DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Indagine sulla illegittimità di un titolo edilizio per contrasto con la disciplina urbanistico o di pianificazione – Individuazione dell’oggetto della tutela penale – Ipotesi di mera illegittimità formale – Artt. 3, 14, 44, D.P.R. n. 380/2001 (T.U.E.) – Giudizio di rinvio – Categorie degli interventi edilizi definite dalla legge statale – Altre disposizioni comunali e regionali – Limiti.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Marzo 2021
Numero: 9410
Data di udienza: 12 Gennaio 2021
Presidente: ANDREAZZA
Estensore: REYNAUD
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Indagine sulla illegittimità di un titolo edilizio per contrasto con la disciplina urbanistico o di pianificazione – Individuazione dell’oggetto della tutela penale – Ipotesi di mera illegittimità formale – Artt. 3, 14, 44, D.P.R. n. 380/2001 (T.U.E.) – Giudizio di rinvio – Categorie degli interventi edilizi definite dalla legge statale – Altre disposizioni comunali e regionali – Limiti.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 10 marzo 2021 (Ud. 12/01/2021), Sentenza n.9410
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Indagine sulla illegittimità di un titolo edilizio per contrasto con la disciplina urbanistico o di pianificazione – Individuazione dell’oggetto della tutela penale – Ipotesi di mera illegittimità formale – Artt. 3, 14, 44, D.P.R. n. 380/2001 (T.U.E.).
L’indagine sulla illegittimità di un titolo edilizio deve muovere dall’individuazione dell’oggetto della tutela penale, da identificarsi nella salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio regolati dagli strumenti urbanistici, che, conseguentemente, a parte il caso del permesso illecito, non tutte le ipotesi di mera illegittimità formale (come i vizi procedurali che non determinino violazioni di carattere sostanziale) possono consentire di ritenere che ci si trovi di fronte ad un titolo mancante, dovendo in particolare ritenersi che la contravvenzione di esecuzione di lavori sine titulo sussista anche nel caso in cui il permesso di costruire, pur apparentemente formato, sia illegittimo per contrasto con la disciplina urbanistico – edilizia di fonte normativa o risultante dalla pianificazione.
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Giudizio di rinvio – Categorie degli interventi edilizi definite dalla legge statale – Altre disposizioni comunali e regionali – Limiti.
In sede di giudizio di rinvio, dovranno essere applicate le categorie degli interventi edilizi quali definite dalla legge statale, e non già le (eventualmente diverse) definizioni di cui alle disposizioni comunali o regionali, posto che, laddove le stesse non siano coincidenti, a norma dell’art. 3, comma 2, d.P.R. 380/2001, quelle in detto articolo contenute «prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi» e che neppure la legislazione regionale può al proposito dettare disposizioni derogatorie.
(annulla con rinvio ordinanza del 10/09/2020 del TRIBUNALE DI BELLUNO) Pres. ANDREAZZA, Rel. REYNAUD, Ric. P.R. nel proc. Balzan ed altri
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 10/03/2021 (Ud. 12/01/2021), Sentenza n.9410SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Belluno
nel procedimento a carico di:
1) Balzan Silvia, nata in Germania;
2) Boni Lucio, nato a Belluno;
3) Toporov AndreyAlexandrovich, nato in Kazakistan;
avverso l’ordinanza del 10/09/2020 del TRIBUNALE DI BELLUNO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consi g liere Gianni Filippo Reynaud;
lette le richieste scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modiff., dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata; lette le memorie difensive rispettivamente presentate dagli avv. Gianluca Sgaravato, nell’interesse dell’indagato Boni, e Bruno Barel, nell’interesse dell’indagato Toporov, con cui si è richiesto, in via principale, la declaratoria d’inammissibilità del ricorso e, in subordine, il rigetto dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 10 settembre 2020, il Tribunale di Belluno, in accoglimento della richiesta di riesame proposta dagli indagati Boni e Toporov, ha annullato il decreto di sequestro preventivo adottato dal giudice per le indagini preliminari dello stesso tribunale, relativo ad un edificio ad uso turistico sul quale erano in corso opere di cui si ipotizzava la realizzazione in assenza di valido permesso di costruire, con provvisoria contestazione del reato previsto dall’art. 44, comma 1, lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Escludendo il fumus della contravvenzione ipotizzata, il Tribunale ha disposto la restituzione dell’immobile in sequestro in favore della società proprietaria.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Belluno, lamentando l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ed il vizio di mancanza e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui è stata ritenuta la non ravvisabilità del fumus del reato urbanistico ipotizzato, benché l’attività edilizia fosse stata assentita con un permesso di costruire macroscopicamente illegittimo e comunque inidoneo rispetto all’intervento progettato.
