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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale civile, Diritto sanitario, Fauna e Flora, Pubblica amministrazione, Risarcimento del danno Numero: 23633 | Data di udienza: 21 Maggio 2019

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Responsabilità per i danni causati dai cani randagi – Responsabilità solidale del Comune e dell’Azienda Unità Sanitaria – Legge quadro nazionale n. 281/1991 – Rischio per l’incolumità della popolazione – FAUNA – Randagismo – Eventuale pericolosità degli animali – DIRITTO SANITARIO – Compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi – RISARCIMENTO DANNI – Responsabilità del Comune e ASL. – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Omesso esame di elementi istruttori – Fatto storico rilevante in causa comunque considerato dal giudice.


Provvedimento: ORDINANZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Settembre 2019
Numero: 23633
Data di udienza: 21 Maggio 2019
Presidente: SPIRITO
Estensore: PELLECCHIA


Premassima

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Responsabilità per i danni causati dai cani randagi – Responsabilità solidale del Comune e dell’Azienda Unità Sanitaria – Legge quadro nazionale n. 281/1991 – Rischio per l’incolumità della popolazione – FAUNA – Randagismo – Eventuale pericolosità degli animali – DIRITTO SANITARIO – Compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi – RISARCIMENTO DANNI – Responsabilità del Comune e ASL. – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Omesso esame di elementi istruttori – Fatto storico rilevante in causa comunque considerato dal giudice.



Massima

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 3^, 24/09/2019 (Ud. 21/05/2019), Ordinanza n.23633

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Responsabilità per i danni causati dai cani randagi – Responsabilità solidale del Comune e dell’Azienda Unità Sanitaria – Legge quadro nazionale n. 281/1991 – Rischio per l’incolumità della popolazione – FAUNA – Randagismo – Eventuale pericolosità degli animali – DIRITTO SANITARIO – Compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi – RISARCIMENTO DANNI – Responsabilità del Comune e ASL.

L’attribuzione per legge ad uno o più determinati enti pubblici del compito della cattura e della custodia degli animali vaganti o randagi (e cioè liberi e privi di proprietario) può infatti considerarsi il fondamento della responsabilità per i danni eventualmente arrecati alla popolazione dagli animali suddetti, anche sotto l’aspetto della responsabilità civile. Non può invece ritenersi sufficiente, a tal fine, l’attribuzione di generici compiti di prevenzione del randagismo, e a maggior ragione di semplici compiti di controllo delle nascite della popolazione canina e felina. Tali ultime competenze, in particolare, non possono ritenersi direttamente riferibili alla prevenzione dello specifico rischio per l’incolumità della popolazione derivante dalla eventuale pericolosità degli animali randagi, e non possono quindi fondare una responsabilità civile per i danni da questi ultimi arrecati, avendo ad oggetto il solo controllo “numerico” della popolazione canina, a fini di igiene e profilassi e, al più, una solo generica e indiretta prevenzione dei vari inconvenienti legati al randagismo. Poiché la legge quadro statale n. 281/1991 non indica direttamente a quale ente spetta il compito di cattura e custodia dei cani randagi, ma rimette alle Regioni la regolamentazione concreta della materia, occorre analizzare la normativa regionale, caso per caso (Cass. 12495/2017). Nella specie, ai sensi della L.R. Lazio 21 ottobre 1997, n. 34, art. 2, comma 1, lett. b), e art. 3, comma 3, lett. a), sussiste la responsabilità solidale del Comune di Ceprano e dell’Azienda Unità Sanitaria Locale Frosinone per i danni causati a terzi da cani randagi, dei quali l’uno e l’altra non abbiano assicurato la cattura e la custodia. Tale competenza in relazione alla cattura e custodia dei cani vaganti non è in alcun modo condizionata al fatto che il Comune od altri enti o privati cittadini segnalino l’esistenza di cani randagi da accalappiare (Cass. civ. Sez. III, 20-06-2017, n. 15167).

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Omesso esame di elementi istruttori – Fatto storico rilevante in causa comunque considerato dal giudice.

