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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Aree protette, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 5152 | Data di udienza: 17 Giugno 2021

AREE PROTETTE – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Inammissibilità della sanatoria urbanistico edilizia in area perimetrata a parco – Abuso edilizio – Permesso di costruire in sanatoria – Art. 36 del d.P.R. 380/2001 – Nulla-osta – Art. 13, l. 394/1991 – Illegittimità del nulla-osta postumo (Massima a cura di Antonio Persico)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Luglio 2021
Numero: 5152
Data di udienza: 17 Giugno 2021
Presidente: Montedoro
Estensore: Mathà


Premassima

AREE PROTETTE – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Inammissibilità della sanatoria urbanistico edilizia in area perimetrata a parco – Abuso edilizio – Permesso di costruire in sanatoria – Art. 36 del d.P.R. 380/2001 – Nulla-osta – Art. 13, l. 394/1991 – Illegittimità del nulla-osta postumo (Massima a cura di Antonio Persico)



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 6 luglio 2021, n. 5152

AREE PROTETTE – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Inammissibilità della sanatoria urbanistico edilizia in area perimetrata a parco – Abuso edilizio – Permesso di costruire in sanatoria – Art. 36 del d.P.R. 380/2001 – Nulla-osta – Art. 13, l. 394/1991 – Illegittimità del nulla-osta postumo

Il legislatore, stante la prioritaria esigenza di salvaguardia e tutela di valori costituzionalmente rilevanti quali l’ambiente e la natura oggetto di protezione integrale nell’ambito delimitato dal Parco, ha costruito il nulla-osta come atto necessariamente destinato a precedere il rilascio di provvedimenti abilitativi puntuali che riguardino un singolo, specifico intervento da valutarsi preventivamente. Si tratta infatti di evitare che l’antropizzazione del Parco segua una logica casuale e connotata dalla creazione di stati di fatto quale quella che connota talvolta inevitabilmente lo sviluppo urbano, una volta introdotta la regola generale di ammissibilità delle valutazioni postume.

(Annulla T.A.R. Campania, Napoli, n. 2160/2019 – Pres. Montedoro, Est. Mathà – Ente Parco Nazionale del Vesuvio (Avv. Stato) c. P. L. (avv. R. Montefusco), V.L. (n.c.) e Comune di Torre del Greco (avv. E. Furno)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ - 6 luglio 2021, n. 5152

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7124 del 2019, proposto da
Ente Parco Nazionale del Vesuvio (E.P.N.V.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Pasquale Langella, rappresentato e difeso dall’avvocato Raffaele Montefusco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Vincenza Langella, non costituito in giudizio;
Comune di Torre del Greco, rappresentato e difeso dall’avvocato Erik Furno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Enrico Califano in Roma, piazza dei Consoli 11;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Terza) n. 02160/2019, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Pasquale Langella e di Comune di Torre del Greco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 giugno 2021 il Cons. Thomas Mathà e uditi per le parti l’avvocato Raffaele Montefusco in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Nel 2014 sono stati accertati da parte della Legione Carabinieri Campania, stazione di Torre del Greco, e dell’Ufficio Tecnico del Comune di Torre del Greco lavori non autorizzati presso un immobile sito a Torre del Greco, via Sotto ai Camaldoli 59 (U.T.E. foglio 21 particelle 921, 923, 72, 821). I proprietari dello stabile, Vincenza e Pasquale Langella, che avevano acquistato l’insieme pocanzi descritto nel 2011, in seguito alla demolizione di alcuni manufatti contestati, hanno chiesto successivamente all’amministrazione comunale due permessi di costruire in sanatoria.

La prima pratica edilizia 321/2014 riguardava opere realizzate agli immobili iscritti al catasto fabbricati al foglio 21, particella 922 sub 1, 2 e 3, mentre la seconda pratica 485/2014 concerneva opere riguardanti immobili censiti nel catasto terreni al foglio 21, particelle 921, 923, 72 e 821. Per oltre opere non autorizzate, e ritenute preesistenti, oggetto di precedenti ordinanze di demolizione da parte del Comune di Torre del Greco (n. 670 e 671 dd. 9.4.2014), furono invece conclusi lavori di ripristino dello stato dei luoghi, seguito successivamente da una revoca parziale dell’ordine di demolizione. L’interpellata Soprintendenza Beni Ambientale e di Paesaggio di Napoli avvallava le richieste con parere di conformità paesaggistica dd. 12.6.2015.

