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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 13987 | Data di udienza: 23 Ottobre 2019

RIFIUTI – Impianti di smaltimento e recupero – Artt. 15, comma 3, del D. Lgs. n. 209/2003 e 6 bis della L.R. Lazio n. 27/1998 – Autorizzazione provvisoria alla prosecuzione dell’attività nelle more della definizione della procedura di delocalizzazione – Disciplina di cui all’art. 208 del d.lgs. b. 152/2006 – Differenza – Compatibilità urbanistica ed ambientale.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 6 Dicembre 2019
Numero: 13987
Data di udienza: 23 Ottobre 2019
Presidente: Tricarico
Estensore: Tricarico


Premassima

RIFIUTI – Impianti di smaltimento e recupero – Artt. 15, comma 3, del D. Lgs. n. 209/2003 e 6 bis della L.R. Lazio n. 27/1998 – Autorizzazione provvisoria alla prosecuzione dell’attività nelle more della definizione della procedura di delocalizzazione – Disciplina di cui all’art. 208 del d.lgs. b. 152/2006 – Differenza – Compatibilità urbanistica ed ambientale.



Massima

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ – 6 dicembre 2019, n. 13987

RIFIUTI – Impianti di smaltimento e recupero – Artt. 15, comma 3, del D. Lgs. n. 209/2003 e 6 bis della L.R. Lazio n. 27/1998 – Autorizzazione provvisoria alla prosecuzione dell’attività nelle more della definizione della procedura di delocalizzazione – Disciplina di cui all’art. 208 del d.lgs. b. 152/2006 – Differenza – Compatibilità urbanistica ed ambientale.

Le disposizioni di cui agli artt. 15, comma 3, del D. Lgs. n. 209/2003 e 6 bis della L.R. Lazio n. 27/1998, introdotto dalla L.R. n. 13/2018, riguardano l’ipotesi dell’autorizzazione provvisoria alla prosecuzione dell’attività nelle more della definizione della procedura di delocalizzazione e, proprio in considerazione della provvisorietà del titolo, le stesse consentono all’Ente competente (nella specie il Comune, a ciò delegato dalla Regione in forza dell’art. 6, comma 2 lett. b) e c), della L.R. n.27/1998) di provvedere anche nell’ipotesi del mancato rispetto dei soli requisiti relativi alla localizzazione dell’impianto. Ben diversa è la disciplina contenuta nell’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, ai sensi del quale la compatibilità urbanistica e quella ambientale dell’impianto sono presupposti imprescindibili per procedere al rilascio dell’autorizzazione definitiva.

Pres. f.f. ed Est. Tricarico – A. s.r.l. (avv. Manzi) c. Comune di Roma Capitale (avv. Ciavarella) e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ – 6 dicembre 2019, n. 13987

SENTENZA

Pubblicato il 06/12/2019

N. 13987/2019 REG.PROV.COLL.

N. 06064/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6064 del 2019, proposto da
Autodemolizioni Sorgente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Mario Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, Piazza dei Martiri di Belfiore n. 4;

contro

il Comune di Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Antonio Ciavarella, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura comunale in Roma, via del Tempio di Giove n. 21, e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege presso la sede di quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

della Determinazione Dirigenziale di Roma Capitale, Dipartimento Tutela Ambientale – Direzione Rifiuti, Risanamenti ed Inquinamenti – Ufficio di Segreteria num. Rep. QL/1234/2018 – num. Prot. QL/81570/2018 dell’8.11.2018, comunicata per PEC il 13.11.2018, avente ad oggetto: “conclusione negativa del procedimento di autorizzazione ai sensi dell’art. 208 del dlgs 152/06 e ssmmii per l’impianto di AUTODEMOLIZIONI SORGENTE SRL sito in Via Dameta 49, Roma”, nonché di tutti gli atti presupposti e conseguenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2019, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso straordinario al Capo dello Stato, trasposto dinnanzi a questo Tribunale a seguito dell’atto di opposizione ex art. 10 del D.P.R. n. 1199/1971 di Roma Capitale, la Autodemolizioni Sorgente S.r.l. ha impugnato la determina num. Rep. QL/1234/2018 – num. Prot. QL/81570/2018 dell’8.11.2018, comunicata per PEC il 13.11.2018, con la quale le è stata comunicata la conclusione negativa del procedimento di autorizzazione, ai sensi dell’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006, per l’impianto di autodemolizione di sua proprietà, sito in Roma, via Dameta n. 49.

