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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 3820 | Data di udienza: 15 Aprile 2021

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Individuazione di ambiti territoriali o immobili ricadenti in area sottoposta a vincolo paesaggistico nei quali consentire interventi straordinari di ampliamento, demolizione e ricostruzione – Motivata deliberazione di consiglio comunale – Art. 6, c. 2, lett. c-bis l.r. Puglia (oggi abrogato) – Questione di legittimità costituzionale – Rilevanza e non manifesta infondatezza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Maggio 2021
Numero: 3820
Data di udienza: 15 Aprile 2021
Presidente: Poli
Estensore: Di Carlo


Premassima

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Individuazione di ambiti territoriali o immobili ricadenti in area sottoposta a vincolo paesaggistico nei quali consentire interventi straordinari di ampliamento, demolizione e ricostruzione – Motivata deliberazione di consiglio comunale – Art. 6, c. 2, lett. c-bis l.r. Puglia (oggi abrogato) – Questione di legittimità costituzionale – Rilevanza e non manifesta infondatezza.



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 14 maggio 2021, n. 3820

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Individuazione di ambiti territoriali o immobili ricadenti in area sottoposta a vincolo paesaggistico nei quali consentire interventi straordinari di ampliamento, demolizione e ricostruzione – Motivata deliberazione di consiglio comunale – Art. 6, c. 2, lett. c-bis l.r. Puglia (oggi abrogato) – Questione di legittimità costituzionale – Rilevanza e non manifesta infondatezza.

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, lett. c-bis, della legge della Regione Puglia n. 14 del 2009, in relazione all’art. 117, comma secondo, lett. s), della Costituzione, nella parte in cui rimette(va) ai Comuni – prima dell’espressa abrogazione disposta dall’art. 1, della legge della Regione Puglia n. 3 del 2021 – mediante motivata deliberazione di consiglio comunale, “l’individuazione di ambiti territoriali nonché di immobili ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), approvato con Deliberazione di G.R. n. 176/2015, nei quali consentire, secondo gli indirizzi e le direttive del PPTR, gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 della presente legge, purché gli stessi siano realizzati, oltre che alle condizioni previste dalla presente legge, utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi”, in deroga al divieto posto dal precedente comma 1, lett. f, del medesimo articolo 6.

Pres. Poli, Est. Di Carlo – Ministero per i beni e le attività culturali e altro (Avv. Stato) c. R.T. (avv.ti De Giorgi Cezzi e Micolani)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ - 14 maggio 2021, n. 3820

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 3456 del 2020, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Province di Brindisi, Lecce e Taranto, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il signor Riccardo Torlai, rappresentato e difeso dagli avvocati Gabriella De Giorgi Cezzi e Antonio Micolani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

il Comune di Martina Franca, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, Sezione Prima, n. 39 del 17 gennaio 2020, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor Riccardo Torlai;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 aprile 2021 – svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020 – il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati Gabriella De Giorgi Cezzi e Antonio Micolani e l’avvocato dello Stato Isabella Piracci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, il signor Riccardo Torlai ha domandato:

a) con il ricorso introduttivo, l’annullamento:

a.1) della determinazione della Soprintendenza di Lecce, prot. n. 6872 del 29 marzo 2019, recante parere negativo ai sensi dell’art. 146, comma 5, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004, in prosieguo Codice) sul progetto presentato (in data 27 aprile 2017) dal ricorrente medesimo per il restauro e il risanamento di un compendio immobiliare (trullo e lamie) sito nel comune di Martina Franca, in località strada Madonna dell’Arco n. 194 (tipizzata dal vigente P.R.G. come zona F1 “Zona agricola Valle d’Itria e zona agricola speciale” di cui all’art. 11 delle N.T.A., area costituente patrimonio dell’UNESCO, denominata Murgia dei Trulli e sottoposta a numerosi vicoli relativi ad area di rispetto dei boschi, paesaggio rurale, strade panoramiche, coni visuali); più nel dettaglio, il progetto prevedeva un ampliamento volumetrico ai sensi dell’art. 3, della legge regionale n. 14 del 2009 (c.d. Piano casa per la Regione Puglia), onde consentire la realizzazione di un pergolato, di una piscina, di un forno, di un barbecue e altri accessori;

a.2) del presupposto preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/90 e ss.mm.ii.;

b) con il ricorso per motivi aggiunti, l’annullamento della conseguente determinazione negativa assunta dal Comune di Martina Franca con nota prot. n. 36452 del 10 giugno 2019, recante il definitivo diniego della autorizzazione paesaggistica sull’istanza edilizia.