2.1. Si lamenta, innanzitutto, la mancanza di motivazione circa la qualificazione dell’intervento autorizzato con il permesso di costruire n. 18 del 31 ottobre 2019, emesso per la “ristrutturazione edilizia ed ampliamento in variante al permesso di costruire n. 28/2017 e in deroga urbanistica” e tuttavia da ritenersi, secondo il pubblico ministero ricorrente, la cui tesi era stata accolta dal g.i.p., quale permesso di costruire per un intervento di nuova costruzione, posto che il progetto prevedeva la completa demolizione e ricostruzione di un immobile con destinazione turistico-ricettiva in area paesaggisticamente vincolata, con aumento di superfici, volume e modifica della sagoma.
Trattandosi di un intervento di nuova costruzione, non consentito in quella zona dal piano regolatore, il titolo edilizio necessario sarebbe stato un permesso di costruire in variante al PRG, da rilasciarsi con la procedura, coinvolgente l’ente sovraordinato provinciale, di cui all’art. 4 L. reg. n. 55 del 2012, donde la macroscopica illegittimità del permesso di costruire per mera ristrutturazione, in deroga al PRG, adottato dal Comune secondo la procedura di cui all’art. 3 della citata legge regionale.
2.2. In secondo luogo, si censura la motivazione – illogica ed incongruente tra premesse in diritto ed applicazione al caso concreto – nella parte in cui ha ritenuto che, anche ammettendo che si sarebbe dovuto procedere con un permesso di costruire in variante al PRG, il titolo edilizio poteva essere rilasciato dal solo Comune con la procedura SUAP, in forza della L. reg. n. 25 del 2014.
Lamenta il ricorrente che, in tal modo, l’ordinanza aveva confuso e sovrapposto il concetto di competenza ad emanare il provvedimento (in tesi spettante sempre al solo Comune) con il tipo di valutazione da effettuarsi, essendo nella specie stata compiuta soltanto una valutazione circa la sussistenza dei presupposti per derogare al PRG, piuttosto che per rilasciare un permesso di costruire in variante al medesimo piano: contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, si trattava di un vizio di carattere sostanziale e non meramente formale.
2.3. Sotto quest’ultimo profilo, si lamenta violazione di legge per essere stato ritenuto valido a giustificare l’attività costruttiva un permesso di costruire che non era stato rilasciato in variante al PRG, avendo il Consiglio Comunale espresso soltanto un parere nell’ambito della procedura di deroga e non già acconsentito all’approvazione della variante allo strumento urbanistico. L’affermazione secondo cui il Comune aveva comunque “espresso la propria volontà”, sicché il parere favorevole alla deroga valeva anche come consenso alla variante, era illogica e contra legem.
Contrariamente a quanto ritenuto dall’ordinanza, l’intervento era da ritenersi palesemente illegittimo perché contrario al Piano Regolatore Generale comunale, che in quella zona consente soltanto, al limite, interventi di ristrutturazione, e non già di nuova costruzione come quello di specie.
