RIFIUTI – Criterio di prossimità – Rifiuti speciali – Applicabilità, unitamente agli ulteriori criteri rilevanti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 1 Luglio 2021
Numero: 5025
Data di udienza: 17 Giugno 2021
Presidente: Montedoro
Estensore: Lamberti
Premassima
RIFIUTI – Criterio di prossimità – Rifiuti speciali – Applicabilità, unitamente agli ulteriori criteri rilevanti.
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 1 luglio 2021, n. 5025
RIFIUTI – Criterio di prossimità – Rifiuti speciali – Applicabilità, unitamente agli ulteriori criteri rilevanti.
Pur dovendosi escludere il divieto assoluto di trattamento di rifiuti speciali provenienti da altre regioni, il criterio della prossimità deve comunque ritenersi un criterio di cui tenere conto anche per tale categoria di rifiuti, unitamente agli ulteriori criteri rilevanti (cfr. Corte Cost., sent. nn. 12/2007, 62/2005, 505/2002, 281/2000, 335/2001, 10/2009; Cons. Stato n. 1556/2015, CGUE 16 luglio 2015 in causa C-653/13; CGUE, causa C297/08)
(Conferma T.R.G.A., Bolzano, n. 166/2019) – Pres. Montedoro, Est. Lamberti – P. s.r.l. (avv.ti Deflorian e Dell’Anno) c. Provincia Autonoma di Bolzano (avv.ti Costa, Segna, Von Guggenberg e Cavallar)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ - 1 luglio 2021, n. 5025SENTENZA
Pubblicato il 01/07/2021
N. 05025/2021REG.PROV.COLL.
N. 08824/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8824 del 2019, proposto da
Pa Holding S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Umberto Deflorian e Paolo Dell’Anno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Michele Costa, Jutta Segna, Renate Von Guggenberg e Fabrizio Cavallar, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di Cortaccia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Claudia Galdenzi e Federico Boezio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Federico Boezio in Milano, via Cadore n. 36;
Finstral S.r.l. non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A., Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano, n. 166/2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Bolzano e del Comune di Cortaccia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 giugno 2021 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Umberto Deflorian, Paolo Dell’Anno, Fabrizio Cavallar, Claudia Galdenzi e Federico Boezio in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1 – PA Holding s.r.l. è proprietaria nel Comune di Cortaccia sulla Strada del Vino (BZ) dell’area contraddistinta dalle particelle n. 783 e n. 742, che ricade nella “zona per insediamenti produttivi Etscweg”.
Nel dettaglio: la p. 742 è una costruzione con destinazione ad uffici; la p. 783 è un capannone industriale all’interno del quale Eco-Energy s.r.l. opera in forza di autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) del 29.7.2016.
2 – In data 6.3.2018, PA Holding s.r.l. ha depositato il progetto e lo studio d’impatto ambientale (S.I.A.) per la realizzazione dell’impianto di trattamento termico di rifiuti “EEK Eco-Energy” nel comune di Cortaccia.
3 – Il Comitato ambientale ha esaminato il progetto e il relativo studio di impatto ambientale ed ha poi reso il parere negativo n. 16/2018 del 18.7.2018, in cui si legge: “L’impianto di trattamento termico è dimensionato per 95.000 tonn/anno di rifiuti speciali non pericolosi. Alla presentazione pubblica è stato osservato che in base alla comunicazione dell’Ufficio Gestione rifiuti del 13.04.2018 la quantità di rifiuti prodotti in Provincia di Bolzano classificabili con i codici 191212 e 191204 era pari a 39.437 tonnellate (CER 191212) e 19.951 tonnellate (CER 191204) nel 2016 e di 30.529 tonnellate (CER 191212) e 16.155 tonnellate (CER 191204) nel 2017. I dati sono corretti, vanno però letti all’interno degli attuali flussi di rifiuti in Provincia di Bolzano. Per quanto concerne i rifiuti con codice 191212 va tenuto conto che il Piano gestione dei rifiuti speciali della Provincia autonoma di Bolzano (deliberazione della Giunta provinciale 1028/2017, ribadito nella deliberazione della Giunta 593/2018), prevede, nel rispetto del principio di prossimità sancito dall’art. 16 della direttiva 2008/98/CE, che tali rifiuti siano smaltiti in base alla loro qualità e composizione, preferibilmente nel termovalorizzatore di Bolzano. Esso tratta attualmente una quantità di rifiuti che oscilla tra le 23.000 e le 28.000 tonn/anno, cosicché la quantità di rifiuti di questa tipologia disponibile per un ulteriore impianto risulta pari a ca.16.000 tonn/anno. Rispetto ai rifiuti con codice 191204 va osservato che la maggior parte di questa tipologia di rifiuti è importata da fuori provincia (provenienza Milano, Varese, Padova, ecc…) dalla Energie AG, e poi inviata per il trattamento termico a cementifici in Germania (12.655 tonnellate nel 2017). Si ritiene che