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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale amministrativo, Espropriazione Numero: 544 | Data di udienza: 28 Maggio 2020

ESPROPRIAZIONE – Piano di sviluppo aeroportuale – Occupazione temporanea di beni immobiliari ex art. 49 DPR 327/2001 – Occupazione del fondo – Onere della prova – Parte ricorrente – Quantificazione dell’indennizzo e individuazione dei criteri utilizzati per la quantificazione – Controversie – Giurisdizione del Giudice ordinario (massime a cura di Camilla Della Giustina)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 25 Giugno 2020
Numero: 544
Data di udienza: 28 Maggio 2020
Presidente: Pasi
Estensore: Amorizzo


Premassima

ESPROPRIAZIONE – Piano di sviluppo aeroportuale – Occupazione temporanea di beni immobiliari ex art. 49 DPR 327/2001 – Occupazione del fondo – Onere della prova – Parte ricorrente – Quantificazione dell’indennizzo e individuazione dei criteri utilizzati per la quantificazione – Controversie – Giurisdizione del Giudice ordinario (massime a cura di Camilla Della Giustina)



Massima

TAR VENETO, Sez. 2^ – 25 giugno 2020, n. 544

ESPROPRIAZIONE – Piano di sviluppo aeroportuale – Occupazione temporanea di beni immobiliari ex art. 49 DPR 327/2001 – Occupazione del fondo

La diminuzione della superficie utilizzabile per l’attività produttiva causata dalla parziale occupazione del fondo integra uno dei fatti costitutivi del diritto potestativo di risolvere il contratto qualora si verifichi un’ipotesi di chiusura provvisoria o definitiva, anche parziale, dell’immobile e costituisce un pregiudizio attuale e concreto per il ricorrente.

PROCESSO AMMINISTRATIVO – Onere della prova – Parte ricorrente.

L’onere di allegazione dei fatti ai quali fanno riferimento i vizi dedotti nonché l’onere di fornire un principio di prova appartiene a parte ricorrente alla quale il giudice non può sostituirsi. Il rispetto del principio dell’onere della prova non può nemmeno essere eluso da una verificazione o da una consulenza tecnica poiché queste integrano strumenti di conoscenza o di valutazione tecnica circa i fatti già acquisiti al processo e a disposizione del Giudice pertanto non sono mezzi di prova.

ESPROPRIAZIONE – Quantificazione dell’indennizzo e individuazione dei criteri utilizzati per la quantificazione – Controversie – Giurisdizione del Giudice ordinario.

Le doglianze relative alla quantificazione dell’indennizzo e alla individuazione dei criteri utilizzati per la sua quantificazione si concretizzano in una opposizione alla stima non attenendo alla legittimità o validità del provvedimento di occupazione. Ai sensi degli artt. 50 e 53 del DPR n. 327/2001 la giurisdizione è del Giudice ordinario e appartiene, precisamente, alla competenza speciale della Corte d’Appello in unico grado (T.A.R. Lombardia Milano Sez. III Sent., 17/03/2014, n. 686, in termini cfr. anche Consiglio Stato, sez. IV, 30 giugno 2010, n. 4176 e T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 04 giugno 2010, n. 1050) poiché le questioni attinenti alla quantificazione dell’indennità dei provvedimenti ablatori possiedono rilevanza autonoma e non sono suscettibili di inficiare la validità di detti provvedimenti.