1.2. La ditta ricorrente ha esposto: a) di svolgere attività di autodemolizione di auto fuori uso in Roma, via Dameta n. 49, in area di proprietà, in virtù di accordo di programma del 26.09.1997, della convenzione siglata con il Comune di Roma e delle autorizzazioni provvisorie, tutte portanti il numero 15, reiterate con cadenza semestrale o trimestrale, senza soluzione di continuità, dal Commissario Delegato per l’emergenza rifiuti nel Lazio con D.P.C.M. del 19.2.1999 e, successivamente, con Delibera di Giunta 75 dell’1.3.2003, dall’Amministrazione capitolina sino al 30.6.2018; b) di avere impugnato innanzi a questo Tribunale, con ricorso recante il numero R.G. 6093/2018, la determinazione dirigenziale di Roma Capitale n rep. QL/247/2018 del 27.02.2018 num. Prot. QL/12848/2018 del 27.02.2018, avente ad oggetto “conclusione, ai sensi dell’art. 2 comma 2 L. 241/90, del procedimento avviato su istanza di parte il 30/1/2018, della proroga dell’autorizzazione provvisoria n. 15 QL 66864/2017 Ditta Autodemolizioni Sorgente

srl”; c) di avere provveduto a depositare il progetto definitivo, con conseguente indizione da parte di Roma Capitale della conferenza di servizi ex art. 208 del D. Lgs. n. 152/2006, per rendere il parere tecnico sullo stesso.

2. La Società ricorrente deduce l’illegittimità della determina dirigenziale impugnata, articolando i seguenti motivi:

1) Violazione del d.lgs. n. 209/2003 ed eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà, dell’illogicità, del contrasto tra istruttoria e conclusioni del procedimento, della mancanza di ragionevolezza e proporzionalità del provvedimento e dell’insussistenza di vincoli urbanistici ed ambientali.

La determina impugnata si fonda: a) sulla non compatibilità urbanistica dell’impianto; b) sulla mancanza di presidi sanitari ed ambientali realizzati; c) sull’inadeguatezza del sistema di trattamento delle acque reflue; d) sulle inesattezze formali o assenza di permessi.

2.1. Quanto alla asserita non compatibilità urbanistica dell’impianto, Roma Capitale, con la determinazione dirigenziale impugnata, dimostrerebbe di non voler applicare la normativa nazionale e regionale e di non voler rispettare gli accordi di programma liberamente sottoscritti in passato, nel settore delle demolizioni di vetture fuori uso nel suo territorio.

Rileva al riguardo che la Regione Lazio, con la circolare prot. 1470/2018 della Direzione Regionale Politiche Ambientali e Ciclo dei Rifiuti prot. U 0499701 del 10.08.2018, ha chiarito che lo strumento per consentire la prosecuzione dell’attività di tutti gli impianti di autodemolizione di Roma Capitale, sia compatibili urbanisticamente (da stabilizzare con la procedura ordinaria, ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006), sia non compatibili urbanisticamente (da delocalizzare secondo l’accordo di programma del 1997), sarebbe quello dell’autorizzazione provvisoria, ai sensi dell’art. 15, comma 3, del D. Lgs. n. 209/2003, e che, ai sensi del nuovo art. 6 bis, introdotto dalla L.R. n. 13/2018 nella L.R. n. 27/1998, la compresenza di vincoli e di impianti non compatibili sarebbe ammissibile in considerazione della temporaneità della stessa, in un lasso di tempo fissato in 24 mesi dalla sua entrata in vigore, per completare la delocalizzazione.

2.2. Secondo la prospettazione di parte ricorrente, la determina gravata sarebbe erronea, laddove considera come preclusiva al rilascio dell’autorizzazione la non compatibilità urbanistica dell’impianto, in quanto lo strumento per consentire la prosecuzione dell’attività di tutti gli impianti di autodemolizione di Roma Capitale, sia compatibili urbanisticamente (da stabilizzare con la procedura ordinaria ex art.208 D.Lgs. 152/2006), sia non compatibili urbanisticamente (da delocalizzare secondo l’accordo di programma del 1997), è quello dell’autorizzazione provvisoria, ai sensi dell’art. 15, comma 3, del D. Lgs. n. 209/2003. Ad avviso della ricorrente, Roma Capitale avrebbe improntato la propria condotta a fini diversi da quelli della buona amministrazione, della ragionevolezza, della congruità, violando gli accordi sottoscritti nel 1997 e nel 2008, avviando procedure inutili e mettendo in crisi una intera filiera dei rifiuti, mentre avrebbe dovuto semplicemente autorizzare la ditta ricorrente a proseguire la sua attività, a titolo provvisorio, per il periodo di tempo, ragionevolmente fissato dalla Regione Lazio con il novellato art. 6 bis della legge regionale n. 27/98 dai 6 ai 24 mesi, necessario al completamento della delocalizzazione.