questa quantità non debba essere considerata nei potenziali rifiuti prodotti all’interno del territorio provinciale e valorizzabili localmente. La quantità potenzialmente destinabile all’impianto della Eco-energie è quindi di 8.000 tonn/anno. Complessivamente quindi a fronte di un impianto della capacità di 95.000 tonnellate sarebbe nota la provenienza soltanto di 24.000 tonnellate delle tipologie di rifiuto nominate che vengono prodotti in Alto Adige. Non è quindi possibile valutare il rispetto del principio di prossimità ai sensi della direttiva rifiuti. Inoltre, il progetto non ha preso in considerazione ubicazioni alternative. Il progetto prevede la reintroduzione delle scorie nel processo di gassificazione. La reintroduzione delle scorie, che in base all’esperienza e fino a prove analitiche contrarie sono da considerare rifiuti pericolosi, comporta la miscelazione degli stessi con rifiuti non pericolosi, per il cui trattamento l’impianto è stato progettato. L’articolo 187 del decreto legislativo 152/2006 prevede espressamente il divieto di miscelare rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. Dai dati di progetto si può stimare che l’impianto emetterà circa 32 tonn/anno di ossidi di azoto. Prendendo in esame il catasto delle emissioni della Provincia autonoma di Bolzano, si evince che tali emissioni porterebbero ad un significativo aumento, superiore al 3%, delle emissioni di ossidi di azoto nella zona compresa tra il comune di Laives e Salorno. Nella medesima zona inoltre si può stimare un aumento delle emissioni di CO2 superiore al 10%, in considerazione dell’utilizzo di coke e di rifiuti speciali caratterizzati da una componente fossile, variabile a seconda del rifiuto trattato, ma in ogni caso rilevante. Il bilancio risulta negativo anche alla luce dell’impossibilità di recuperare interamente l’energia termica prodotta per alimentare una rete di teleriscaldamento locale. L’impianto non rispetta le linee guida relative all’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti di cui al decreto 29.01.2007 del Ministero dell’Ambiente, in quanto nel sito in oggetto non risulta possibile recuperare una parte notevole dell’energia termica prodotta. Dall’esame dello studio previsionale di impatto acustico presentato, si evince che l’impianto non garantisce il rispetto dei valori limite di pianificazione durante le ore notturne di cui alla legge provinciale n. 20/2012 per diversi ricettori ubicati in zona produttiva. I livelli sonori previsti nel progetto sono in ogni caso superiori ai limiti di legge e su diverse sorgenti si ottengono inoltre attuando interventi di mitigazione acustica, come in particolare la realizzazione di una barriera acustica di altezza pari a 15 metri, molto complessa e tecnicamente di difficile realizzazione. La “via dell’Adige” è una zona produttiva di piccole dimensioni situata nel fondovalle dell’Oltradige. I dintorni della zono produttiva sono caratterizzati soprattutto da aree agricole. I confini del Parco naturale Monte Corno si trovano ad una distanza di 600 m. In considerazione della situazione paesaggistica, le norme di attuazione del piano urbanistico del Comune prevedono nella zona produttiva una altezza massima di 11,5 m. Gli impianti previsti nel progetto, con un’altezza di ca 40 m, superano di gran lunga l’altezza massima ammissibile Trattandosi non di elementi singoli di ridotte dimensioni, bensì di ampie parti funzionalmente necessarie al ciclo produttivo, esse generano un salto di scala dimensionale rispetto all’edificato circostante e comportano un notevole impatto visivo nelle immediate adiacenze e un considerevole impatto paesaggistico sul profilo trasversale della valle dell’Adige. Il progetto prevede il collegamento tra i lotti funzionali Lodola e Fucine Alto Adige tramite un cunicolo sotterraneo, che verrebbe realizzato sotto l’areale della ditta Finstral SPA. La ditta Finstral ha comunicato in una presa di posizione sul progetto che non darà il proprio assenso alla realizzazione del tunnel. Ciò mette in discussione la fattibilità del progetto nel suo complesso. Inoltre, si rammenta che il Comune di Cortaccia con delibera della Giunta comunale del 17.10.2017 ha approvato la modifica ai piani di attuazione della zona per insediamenti produttivi via dell’Adige, che prevede nella zona suddetta l’esclusione dell’insediamento di impianti con attività di raccolta, lavorazione, trasformazione e incenerimento di rifiuti, in quanto essi pregiudicano lo sviluppo e l’attrattività della zona e sono difficilmente compatibili con altre attività. La Giunta provinciale condivide le valutazioni del Comitato ambientale”
Con la deliberazione n. 748 del 31.7.2018, la Giunta provinciale, recependo il parere espresso dal Comitato ambientale, ha respinto il progetto per la realizzazione dell’impianto di trattamento termico di rifiuti.