L’Ente Parco Nazionale del Vesuvio, chiamato nel predetto procedimento in sanatoria, ingiungeva però al proprietario, con propria ordinanza di demolizione n. 15 dd. 28.3.2015, la sospensione di ogni lavoro in corso e l’eliminazione o rimozione di tutte le opere abusive e comunicava con provvedimento dd. 1.10.2015 una risposta negativa circa la domanda in sanatoria.

2. Avverso tali provvedimenti, i proprietari Vincenza e Pasquale Langella presentavano due autonomi ricorsi giurisdizionali al T.A.R. della Campania (ricorsi n. 5521/2015 e n. 6362/2015), ponendo a fondamento della domanda di annullamento le seguenti censure: per quanto riguardava il ricorso 5521 violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del DPR 380/2001 (in combinato disposto con l’art. 13 della legge 394/1991, degli artt. 2 e 3 della legge 241 del 1990, eccesso di potere e per difetto di motivazione; per quanto riguardava invece il ricorso 6362/2015, la violazione degli artt. 3, 6, 7, 10-bis della legge n. 241 del 1990, degli artt. 6 e 12 della legge n. 394 del 1991, difetto di motivazione ed eccesso di potere.

3. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione terza, con sentenza n. 2160 del 2019, riuniti i due ricorsi, accoglieva il secondo ricorso e dichiarava improcedibile il primo.

4. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio (E.P.N.V.), deducendo la violazione dell’art. 12 della legge 394 del 1991 e delle prerogative e dei poteri di autotutela del Parco, dell’art. 37, co. 2 del D.P.R. 380/2001 e la falsa applicazione dell’art. 36 del citato D.P.R. 380 del 2001, chiedendo anche la sospensione cautelare della sentenza.

5. Resistono in giudizio i signori Langella, insistendo per il rigetto del gravame.

5.1 Si è costituito anche il Comune di Torre del Greco, chiedendo – con clausola di mero stile – il rigetto dell’appello, perché infondato.

6. Con ordinanza n. 4644 del 2019, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare.

6.1 All’udienza pubblica del 17 giugno 2021 la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.

7. Il Collegio ritiene che la sentenza di primo grado non possa essere confermata.

7.1 L’ente appellante sostiene che il T.A.R. sia incorso in un errore di fatto, avendo ritenuto l’intervento dell’E.P.N.V. un intervento spiegato direttamente sulle istanze di accertamento, travalicando i poteri e le competenze istituzionali.

La sentenza per quanto più interessa motiva sullo sconfinamento dell’Ente Parco nell’ambito delle competenze di altre amministrazioni.

Il giudice di prime cure ha rilevato come “l’E.P.N.V. sia incompetente ad adottare una declaratoria d’inammissibilità dell’istanza di accertamento di conformità, per di più riferita ad aspetti di natura edilizia che l’Amministrazione competente non ha minimamente opposto, ciò in quanto: per un verso, ed in termini generali, la valutazione in ordine all’ammissibilità ed alla sussistenza dei presupposti rilevanti per l’emanazione del provvedimento richiesto dal privato, sono riservate, a mente dell’art. 6 della legge n. 241/90, all’amministrazione procedente ed al responsabile del procedimento da questa designato (e non dunque all’amministrazione unicamente preposta a rendere un nulla osta ancillare a detta attività amministrativa), valutazione di ammissibilità e di legittimazione che nella specie doveva ritenersi già favorevolmente acquisita da parte del Responsabile del procedimento risultando implicita nella richiesta di N. 05521/2015 REG.RIC. nulla osta all’E.P.N.V.; per altro verso e nello specifico, la declaratoria d’inammissibilità di che trattasi (essendo la valutazione di ammissibilità dell’intervento riferita ad aspetti di natura e valenza squisitamente urbanistico edilizia) esula dalle competenze dell’Amministrazione preposta alla tutela dei valori ambientali di cui alla legge n. 349/1991”.