2.3. Sotto il profilo della compatibilità urbanistica, si sottolinea che in ogni caso il sistema insediativo – Città da ristrutturare, denominato “La Rustica” risulta essere successivo all’insediamento dell’impianto in parola, dopo l’emanazione del nuovo PRG, essendo documentata la “preesistenza” della ditta in loco da oltre 30 anni, come da richiesta di condono edilizio per i manufatti dell’impianto.

Inoltre l’impianto risulta ubicato in una zona fortemente industrializzata della città di Roma, all’interno del Grande Raccordo Anulare, nel quartiere ad elevata urbanizzazione di La Rustica – Tor Cervara, delimitato da strade urbane ad elevato scorrimento, come Via Dameta, che si immette in Via di Tor Cervara, in prossimità della Tangenziale Est.

Per le “strutture produttive industriali”, che si attagliano al caso della ditta ricorrente, sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo.

Con riferimento all’assetto idrogeologico, l’area non ricade in “Zone Critiche” o “Zone di Attenzione” delle “Misure di salvaguardia dei sistemi idrogeologici dell’area del bacino del tratto metropolitano da Castel Giubileo alla foce” (ex art.90 D.Lgs. 163/2006), PS5 dell’Autorità di Bacino Tevere, aggiornamento all’anno 2010.

Sia nella Tavola di Piano – Corridoi Ambientali del PS5 – P2-bi del luglio 2008, sia nella Tavola di Piano P3-Cf del 2014, l’area dell’impianto del ricorrente non ricade nel corridoio fluviale dell’Aniene.

La Sovrintendenza capitolina ha evidenziato che non sussistono vincoli sul sito di Via Dameta 49 ed altresì la Direzione del Dipartimento PAU comunale ha evidenziato che l’area non è gravata da alcun vincolo.

2.4. Con riguardo agli aspetti ambientali, si rileva in ricorso che la determinazione dirigenziale impugnata motiverebbe il proprio diniego sulla base dei pareri dell’ARPA Lazio, della Regione Lazio, dell’Ufficio conformità acustica, del Comando VV.FF., della Città Metropolitana.

Tuttavia l’Ufficio conformità acustica ha dato parere favorevole al progetto del ricorrente, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco ha ritenuto di non poter dare alcun parere, atteso che la richiesta dell’Amministrazione proponente, Roma Capitale, si appalesa irrituale, dovendosi seguire nel caso di specie una apposita procedura, che evidentemente il Dipartimento di Tutela Ambientale capitolino non ha osservato.

Infine la Regione Lazio ha chiesto integrazione documentale non alla ricorrente, bensì alla proponente, Roma Capitale.

La ditta ricorrente avrebbe poi presentato tutta la documentazione richiesta dall’ARPA Lazio sia in sede di deposito del progetto, sia successivamente, quella integrativa su richiesta dell’Amministrazione proponente.

Essa sarebbe dotata di sistema di raccolta delle acque meteoriche di “prima pioggia”, (come espressamente definito nel parere dell’ARPA) ai sensi del D.lgs. 209/2003, con trattamento e smaltimento delle acque medesime come rifiuto, altresì di vasche e bacini di contenimento conformi al citato decreto, così come dei formulari e dei registri di carico e scarico dei rifiuti, correttamente tenuti ed annotati, ed infine dei presidi volti ad abbattere le emissioni e l’impatto acustico delle lavorazioni.

Osserva poi che alcuni documenti non le sarebbero stati nemmeno richiesti, altri sarebbero stati regolarmente presentati, ma non considerati o non inoltrati agli enti (come l’Arpa e Città Metropolitana) convocati in conferenza dei servizi dal Dipartimento Tutela ambientale capitolino.