4 – Con ricorso al Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sezione autonoma di Bolzano, PA Holding s.r.l. ha impugnato tale deliberazione unitamente al parere n. 16/2018 del Comitato ambientale, deducendo i seguenti motivi di ricorso:
i) Violazione e falsa applicazione di legge (articolo 182-bis, d.lgs. 152/2006). Violazione della Costituzione (art. 117, comma 1 e 117 comma 2, lett. s) – Violazione di legge (art. 177, comma 7, d.lgs. 152/2006) – Eccesso di potere e travisamento dei fatti. Violazione del principio costituzionale di libera circolazione delle cose (art. 120). Violazione di legge (art. 182, comma 3, d. lgs. 152/2006);
ii) Falsa applicazione degli artt. 187 del d.lgs. 3.4.2006, n. 152 – Eccesso di potere per illogicità grave e manifesta, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti;
iii) Violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 4, 9, commi 1, 4 e 10, 10, comma 2 e 16, comma 2, e dell’allegato XI del d.lgs. 13.8.2010, n. 152; degli artt. 237-ter, comma 1, lett. b), 237-duodecies e degli Allegati I, paragrafo A, e Allegato 2, paragrafo A del d.lgs. 3.4.2006, n. 152 – Eccesso di potere per illogicità grave e manifesta, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti;
iv) Violazione e falsa applicazione degli artt. 237-ter e 237-quater del d.lgs. 3.4.2006, n. 152 e del d.m. 29.1.2007 – Eccesso di potere per illogicità grave e manifesta, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti;
v) Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 13, comma 1 della L.P. 5.12.2012, n. 20 e dell’Allegato A, tavole 1, 2, 3 e 4 dalla prima richiamate – Illegittimità costituzionale dell’art. 10 della L.P. 5.12.2012, n. 20 per violazione dell’art. 117, comma 2, lettera s), Cost., in riferimento agli articoli 1 della legge n. 447/1995 ed agli articoli da 1 a 7 del D.P.C.M. 14.11.1997 – Eccesso di potere per illogicità grave e manifesta, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti;
vi) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 delle Norme di attuazione del “Piano di attuazione della zona per insediamenti produttivi Etschweg”, della circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 2474 del 31.01.1973, dell’art. 4 del “Regolamento edilizio” del Comune di Cortaccia (deliberazione del Consiglio comunale n. 57/R/19.10.2004 e della Giunta provinciale n. 23/3552/4.4.2005), degli artt. 20, 6 comma 3, in combinazione con l’art. 4, comma 1, della L.P. 13.10.2017, n. 17, degli artt. 27 bis e 208 del d.lgs. 3.4.2006, n. 152 – Eccesso di potere per illogicità grave e manifesta, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti;
vii) Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, comma 3, in combinazione con l’art. 4, comma 1, della L.P. 13.10.2017, n. 17, degli artt. 1031 e 1052 c.c., degli artt. 27 bis e 208 del d.lgs. 3.4.2006, n. 152 – Eccesso di potere per illogicità grave e manifesta, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti;
viii) a) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27 bis e 208 del d.lgs. 3.4.2006, n. 152 (“provvedimento autorizzativo unico regionale”) – b) Illegittimità costituzionale dell’art. 20, commi 1, 3 e 4, per violazione dell’art. 117, comma 2, lettera s), Cost., in riferimento agli articoli 27-bis, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006 – c) Illegittimità derivata da quella delle deliberazioni nn. 262/A di data 17.10.2017 e 218/A di data 29.8.2017 della Giunta comunale di Cortaccia per: (i) Violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 44 della L.P. 11.8.1997, n. 13; (ii) Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 34-bis della L.P. 11.8.1997, n. 13 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 3, del D.P. Reg. 1.2.2005, n. 3/L e successive modificazioni (“Ordinamento dei Comuni della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige”); (iii) Eccesso di potere per manifesta illogicità, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, sviamento, ingiustizia grave e manifesta – Violazione dell’art. 21-octies, comma 1, della Legge 7.8.1990, n. 241;
ix) Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della Legge 7.8.1990, n. 241 e dell’art. 11/bis della L.P. 22.10.1993, n. 17.
5 – Con la sentenza n. 166/2019, il Tribunale adito ha respinto il ricorso.
Avverso tal pronuncia ha proposto appello l’originaria parte ricorrente.
All’udienza del 17 giugno 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1 – In via preliminare, giova richiamare le ragioni che hanno portato il giudice di primo grado al rigetto del ricorso.