Si continua altresì in sentenza l’analisi della fattispecie rilevando che “il parere di cui all’art. 13 della legge sulle aree protette non può essere rilasciato in sanatoria nei procedimenti di accertamento di conformità di cui all’art. 36del DPR 380/01 i quali dovranno concludersi necessariamente con un provvedimento negativo a pena di illegittimità, è tale da inficiare il provvedimento dell’Ente Parco anche sotto altro profilo, puntualmente censurato con ulteriore profilo da parte ricorrente, in proposito rilevando che:

– l’avversata declaratoria d’inammissibilità (non solo non contiene alcun giudizio di verifica concreta di compatibilità dell’intervento con le prescrizioni del Piano e con i valori ambientali sottesi all’imposizione del vincolo ma, circostanza ancor più grave) pone alla base del proprio erroneo convincimento motivo il citato parere dell’Avvocatura dello Stato (prot. n. 444206 del 2014), questa volta, nella parte in cui asserisce l’impossibilità di rilascio da parte dell’Ente Parco di un nulla-osta sanatoria (ossia successivamente alla realizzazione delle opere abusive), in ragione della necessità di adeguamento alle caratteristiche peculiari del procedimento di sanatoria ex art. 36, d.P.R. 380/2001;

– tuttavia l’assunto è del tutto erroneo in quanto non tiene conto che il procedimento di accertamento di conformità dettagliato dall’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, non obliterando anche le esigenze di concentrazione e di coordinamento dell’attività amministrativa, costituisce invero espressione di un principio generale che, in ossequio a palesi canoni di economia procedimentale consente di “assentire ex post” interventi che costituiscono abusi solo in senso formale e non sostanziale, atteso che i medesimi, pur non debitamente assentiti all’epoca della realizzazione, non collidono con gli interessi pubblici specificamente tutelati dalle amministrazioni all’uopo preposte”.

L’appellante Ente Parco sostiene di essere rimasto nell’ambito delle proprie competenze, avendo espresso invece un mero parere.

La sentenza sarebbe inoltre errata in quanto il Giudice di prime cure ha presunto esistente una possibilità generale di sanatoria per violazioni formali ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380 del 2001 quando invece nella specie vi sono violazioni sostanziali.

Le valutazioni espresse da E.P.N.V. sono, secondo la difesa erariale, autonome e fondate su principi diversi, e quindi è possibile che ad un accertamento positivo della Soprintendenza segua uno negativo ed assolutamente preclusivo dell’Ente Parco.

Inoltre, l’appellante amministrazione critica la sentenza in riguardo a due particolari profili evidenziati dal giudice:

a) la valenza trasversale dell’art. 36 D.P.R. 380/2001 per entrambe le tematiche (urbanistico-edilizia ed ambientale);

b) l’interpretazione della predetta norma, in combinato disposto con l’art. 13 della legge 394 del 1991, che può avvenire – si assume errando da parte del giudice di prime cure – anche solamente in riferimento al momento dell’emanazione dell’atto in sanatoria e non necessariamente e solo in via preventiva con riguardo al momento dell’esecuzione delle opere.

Per quanto riguarda l’argomentazione sub a), l’amministrazione ricorrente in appello ritiene invece l’ambito di applicazione della sanatoria riservato alla tematica urbanistica ed escludente in modo assoluto quella ambientale.

Le violazioni oggetto del processo poi non sarebbero formali, ma sostanziali, avendo alterato l’ambiente attraverso una serie di interventi edili.

La statuizione sub b) viene contestata evidenziandone l’erroneità per l’affermata necessità che l’adozione del nulla osta debba avvenire necessariamente prima della realizzazione degli interventi di trasformazione del territorio del parco che sono oggetto di protezione integrale con conseguente esclusione dell’eventualità che possano rendersi pareri postumi in sede di adozione del provvedimento finale di accertamento in conformità.

7.2 Ex adverso, l’appellato ritiene che il capo della sentenza riguardante la decisione sulla sussistenza dei presupposti di ammissibilità dell’istanza in sanatoria tramite il responsabile del procedimento del comune (richiedente il nulla osta) non sia stato specificatamente gravata dall’appello e quindi sia inammissibile. La difesa erariale si sarebbe limitata ad eccepire l’errore di fatto.