In proposito evidenzia che la medesima Soprintendenza rileva: “ad oggi, nonostante le reiterate richieste, non risultano pervenuti a codesto ufficio gli elementi istruttori obbligatori, impedendo così a questa amministrazione di poter esprimere il proprio parere ed assolvere ai suoi compiti istituzionali”.

2) Violazione dell’art. 15, comma 3, del D. Lgs. n. 209/2003, nonché eccesso di potere per illogicità, incongruità e difformità della richiesta di dismissione dell’impianto di demolizione rispetto alla normativa vigente, per contraddittorietà rispetto agli atti amministrativi precedenti e rispetto alle ordinanze cautelari di questo Tribunale poiché la società ricorrente non si sarebbe limitata a presentare un progetto di adeguamento ambientale, ma lo avrebbe anche già realizzato concretamente, assicurando sull’attuale area i presidi ambientali previsti dal citato art. 15 e prescritti dall’Amministrazione comunale da ultimo con la determina in data 28.06.2017.

3. Roma Capitale si è costituita in giudizio e ha depositato documentazione, ivi compresa una relazione dell’ufficio competente.

4. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare si è costituito in giudizio con memoria di stile.

5. Con l’ordinanza n. 4556 del 5.7.2019 la Sezione ha fissato, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., la pubblica udienza del 23 ottobre 2019,

6. Infine allapredetta pubblica udienza del 23.10.2019, preso atto della memoria depositata dalla ditta ricorrente, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Il ricorso non è fondato e va respinto.

7. Oggetto del presente giudizio è la determina num. Rep. QL/1234/2018 – num. Prot. QL/81570/2018 dell’8.11.2018, con la quale è stata comunicata alla ditta ricorrente la conclusione negativa del procedimento di autorizzazione ai sensi dell’art. 208 del dlgs 152/06 e ssmmii per l’impianto sito in Roma, Via Dameta n. 49.

8. Il Collegio ritiene utile, in primo luogo, riepilogare la normativa applicabile alla fattispecie in esame.

8.1. Il più volte citato art. 208 del D.lgs. n. 152/2006, al primo comma, recita che “I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute, di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l’impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all’autorità competente ai predetti fini (…)”. Al comma 4 il medesimo articolo stabilisce: “Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi: a) procede alla valutazione dei progetti; b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall’articolo 177, comma 4; c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale; d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione”.

8.2. Con l’art. 6, comma 2, lettere b) e c), della L.R. n.27/1998 la Regione Lazio ha delegato ai Comuni “b) l’approvazione dei progetti degli impianti per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione degli autoveicoli a motore e rimorchi, dalla rottamazione dei macchinari e delle apparecchiature deteriorati ed obsoleti e la relativa autorizzazione alla realizzazione degli impianti, nonché l’approvazione dei progetti di varianti sostanziali in corso di esercizio e la relativa autorizzazione alla realizzazione;” e “c) l’autorizzazione all’esercizio delle attività di smaltimento e recupero dei rifiuti di cui alle lettere a) e b)”.

8.3. Ne discende, pertanto, che nel caso di specie l’Amministrazione procedente è correttamente Roma Capitale.

8.4. Occorre, infine, rammentare l’art. 177, comma 4, del D.lgs. n. 152/2006, richiamato dal su citato art. 208, ai sensi del quale “I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da rumori o odori; c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente”.

9. Tanto premesso, il Collegio ritiene opportuno precisare che, ai fini della presente decisione, sono del tutto irrilevanti le disposizioni di cui agli artt. 15, comma 3, del D. Lgs. n. 209/2003 e 6 bis, introdotto dalla L.R. n. 13/2018 nella L.R. n. 27/1998, in quanto entrambe le predette disposizioni riguardano la diversa ipotesi dell’autorizzazione provvisoria alla prosecuzione dell’attività nelle more della definizione della procedura di delocalizzazione e, proprio in considerazione della provvisorietà del titolo, le stesse consentono all’Ente competente (in questo caso il Comune, a ciò delegato dalla Regione in forza dell’art. 6, comma 2 lett. b) e c), della L.R. n.27/1998) di provvedere anche nell’ipotesi del mancato rispetto dei soli requisiti relativi alla localizzazione dell’impianto.

9.1. Ben diversa è, invece, la disciplina contenuta nel più volte menzionato art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, ai sensi del quale la compatibilità urbanistica e quella ambientale dell’impianto sono presupposti imprescindibili per procedere al rilascio dell’autorizzazione definitiva.