2.4. L’ordinanza era inoltre incorsa in violazione di legge nella parte in cui aveva ritenuto nella specie applicabile la procedura esclusivamente comunale di SUAP di cui all’art. 3 I. reg. 25 del 2014, benché la stessa non la consenta per gli interventi di nuova costruzione (ma soltanto per quelli di ristrutturazione) e benché nella specie vi fosse contrasto con la “pianificazione di livello superiore”, tale dovendo intendersi, anche in ottica di interpretazione costituzionalmente orientata, il PRG, atto finale di un procedimento complesso che richiede l’approvazione della Provincia. Per il secondo comma della citata disposizione regionale, poi, con la procedura SUAP possono realizzarsi interventi, anche in deroga ai piani comunali, relativi ai soli ampliamenti interrati delle strutture ricettive, ciò che esclude la realizzabilità in tal modo di interventi in variante.
2.5. Da ultimo, il ricorrente censura la ritenuta regolarizzazione, con la presentazione di una SCIA in variante, del profilo di illegittimità del permesso di costruire rilasciato afferente alla violazione delle prescritte distanze rispetto ad un vicino fabbricato: la SCIA non escluderebbe il fumus del reato ipotizzato perché afferente ad un permesso di costruire illegittimo per le ragioni sopra esposte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nei termini di cui infra il ricorso è fondato e s’impone l’annullamento con rinvio dell’ordinanza, dovendosi ritenere assorbiti i restanti motivi di censura.
2. Nell’individuare, in premessa, i principi di diritto applicabili per la risoluzione del caso sub iudice, l’ordinanza impugnata espone e correttamente sintetizza la più recente elaborazione di questa Corte circa i casi in cui l’illegittimità del titolo edilizio può essere equiparata all’assenza del medesimo ai fini dell’individuazione, sia pur a livello di fumus, dell’elemento oggettivo del reato urbanistico ipotizzato.
Richiamando gli insegnamenti delle Sezioni unite sul punto, il provvedimento impugnato condivisibilmente afferma che l’indagine deve muovere dall’individuazione dell’oggetto della tutela penale, da identificarsi nella salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio regolati dagli strumenti urbanistici (Sez. 3, del 13/07/2017, Menga e aa., Rv. 273218), che, conseguentemente, a parte il caso del permesso illecito, non tutte le ipotesi di mera illegittimità formale (come i vizi procedurali che non determinino violazioni di carattere sostanziale) possono consentire di ritenere che ci si trovi di fronte ad un titolo mancante (Sez. 3, n. 7423 del 18/12/2014, dep. 2015, Cervino e aa., Rv. 263916), dovendo in particolare ritenersi che la contravvenzione di esecuzione di lavori sine titulo sussista anche nel caso in cui il permesso di costruire, pur apparentemente formato, sia illegittimo per contrasto con la disciplina urbanistico – edilizia di fonte normativa o risultante dalla pianificazione (Sez. 3, n. 56678 del 21/09/2018, Iodice, Rv. 275565).
Di tali principi, tuttavia, l’ordinanza impugnata non ha fatto corretta applicazione.
3. Ed invero, errando nel non prendere posizione sulla qualificazione dell’intervento edilizio, che nel decreto di sequestro il g.i.p. aveva diffusamente argomentato essere una nuova costruzione – intervento pacificamente vietato dal PRG nella zona (definita “centro civico A/1”) ove insiste il manufatto – piuttosto che una ristrutturazione edilizia con mera deroga, anche volumetrica, ai limiti consentiti dal PRG, come invece ritenuto dal Comune, l’ordinanza si è limitata ad osservare che, quand’anche fosse fondata tale prospettazione, nel caso di specie vi sarebbe stato soltanto un vizio di natura procedimentale, inidoneo ad escludere l’efficacia del permesso di costruire comunque rilasciato dall’organo che aveva il potere di farlo, vale a dire il Comune attraverso la procedura di SUAP.