2. A sostegno delle proprie pretese, il ricorrente ha esposto in fatto che:

– il progetto prevede il restauro del fabbricato (trullo e volta), della legnaia, dei vani forno e camino, oltre al risanamento (con la sostituzione del solaio in cemento) e all’ampliamento del deposito degli anni Sessanta, per circa 25 mq (pari a 75 mc, inferiore al 20% della volumetria esistente);

– l’ampliamento rispetta sia le previsioni del P.R.G., sia quelle del P.P.T.R. della Puglia (come risulterebbe dall’Elaborato del PPTR 4.4.4 – ‘Linee guida per il restauro e il riuso dei manufatti in pietra a secco’ – punto “4.2. Criteri e requisiti per gli interventi di ampliamento. Ampliamenti “una tantum”), sia – infine – le previsioni della l.r. n. 14 del 2009 (c.d. Piano casa);

– sul progetto si sono espressi con preventivi pareri favorevoli l’Ufficio tecnico comunale, la Commissione locale per il paesaggio (secondo la Commissione “l’intervento in progetto non determina specifiche alterazioni del contesto paesaggistico e non risulta in contrasto con le N.T.A. del PPTR”) e, infine, il responsabile dell’Ufficio paesaggio del Comune (a parere del responsabile “le opere di progetto, in termini qualitativi, non hanno determinato, in linea di massima, una significativa variazione della qualità paesaggistica complessiva del contesto interessato”;

– malgrado la relazione paesaggistica positiva emanata dal Comune (con nota prot. n. 51579/2018, del 10 agosto 2018), la Soprintendenza ha comunicato parere negativo ai sensi dell’art. 146, comma 5, del Codice dei beni culturali, affidato a due autonome ragioni, ovvero, da un lato, l’incompatibilità, in concreto, degli interventi edilizi di ampliamento con i valori culturali e paesaggistici tutelati dal vincolo gravante sulla “zona di notevole interesse pubblico”, dall’altro lato, il contrasto del progetto con il rigoroso divieto posto dall’art. 6, comma 1, lett. f) della l.r. Puglia n. 14 del 2009.

3. Il ricorrente ha impugnato il parere in questione, deducendo:

3.1. Violazione e falsa applicazione art. 146 d.lgs 42/2004. Difetto assoluto di attribuzione ex art. 21-septies l. 241/90 – Falsa ed erronea presupposizione – Difetto assoluto di istruttoria e di motivazione – Sviamento.

Si sostiene che l’impugnato parere sovrintendizio sarebbe illegittimo, o parzialmente nullo per difetto assoluto di attribuzione, in quanto avrebbe motivato anche in ordine alla ritenuta inapplicabilità alle zone vincolate delle previsioni della legge regionale sul piano casa n. 148/2009, quando invece – ritiene il ricorrente – la norma contenuta nell’art. 146, comma 8, del d.lgs. n. 42 del 2004 circoscrive l’oggetto del parere alla sola “compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’ articolo 140, comma 2”, con esclusione, dunque, di ulteriori valutazioni.

Ad ogni modo – si precisa sotto altro profilo – le norme contenute nella legge sul piano casa n. 14 del 2009 consentirebbero questo tipo di interventi edilizi e, pertanto, l’intervento realizzato sarebbe pienamente conforme dal punto di vista edilizio e urbanistico.

3.2. Violazione e falsa applicazione art. 146 co. 5 e 8 d.lgs.n.42/2004 – Falsa ed erronea presupposizione sotto differente profilo – Difetto di istruttoria e di motivazione sostanziale – Perplessità – Sviamento.

Violazione e falsa applicazione artt. 27,77,78,79,83,90 e ss. NTA PPTR Puglia e

Linee Guida Elaborato 4.4.4. e 4.4.6. PPTR Puglia – Violazione art. 41 della Carta dei diritti Fondamentali della UE; artt. 3, 41, 42 e 97 Cost.; artt. 1, 2, 3, 7 e ss. l.n. 241/90 – Violazione dei principi del giusto procedimento, buona amministrazione, correttezza, imparzialità, buon andamento dell’azione amministrativa.

Si sostiene, inoltre, che, sotto il profilo paesaggistico, il diniego si limiterebbe alla generica contestazione della mancanza di compatibilità paesaggistica, senza tuttavia indicare le effettive ragioni della asserita difformità.

