitti, modificandone, in alcuni casi, anche ì contenuti.

Con specifico riferimento all’art. 6, lettera d), contestato al ricorrente, va rilevato che esso prevede una fattispecie di illecita gestione la cui parte precettiva coincide con quella dell’art. 256, comma 1, d.lgs. 152/ 2006, tranne che per un richiamo generico alla «normativa vigente» con riferimento ai titoli abilitativi richiesti. Il ricorrente, attraverso una alquanto approssimativa analisi della disciplina di settore, assume, sostanzialmente, che non vi sarebbe la dimostrazione che la condotta attribuitagli sia stata tale da configurare un’attività di gestione propriamente detta, ben potendosi essere risolta in un unico episodio occasionale, non avente rilievo penale secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte.

Tale assunto, tuttavia, è platealmente smentito dalle argomentazioni sviluppate nella sentenza impugnata, con la quale il ricorrente non si confronta, sulla base di precisi dati fattinli accertati nel giudizio di merito. La Corte di appello evidenzia infatti, in maniera coerente e logica, come la diversa tipologia dei rifiuti rinvenuti, il fatto che gli stessi, come riferito dai testimoni escussi, fossero stati collocati sul posto in tempi diversi e, sopratutto, la circostanza, riferita dai medesimi testi, che i rifiuti medesimi erano stati “sottoposti ad un certo tipo di lavorazione”, come risultava dal fatto che le autovetture erano state in parte smontate, erano certamente indicativi del fatto che l’imputato effettuava la gestione dei rifiuti medesimi in maniera certamente non occasionale. Tale dato fattuale, correttamente valutato, evidenzia come l’imputato svolgesse un’attività pacificamente rientrante nel concetto di “gestione” di rifiuti ed, in quanto tale, soggetta a specifico titolo abilitativo.

3. Occorre poi osservare, quanto alle censure mosse con il quinto motivo di ricorso, che il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato giustificato dai giudici del gravame in ragione della gravità della condotta e dalla natura di rifiuto pericoloso di parte dei materiali trattati dall’imputato. Si tratta di motivazione del tutto adeguata, dal momento che il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque, rilevanti ai fini del diniego delle attenuanti generiche (v. Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163 ; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244), con la conseguenza che la motivazione che appaia congrua e non contraddittoria non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, neppure quando difetti uno specifico apprezzamento per ciascuno dei reclamati elementi attenuanti invocati a favore dell’imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Caddi, Rv. 242419; Sez. 6, Sentenza n. 7707 del 4/12/2003 (dep. 2004), Anaclerio, Rv. 229768).

4. Per ciò che concerne, infine, il diniego del beneficio della non menzione della condanna, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, tale beneficio, fondato sul principio dell'”emenda”, essendo finalizzato a favorire il processo di recupero morale e sociale del condannato, richiede per la sua applicazione, secondo quanto disposto dall’art. 175 cod. pen., un apprezzamento discrezionale del giudice sulla base di una valutazione delle circostanze di cui all’art. 133 cod. pen., (in tal senso, Sez. 3, n. 37152, 16/7/2013, Maraschioni, non massimata; Sez. 4, n. 34380 del 14/7/2011, Allegra, Rv. 251509; Sez. 6, n. 383 del 28/4/1990 (dep.1991), Acampora, Rv. 186197), senza che sia peraltro necessaria una specifica e dettagliata esposizione delle ragioni della decisione (Sez. 2, n. 1 del 15/11/2016 (dep.2017), Cattaneo, Rv. 268971; Sez. 3, n. 7608 del 17/11/2009 (dep. 2010), Ammendola e altri, Rv. 246183).

Nel caso specifico la Corte di appello ha motivato il diniego richiamando la gravità della condotta posta in essere, esercitando adeguatamente il potere discrezionale attribuitogltdalla legge. 5. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, delta somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle ammende

Così deciso in data 29/5/2019

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