10. Nel caso di specie, l’impianto è ubicato in un’area che ricade in parte nel sistema insediativo – Città da ristrutturare nei programmi integrati prevalentemente residenziali – denominato “La Rustica”, in parte nei Tessuti, in parte in Verde Pubblico e Servizi Pubblici di livello locale ed infine in parte in Progetti Strutturanti – Centralità locali, di cui agli artt. 51, 52, 53, 66, 83, 85 N.T.A. di P.R.G. vigente.

Per quanto concerne l’area “riservata a Città da Ristrutturare Tessuti prevalentemente Residenziali”, va detto in primo luogo che nella Città da ristrutturare gli interventi sono finalizzati “al perseguimento, in particolare, dei seguenti obiettivi:

a) l’incremento della dotazione dei servizi e di verde attrezzato;

b) il miglioramento e l’integrazione della accessibilità e della mobilità;

c) la caratterizzazione degli spazi pubblici;

d) la qualificazione dell’edilizia.” (art. 51 N.T.A. del P.R.G.).

Inoltre, con specifico riferimento ai Tessuti prevalentemente residenziali, per intervento diretto non è consentita l’attività di autodemolizione, in quanto l’attività produttiva è limitata all’artigianato produttivo, attività compatibile con la destinazione residenziale. (art. 52 N.T.A. del P.R.G.).

Va detto poi che “i Programmi integrati nella Città da ristrutturare sono finalizzati al miglioramento della qualità urbana dell’insediamento e, in particolare, all’adeguamento e all’integrazione della viabilità e dei servizi, mediante il concorso di risorse private” (art. 53 NTA del PRG).

Per quanto riguarda invece “l’area destinata a Verde Pubblico e Servizi pubblici di livello locale all’interno della Centralità locale e nel Programma integrato Prevalentemente Residenziale, l’attività di autodemolizione è in contrasto con le N.T.A. di Piano Regolatore e in particolare con il principio di istituzione delle Centralità locali, in quanto corrispondono agli spazi urbani dove il P.R.G. localizza le funzioni in grado di rivitalizzare e riqualificare i Tessuti circostanti”.

In particolare, “le Centralità locali riguardano i luoghi più rappresentativi dell’identità locale e corrispondono agli spazi urbani dove il PRG localizza le funzioni in grado di rivitalizzare e riqualificare i tessuti circostanti, oltre ai principali servizi necessari per la migliore organizzazione sociale e civile del Municipio” (art. 66 N.T.A. del P.R.G.).

Le aree per Verde pubblico e Servizi pubblici di livello locale sono destinate all’Istruzione di base (asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo, pubbliche e di interesse pubblico), alle Attrezzature di interesse comune (attrezzature partecipative, amministrative, culturali, sociali, associative, sanitarie, assistenziali e ricreative, mercati e così via), alle Attrezzature religiose, al Verde Pubblico ed al Verde Sportivo (art. 85 NTA del PRG).

10.2. Ne discende che la destinazione urbanistica dell’area, così come espressamente dichiarato dal competente Dipartimento nel parere reso, è incompatibile ai fini della localizzazione di un impianto di demolizione.

10.3. Né, a fronte delle disposizioni del P.R.G. vigente, può avere alcuna rilevanza la dedotta circostanza che l’impianto sarebbe preesistente in loco da oltre trent’anni, in quanto lo stesso ha sempre operato in forza unicamente di autorizzazioni provvisorie che non sono idonee a legittimarne l’ubicazione definitiva.

10.4. Per le medesime ragioni non può ritenersi sussistente alcun tipo di affidamento degno di tutela in capo alla ditta ricorrente circa la localizzazione dell’impianto.

11. In proposito occorre evidenziare che il provvedimento gravato è un atto plurimotivato in quanto basato su molteplici ragioni. Secondo la consolidata giurisprudenza, condivisa dal Collegio, in presenza di provvedimenti con motivazione plurima, solo l’accertata illegittimità di tutti i singoli profili su cui essi risultano incentrati può comportare l’illegittimità e il conseguente effetto annullatorio dei medesimi (cfr. Cons. St., V, 10.3.2009 n. 1383; Cons. St., V, 28.12.2007, n. 6732; Tar Campania, Napoli, VII, 28.7.2014, n. 4349; Tar Campania, Napoli, VII, 9.12.2013 n. 5632).