La sentenza impugnata ha respinto il primo motivo di ricorso, assorbendo le ulteriori censure, in quanto, il primo rilievo: “Regge dunque al gravame il primo dei motivi sui quali poggia l’impugnata delibera della Giunta provinciale, da solo sufficiente a sorreggere e giustificare il rigetto del progetto della ricorrente, a prescindere dalla congruità delle ulteriori ragioni addotte a sostegno del contestato provvedimento negativo”.
Nel merito, della prima censura, il giudice di primo grado ha rilevato che:
a) il parere del Comitato tecnico ed il provvedimento provinciale di recepimento non conterrebbero “alcun divieto generalizzato all’importazione e alla circolazione di rifiuti speciali”, ma si limiterebbero a “rilevare l’impossibilità di valutare la provenienza dei rifiuti de quibus e quindi l’impossibilità di garantire l’osservanza del principio di prossimità sancito dall’art. 16 della direttiva rifiuti 98/2008/CE”;
b) il principio di prossimità di cui all’art. 16 della direttiva rifiuti 2008/98/CE, richiamato nella deliberazione impugnata, trova applicazione nell’ordinamento italiano non solo con riferimento allo smaltimento dei rifiuti urbani (art. 182-bis del d.lgs. 152/2006 rubricato “Principi di autosufficienza e prossimità”), ma anche con riguardo al recupero dei rifiuti speciali;
c) l’applicazione, da un lato, degli artt. 177, 178, 183 e 199 del d. lgs. n. 152/2006, dall’altro, della L.P. 26.5.2004, n. 4 e della deliberazione della Giunta provinciale n. 1028 del 26.9.2017, di approvazione del “Piano di gestione dei rifiuti speciali della Provincia autonoma di Bolzano”, inibirebbero la realizzazione di un impianto di trattamento di rifiuti speciali, la cui provenienza sia estranea al territorio provinciale, in quanto tutto ciò finirebbe per violare il principio di prossimità;
d) il principio di prossimità non può essere inteso nel senso voluto dalla ricorrente, non essendo determinante la posizione del progettato impianto di gassificazione, bensì la provenienza originaria dei rifiuti speciali necessari per l’alimentazione dell’impianto stesso;
e) al netto dei rifiuti trattati dall’inceneritore di Bolzano (“ca. 66.000 tonn/annue”), quelli gestiti da PA Holding s.r.l. sfuggirebbero “al controllo secondo il criterio della prossimità, non riuscendo l’Agenzia per l’ambiente a verificarne la provenienza”, e “di specializzazione imposti dall’ordinamento al trattamento dei rifiuti speciali”.
1.1 – Secondo l’appellante, i passaggi motivazioni innanzi sommariamente riassunti si pongono in violazione dei principi fondamentali che regolano la disciplina di settore, e precisamente: a) la parificazione della disciplina dei rifiuti urbani a quella dei rifiuti speciali; b) il disposto dell’articolo 16 della direttiva 2008/98, sui principi di autosufficienza e prossimità; c) l’efficacia della legge provinciale n. 6/2006 rispetto alla sopravvenuta legge statale 205/2010 sui principi di autosufficienza e prossimità.
1.2 – Con il sesto e settimo motivo di appello, con diversi accenti, l’appellante deduce ancora la violazione e falsa applicazione del principio di prossimità di cui all’art. 182-bis del d.lgs. 152/2006, insistendo sul fatto che tale norma preclude ai piani regionali (o provinciali) di limitare la circolazione dei rifiuti speciali.
2 – Il provvedimento impugnato ed il relativo parere tecnico, per la parte relativa alla specifica questione in esame, si esprimono come segue:
“L’impianto di trattamento termico è dimensionato per 95.000 tonn/anno di rifiuti speciali non pericolosi. Alla presentazione pubblica è stato osservato che in base alla comunicazione dell’Ufficio Gestione rifiuti del 13.04.2018 la quantità di rifiuti prodotti in Provincia di Bolzano classificabili con i codici 191212 e 191204 era pari a 39.437 tonnellate (CER 191212) e 19.951 tonnellate (CER 191204) nel 2016 e di 30.529 tonnellate (CER 191212) e 16.155 tonnellate (CER 191204) nel 2017.