Oltre che per difetto di motivazione, il diniego sarebbe dunque illegittimo anche per difetto di istruttoria.

3.3. Con i motivi aggiunti depositati in data 17.9.2019, il ricorrente ha dedotto, inoltre, che i summenzionati profili di illegittimità inficiano in via autonoma e derivata anche la determinazione con cui il Comune di Martina Franca ha denegato, in via definitiva, l’accoglimento dell’istanza.

4. Il T.a.r., con l’impugnata sentenza meglio descritta in epigrafe:

a) ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale (questo capo non è stato impugnato e deve dunque considerarsi passato in cosa giudicata);

b) ha accolto le censure di violazione di legge e difetto di motivazione e istruttoria contenute nella seconda parte del primo motivo di ricorso e nel secondo motivo, e ha assorbito quelle illustrate nella prima parte del primo motivo, così motivando: «se il 1° comma dell’art. 6 della L.R. 14/09 prescrive che “Non è ammessa la realizzazione degli interventi di cui agli articoli 3 e 4: (…) f) su immobili ubicati in area sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi degli articoli 136 e 142 del d.lgs. 42/2004”, purtuttavia, il 2° comma prevede che “I comuni, con deliberazione del consiglio comunale possono disporre motivatamente” in senso contrario, con “l’individuazione di ambiti territoriali nonché di immobili ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR approvato con deliberazione di Giunta regionale n. 176/2015), nei quali consentire, secondo gli indirizzi e le direttive del PPTR, gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 della presente legge” riconoscendo la possibilità di deroga a tutti gli interventi di cui agli artt. 3 e 4 “purché gli stessi siano realizzati, oltre che alle condizioni previste dalla presente legge, utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi”. (…) Del tutto erroneo si rileva quindi l’assunto della Soprintendenza a dire della quale nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico non sarebbe possibile l’applicazione della L.14.09 (Piano casa) attesa la previsione delle suindicate deroghe, espressamente disciplinate dal Comune di Martina Franca. Oltre a tale circostanza, il parere è comunque immotivato in ordine al rilevato contrasto tra l’intervento di recupero (risanamento conservativo e ampliamento)

del vecchio fabbricato e i valori paesaggistici dei luoghi, non risultando di facile comprensione sotto quale aspetto il limitato ampliamento volumetrico e il recupero dell’immobile possano comportare lo stravolgimento dell’immobile esistente, considerato compatibile con il contesto dei luoghi. In definitiva, non risulta affatto chiarito sotto quale aspetto i limitati interventi in esame incidano in misura rilevante sul piano strutturale sì da giustificare la conclusione attinta dalla Soprintendenza. (…)

L’acclarata illegittimità del parere soprintendentizio comporta, in via derivata, l’illegittimità del provvedimento comunale, in quanto adottato in mera applicazione del parere paesaggistico vincolante»);

c) di conseguenza, il T.a.r. ha annullato entrambi gli atti impugnati (quello impugnato con i motivi aggiunti per illegittimità derivata);

d) ha compensato le spese di lite.

5. Il Ministero dei beni culturali ha appellato la pronuncia articolando due autonomi motivi di censura (da pagina 5 a pagina 16 del ricorso), e segnatamente:

5.1. Errores in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione – Violazione ed erronea applicazione degli artt. 136, 142, 143, 145 e 146 del D.Lgs. n. 42/2004.

La zona su cui insiste la proprietà dell’istante è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO sin dal 1996 e l’intervento edilizio programmato è distonico rispetto all’identità paesaggistica e a i valori culturali espressi dal territorio soggetto a vincolo. Di qui, la piena legittimità del parere negativo assunto dalla Soprintendenza ex art. 146, comma 8, del Codice.

5.2. Violazione ed erronea applicazione degli artt. 3 e 6, 1 comma lett. f) e 2 comma della L.R. Puglia n. 14/2009.

Oltre all’aspetto relativo all’incompatibilità paesaggistica, ad avviso del Ministero dei beni culturali il progetto, che include anche l’ampliamento dell’immobile, è difforme pure rispetto alle prescrizioni del Piano paesaggistico territoriale (segnatamente, con gli artt. 77 e 78 delle NTA) e della l.r. Puglia n. 14 del 2009, applicabili al caso di specie.

Gli interventi edilizi progettati prevedono la realizzazione di alcuni manufatti – tra cui una piscina ed un pergolato – aggiuntivi all’originario corpo di fabbrica e comportano un ampliamento della volumetria dell’immobile.

