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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 26016 | Data di udienza: 27 Maggio 2021

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi e paesaggistici – Sequestro probatorio dell’area – Struttura adibita ad autostazione – Sequestro preventivo d’urgenza – Richiesta di dissequestro parziale – Artt. 44 lett. c) DPR n.380/01 e 142, 146, 181 D.lgs.n. 42/04 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro – Istanza di restituzione dei beni sottoposti a sequestro – Presupposti – Ricorso sulla mera esecuzione del dissequestro – Esclusione.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 8 Luglio 2021
Numero: 26016
Data di udienza: 27 Maggio 2021
Presidente: DI NICOLA
Estensore: MACRI'


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi e paesaggistici – Sequestro probatorio dell’area – Struttura adibita ad autostazione – Sequestro preventivo d’urgenza – Richiesta di dissequestro parziale – Artt. 44 lett. c) DPR n.380/01 e 142, 146, 181 D.lgs.n. 42/04 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro – Istanza di restituzione dei beni sottoposti a sequestro – Presupposti – Ricorso sulla mera esecuzione del dissequestro – Esclusione.



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 8 luglio 2021 (Ud. 27/05/2021), Sentenza n.26016

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi e paesaggistici – Sequestro probatorio dell’area – Struttura adibita ad autostazione – Sequestro preventivo d’urgenza – Richiesta di dissequestro parziale – Artt. 44 lett. c) DPR n.380/01 e 142, 146, 181 D.lgs.n. 42/04 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro – Istanza di restituzione dei beni sottoposti a sequestro – Presupposti – Ricorso sulla mera esecuzione del dissequestro – Esclusione.

L’istanza di restituzione dei beni sottoposti a sequestro, mira a rimettere in discussione l’oggetto del sequestro e i relativi presupposti e non a sindacare la mera esecuzione del dissequestro. Non rilevando, nel caso in specie, l’orientamento giurisprudenziale di legittimità (richiamato dal ricorrente) formatosi sull’interpretazione dell’art. 263 cod. proc. pen., in merito alla competenza funzionale del pubblico ministero in sede di esecuzione.

(dich. inammissibile il ricorso avverso ordinanza in data 13/01/2021 del TRIBUNALE DI COSENZA) Pres. DI NICOLA, Rel. MACRI’, Ric. Carlomagno


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 08/07/2021 (Ud. 27/05/2021), Sentenza n.26016

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da Carlomagno M. R., nato a Trebisacce;

avverso l’ordinanza in data 13/01/2021 del TRIBUNALE DI COSENZA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;

letta la memoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Paola Mastroberardino, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 13 gennaio 2021 il Tribunale del riesame di Cosenza ha rigettato l’appello presentato da M. R. Carlomagno avverso il provvedimento in data 3 novembre 2000 del Giudice per le indagini preliminari di Castrovillari.

2. La difesa dell’indagato ricostruisce in fatto che, nell’ambito di un’indagine per reati edilizi e paesaggistici, era stato disposto il sequestro probatorio dell’area, annullato poi dal Tribunale del riesame. Successivamente, lo stesso bene era stato oggetto di un sequestro preventivo d’urgenza, ridotto dal Tribunale del riesame, con ordinanza confermata dalla Corte di cassazione, alla sola struttura adibita ad autostazione.

L’indagato aveva sollecitato il dissequestro parziale, ma il Pubblico ministero aveva trasmesso l’istanza con il suo parere negativo al Giudice per le indagini preliminari, il quale, il 3 novembre 2020, aveva dichiarato il “non luogo a provvedere”, condividendo le osservazioni formulate dall’Organo inquirente.

Questo provvedimento è stato oggetto dell’appello cautelare deciso con l’ordinanza di rigetto in questa sede impugnata sulla base di quattro motivi.

Con il primo la difesa denuncia l’omessa motivazione e l’erronea applicazione della legge penale, in rapporto all’art. 111 Cost. e alle sentenze della Corte cost. n. 136 del 1972, n. 21 del 1982, n. 294 del 1995.

Lamenta in particolare il mancato rispetto dell’ordine del Tribunale del riesame (confermato dalla Corte di cassazione) di dissequestro dei beni. Sostiene che il Tribunale del riesame, pur non essendo il giudice del rinvio, si sarebbe dovuto uniformare alla decisione della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen..

Con il secondo eccepisce l’assenza di motivazione e la violazione di legge per mancato rispetto del ne bis in idem cautelare.

Il Tribunale del riesame aveva disposto la restituzione dell’area sita nel piazzale Willy Brandt del Comune di Trebisacce, identificata in catasto terreni al fg. 33, part. n. 754, 755 e 1020, limitatamente alla parte non interessata dai lavori di realizzazione dell’autostazione mentre la Corte di cassazione aveva confermato l’ordinanza, dichiarando inammissibile il ricorso del Pubblico ministero.

Lamenta che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame aveva violato il “giudicato cautelare.”

Con il terzo deduce l’assenza di motivazione e la violazione di legge in relazione agli art. 292, 309, comma 9, ultimo periodo, 324, comma 7, cod. proc. pen., 27, primo comma, Cost.