L’omesso esame di elementi istruttori, non integra di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

(conferma sentenza n. 3201/2017 – CORTE D’APPELLO di ROMA, dep. 16/05/2017 ) Pres. SPIRITO, Rel. PELLECCHIA, Ric. AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE FROSINONE c. Scaccia, COMUNE DI CEPRANO ed altro


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 3^, 24/09/2019 (Ud. 21/05/2019), Ordinanza n.23633

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 28021-2017 proposto da:
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE FROSINONE in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante Dott. LUIGI MACCHITELLA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA SOLE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SCACCIA ALESSANDRO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA NUOVA, 103, presso lo studio dell’avvocato GABRIELLA ARCURI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonché contro

COMUNE DI CEPRANO , ZURICH INSURANCE COMPANY SA ;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3201/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

RILEVATO CHE:

Nel 2006, Alessandro Scaccia convenne in giudizio la ASI, di Frosinone ed il Comune di Ceprano, al fine di sentirli condannare, ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c., in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del sinistro avvenuto su S.S. in agro del Comune di Ceprano, allorquando, alla guida della propria moto, aveva urtato un cane randagio che aveva attraversato improvvisamente la strada.

Si costituì in giudizio l’ASL di Frosinone eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e, comunque, contestando al Comune di non aver adottato tutte le misure ed i presidi atti a rimuovere dal proprio territorio il pericolo rappresentato dai cani randagi, nonché affermando la propria estraneità ad ogni profilo di responsabilità, poiché l’incidente non era stato preceduto da alcuna segnalazione da parte del Comune circa la presenza in quell’area di cani randagi.

Si costituì in giudizio anche il Comune di Ceprano, eccependo a sua volta il proprio difetto di legittimazione passiva per essere avvenuto il sinistro su strada extra-urbana.

Chiese inoltre l’autorizzazione alla chiamata in causa della propria compagnia assicuratrice Zurich lnsurance Company S.A., la quale si costituì associandosi alle difese del proprio assicurato.

Il Tribunale di Frosinone, con sentenza n. 745/2011, accolse la domanda attorea, condannando il Comune di Ceprano e la ASL di Frosinone, in solido fra loro, al risarcimento del danno in favore dello Scaccia, dichiarando la Zurich Insurance Company tenuta a mantenere indenne il Comune dal pagamento delle somme liquidate.

2. La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma con la sentenza n. 3201/2017 depositata il 16 maggio 2017.

La Corte territoriale ha evidenziato che, in base alla normativa statale e regionale applicabile, sia i Comuni che le Aziende Sanitarie Locali sono responsabili dei danni provocati da cani randagi, in quanto enti deputati a prevenire il randagismo.

Al riguardo, il giudice dell’appello ha in particolare affermato che, in base all’art. 3 della L.R. del Lazio n. 34/1997, ai servizi veterinari presso le ASI, è attribuita l’attività di accalappiamento dei cani vaganti.

Sussiste quindi un obbligo di intervento senza che a nulla rilevi la mancanza di segnalazioni alla ASL, da parte del Comune.

La Corte di merito ha quindi ritenuto corretto il riconoscimento, da parte del giudice di prime cure, di una responsabilità solidale tra ASL, di Frosinone e Comune di Ceprano.

Infine, la Corte ha affermato che non vi è stata interruzione del nesso causale per colpevole condotta dello Scaccia, essendo emerso, dalle escussione dei testi, che il cane era uscito improvvisamente da un fosso erboso, mentre l’odierno resistente viaggiava ad una velocità modertata.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione, sulla base di tre motivi illustrati da memoria, la ASL di Frosinone.

3.1. Resiste con controricorso il signor Alessandro Scaccia.

Gli intimati Comune di Ceprano e Zurich Insurance Company non hanno svolto difese.

CONSIDERATO CHE:

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 2 della legge 281/91 e 1,2 e 3 della L.R. Lazio n. 34/1997. Omessa e/o insufficiente valutazione di punti decisivi della controversia.

Motivazione illogica e contraddittoria. Violazione dei principi di diritto regolatori della materia”. La corretta interpretazione della normativa di settore avrebbe dovuto portare ad escludere totalmente la responsabilità dell’Asl e ad individuare quale unico soggetto legittimato passivamente il Comune di Ceprano.