I dati sono corretti, vanno però letti all’interno degli attuali flussi di rifiuti in Provincia di Bolzano. Per quanto concerne i rifiuti con codice 191212 va tenuto conto che il Piano gestione dei rifiuti speciali della Provincia autonoma di Bolzano (deliberazione della Giunta provinciale 1028/2017, ribadito nella deliberazione della Giunta 593/2018), prevede, nel rispetto del principio di prossimità sancito dall’art. 16 della direttiva 2008/98/CE, che tali rifiuti siano smaltiti in base alla loro qualità e composizione, preferibilmente nel termovalorizzatore di Bolzano. Esso tratta attualmente una quantità di rifiuti che oscilla tra le 23.000 e le 28.000 tonn/anno, cosicché la quantità di rifiuti di questa tipologia disponibile per un ulteriore impianto risulta pari a ca.16.000 tonn/anno. Rispetto ai rifiuti con codice 191204 va osservato che la maggior parte di questa tipologia di rifiuti è importata da fuori provincia (provenienza Milano, Varese, Padova, ecc…) dalla Energie AG, e poi inviata per il trattamento termico a cementifici in Germania (12.655 tonnellate nel 2017). Si ritiene che questa quantità non debba essere considerata nei potenziali rifiuti prodotti all’interno del territorio provinciale e valorizzabili localmente. La quantità potenzialmente destinabile all’impianto della Eco-energie è quindi di 8.000 tonn/anno. Complessivamente quindi a fronte di un impianto della capacità di 95.000 tonnellate sarebbe nota la provenienza soltanto di 24.000 tonnellate delle tipologie di rifiuto nominate che vengono prodotti in Alto Adige. Non è quindi possibile valutare il rispetto del principio di prossimità ai sensi della direttiva rifiuti”.
3 – Il quadro normativo entro il quale collocare la questione sottesa al giudizio è il seguente.
L’art. 16 della Direttiva 2008/98/CE individua i principi di autosufficienza e prossimità disponendo, tra l’altro, che: “Gli Stati membri adottano, di concerto con altri Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, inclusi i casi in cui detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili. La rete permette lo smaltimento dei rifiuti o il recupero di quelli menzionati al paragrafo 1 in uno degli impianti appropriati più vicini, grazie all’utilizzazione dei metodi e delle tecnologie più idonei, al fine di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute pubblica”.
Ai sensi dell’art. 178 del d.lgs. n. 152/2006 “la gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali”.
L’art. 179 del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce i criteri da seguire nella gestione dei rifiuti, che consiste nelle seguenti attività: “a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento”. Ai sensi del comma 2 del citato art. 179 tali criteri hanno lo scopo di stabilire, in generale, un “ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale”, prescrivendo che “nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica”.
L’art. 182-bis, relativo ai principi di autosufficienza e prossimità, prevede che: “Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di: a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali; b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione e raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti”.
Viene inoltre in considerazione, l’art. 199 del d. lgs. n. 152/2006 in base al quale: “Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d’ambito di cui all’articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall’articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto”. Rileva in particolare il comma 3 lett. g) del citato articolo, che tra i viari criteri individua esplicitamente: “il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti”.
3.1 – La Corte Costituzionale ha affermato che i principi di autosufficienza e prossimità, in diretta attuazione dei quali sono definiti ambiti territoriali ottimali per le tutte le attività connesse alla gestione dei rifiuti, sono cogenti esclusivamente per quanto concerne lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti urbani, ma non già per le medesime attività riguardanti i rifiuti speciali, perché per questa tipologia di rifiuti occorre avere riguardo alle relative caratteristiche ed alla conseguente esigenza di specializzazione nelle operazioni di trattamento dello stesso (in questo senso si è espressa la Corte Costituzionale, a proposito della legislazione regionale veneta, nella sentenza 4 dicembre 2002, n. 505; si vedano anche le sentenze 19 ottobre 2001, n. 355 e 14 luglio 2000, n. 281).
Nella sentenza 23 gennaio 2009, n. 10, la Corte Costituzionale, seppur abbia ribadito l’esclusione della possibilità di imporre un divieto di trattamento dei rifiuti speciali provenienti da altri ambiti territoriali, ha confermato tuttavia che “nella disciplina statale l’utilizzazione dell’impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti speciali viene a costituire la prima opzione da adottare, ma ne “permette” anche altre”.
3.2 – In provincia di Bolzano, il “Piano provinciale di gestione dei rifiuti e ambiti territoriali” è disciplinato dalla l. p. n. 4 del 26.5.2006 sulla “gestione dei rifiuti e la tutela del suolo”. L’art. 10, comma 1, della l.p. n. 4/2006, stabilisce che “1. Il piano provinciale di gestione dei rifiuti, che può essere ripartito nel piano per i rifiuti urbani e nel piano per i rifiuti speciali, costituisce il piano di settore di cui al punto IV del piano provinciale di sviluppo e di coordinamento territoriale, approvato con legge provinciale 18 gennaio 1995, n. 3, ed è approvato secondo le modalità di cui agli articoli 11 e seguenti della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13. Il piano provinciale di gestione dei rifiuti ha una durata di 10 anni”.