Il giudice di primo grado, nell’interpretare e applicare l’art. 6, comma 2, lett. c-bis) della l.r.

Puglia n. 14 del 2009, avrebbe erroneamente ritenuto che la disposizione in parola estenda la possibilità di eseguire gli interventi straordinari di cui all’art. 3, comma 1 anche agli immobili ricadenti nelle aree soggette a vincolo paesaggistico, quando i comuni (come si è verificato nel caso all’esame) dispongono motivatamente “l’individuazione di ambiti territoriali nonché di immobili ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), approvato con Deliberazione di G.R. n. 176/2015, nei quali consentire, secondo gli indirizzi e le direttive del PPTR, gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 della presente legge, purché gli stessi siano realizzati, oltre che alle condizioni previste dalla presente legge, utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi”.

Nella sostanza, secondo il Ministero appellante, il primo giudice avrebbe erroneamente riconosciuto all’art. 6, comma 2, lett. c-bis) cit. una portata derogatoria più ampia di quella prevista, idonea ad incidere sia sulla competenza esclusiva riservata dalla Costituzione allo Stato in materia di tutela paesaggistica, sia sulle prescrizioni del Piano paesaggistico territoriale pugliese.

Accedendo, infatti, all’esegesi della normativa in rassegna nel senso auspicato dal ricorrente e alfine accolto dal primo giudice, si giungerebbe – ancora ad avviso del Ministero appellante – a riconoscere ai Comuni un eccezionale potere di pianificazione e trasformazione del territorio, tale da derogare anche ai vincoli paesaggistici insistenti sullo stesso.

In definitiva, dunque, l’alternativa rimessa all’interprete sarebbe quella di dare una lettura del più volte menzionato art. 6, comma 2, lett. c-bis) della l.r. Puglia n. 14 del 2009 coerente col riparto di competenze previsto dall’art. 117, comma 2, lett. s) Cost., ovverossia quella di ritenere che i Comuni, compatibilmente con i limiti di cui al summenzionato comma 1 e con le disposizioni dettate dal P.P.T.R. pugliese, possono individuare gli ambiti territoriali di cui alla lettera c-bis) derogando esclusivamente alle disposizioni dei vigenti strumenti urbanistici, ma non anche ai vincoli paesaggistici posti dalla normativa statuale o dal P.P.T.R..

Diversamente opinando, e cioè ove la norma summenzionata venisse interpretata nel senso di avere introdotto un regime derogatorio rispetto al divieto posto dal medesimo art. 6, comma 1, lett. f), si prospetterebbe un serio dubbio di legittimità costituzionale che andrebbe rimesso alla Corte.

6. L’appellato si è costituito in resistenza instando per la reiezione del gravame, e ha espressamente riproposto le censure rimaste assorbite in primo grado.

7. La Sezione, con l’ordinanza n. 3580 del 19 giugno 2020, ha accolto la domanda cautelare proposta incidentalmente con l’atto di appello “Ritenuto, quanto al fumus e nei limiti della cognizione propria della tutela cautelare, che le argomentazioni dell’appellante appaiono favorevolmente apprezzabili; considerato, quanto al periculum, che trattandosi di diniego ad un ampliamento dell’immobile, è opportuno che l’intervento edilizio non abbia inizio nelle more della definizione del giudizio nel merito”.

8. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive (in particolare, la parte appellata ha depositato ulteriore memoria integrativa in data 12 marzo 2021).

9. All’udienza pubblica del 15 aprile 2021, svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata discussa ed è passata in decisione.

10. Preliminarmente il Collegio evidenzia come il thema decidendum sia circoscritto dalle censure ritualmente introdotte in primo grado, non potendosi prendere in esame quelle sollevate per la prima volta in grado di appello, in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104 comma 1 c.p.a., per giunta in memoria difensiva, avendo quest’ultima funzione meramente illustrativa (cfr. ex plurimis e da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, n. 2319 del 2020, n. 1137 del 2020).

11. In ordine logico va esaminato il primo motivo di appello, che sottopone a critica il ragionamento seguito dal primo giudice nella parte in cui non avrebbe ritenuto l’intervento edilizio programmato distonico rispetto all’identità paesaggistica e ai valori culturali espressi dal territorio, soggetto a vincolo e protetto dall’Unesco quale patrimonio dell’umanità.