In particolare, la legge regionale emanata in attuazione della delega legislativa, avrebbe previsto la competenza veterinaria delle Aziende Usl con esclusivo riferimento al compito di accalappiamento dei cani randagi, oltre che di assistenza veterinaria degli stessi presso i canili.

Pertanto, stante l’obbligo generale del Comune in merito al controllo e al monitoraggio del proprio comprensorio territoriale, una volta accertato la presenza di un cane randagio, lo stesso ente locale avrebbe l’obbligo di segnalare la circostanza al servizio veterinario competente della Asl.

Quest’ultimo, dunque, assicurerebbe il servizio di cattura dei cani vaganti solo previa segnalazione da parte del Comune interessato o di altri enti non comunali, in assenza della quale non potrebbe pretendersi alcun preventivo intervento.

Alle Asl infatti sarebbe affidata una funzione di natura tecnica, attivabile solo dopo la fase di verifica e controllo dell’insorgenza del fenomeno, di stretta pertinenza dell’ente comunale.

Nel caso di specie, le testimonianze rese nel giudizio di merito confermerebbero la circostanza per cui in relazione alla strada i cani coinvolti nel sinistro non venne mai indirizzata al servizio Asl di Frosinone alcuna segnalazione.

Di conseguenza, la responsabilità avrebbe dovuto essere limitata al solo Comune di Ceprano, per non avere questo adeguatamente vigilato il proprio territorio e per non aver messo in condizione di intervenire ASL di Frosinone, nonostante, come era emerso dall’escussione testimoniale, la presenza di cani randagi su quella strada fosse stata più volte segnalata dalla cittadinanza al Comune.

Il motivo è infondato.

Ritiene la Corte (confermando e puntualizzando, i principi di diritto sostanzialmente già enunciati nei più recenti precedenti in materia: cfr., in particolare, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17528 del 23/08/2011, Rv. 619444 – 01 e Sez. 3, Sentenza n. 10190 del 28/04/2010, Rv. 612762 – 01) che la responsabilità per i danni causati dai cani randagi spetti escusivamente all’ente, o agli enti, cui è attribuito dalla legge (ed in particolare dalle singole leggi regionali attuative della legge quadro nazionale n. 281/1991) il compito di prevenire il pericolo specifico per l’incolumità della popolazione connesso al randagismo, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi.

L’attribuzione per legge ad uno o più determinati enti pubblici del compito della cattura e della custodia degli animali vaganti o randagi (e cioè liberi e privi di proprietario) può infatti considerarsi il fondamento della responsabilità per i danni eventualmente arrecati alla popolazione dagli animali suddetti, anche sotto l’aspetto della responsabilità civile. Non può invece ritenersi sufficiente, a tal fine, l’attribuzione di generici compiti di prevenzione del randagismo, e a maggior ragione di semplici compiti di controllo delle nascite della popolazione canina e felina.

Tali ultime competenze, in particolare, non possono ritenersi direttamente riferibili alla prevenzione dello specifico rischio per l’incolumità della popolazione derivante dalla eventuale pericolosità degli animali randagi, e non possono quindi fondare una responsabilità civile per i danni da questi ultimi arrecati, avendo ad oggetto il solo controllo “numerico” della popolazione canina, a fini di igiene e profilassi e, al più, una solo generica e indiretta prevenzione dei vari inconvenienti legati al randagismo. Poiché la legge quadro statale n. 281/1991 non indica direttamente a quale ente spetta il compito di cattura e custodia dei cani randagi, ma rimette alle Regioni la regolamentazione concreta della materia, occorre analizzare la normativa regionale, caso per caso (Cass. 12495/2017).

Come già affermato da questa Corte, ai sensi della L.R. Lazio 21 ottobre 1997, n. 34, art. 2, comma 1, lett. b), e art. 3, comma 3, lett. a), sussiste la responsabilità solidale del Comune di Ceprano e dell’Azienda Unità Sanitaria Locale Frosinone – Frosinone per i danni causati a terzi da cani randagi, dei quali l’uno e l’altra non abbiano assicurato la cattura e la custodia.