Aggiunge l’appellato che la censura sia errata, non potendo dubitarsi dell’attitudine della disciplina di legge di cui all’art. 36 del DPR 380/2001 a costituire un principio generale applicabile anche in materia di vincoli, con la sola ma un principio generale dell’ordinamento che consenta di eliminare le violazioni di connotato formale, laddove non ci siano pregiudizi sostanziali dei valori sottesi alla tutela dei rispettivi vincoli.

7.3. L’appello è fondato e merita di essere accolto.

In primo luogo va respinta l’eccezione di inammissibilità dello stesso per non aver gravato in modo espresso la statuizione della sentenza relativa al provvedimento comunale di trasmissione delle istanze di sanatoria all’Ente Parco.

Il gravame va interpretato in modo sostanzialistico e le censure proposte rendono chiara la contestazione di tutta la logica della decisione , sostenendosi la piena legittimità dell’ordine di ripristino adottato dall’Ente Parco non vi era alcun bisogno di formulare specifici argomenti avverso l’atto di trasmissione comunale delle sanatorie al Parco, per la superfluità di tali deduzioni alla luce della tesi esposta dall’appello che è esaustiva sul piano logico ed assorbe implicitamente anche la questione dell’illegittimità della condotta del Comune.

La questione principale della causa nel merito è relativa all’interpretazione dell’art. 13 della legge quadro sulle aree protette ed all’ammissibilità di sanatorie urbanistico edilizie in aree perimetrate a parco.

L’Adunanza Plenaria n. 17 del 2016, nel salvare il silenzio assenso di cui al predetto art. 13 della legge quadro n. 13 del 1991 ha sottolineato la “specialità” della disciplina sui parchi come aree di protezione integrale della natura nelle quali vale il principio della c.d. ecologia profonda che implica la conservazione integrale della natura e limitati interventi di antropizzazione conformi alla pianificazione del Parco.

La Plenaria ha evidenziato che il nulla osta dell’art. 13, legge n. 394 del 1991 ha ad oggetto la previa verifica di conformità dell’intervento con le disposizioni del piano per il parco (che – a norma dell’art. 12 – persegue la tutela dei valori naturali ed ambientali affidata all’Ente parco) e del regolamento del parco (che – a norma dell’art. 11 – disciplina l’esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco).

Quegli atti generali rappresentano gli strumenti essenziali e indefettibili della cura dell’interesse naturalistico e ambientale in ragione della quale è istituito il parco con il suo «speciale regime di tutela e di gestione».

Essi disciplinano in dettaglio e per tutto il territorio del parco gli interventi e le attività vietati e quelli solo parzialmente consentiti, le loro ubicazioni, destinazioni, modalità di esplicazione e così via, secondo un disegno organico inteso a «la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale».

A differenza di una valutazione di compatibilità, la detta verifica di conformità – che solo accerta la conformità degli interventi concretamente prospettati alle figure astrattamente consentite – non comporta un giudizio tecnico-discrezionale autonomo e distinto da quello già dettagliatamente fatto e reso noto, seppure in via generale, mediante i rammentati strumenti del Piano per il parco e del Regolamento del parco.

L’interpretazione dell’Adunanza Plenaria è puntuale: “Questi strumenti, dettando i parametri di riferimento per la valutazione dei vari interventi, inverano l’indispensabile e doverosa cura degli interessi naturalistico-ambientali.

I limiti di cui si tratta sono del resto intesi essenzialmente alla preservazione del dato naturalistico e si esplicano per lo più in valutazioni generali di tipo negativo con l’indicazione di opere reputate comunque incompatibili con quella salvaguardia. Sicché detti strumenti assorbono in sé le valutazioni possibili e le traducono in precetti per lo più negativi (divieti o restrizioni quantitative), rispetto ai quali resta in concreto da compiere una mera verifica di conformità senza residui margini di apprezzamento. Il che è reso ontologicamente possibile dall’assenza, rispetto all’interesse naturalistico, di spazi per valutazioni di tipo qualitativo circa l’intervento immaginato: si tratta qui infatti, secondo una distinzione di base ripetutamente presente in dottrina a proposito delle varie declinazioni della tutela ambientale, di salvaguardare l’«ambiente-quantità», il che tecnicamente consente questo assorbimento, negli atti generali e pianificatori, della cura dell’interesse generale. Questi strumenti così definiscono ex ante le inaccettabilità o limiti di accettabilità delle trasformazioni che altrimenti caratterizzerebbero un congruo giudizio di compatibilità rispetto a quella salvaguardia.”