11.1. Il motivo non è fondato e va, pertanto, respinto.

11.2. L’art. 146, comma 8, del Codice prevede “8. Il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità”.

11.3. La Sezione ritiene che il parere del Mibac, nel particolare caso di specie, non sia sufficientemente motivato in ordine alle ragioni per le quali l’intervento edilizio programmato non sarebbe compatibile con i valori espressi dal paesaggio in cui si inerisce e con le previsioni urbanistiche contenute nel piano paesaggistico regionale.

In particolare, sulla base della documentazione progettuale della parte istante e dell’istruttoria preliminare compiuta dagli Uffici comunali, si ritiene che il Ministero appellante non abbia espresso una adeguata motivazione, perché per un verso non sembra aver tenuto conto dell’effettiva consistenza dell’intervento, rivelatosi modesto, e per un altro verso, non ha preso in espressa considerazione le prescrizioni imposte dalla Commissione comunale, il cui rispetto avrebbe consentito il congruo inserimento dell’intervento in oggetto all’interno della cornice paesaggistica.

11.4. In definitiva, pertanto, il primo motivo di appello va respinto e, conseguentemente, è confermato l’accoglimento del secondo motivo di ricorso di primo grado.

12. Il secondo motivo di appello denuncia, invece, la violazione e l’erronea applicazione degli artt. 3 e 6, comma 1, lett. f) e comma 2, lett. c-bis), della l.r. Puglia n. 14 del 2009 e critica la sentenza impugnata per avere ritenuto illegittima anche la seconda e autonoma ratio decidendi posta alla base dell’atto impugnato, in accoglimento della seconda parte del primo motivo di ricorso.

Ad avviso del Ministero dei beni culturali, anche a prescindere dalla compatibilità paesaggistica, l’intervento edilizio programmato non potrebbe giammai essere autorizzato perché, nella parte in cui prevede l’ampliamento dell’immobile esistente, sarebbe difforme (anche) rispetto alle specifiche prescrizioni contenute nel piano paesaggistico territoriale, applicabili al caso di specie e attuate dagli artt. 77 e 78 delle NTA allegate al piano medesimo.

12.1. Nell’insistere per la corretta interpretazione e applicazione della normativa in oggetto, il Ministero fa richiesta di rimessione alla Corte della questione di legittimità costituzionale in via subordinata, e cioè nell’ipotesi in cui la Sezione condivida la soluzione esegetica accolta dal giudice di prime cure.

13. Sotto il profilo della rilevanza della questione, la Sezione ritiene che vada prioritariamente scrutinata l’originaria censura contenuta nella prima parte del primo motivo di appello, assorbita dal T.a.r. ed espressamente riproposta dalla parte appellata nel presente grado.

La Sezione ritiene che la censura non sia fondata e che quindi debba essere respinta, avendo il Sovrintendente esercitato legittimamente la sua discrezionalità.

Il giudizio sulla compatibilità paesaggistica riguarda l’intervento nel suo complesso, e dunque sia in riferimento ai valori espressi dal territorio, sia in riferimento alle vigenti normative regionali, che restano assoggettate al rispetto dei principi generali della materia della tutela dell’ambiente riservata in via esclusiva allo Stato, come si approfondirà più nel dettaglio nel prosieguo della motivazione.

Pertanto, in parte qua, il diniego impugnato non risulta affatto viziato da illegittimità, né a maggior ragione da nullità parziale per difetto di attribuzione, rientrando anzi nelle specifiche competenze del sovrintendente la valutazione complessiva della conformità paesaggistica.

14. Sul giudizio di rilevanza non influisce, invece, il ricorso per motivi aggiunti di primo grado, perché articola le medesime censure anche quale causa di illegittimità in via derivata degli atti impugnati.

15. A questo punto, la Sezione ritiene di potere esaminare funditus la verifica della rilevanza.

Va rammentato, in proposito, che il parere impugnato è stato incentrato su due autonome rationes decidendi e, poiché la Sezione ha respinto la riproposta censura contenuta nella prima parte del primo motivo di ricorso originario ed ha confermato, invece, l’accoglimento di quella contenuta nel secondo motivo di ricorso introduttivo (con il conseguente rigetto del primo motivo di appello), la questione di costituzionalità assume carattere rilevante e dirimente in quanto dal suo eventuale accoglimento deriverebbe, di conseguenza, l’accoglimento del secondo motivo dell’appello (con la conseguente riforma della sentenza di primo grado), mentre, di converso, dal rigetto della questione si avrebbe il rigetto anche di questo motivo di gravame, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.

16. Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, invece, si ritiene di svolgere un preliminare inquadramento normativo della fattispecie.

La legge regionale della Puglia 30 luglio 2009, n. 14 reca “Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale”.

All’art. 6, comma 2, lett. c-bis (ratione temporis applicabile alla fattispecie all’esame, in quanto la norma è stata abrogata dall’art. 1, della legge regionale 24 marzo 2021, n. 3, con effetto dalla data della pubblicazione sul B.U. del 25 marzo 2021, n. 43 – supplemento, mentre l’istanza edilizia è stata protocollata in data 27 aprile 2017) si rimetteva ai Comuni, con motivata deliberazione del consiglio comunale, “L’individuazione di ambiti territoriali nonché di immobili ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), approvato con deliberazione di Giunta regionale n. 176/2015, nei quali consentire, secondo gli indirizzi e le direttive del PPTR, gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 della presente legge, purché gli stessi siano realizzati, oltre che alle condizioni previste dalla presente legge, utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi”.

Gli artt. 3 e 4 disciplinano, rispettivamente, gli interventi straordinari di ampliamento e quelli straordinari di demolizione e ricostruzione.

L’art. 6, comma 1, della medesima legge prescrive in modo espresso “Non è ammessa la realizzazione degli interventi di cui agli articoli 3 e 4: (…) f) su immobili ubicati in area sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi degli articoli 136 e 142 del d.lgs. 42/2004, così come da ultimi modificati dall’articolo 2 del decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63”.

17. In definitiva, sulla base del tenore testuale e letterale delle disposizioni summenzionate, si evince che:

a) nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico (come sono le aree di interesse) non è ammessa in via generale la realizzazione degli interventi straordinari di ampliamento, demolizione e ricostruzione;

b) una deroga a questo principio era stabilita, fino all’entrata in vigore dell’art. 1, della legge regionale n. 3 del 2021, per l’ipotesi (che ricorre nella fattispecie all’esame) in cui si fossero individuati ambiti territoriali ovvero immobili ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del piano paesaggistico territoriale regionale, nei quali consentire gli interventi in questione alla condizione che “gli stessi siano realizzati, oltre che alle condizioni previste dalla presente legge, utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi”.

18. Ad avviso della Sezione, l’abrogata lett. c-bis) del comma 2 dell’art. 6 introduceva una vera e propria deroga all’espresso divieto – previsto dalla lett. f) del comma 1 del medesimo art. 6 – di realizzare gli interventi edilizi di cui agli artt. 3 e 4 della medesima legge su immobili ubicati in area sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi degli articoli 136 e 142 del Codice, sia pure con determinate cautele: ai fini dell’operatività della deroga, era infatti necessario che i Comuni, compatibilmente con i limiti di cui al summenzionato comma 1 e con le disposizioni dettate dal P.P.T.R. pugliese, individuassero gli ambiti territoriali ovvero le aree in cui erano situati gli immobili di cui alla lettera c-bis), ed esigessero il rispetto di determinate modalità costruttive relativamente a finiture, materiali e tipi architettonici.

19. La Sezione ritiene che la chiara ed univoca lettera della normativa in rassegna consentisse ai Comuni, fino all’espressa abrogazione avvenuta nel 2021, di esercitare un eccezionale potere di pianificazione e trasformazione del territorio, tale da incidere sia sulla competenza esclusiva riservata dalla Costituzione allo Stato in materia di tutela paesaggistica, sia sulle prescrizioni del Piano paesaggistico territoriale pugliese.

L’operatività della deroga contenuta nella citata lett. c-bis) del comma 2 dell’art. 6 al divieto previsto dalla lett. f) del precedente comma 1 del medesimo articolo, era sostanzialmente rimessa, infatti, alla decisione (potestativa) dei Comuni di prevedere (con motivata deliberazione del consiglio comunale) ambiti territoriali o aree di interesse all’interno dei siti vincolati, ove autorizzare, sia pure con determinate cautele costruttive, ciò che, in linea di principio, né la normativa statale, né quella regionale di piano, consentivano.

20. Ad avviso della Sezione, questa è l’unica interpretazione possibile della normativa in rassegna, atteso il chiaro e univoco senso da dare alle espressioni letterali utilizzate dal legislatore regionale.