Con delibera della Giunta provinciale n. 1028 del 26.9.2017, pubblicata sul BUR del 10.10.2017, è stato approvato il “Piano di gestione dei rifiuti speciali della Provincia autonoma di Bolzano”. Come risulta dal punto 1.3 “Strategie ed obiettivi”, lo scopo principale del piano è quello di “descrivere al meglio lo stato della gestione dei rifiuti speciali in Alto Adige. A partire da ciò e progressivamente sono introdotti nuovi interventi che comprendono le indicazioni strategiche, gli strumenti giuridici superiori e la realità territoriale, in modo da rendere possibile anche per il futuro una gestione sostenibile ed efficiente dei rifiuti speciali. Gli obiettivi contenuti sono fondati sulla base di quelli già elencati dalla gerarchia prevista dal D.lgs. 152/2006 (prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero e smaltimento). In questi termini, la Provincia di Bolzano ha dato priorità ai seguenti obiettivi: Tutela dell’ambiente e della salute umana – Assicurare le massime garanzie di tutela dell’ambiente e della salute umana Massimizzare le attività di riciclo e recupero: – Massimizzare le attività di riciclo e di recupero, favorendo anche il recupero di energia Favorire il trattamento di rifiuti in Provincia/principio di prossimità – Favorire il trattamento dei rifiuti in provincia e garantire, per quanto possibile, lo smaltimento dei rifiuti speciali in prossimità dei luoghi di produzione Utilizzare soluzioni tecnologiche innovative – Privilegiare soluzioni tecnologiche innovative per la costruzione di nuovi impianti Unicizzare il testo – Il seguente aggiornamento prevede l’assunzione di un testo unico. Le varie tipologie di rifiuti speciali sono trattate in capitoli separati. In questo modo, si agevola la consultazione e si amplifica la comprensione del testo anche da parte dei soggetti non tecnici e non del settore (pubblici cittadini).”
4 – Alla luce della ricognizione normativa esposta, l’appello non deve trovare accoglimento.
Invero, emerge in modo inequivoco come, il cd. criterio di prossimità valga anche per la gestione dei rifiuti speciali e non solo per quelli urbani come erroneamente prospettato da parte appellante (cfr. l’art. 182-bis e l’art. 199, comma 3, lett. g).
La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ben chiarito che – seppur un divieto di smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale sia applicabile ai rifiuti urbani non pericolosi, mentre il principio dell’autosufficienza locale ed il connesso divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale non possa valere né per quelli speciali pericolosi (sentenze n. 12 del 2007, n. 62 del 2005, n. 505 del 2002, n. 281 del 2000), né per quelli speciali non pericolosi (sentenza n. 335 del 2001) – l’utilizzazione dell’impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti speciali viene a costituire la prima opzione da adottare (sentenza 23 gennaio 2009, n. 10).
Anche la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. St. 11 giugno 2013, n. 3215; 19 febbraio 2013, n. 993) ha precisato che per i rifiuti speciali ha rilievo primario il criterio della specializzazione dell’impianto, in relazione al quale deve essere coordinato il principio di prossimità, con cui si persegue lo scopo di ridurre il più possibile la movimentazione di rifiuti (cfr. Cons. Stato, 23 marzo 2015, n. 1556).
Il Comune appellato ha richiamato anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza CGUE 16 luglio 2015 in causa C-653/13), in base alla quale: “Il principio di correzione, prioritariamente alla fonte, dei danni causati all’ambiente – principio stabilito per l’azione dell’Unione in materia ambientale all’articolo 191 TFUE – implica che spetta a ciascuna regione, comune o altro ente locale adottare le misure appropriate per garantire il ricevimento, il trattamento e lo smaltimento dei propri rifiuti e che questi ultimi vanno quindi smaltiti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti, per limitarne al massimo il trasporto (sentenza Commissione/Italia, C297/08, EU:C:2010:115, punto 67).
4.1 – Alla luce delle considerazioni che precedono, pur dovendosi escludere una soluzione che preveda il divieto assoluto di trattamento di rifiuto speciali provenienti da altre regioni, il criterio della prossimità deve comunque ritenersi un criterio di cui tenere conto anche per i rifiuti speciali, unitamente agli ulteriori criteri rilevanti, ai fini della valutazione in questione.
Sotto tale profilo la prospettazione dell’amministrazione supera le censure di parte appellante, nel momento in cui, con una precisa analisi di fatto, ha ben messo in luce come tale criterio sia stato completamente trascurato nella proposta progettuale sottoposta a valutazione.
In particolare, come già illustrato nella parte in fatto, la Provincia ha rilevato che la capacità di trattamento dell’impianto, pari a 95.000 tonn/annue di rifiuti, sarebbe coperta per la gran parte (ca. 66.000 tonn/annue) da rifiuti di cui allo stato non è nota la provenienza e la natura, dal momento che la quantità di rifiuti disponibili sul territorio provinciale non corrisponde a quanto indicato in progetto (sommando le due tipologie di rifiuti (ca. 29.000 tonn/annue).