Il citato art. 13 della legge quadro subordina il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti od opere al nulla-osta dell’Ente parco che ne verifica la compatibilità con la tutela dell’area naturale protetta (art. 13, comma 1).

Ma non riguarda opere in sanatoria. E ciò si spiega.

Si tratta infatti di evitare che l’antropizzazione del Parco segua una logica casuale e connotata dalla creazione di stati di fatto quale quella che connota talvolta inevitabilmente lo sviluppo urbano, una volta introdotta la regola generale di ammissibilità delle valutazioni postume (art. 36 del t.u. edilizia ).

Con specifico riguardo alla natura del nulla-osta in argomento si evidenzia come esso sia, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, “atto diverso dall’autorizzazione paesaggistica agli interventi, agli impianti e alle opere da realizzare, in quanto atto endoprocedimentale prodromico rispetto al rilascio dell’autorizzazione stessa” (Corte cost., sentenza 29 dicembre 2004, n. 429) dotato di una sua autonomia essendo l’interesse naturalistico ambientale diverso da quello paesaggistico.

Infatti la valutazione paesaggistica postuma, entro certi limiti, dall’art. 167 comma 4 del Codice dei beni culturali e del paesaggio che recita: “L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.”

Nulla di analogo è prescritto per il nulla osta ad interventi nell’ambito dei parchi.

Se ne deve desumere la radicale inammissibilità dei pareri postumi dell’Ente Parco e la natura preventiva dell’autorizzazione di cui all’art. 13 della legge quadro sulle aree protette.

Il nulla-osta si inserisce, nella trama normativa della legge quadro, come punto terminale di contatto, come elemento di congiunzione tra le esigenze superiori della protezione naturalistica e le attività economiche e sociali e va letto coordinandolo con le altre previsioni di meccanismi operativo-funzionali. In un’area integralmente protetta, infatti, sono vietate tutte quelle attività che non siano espressamente consentite dal piano e dettagliatamente disciplinate nel relativo regolamento.

Ne deriva che il legislatore, stante la prioritaria esigenza di salvaguardia e tutela di valori costituzionalmente rilevanti quali l’ambiente e la natura oggetto di protezione integrale nell’ambito delimitato dal Parco, ha costruito il nulla-osta come atto necessariamente destinato a precedere il rilascio di provvedimenti abilitativi puntuali che riguardino un singolo, specifico intervento da valutarsi preventivamente.

Queste utili precisazioni sulla scorta della ritenuta specialità della disciplina dei parchi già evocata nella citata sentenza dell’Adunanza Plenaria, vanno poste alla base della ricostruzione dell’istituto in esame e ne chiariscono la peculiarità, portando il Collegio a non poter seguire il ragionamento del T.A.R. Campania.

La differenza tra immobili o aree oggetto di puntuale tutela paesaggistica e le aree integralmente protette, rimesse alla tutela tramite specifici Enti Parco, e le finalità di tutela, in funzione all’antropizzazione del territorio, non consentono quindi un’applicazione della sanatoria prevista nell’art. 36 del DPR 380/2001.

Va ricordato che i ricorrenti in primo grado avevano ottenuto, in data 12.6.2015, (prot. n. 7862) il parere di conformità paesaggistica della Soprintendenza delle B.A. e Paesaggio di Napoli atteso che l’intervento non è in contrasto con i caratteri paesaggistici del contesto, inserendosi nell’ambiente circostante senza alterazioni rilevanti.

Ma le prescrizioni di NTA del vigente PTP nelle Zone di “protezione integrale” (in combinato disposto artt. 11 e 9 NTA) vietano qualsivoglia incremento volumetrico e consentono solamente interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente.