Non può invece condividersi l’esegesi ‘ortopedica’, che pure il Ministero dei beni culturali tenta, volta a dare una lettura dell’art. 6, comma 2, lett. c-bis) compatibile col riparto di competenze previsto dall’art. 117, comma 2, lett. s) Cost., ovverossia quella di ritenere che i Comuni, in coerenza con i limiti di cui al summenzionato comma 1 e con le disposizioni dettate dal P.P.T.R. pugliese, possano individuare gli ambiti territoriali di cui alla lettera c-bis) derogando esclusivamente alle disposizioni dei vigenti strumenti urbanistici, ma non anche ai vincoli paesaggistici posti dalla normativa statuale o dal P.P.T.R.

Nella sostanza, questa prospettiva esegetica non può essere seguita perché la lettera c-bis) certamente consentiva, prima della sua abrogazione, di incidere, mediante l’esercizio della pianificazione urbanistica, su beni sottoposti a vincoli paesaggistici, essendo rimesso agli organi assembleari dei singoli Comuni pugliesi di autorizzare, sia pure con l’osservanza e il rispetto di determinate condizioni, tipologie di interventi edilizi di per sé vietati dalla legge regionale, in applicazione dei principi stabiliti dallo Stato e in ossequio al riparto di competenze stabilito dalla Costituzione.

Del resto, proprio facendo leva sul tenore letterale della norma in esame, la sentenza n. 6846 del 6 novembre 2020 della Sezione Sesta del Consiglio di Stato – giudicando su un caso sostanzialmente analogo a quello che qui si decide (in quel caso, la deliberazione consiliare che aveva individuato gli immobili era stata emanata dal Comune di Ostuni, sulla base delle stesse disposizioni normative che vengono qui in rilievo) – ha respinto l’appello del Ministero (ed ha confermato l’annullamento disposto dal T.a.r. di un parere negativo della Soprintendenza), reputando che l’intervento edilizio programmato dagli appellati non fosse vietato dalla normativa di riferimento, senza però porsi il dubbio della legittimità costituzionale della summenzionata normativa.

21. Vi è da chiedersi, a questo punto, se siffatta previsione (ovverossia il più volte menzionato art. 6, comma 2, lett. c-bis), nei limiti in cui confligga con l’art. 145, comma 3, del Codice, quale norma interposta rispetto all’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione, ponga (o meno) dubbi di legittimità costituzionale relativamente al riparto di competenze tra Stato e Regione in materia di tutela del paesaggio.

22. Conviene, anche in questo caso, prendere le mosse dal dato normativo.

L’art. 145 reca la disciplina del “Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione”.

I principi cardine ai quali detto coordinamento si ispira sono:

a) il riconoscimento in capo all’organo ministeriale del potere di individuare le linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio;

b) il rilievo nazionale e accentrato dell’esercizio del potere in questione, con precipue finalità di indirizzo della pianificazione e di direzione ai fini del conferimento di funzioni e compiti alle Regioni e agli Enti locali;

c) il principio del coordinamento dei piani paesaggistici rispetto agli altri strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché rispetto a piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico;

d) l’espressa inderogabilità delle previsioni contenute nei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 del medesimo Codice da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico; l’espressa cogenza delle previsioni medesime rispetto agli strumenti urbanistici degli Enti territoriali minori (comuni, città metropolitane e province); l’espressa prevalenza delle stesse sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici e sulle normative di settore;

e) l’obbligo di conformazione e di adeguamento degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale degli Enti locali minori alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale.

23. Sulla base di queste disposizioni e sotto lo specifico profilo della non manifesta infondatezza della questione, è dunque possibile concludere che:

a) secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, la tutela del paesaggio costituisce competenza riservata alla potestà legislativa esclusiva statale e limite inderogabile alla disciplina che le Regioni possono dettare nelle materie di loro competenza;

b) il Codice definisce – con efficacia vincolante per tutti gli enti territoriali (sia le Regioni, sia gli Enti locali minori) e anche per gli enti pubblici operanti secondo specifiche normative di settore – i rapporti tra le prescrizioni del piano paesaggistico e le prescrizioni di carattere urbanistico ed edilizio, secondo un modello di prevalenza delle prime, non alterabile nemmeno ad opera della legislazione regionale;

c) la summenzionata previsione della legge regionale n. 14 del 2009, nella parte in cui prevedeva – prima della sua espressa abrogazione e ratione temporis ancora applicabile all’istanza edilizia all’esame – la derogabilità delle prescrizioni dei piani paesaggistici e in particolare di quelle contenute nel P.P.T.R. della Puglia, appare porsi in contrasto con l’art. 145, comma 3, del Codice, quale norma interposta in riferimento all’art. 117, comma 2, lett. s), Cost., suscitando il relativo dubbio di legittimità costituzionale.