Il fondamento della responsabilità delle Aziende USL i cui servizi veterinari debbano collaborare, ai sensi della legge regionale, alla tenuta dei canili pubblici gestiti dai comuni, è rinvenibile negli obblighi di cattura e, quindi, custodia dei cani privi di proprietario, la cui violazione è rilevante anche quanto ai profili civilistici.

Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, tale competenza in relazione alla cattura e custodia dei cani vaganti non è in alcun modo condizionata al fatto che il Comune od altri enti o privati cittadini segnalino l’esistenza di cani randagi da accalappiare (Cass. civ. Sez. III, 20-06-2017, n. 15167).

4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 cod. civ., in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. Omessa e/o insufficiente valutazione di punti decisivi della controversia.

Motivazione illogica e contraddittoria. Violazione dei principi di diritto in materia”.

La Corte d’appello avrebbe inopinatamente confermato il giudizio del Tribunale, pur nella totale assenza di alcuna allegazione o prova che potesse fondare il giudizio circa la sussistenza di una condotta colposa omissiva del degli enti convenuti e della riconducibilità alla stessa condotta dell’evento dannoso, così ascrivendo agli enti convenuti una responsabilità di carattere oggettivo.

Il motivo è infondato.

E’, la stessa Azienda ricorrente, infatti, ad ammettere come dall’istruttoria fosse emerso che vi erano state diverse precedenti segnalazioni della presenza di cani randagi sulla strada del sinistro (cfr. p. 13 ricorso).

Pertanto, risultava correttamente assolto, da parte del danneggiato, l’onere di provare la condotta colposa ascrivibile agli enti deputati a prevenire il randagismo, i quali, nonostante le suddette segnalazioni, non erano intervenuti.

4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la “Omessa e valutazione di punti decisivi della controversia. Violazione e falsa applicazione degli artt. 141 Cds e 1227 cod. civ. in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. Violazione dei principi di diritto regolatori della materia”.

Sulla base di quanto emerso dall’istruttoria la corte d’appello avrebbe dovuto escludere la responsabilità degli enti convenuti per il fatto del danneggiato, idoneo ad interrompere in nesso di causalità.

Dalle dichiarazioni rese a verbale dallo Scaccia, emergeva infatti che lo stesso aveva visto, con ampio anticipo, due cani sul margine destro della strada e, pochi istanti prima dell’incidente, un terzo cane mentre attraversava la strada per raggiungere gli altri due.

La circostanza dell’avvistamento in anticipo dei cani sulla strada avrebbe dovuto imporre al conducente del veicolo una condotta di guida più attenta agli sviluppi della situazione di pericolo profilatasi, e comunque tale da evitare l’impatto con gli animali.

Pertanto, il dovere degli enti convenuti di rimuovere il pericolo presente sulla strada sarebbe superato dalla sopravvenuta condotta imprudente del danneggiato.

Il motivo è inammissibile, poiché il ricorrente omette di trascrivere le dichiarazioni asseritamente ‘confessorie’ rese dallo Scaccia, dalle quali emergerebbe che lo stesso aveva percepito la presenza di cani randagi sulla strada pochi istanti prima del sinistro, ma comunque in tempo utile per adeguare la propria condotta di guida. Peraltro, per costante giurisprudenza di questa Corte, l’omesso esame di elementi istruttori, in ogni caso, non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Nel caso di specie, la sentenza ha tenuto conto della condotta di guida del danneggiato al momento dell’impatto osservando che, sulla base delle deposizioni testimoniali era emerso che il cane era uscito improvvisamente da un fosso erboso in curva e che lo Scaccia viaggiava ad una velocità moderata.

5. Il ricorso va dunque rigettato e, in ragione della soccombenza, l’Azienda ricorrente va condannata a rimborsare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, in favore del controricorrente Scaccia, mentre non occorre provvedere al riguardo per gli altri intimati, i quali non hanno svolto attività difensive.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente Scaccia, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza il 21/05/2019.

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