Se anche non fosse stata corretta, cioè, la procedura nella specie seguita – quella del permesso di costruire in deroga al PRG, disciplinata dall’art. 3, L. reg. n. 55/2012 – l’intervento si sarebbe comunque potuto assentire con un permesso di costruire in variante al PRG seguendo la procedura di cui all’art. 4 della stessa legge regionale, che nel caso di specie non avrebbe richiesto il coinvolgimento della Provincia per essere eccezionalmente applicabile il procedimento di SUAP semplificato previsto dall’art. 3 L. reg. n. 25/2014 per i comuni montani quale Cortina d’Ampezzo.
3.1. Il Collegio – sul punto non condividendo la contraria tesi sostenuta in ricorso – reputa applicabile tale ultima disciplina.
Per un verso, non appare ostativo il riferimento che nella stessa si fa alla finalizzazione «alla ristrutturazione, alla riconversione, alla riattivazione, all’ampliamento e al trasferimento di attività produttive esistenti ivi comprese le attività ricettive», trattandosi di formula che, nonostante si faccia menzione della ristrutturazione (qui evidentemente intesa in senso atecnico), non si riferisce alle categorie edilizie degli interventi per escluderne l’applicabilità alle nuove costruzioni.
Per altro verso, nella specie, a quanto rappresentato, non ricorre l’elemento ostativo del contrasto dell’intervento con una “pianificazione territoriale di livello superiore”, locuzione che va all’evidenza intesa rispetto alla pianificazione di livello comunale, nella quale certamente rientra il principale strumento urbanistico rappresentato dal piano regolatore generale, a prescindere dal fatto che si tratti di atto complesso richiedente l’approvazione dell’ente locale sovraordinato.
A fronte del chiaro dettato normativo, i dubbi di legittimità costituzionale al proposito sollevati dal ricorrente non potrebbero essere risolti in sede interpretativa, dovendo semmai essere prospettati nell’ambito di un incidentale giudizio di legittimità costituzionale.
3.2. Pur correttamente ritenendosi che il SUAP avrebbe potuto rilasciare un permesso di costruire in variante al PRG per consentire la realizzazione di una nuova costruzione, è un fatto che quel titolo non è mai stato rilasciato ed ha errato il Tribunale nell’aver ritenuto equipollente – o, comunque, affetto da un mero vizio procedurale ininfluente sul piano sostanziale – il diverso titolo nella specie autorizzativo della ristrutturazione in deroga.
Ed invero, se l’intervento fosse effettivamente da qualificarsi come nuova costruzione – come diffusamente argomentato dal g.i.p. – quest’ultimo permesso di costruire sarebbe in aperto contrasto con le scelte urbanistiche effettuate dal piano regolatore, che, all’evidente scopo di non aumentare il carico urbanistico ed il consumo di suolo nel centro civico, vieta, appunto, interventi di tal tipo, né potrebbe “derubricarsi” a mera illegittimità procedurale la violazione che nella specie sarebbe derivata.