Afferma che il sequestro si basava sulla violazione degli art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 e 181, comma d.lgs. n. 42 del 2004 nonché degli art. 142, comma 1, lett. a) e 146 d.lgs. n. 42 del 2004; 26, commi 4 e 8, d.lgs. n. 50 del 2016; 7, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, e non sulla violazione, neppure concorrente, dell’art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001.

Osserva che il Tribunale aveva mantenuto il sequestro preventivo per ragioni diverse da quelle per le quali era stato adottato.

Con il quarto lamenta l’assenza di motivazione e la violazione di legge in relazione agli art. 263, commi 4 e 5, e 127 cod. proc. pen., perché sull’esecuzione del provvedimento, quando l’interessato formuli correttamente l’istanza di restituzione delle cose sottoposte a sequestro, è competente a decidere il pubblico ministero e non il giudice per le indagini preliminari, con la conseguenza che l’eventuale provvedimento di questi è nullo per incompetenza funzionale.

Chiede pertanto l’annullamento senza rinvio del provvedimento gravato e la trasmissione degli atti al Pubblico ministero presso il Tribunale di Castrovillari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

Il Tribunale del riesame ha ricostruito in fatto che l’indagato aveva impugnato con l’appello cautelare il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del 3 novembre 2020 di rigetto dell’istanza di dissequestro, il provvedimento del Pubblico ministero del 4 novembre 2020 di rigetto dell’istanza di riattivazione dell’impianto di videosorveglianza a presidio dei beni sequestrati e a tutela dell’integrità patrimoniale degli stessi, e del provvedimento del Pubblico ministero di revoca della sua nomina a custode giudiziario.

Secondo l’indagato, vi erano dei manufatti di remota costruzione nell’ambito dei quali vi erano i locali destinati a bagni pubblici che erano oggetto di dissequestro.

Secondo il Pubblico ministero, invece, non solo questi beni non erano stati dissequestrati dal Tribunale del riesame, quanto poi non poteva essere autorizzata la loro ristrutturazione, né si giustificava la videosorveglianza, né infine l’indagato poteva continuare l’incarico di custode giudiziario.

Il ricorrente aveva proposto due distinti appelli, uno avente ad oggetto il provvedimento del Pubblico ministero del 4 novembre 2020 e l’altro avente ad oggetto il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del 3 novembre 2020 che aveva rigettato l’istanza di restituzione delle particelle n. 1017 e 1018.

Va precisato che oggetto del presente ricorso per cassazione è solo il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari.

Il Tribunale del riesame ha correttamente ritenuto la sua competenza sull’appello cautelare avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari che aveva rigettato l’istanza di restituzione dei beni sul presupposto che le particelle 1017 e 1018 non fossero oggetto di dissequestro.

Infatti, a ben vedere, l’istanza originaria di restituzione dei beni mira a rimettere in discussione l’oggetto del sequestro e i relativi presupposti, non a sindacare la mera esecuzione del dissequestro. Pertanto, non rileva in questa sede l’orientamento giurisprudenziale di legittimità formatosi sull’interpretazione dell’art. 263 cod. proc. pen., in merito alla competenza funzionale del pubblico ministero in sede di esecuzione (tra le più recenti, Cass., Sez. 3, n. 9986 del 19/12/2019, Messori, Rv. 278532-01, richiamata dal ricorrente).

Il Tribunale del riesame, che ha colto questo aspetto, ha focalizzato la sua attenzione sul perimetro della cautela, osservando che, quando aveva accolto parzialmente il riesame, il Tribunale aveva annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari il 21 febbraio 2020 limitatamente alle contestazioni 1 e 2 della provvisoria imputazione e disponendo la restituzione all’avente diritto dell’area sita in piazzale Willy Brandt del Comune di Trebisacce, identificata in catasto terreni al fg 33, part. n. 754, 755 e 1020 limitatamente alla parte non interessata dai lavori di realizzazione dell’Autostazione, indicata in imputaziorie, per brevità, OPERA.

In altri termini, il Tribunale del riesame aveva ravvisato il fumus del reato paesaggistico (capo 4) e del reato edilizio (capo 3) e aveva disposto la restituzione dell’area limitatamente alla parte non interessata dai lavori dell’autostazione, ivi compresa la parte dell’area bagni pubblici, poiché, ai fini del periculum, l’opera non poteva considerarsi completa come da nota della Guardia di finanza del 12 febbraio 2020.

Secondo l’ordinanza impugnata, le particelle 1017 e 1018, su cui insistevano i bagni, pur non essendo menzionate nel provvedimento di sequestro, facevano comunque parte della maggior area di mq 4.400 oggetto di sequestro, e quindi erano state a loro volta sequestrate. Considerato che il sequestro era stato mantenuto sia in relazione al reato paesaggistico che al reato edilizio, il Tribunale del riesame ha respinto l’appello cautelare.

Il ricorrente non si confronta con tale decisione, ma agita questioni di fatto in merito all’oggetto e ai motivi del sequestro nonché all’interpretazione del dispositivo dell’ordinanza su cui si è formata la preclusione cautelare, la cui cognizione è preclusa al giudice di legittimità.

Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso, il 27 maggio 2021

 

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