Pres. Pasi, Est. Amorizzo – S. s.a.s. (avv.ti Tassetto, Franco Zambelli, Matteo Zambelli, Federico Povelato) c. Save S.p.A. (avv.ti De Salvia e Domenichelli)


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 2^ - 25 giugno 2020, n. 544

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1274 del 2019, proposto da
San Marco Caravans di Beltrame Sergio & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Annamaria Tassetto, Franco Zambelli, Matteo Zambelli, Federico Povelato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Franco Zambelli in Mestre, via Cavalloti n. 22;

contro

Save S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lucia De Salvia, Vittorio Domenichelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vittorio Domenichelli in Padova, Gall. G. Berchet n. 8;
nei confronti
Enac – Ente Nazionale per L’Aviazione Civile, Marcello Brugnera, Evelina Dal Bo non costituiti in giudizio;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrett. Stato, domiciliataria ex lege in Venezia, piazza S. Marco, 63 (Palazzo ex Rea;
Consorzio di Bonifica Acque Risorgive, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pierfrancesco Zen, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
del decreto del Responsabile Unico del Procedimento di SAVE S.p.a., ing. Corrado Fischer, prot. n. SA/09-09-2019/0003000 notificato in data 25.09.2019 avente ad oggetto: “Aeroporto Marco Polo di Venezia Tessera – Piano di Sviluppo Aeroportuale dell’aeroporto di Venezia 2021 – Occupazione temporanea di beni immobiliari ex art. 49 D.P.R. 327/2001” unitamente agli elaborati ivi allegati; annullamento, se ed in quanto necessario, del verbale redatto in data 7.10.2019 dal funzionario preposto dello stato di consistenza e di immissione in possesso; annullamento, del pari, della comunicazione SAVE ex art. 20, comma 1° del DPR 327/2001 prot. n. SA/13-07-2018/0016; della comunicazione SAVE S.p.a. prot. n. SA/11-06-2018/0001778, pervenuta in data 14.06.2018, resa ai sensi dell’art. 17 del DPR 327/2001; del provvedimento di SAVE S.p.a. prot. n. SA/15-05-2018/0001419 con il quale sono state riscontrate le osservazioni rese ai sensi dell’art. 16 del DPR 327/2001; nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Save S.p.A. e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Consorzio di Bonifica Acque Risorgive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 maggio 2020 la dott.ssa Mariagiovanna Amorizzo
trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art, 84, comma 5, del Decreto Legge n.18/2020
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente è proprietaria di un’area condotta in locazione dalla società Belt-Connect s.r.l., che vi ha installato un’attività di parcheggio privato a pagamento. L’area sorge in prossimità dell’aeroporto di Venezia e confina con il collettore consortile denominato “Acque Medie Cattal” nel quale confluiscono, tra le altre, anche le acque meteoriche di dilavamento del vicino aeroporto.
Nell’ambito delle opere di ampliamento dell’aeroporto, oggetto del Piano di sviluppo approvato da ENAC con decreto prot. n. 0058186-P del 31/5/2018 (ai sensi dell’art. 1, co. 6, D.L. 28.6.1995, n. 251, conv. in L. 3.8.1995, n. 351) è stata prevista la risezionatura del collettore, per eseguire la quale SAVE ha disposto l’occupazione temporanea dei fondi su di esso prospettanti, tra i quali vi è anche quello di proprietà della ricorrente.
La ricorrente deduce di aver inviato in data 24/6/2018, in riscontro alla nota prot. SA/11-06-2018/0001778 del 14/6/2018 con cui SAVE comunicava l’avvenuta approvazione del progetto definitivo dell’ampliamento dell’aeroporto (“Masterplan al 2021”), le proprie osservazioni corredate da una relazione tecnica, nella quale erano formulate alcune soluzioni progettuali, da sviluppare in sede di progettazione definitiva ed esecutiva, volte a ridurre l’impatto delle opere sul fondo, atteso che, dalla documentazione visionata, sembrava emergere una sovrapposizione tra i posti auto del parcheggio e l’area da occupare.