Alla luce di tali rilievi non appare censurabile la conclusione contenuta nel provvedimento impugnato, ove si legge che “risulta quindi chiaro che il progetto presentato dalla ricorrente PA Holding s.r.l., che non rendendo impossibile il controllo di oltre 2/3 dei rifiuti dei quali si chiedeva l’autorizzazione al trattamento, non permette di verificare il rispetto dei principi di prossimità e di specializzazione imposti dall’ordinamento al trattamento dei rifiuti speciali”.
La decisione impugnata non pare aver esorbitato dai limiti della discrezionalità che caratterizza le scelte in questione, anche tenuto conto del fatto che, l’evidenziata mancata considerazione del criterio della prossimità, deve essere letta anche alla luce dei dati per cui, per i rifiuti generati in provincia di Bolzano: quelli con codice 191212, la cui produzione negli anni 2016 e 2017 è stata rispettivamente di circa 40.000 tonnellate e 30.000 tonnellate, in base al piano provinciale sono destinati all’impianto già in funzione a Bolzano (che tratta attualmente dalle 23.000 alle 28.000 tonn/anno); per quelli con codice 191204, la cui produzione negli anni 2016 e 2017 è stata rispettivamente di circa 20.000 tonnellate e 16.000 tonnellate, il parere evidenzia che “la maggior parte di questa tipologia di rifiuti è importata da fuori provincia (provenienza Milano, Varese, Padova, ecc…) dalla Energie AG, e poi inviata per il trattamento termico a cementifici in Germania (12.655 tonnellate nel 2017).
I rilievi svolti nel provvedimento impugnato quanto alla mancata considerazione del criterio di prossimità appaiono dunque in sintonia con il dato per cui la Provincia appare già in grado di smaltire nell’impianto esistente buona parte dei rifiuti che produce.
4.2 – Al riguardo, non risulta condivisibile la prospettazione di cui al terzo motivo di appello che, in riferimento alla redazione del piano piano provinciale attraverso i flussi di rifiuti risultanti dal MUD, si limita a denunciare il fatto che tali dati sarebbero riferibili all’esistente, ma non sono in grado di sviluppare nessuna previsione del futuro, perché mancano i dati sulle iniziative industriali che verranno proposte in modo autonomo dalle imprese negli anni a venire dopo l’entrata in vigore del piano.
Al riguardo, non risulta in primo luogo censurabile la valutazione che ha preso le mosse da dati storici, ed in quanto tali reali ed oggettivi, tenuto conto che si tratta comunque di dati recenti; secondariamente, l’appellante non ha saputo compiutamente tracciare quale sarebbe la tendenza futura, connotando di genericità la censura, dovendosi in ogni caso evidenziare che dai dati rilevati emerge un decremento dei rifiuti prodotti (tra il 2016 e il 2017), come del resto è auspicabile anche in base alle politiche future volte al contenimento della produzione dei rifiuti; in ogni caso, la differenza rilevata (66.000 tonn/annue) appare di dimensioni tali che non appare ragionevolmente colmabile nell’immediato futuro, anche tenendo conto delle iniziative imprenditoriali che potrebbero nascere.
5 – Gli ulteriori rilievi di parte appellante entrano nel merito, insindacabile, della decisione impugnata che, per le considerazioni che precedono, sotto il profilo della sua illegittimità, non si pone in violazione della legge, né appare irragionevole o illogica rispetto al quadro fattuale sul quale si innesta.
Per tale ragione, la sentenza impugnata merita condivisione anche nella parte in cui ha messo in luce l’impossibilità di sindacare il merito della scelta in quesitone – posto che “il controllo del giudice amministrativo sulle valutazioni discrezionali non può essere mai sostitutivo; tale sindacato deve, pertanto, essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non erroneità della valutazione degli elementi di fatto e non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa, nei soli limiti della rilevabilità ictu oculi dei vizi di legittimità dedotti” (Cons. Stato, sez. V, 18.2.2013, n. 978; 13.9.2012, n. 4873; cfr. anche Cass. Civ. SS.UU. 17.2.2012) – dovendosi anche sul punto disattendere la censura di parte appellante.
6 – Alla luce delle conclusioni che precedono risulta irrilevante il secondo dei motivi di appello, con cui si contesta il passaggio della sentenza impugnata in cui si dà atto che “l’impianto EEK Eco-Energy, la cui tecnologia è stata realizzata ed applicata in Giappone, non possa costituire un utile parametro di riferimento, operando in un contesto ambientale e socio-economico totalmente diverso da quello del Comune di Cortaccia”.