Basta confrontare il contenuto degli artt. 3 e 4 L. reg. n. 55/2012 per rendersi conto delle significative differenze sostanziali tra i due istituti ivi disciplinati quanto a presupposti, tipologia di valutazione, natura dell’intervento del consiglio comunale, partecipazione degli interessati, efficacia del titolo. In particolare: il procedimento di cui all’art. 3 richiede un mero parere del consiglio comunale – che non si specifica essere vincolante e che viene ritenuto perfezionato, secondo il metodo del silenzio-assenso, laddove siano decorsi sessanta giorni dalla richiesta – mentre il procedimento di cui all’art. 4 presuppone, ovviamente, una espressa e motivata delibera del consiglio comunale di variante del PRG; in quest’ultimo caso occorre, pertanto, quella tipica, ampia, valutazione dell’interesse pubblico di regola sottesa alle scelte pianificatorie – comprensiva anche della “sostenibilità ambientale degli interventi” (art. 4, comma 4, L. 55/2012) e comunque condotta in osservanza ai principi ricavabili dalla L. reg. 23 aprile 2004, n. 11, recante Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio – che nel primo manca, essendo qui sufficiente una valutazione meramente tecnica circa il fatto che non siano superati i limiti dell’ampliamento volumetrico e di superficie previsti dalla legge regionale e che, laddove vi sia mutamento di destinazione d’uso di fabbricati esistenti, gli stessi siano ubicati all’interno del medesimo lotto sul quale insiste l’attività da produttiva ampliare ovvero che, comunque, costituiscano con questa un unico aggregato produttivo, né basta la – differente – valutazione sulla natura degli “edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico” in via generale richiesta dall’art. 14 d.P.R. 380/2001 per il rilascio di permessi di costruire in deroga agli standards previsti dagli strumenti urbanistici; proprio perché il permesso di costruire in variante incide invece sulle scelte pianificatorie dell’ente locale, l’art. 4 L. reg. 55/2012 (commi 5 e 6) – in questa parte certo non derogato dall’art. 3 L. reg. 25/2014 – disciplina la necessaria divulgazione del progetto di variante, la possibilità per chiunque di presentare osservazioni, la necessità che, nel deliberare l’approvazione della variante, assumendosi una responsabilità amministrativa non delegabile al SUAP, il consiglio comunale decida sulle eventuali osservazioni presentate; l’art. 4, L. reg. 55/2012, al comma 7, prevede poi una speciale clausola di decadenza della variante, ove i lavori non vengano iniziati entro sedici mesi dalla sua pubblicazione, salvo eventuale proroga, rigidamente disciplinata nei suoi presupposti e concessa con provvedimento motivato del consiglio comunale, così concretamente incidendo, in termini diversi da quanto in via generale previsto, anche sull’efficacia del titolo rilasciato.
4. Contrariamente a quanto ritiene l’ordinanza impugnata, reputa pertanto il Collegio che se l’intervento in esame fosse qualificabile quale nuova costruzione non consentita dal PRG, l’aver seguito il procedimento delineato dall’art. 3, piuttosto che quello delineato dall’art. 4, della L. reg. n. 55/2012, sia pur nell’ottica dell’esclusiva attribuzione alla competenza comunale quale prevista dall’art. 3, L. reg. 25/2014, non determinerebbe un mero vizio procedurale inidoneo ad incidere in senso sostanziale sulle scelte pianificatorie consacrate negli strumenti urbanistici, ma, al contrario, si porrebbe invece in aperto contrasto con queste ultime, in assenza di una variante legittimamente approvata (nell’ottica dell’espressione delle scelte valutative tipiche da effettuarsi in sede di pianificazione e con le stringenti garanzie del procedimento partecipato aperto all’interlocuzione dei cittadini).
5. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Belluno che, applicando i principi sopra esposti, non potrà esimersi dal valutare se l’intervento in esame costituisca mera ristrutturazione edilizia, con assoluta liceità della condotta posta in essere, ovvero nuova costruzione, con conseguente sostanziale illegittimità del titolo edilizio nella specie rilasciato e sussistenza del fumus del reato ipotizzato quantomeno sul piano oggettivo, ferma restando la valutazione – nella specie del pari dichiaratamente non compiuta (v. pag. 6 dell’ordinanza) – circa l’eventuale assenza ictu oculi del necessario elemento soggettivo. E’ appena il caso di rilevare che, in sede di giudizio di rinvio, dovranno essere applicate le categorie degli interventi edilizi quali definite dalla legge statale, e non già le (eventualmente diverse) definizioni di cui alle disposizioni comunali o regionali, posto che, laddove le stesse non siano coincidenti, a norma dell’art. 3, comma 2, d.P.R. 380/2001, quelle in detto articolo contenute «prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi» e che neppure la legislazione regionale può al proposito dettare disposizioni derogatorie (cfr. Corte cost., sent. 21-23/11/2011, n. 309).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Belluno competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 12 gennaio 2021.