La ricorrente, inoltre, afferma di aver presentato osservazioni anche a seguito della nota prot. SA/13-07-2015/0002216 del 17/7/2018 inviata da SAVE ai sensi dell’articolo 20 del D.P.R. 380/2001, con le quali, oltre ad insistere nell’accoglimento delle modifiche progettuali proposte in precedenza, aveva contestato il criterio di determinazione dell’indennità di occupazione proposta dalla società procedente. SAVE, infatti, ha attribuito al fondo della ricorrente, sul quale si svolge un’attività produttiva, il medesimo valore al metro quadrato delle limitrofe aree agricole.
Lamenta la ricorrente che le osservazioni presentate sono rimaste prive di seguito, avendo SAVE, in data 9/9/2019 notificato il decreto n. SA/09-09-2019/003000, con cui ha disposto l’occupazione per dodici mesi del fondo, limitandosi a prendere atto del rifiuto dell’indennità.
Il decreto è stato eseguito in data 7/10/2019. In tale occasione la ricorrente ha contestato sia l’individuazione dell’area oggetto di occupazione – precisando che essa si estende fino al ciglio del canale – che il criterio di determinazione dell’indennità.
Il ricorso è affidato a sei distinte censure.
Si sono costituite SAVE ed il Consorzio di Bonifica Acque Risorgive.
SAVE ha, preliminarmente, sollevato eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse. Avendo la società trasferito il diritto di godimento del fondo alla società conduttrice – rimasta estranea al giudizio – il provvedimento di occupazione temporanea non sarebbe idoneo ad arrecarle alcun pregiudizio.
All’udienza del 28 maggio 2020, la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1. L’eccezione di difetto di interesse al ricorso proposta da SAVE non è fondata. Non è necessario, nel caso di specie, prendere posizione sulla questione, oggetto di contrasto in giurisprudenza, della configurabilità del danno da illegittima occupazione come danno in re ipsa. Nella specie, infatti, il pregiudizio che il provvedimento impugnato è idoneo ad arrecare al ricorrente e che fonda il suo interesse ad agire, si rinviene nelle condizioni contrattuali convenute con la società locataria, alla stregua delle quali è riconosciuto ad essa il diritto potestativo di risolvere il contratto nel caso di “chiusura, sia provvisoria, che definitiva, anche parziale, dell’immobile”.
La parziale occupazione del fondo, determinando una diminuzione della superficie utilizzabile per l’attività produttiva, è idonea ad integrare uno dei fatti costitutivi del suddetto diritto potestativo e si traduce, pertanto, in un pregiudizio attuale e concreto per il ricorrente.
2. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 17, 18, 19, 25 e segg. della L.R. 12/2009, dell’art. 62 del d.l. 152/2006, eccesso di potere per carenza di istruttoria ed incompetenza. La San Marco Caravans si duole dell’omesso coinvolgimento sostanziale del Consorzio di Bonifica Acque Risorgive nel procedimento di approvazione del progetto delle opere complementari relative all’adeguamento del collettore “Acque Medie Cattal”, nonché nella valutazione delle modifiche progettuali dalla stessa proposte in data 27/6/2018.
Il motivo è infondato. SAVE ha eseguito la progettazione di fattibilità, la progettazione preliminare e definitiva delle opere esterne al perimetro dell’aerostazione sulla base della convenzione stipulata in data 29 luglio 2016 tra ENAC, il Consorzio di bonifica Acque Risorgive e la stessa SAVE. Con tale convenzione le parti hanno inteso regolare i reciproci rapporti in merito alle inteferenze progettuali tra le opere di ampliamento dell’aeroporto, di competenza del gestore aeroportuale SAVE e quelle di “riqualificazione ambientale del Bacino del Canale Scolmatore del fiume Marzenego e interventi sugli affluenti, comparto di valle”, di competenza del Consorzio Acque Risorgive. Alla stregua del suddetto accordo è stato convenuto che il primo stralcio del “progetto di riqualificazione ambientale del Bacino del Canale Scolmatore del fiume Marzenego e interventi sugli affluenti. Interventi nel comparto valle”, poiché strumentale all’attuazione degli interventi previsti dal MasterPlan Aeroportuale fosse affidato a SAVE, che si è impegnata (cfr. articolo 3) ad eseguire la progettazione di fattibilità tecnica ed economica, definitiva ed esecutiva dello stesso, “d’intesa con il Consorzio”.