24. A questo proposito, la Sezione segnala di avere sollevato (con ordinanza 12 gennaio 2021, n. 392, coeva alle analoghe ordinanze nn. 389, 390 e 391 emesse nella medesima data) sostanzialmente analoga questione di legittimità costituzionale in riferimento, questa volta, all’art. 12-bis, commi 2, 3 e 4, della legge della Regione Campania n. 19 del 28 dicembre 2009, in relazione all’art. 117, comma secondo, lett. s), della Costituzione, il quale, introducendo, con efficacia vincolante, disposizioni atte a disciplinare i rapporti tra piano paesaggistico e prescrizioni di carattere urbanistico ed edilizio, parrebbe incidere anch’esso su materie di competenza statale.

25. Si evidenzia, infine, che la necessità che le Regioni rispettino in modo rigoroso il riparto di competenze delineato dalla Costituzione in materia di protezione dell’ambientale e del paesaggio, è stata ribadita, di recente, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 74 del 21 aprile 2021, che ha dichiarato (nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 26 e 36 della legge della Regione Puglia 30 novembre 2019, n. 52 – Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri) la incostituzionalità delle summenzionate norme perché violative – sebbene in fattispecie diversa rispetto a quella oggetto dell’odierno giudizio – della materia della protezione dell’ambiente, sotto il profilo della incidenza sui presupposti del rilascio della autorizzazione paesaggistica.

Anche la presente controversia si caratterizza per il fatto che, in buona sostanza, la norma regionale sospettata di incostituzionalità consente al comune di incidere sui presupposti del rilascio della autorizzazione paesaggistica in deroga alle previsioni di tutela stabilite dal Codice e dal piano paesaggistico.

26. In conclusione ed in sintesi:

a) la Sezione pronuncia sentenza non definitiva sul primo motivo di appello, respingendolo;

b) in relazione al secondo motivo di appello, ritiene che quanto finora argomentato giustifichi la valutazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, lett. c-bis, della legge della Regione Puglia n. 14 del 2009, in relazione all’art. 117, comma secondo, lett. s), della Costituzione, nella parte in cui rimette(va) ai Comuni – prima dell’espressa abrogazione disposta dall’art. 1, della legge della Regione Puglia n. 3 del 2021 – mediante motivata deliberazione di consiglio comunale, “l’individuazione di ambiti territoriali nonché di immobili ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), approvato con Deliberazione di G.R. n. 176/2015, nei quali consentire, secondo gli indirizzi e le direttive del PPTR, gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 della presente legge, purché gli stessi siano realizzati, oltre che alle condizioni previste dalla presente legge, utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi”, in deroga al divieto posto dal precedente comma 1, lett. f), del medesimo articolo 6;

c) si rende conseguentemente necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale, affinché si pronunci sulla questione.

27. Ogni altra questione, in rito, nel merito e sulle spese è rimessa al definitivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, non definitivamente pronunciando sull’appello n. 3456/2020, come in epigrafe proposto:

a) respinge il primo motivo;

b) in relazione al secondo motivo di appello, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, lett. c-bis, della legge della Regione Puglia n. 14 del 2009, in relazione all’art. 117, comma secondo, lett. s), della Costituzione, nella parte in cui rimette(va) ai Comuni – prima dell’espressa abrogazione disposta dall’art. 1, della legge della Regione Puglia n. 3 del 2021 – mediante motivata deliberazione di consiglio comunale, “l’individuazione di ambiti territoriali nonché di immobili ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), approvato con Deliberazione di G.R. n. 176/2015, nei quali consentire, secondo gli indirizzi e le direttive del PPTR, gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 della presente legge, purché gli stessi siano realizzati, oltre che alle condizioni previste dalla presente legge, utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi”, in deroga al divieto posto dal precedente comma 1, lett. f, del medesimo articolo 6;

c) dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

d) rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite all’esito del giudizio incidentale promosso con la presente pronuncia;

e) ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite e al Presidente della Giunta regionale della Puglia, nonché comunicata al Presidente del Consiglio regionale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2021 – svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 137 del 2020 – con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Nicola D’Angelo, Consigliere

L’ESTENSORE
Daniela Di Carlo

IL PRESIDENTE
Vito Poli

IL SEGRETARIO

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