Tale affermazione, ripresa dal provvedimento impugnato, non aggiunge alcun elemento rilevante rispetto alla ragione di diniego innanzi esaminati relativa alla criticità relativamente al criterio della prossimità.
7 – Vale un analogo discorso in riferimento al quinto motivo, con cui l’appellante censura il passaggio della sentenza in cui si contesta la mancata considerazione di ubicazioni alternative, dal momento che, da un lato, l’’individuazione di una diversa localizzazione per considerarsi appropriata implicherebbe di sanare il deficit innanzi riscontrato, da cui la non significatività della questione.
7.1 – Da un altro punto di vista, quando alla “criticità” dell’area individuata dall’appellante, il Comune ha in ogni caso messo in luce come risulti dallo stesso “Studio d’Impatto Ambientale (SIA)” presentato dalla società che:
– il contesto territoriale nel quale si inserisce la zona industriale “Etschweg” è di tipo agricolo e costituisce zona di interesse paesaggistico;
– la zona è inserita in un contesto territoriale a forte connotazione agricola e nelle sue vicinanze si trovano elementi di interesse paesaggistico quali meleti, biotipi (zone umide) e il Parco Naturale del Monte Corno;
– in prossimità del sito prescelto per l’intervento, sono presenti anche dei gruppi di edifici a uso residenziale, sia in direzione sud, sia in direzione nord;
– l’area è a rischio alluvioni, così come risulta dal “Piano di Gestione Rischio Alluvioni”, citato dalla stessa società.
7.2 – Sempre a tale riguardo, non risulta decisiva nemmeno la giustificazione della scelta localizzativa del gassificatore da parte di P.A. Holding, che rivendica la necessità di installare l’impianto in posizione contigua all’altro impianto di trattamento rifiuti, di proprietà della stessa PA Holding e gestito da EcoEnergy s.r.l., società controllata dalla stessa appellante.
L’amministrazione comunale, in riferimento a tale aspetto, ha correttamente evidenziato che, malgrado l’evidente interconnessione oggettiva e soggettiva che lega tra loro i due insediamenti di PA Holding nel medesimo sito, il progetto presentato non prende mai in considerazione gli “impatti cumulativi” determinati dalla presenza, nelle immediate vicinanze, di altro impianto di trattamento di rifiuti, ponendosi in contrasto con la normativa di riferimento e precludendo una valutazione globale dell’impatto creato dal nuovo impianto (cfr. Cons. Stato, n. 36/2014).
Per altro, la prospettata funzione sinergica con l’esistente impianto gestito da Eco-Energy s.r.l. (l’appellante vorrebbe alimentare il gassificatore con i rifiuti provenienti dall’impianto di Eco-Energy/P.A.) è stata ridimensionata dal giudice di primo grado che ha opportunamente rilevato che dall’impianto esistente di Eco-Energy s.r.l. potrebbero derivare solo 9000 ton/annue di rifiuti, per l’effetto resterebbe allo stato non definita la provenienza della gran parte dei rifiuti, così da rendere molto labile il rapporto di interconnessione tra i due impianti.
Rispetto a tale disamina le censure di cui al sesto motivo di appello non contestano i dati utilizzati dal giudice di primo grado, limitandosi a riproporre la censura circa la violazione e falsa applicazione dell’art. 182- bis del d.lgs. 152/2006 già disattesa dalle considerazioni che precedono.
8 – Siccome la determinazione negativa di cui all’atto impugnato poggia su una pluralità di motivi, tra loro autonomi e logicamente indipendenti, risultano improcedibili gli ulteriori motivi di ricorso dedotti dalla società, il cui accoglimento non apporterebbe alcuna utilità all’appellante, visto che il provvedimento di diniego si fonda su un’autonoma e legittima ragione. Invero, secondo un consolidato e condiviso indirizzo giurisprudenziale, un provvedimento amministrativo fondato su più ordini di motivi deve considerarsi legittimo, se almeno uno di essi sia esente da vizi e sia idoneo a sostenere congruamente l’atto stesso (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3020; sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6325; Sez. V, 28 dicembre 2007, n. 6732 e TRGA Bolzano, 2 settembre 2008, n. 312; 8 novembre 2005, n. 372; 24 maggio 2005, n. 191, 28 settembre 2004, n. 417 e 15 febbraio 2002, n. 82).
9 – Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).
L’appello va, quindi, respinto nei sensi di cui in motivazione. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese di lite, vista la complessità della controversia, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello e compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Giordano Lamberti, Consigliere, Estensore
Thomas Mathà, Consigliere
L’ESTENSORE
Giordano Lamberti
IL PRESIDENTE
Giancarlo Montedoro
IL SEGRETARIO