L’articolo 3, comma 2, prevedeva, inoltre, che la suddetta intesa dovesse intendersi raggiunta “qualora il Consorzio non manifesti motivate criticità entro 30 giorni dalla ricezione della documentazione trasmessa da SAVE”.
Il provvedimento di ENAC di approvazione del Master Plan che ha incluso tra gli interventi oggetto della progettazione affidata a SAVE anche quello in esame – come eccepito da SAVE – non risulta impugnato e, pertanto, il riparto delle competenze nella progettazione delle opere in esame tra Consorzio di Bonifica e SAVE si è consolidato nelle modalità previste dalla suddetta convenzione, che, comunque, assicurava la partecipazione del Consorzio con il quale SAVE era tenuta ad agire “d’intesa”.
Pertanto, la censura secondo cui la progettazione dei lavori di risezionatura del collettore avrebbe dovuto essere eseguita dal Consorzio non è fondata.
Nemmeno è fondata l’altra sub-censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria a cagione dell’omessa sottoposizione al Consorzio delle proposte progettuali alternative formulate dalla ricorrente.
Sulla base di quanto esposto innanzi, la progettazione delle opere in esame era affidata, in via prioritaria, a SAVE, la quale non era tenuta a sottoporre al Consorzio ogni singola proposta di modifica progettuale che fosse avanzata dai proprietari delle aree comprese nel tracciato. Peraltro le osservazioni di cui la ricorrente lamenta l’omesso esame sono state presentate solo in data 27 giugno 2018, in risposta alla comunicazione di avvenuta approvazione del Piano di sviluppo aeroportuale, inviata ai sensi dell’art. 17 D.P.R. 327/2001, quando la fase del procedimento espropriativo dedicata alle osservazioni dei proprietari sui presupposti della dichiarazione di pubblica utilità e sulle soluzioni progettuali coinvolgenti il tracciato dell’opera era già terminata.
Nella fase all’uopo dedicata (quella svoltasi successivamente all’invio della comunicazione di cui all’articolo 16 D.P.R. 327/2001), infatti, la ricorrente aveva presentato osservazioni di altra natura, prive di contenuti progettuali alternativi. Risulta, peraltro, dagli atti che, in tale fase il contraddittorio si è svolto regolarmente, avendo SAVE invitato la ricorrente a partecipare ad una riunione nel corso della quale – come risulta dal relativo verbale depositato agli atti – ha provveduto ad informarla che era stata approvata una soluzione progettuale idonea ad evitare l’espropriazione delle aree e che ne avrebbe comportato solo la temporanea occupazione.
3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di violazione degli artt. 20 e 49 del DPR 327/2001 ed il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria ed illogicità e di difetto di motivazione.
La ricorrente afferma che il decreto di occupazione è stato eseguito in modo difforme rispetto dal titolo, delimitando anche un’area esterna a quella individuata nel provvedimento, anch’essa di proprietà della ricorrente. Chiede, ai fini della prova della circostanza dedotta, che sia disposta apposita verificazione o consulenza tecnica.
Il motivo è genericamente formulato e, comunque, sguarnito di prova. E’ generico in quanto, essendo stata formulata solo domanda di annullamento del decreto di occupazione (e non essendo stata domandata la restituzione dei fondi che si assume essere stati illecitamente occupati) non è chiaro in quali termini le modalità di esecuzione – in ipotesi inesatte – del decreto di occupazione abbiano potuto incidere sulla legittimità del provvedimento. Ove si debba, invece, intendere che essa sia volta a censurare il decreto di occupazione per non aver compreso anche ulteriori aree, di cui la ricorrente è parimenti proprietaria, necessarie all’esecuzione dell’opera, (il chè assumerebbe rilevanza ai fini della quantificazione dell’indennizzo), il motivo sarebbe infondato perché carente di sufficiente allegazione e prova del vizio denunciato, mancando qualsiasi riferimento idoneo anche solo ad identificare le aree che si assumono essere state illecitamente occupate, nonché la prova del titolo di proprietà delle stesse in capo al ricorrente.