Ne consegue che, come chiarito anche dal Consiglio di Stato, nei casi in cui il provvedimento impugnato risulti sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, indipendentemente dall’ordine con cui i motivi sono articolati nel gravame, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze (cfr. Cons. St., IV, 5.2.2013, n. 694; Cons. St., IV, 8.6.2007 n. 3020; Tar Campania, Napoli, III, 9.2.2013, n. 844; Tar Campania, Napoli, II, 15.1.2013, n. 304).

11.1. Fatte queste premesse, deve considerarsi che, come si è evidenziato in precedenza, il diniego di autorizzazione definitiva relativo all’impianto gestito dalla ditta ricorrente, in cui si sostanzia la conclusione negativa del procedimento di autorizzazione ai sensi dell’art. 208 del dlgs 152/06 e ssmmii di cui alla determina qui impugnata, si fonda in primo luogo sull’incompatibilità urbanistica dell’impianto stesso, profilo, che, all’esito dello scrutinio eseguito in questa sede, è risultato esente da vizi.

12. Ne deriva che il ricorso è privo di fondamento.

13. Certamente il Collegio non può, tuttavia, esimersi dall’osservare che è auspicabile e, anzi, doverosa la conclusione del procedimento di delocalizzazione degli impianti che risultano ubicati in aree con gli stessi non compatibili in quanto aventi una destinazione urbanistica che non ne consente la permanenza ovvero gravate da vincoli statali di natura paesaggistica o archeologica poiché il D.lgs. n. 209/2003 è chiaro e non equivocabile nel prescrivere “la rilocalizzazione dello stesso impianto in tempi definiti”.

La medesima ratio è sottesa anche all’art. 6 bis, introdotto dalla L.R. n. 13/2018 nella L.R. n. 27/1998, laddove specifica che “l’individuazione della delocalizzazione dovrà essere effettuata entro sei mesi e attuata entro un periodo massimo di ventiquattro mesi”.

Entrambe le disposizioni citate hanno, infatti, la finalità di stabilire un tempo certo di definizione dei procedimenti di delocalizzazione o rilocalizzazione – che dir si voglia – degli impianti di demolizione in quanto solo in tal modo si può addivenire ad una disciplina del settore in questione che contemperi le esigenze di tutela ambientale e sanitaria con quelle economiche e produttive di dette attività.

13.1. Né risulta conforme ai parametri di efficienza, buon andamento ed efficacia dell’azione amministrativa una situazione, quale quella esistente attualmente nel territorio di Roma Capitale, che paralizza sine die le attività di trattamento dei veicoli fuori uso e/o di trattamento dei rifiuti metallici ferrosi e non ferrosi che, seppure private e con finalità di lucro, sono comunque funzionali anche ad esigenze di smaltimento dei rifiuti e sanitarie del territorio metropolitano.

13.2. È, perciò, necessario, per le ragioni suesposte, in primis, al fine di tutelare la salute della popolazione e il rispetto dell’ambiente, nonché per soddisfare le esigenze di natura commerciale ed economica della filiera dei demolitori/rottamatori e, non da ultimo, per assicurare ai cittadini di Roma Capitale la possibilità di rottamare nel proprio territorio i veicoli in disuso, attuare la delocalizzazione in tempi quanto più brevi possibili e, comunque, non oltre il termine massimo di ventiquattro mesi dall’entrata in vigore dell’art. 6 bis della L.R. n. 27/1998.

13.3. Merita, infine, di essere evidenziato che nel procedimento di attribuzione delle aree in esito alla delocalizzazione, in conformità ai criteri di ragionevolezza, proporzionalità ed efficienza dell’azione amministrativa, dovrà essere debitamente valutata la circostanza che le ditte hanno potuto svolgere per lungo tempo l’attività di che trattasi in siti privi della conformità urbanistica o gravati da vincoli del tutto ostativi in forza di reiterate autorizzazioni provvisorie, le quali hanno indubbiamente ingenerato nelle stesse un affidamento meritevole di considerazione, sempre che sussistano gli ulteriori requisiti normativamente prescritti.

14. Sussistono giusti motivi, in considerazione della complessità e della molteplicità dei contenziosi, nonché delle motivazioni sottese alla decisione, per compensare tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2019, con l’intervento dei Magistrati:

Rita Tricarico, Presidente FF, Estensore

Marina Perrelli, Consigliere

Filippo Maria Tropiano, Primo Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Rita Tricarico

IL SEGRETARIO

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