Nel processo amministrativo, l’onere di allegare i fatti da cui dipendono i vizi dedotti e di fornirne quantomeno un principio di prova è posto in capo alla parte ricorrente, alla quale il giudice non può sostituirsi se non abdicando alla propria posizione di terzietà nel processo. D’altronde anche il temperamento al principio dispositivo costituito dal metodo acquisitivo, mirando a compensare le maggiori difficoltà della parte privata ad avere accesso a fatti e documenti necessari alla tutela delle proprie ragioni, non può operare laddove i suddetti dati conoscitivi siano nell’esclusiva disponibilità della parte privata, come nel caso in esame, in cui la prova concerne i fatti costitutivi del diritto di proprietà vantato dalla ricorrente.
Né il rispetto dell’onere della prova può essere surrogato da una verificazione o da una consulenza tecnica, che costituiscono strumenti di conoscenza o di valutazione tecnica di fatti già acquisiti al processo, posti a disposizione del Giudice e non mezzi di prova.
Tantomeno costituisce motivo di illegittimità del provvedimento l’affermazione contenuta nel verbale di immissione nel possesso secondo cui “gli immobili soggetti ad esproprio risultano nella piena e libera proprietà dei proprietari espropriati, risultando gli stessi liberi da ipoteche e non interessati da diritti di terzi”. L’affermazione si riferisce, con tutta evidenza, all’assenza di diritti reali sugli immobili, come emerge dall’incipit della frase, ove ai diritti dei terzi è contrapposta “la piena e libera proprietà”. Infatti solo i diritti reali su cosa altrui sono idonei a comprimere la pienezza del diritto di proprietà o a gravarla da pesi che la rendono “non libera”, diversamente dai diritti personali di godimento.
4. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 20, 33, 37, 40 49 e 50 del DPR 327/2001 e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà delle determinazioni, nonché il difetto di motivazione. SAVE, nel determinare l’indennità di occupazione non avrebbe tenuto conto dell’uso produttivo del bene ed avrebbe illogicamente attribuito al fondo di proprietà della ricorrente un valore al metro quadrato identico a quello attribuito a fondi limitrofi sui quali non si svolge alcuna attività produttiva.
Il motivo non è fondato. Per maggioritario orientamento giurisprudenziale, che il Collegio condivide, le doglianze relative all’indennizzo ed alla individuazione dei criteri della sua quantificazione non attengono alla legittimità o validità del provvedimento di occupazione, ma si concretano in un’opposizione alla stima, la cui cognizione, in base al combinato disposto degli artt. 50 e 53 del D.P.R. n. 327 del 2001, appartiene alla giurisdizione del Giudice Ordinario e, quindi, alla speciale competenza in unico grado della Corte di Appello. (T.A.R. Lombardia Milano Sez. III Sent., 17/03/2014, n. 686, in termini cfr. anche Consiglio Stato, sez. IV, 30 giugno 2010, n. 4176 e T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 04 giugno 2010, n. 1050).
5. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 20, 49 e 50 del DPR 327/2001, il difetto di motivazione e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria. Afferma di aver formulato, in riscontro alla comunicazione di cui all’art. 20 TUE, rilievi sia in ordine alle modalità esecutive dell’opera sia in merito alla quantificazione dell’indennità. Di esse SAVE non avrebbe tenuto conto nell’adottare il decreto di occupazione, la cui motivazione non contiene alcun cenno a quanto dedotto.
Il motivo è infondato per le ragioni già esposte nei precedenti punti.
5.1 Si è già detto, al punto 4, che le questioni relative alla quantificazione dell’indennità dei provvedimenti ablatori non sono idonee ad inficiarne la legittimità, trattandosi di questioni aventi rilevanza autonoma, devolute alla cognizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria. Vieppiù tale principio appare applicabile all’art. 49 D.P.R. 327/01 che, a differenza dell’articolo 23 alcun cenno contiene alla previa determinazione dell’indennità (cfr. T.A.R. Veneto, sez. III, 13/10/2011, n. 1554). Sulla base delle medesime considerazioni deve essere rigettato anche il quinto motivo di ricorso (la cui disamina può essere anticipata per economia di trattazione), nel quale la ricorrente, con riguardo al medesimo fatto costitutivo, enuclea il diverso vizio di violazione dell’articolo 17 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Anche le suddette ragioni di doglianza, che non inficiano la legittimità del provvedimento, potranno, infatti, esser fatte valere nella competente sede giudiziale.
5.2 Con riguardo, ancora, al quarto motivo, è parimenti infondata la doglianza di omessa motivazione sulle osservazioni con cui sono state reiterate le richieste di modifica progettuale già esposte dalla ricorrente nel corso del procedimento. Si è già in precedenza osservato che il decreto di occupazione temporanea è stato preceduto dall’espletamento di tutte le fasi del procedimento espropriativo, nel corso delle quali la ricorrente ha avuto modo di presentare le proprie osservazioni. Lo ha fatto, tuttavia, in una fase procedimentale successiva a quella nella quale erano maturate le scelte progettuali relative all’intervento, senza peraltro impugnarne gli esiti, neppure nel contesto del presente giudizio.
5.3 Nella memoria, non notificata, depositata in data 11/5/2020, in vista dell’udienza di merito, la ricorrente ha, altresì, dedotto il vizio di assenza di motivazione in ordine al presupposto legittimante l’occupazione temporanea, costituito, ai sensi dell’art. 49 D.P.R. 327/01, dalla assoluta necessità della stessa ai fini della corretta esecuzione dei lavori.
L’eccezione di tardività ed irritualità, formulata da SAVE, con riguardo a tale ultima censura, è fondata. Se è vero, infatti, che la rubrica del quarto motivo di ricorso enumera, nell’elenco delle norme violate, anche l’articolo 49 D.P.R. 327/01, tuttavia, il vizio motivazionale sui presupposti legittimanti il provvedimento non risulta neanche genericamente articolato nello sviluppo delle censure. Il motivo, pertanto, risulta tardivamente ed irritualmente dedotto, per la prima volta, nella memoria non notificata, depositata in data 11/5/2020, ai sensi dell’articolo 73 cod. proc. amm.
6. Con il quinto motivo la ricorrente deduce il vizio di violazione dell’art. 49 del D.P.R. 327/2001, degli artt. 42 e 97 della Costituzione, dell’art. 1 del 1° Protocollo Addizionale alla Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, il difetto di motivazione. In contrasto con i principi enunciati dalla Corte EDU in materia di tutela del diritto di proprietà, il provvedimento impugnato, non sarebbe sorretto da ragioni di pubblica utilità, essendo strumentale all’espansione dell’aeroporto, a beneficio esclusivo di SAVE che è un soggetto privato. Anche questo motivo è infondato – in disparte la sua inammissibilità per omessa impugnazione del provvedimento dichiarativo della pubblica utilità dell’opera – non essendo revocabile in dubbio che, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del gestore aeroportuale, il provvedimento in esame, essendo funzionale all’esecuzione di un progetto di ampliamento di un’infrastruttura aperta al pubblico, sia preordinato al perseguimento dell’interesse pubblico.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dei resistenti costituiti che liquida in € 1.500,00 per ciascuna.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2020, tenutasi da remoto mediante collegamento in video conferenza, con l’intervento dei magistrati:
Alberto Pasi, Presidente
Marco Rinaldi, Primo Referendario
Mariagiovanna Amorizzo, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

Mariagiovanna Amorizzo

IL PRESIDENTE
Alberto Pasi
 

IL SEGRETARIO

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