Qui siamo però di fronte ad interventi nuovi, come prospetta l’appellante:

– recinzione per circa 10 mt. di lunghezza ed alta circa 2 mt. con inferriata e cancello in ferro;

– costruzione di muretti completi di intonaco e pitturazione;

– costruzione di piccola rampa di scala per il dislivello di due ambienti;

– realizzazione di un impianto sanitario;

– realizzazione di alcune rampe di scale in calcestruzzo allo stato grezzo;

– costruzione di due colonne in muratura aventi dimensioni circa m 0.30 x0.30 ed altezza circa m. 2.40;

– realizzazione al primo piano di un ampliamento in muratura sul prospetto est di circa mq. 9,50 altezza circa m 2.70, completo di pitturazione, pavimentazione e infisso esterno. In adiacenza a detto ampliamento, risulta essere presente un altro vano in muratura in ampliamento;

– sostituzione della copertura della tettoia in legno posta sul terrazzo ad est del primo piano, con tavole in legno con soprastante materiale impermeabilizzante, e realizzazione anche dei pilastrini in muratura di appoggio delle travi orizzontali e muretti di collegamento completi di intonaco, mattonelle in cotto;

– nell’area di pertinenza dei fabbricati, movimenti di terra, riempimento e sbancamento di aree, rampe di accesso per il collegamento del dislivello di varie quote, ed il percorso veicolare formato da stradina in terra battuta.

Né depone in senso contrario la giurisprudenza della Sezione che qualche volta ha ammesso valutazioni postume di manufatti edificati nei parchi.

Tali valutazioni restano ammissibili a fronte di sopravvenienze dei vincoli del parco.

Si ricordi quanto affermato in analoga fattispecie relativa però a manufatti preesistenti il piano del Parco “in altri termini, il diniego dell’Ente parco non avrebbe potuto far perno esclusivamente sulla contrarietà dell’intervento edilizio realizzato rispetto alle nuove previsioni del piano del parco, che evidentemente hanno valenza vincolante pro futuro senza incidere, in senso draconianamente ostativo, in ordine alle costruzioni già realizzate e già oggetto di domanda di sanatoria straordinaria. Sotto tale profilo, appare apprezzabile e meritevole di accoglimento il motivo di ricorso di primo grado che ha stigmatizzato il carattere irragionevole ed insufficiente della motivazione addotta dall’Ente parco, esclusivamente su tale questione, a sostegno del diniego di nulla-osta” (Cons. Stato, sez. VI, n. 231/2014 in senso analogo ma più generico C. Stato, sez. VI, 2833/2009, e Cons. Stato, sez. VI, n 5646/2008).

Appare più che sostenibile e non illogica l’esegesi che differenzia i beni oggetto della tutela (ambiente ed edilizia ) piuttosto che quella che generalizza le valutazioni postume sulla base del combinato disposto della norma contenuta nell’art. 36 del D.P.R. 380/2001 con l’art. 13 della legge quadro sulle aree protette (legge n. 394/1991).

Tale differenziazione di ambiti porta l’amministrazione appellante a chiedere la riforma della sentenza sulla base della ritenuta legittimità del diniego da parte dell’Ente Parco che non avrebbe quindi sconfinato nell’ambito dei poteri comunali ma solo difeso le proprie prerogative a fronte di una impropria richiesta di parere.

Dispone l’art. 13 che è l’unica disposizione applicabile al caso di specie: “Il rilascio di concessioni ed autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato.”

Non rileva in alcun modo l’istituto dell’accertamento di conformità che rimane di applicazione generale anche per le aree soggette a vincoli ma non oggetto di protezione integrale.

7.4 Non si può quindi sostenere un difetto di motivazione del provvedimento dell’E.P.N.V. e richiamare l’Ente pubblico ad attenersi alla normativa speciale afferente alla tutela dell’area protetta del cui rispetto ne rappresenta il garante, quando ragioni di tutela così ampie – come nel caso di aree integralmente protette – non ammettono sanatorie su opere realizzate senza titolo.

Per i titoli paesaggistici specifici esiste una disciplina che ammette pareri postumi, ma solo per interventi di lieve entità (art. 167 del d.lgs. 42 del 2004); e succede che anche la normativa regionale (cfr. Regione Lazio, legge regionale 29/1997, art. 28) esclude espressamente tali pareri postumi. In assenza di leggi regionali permissive in materia di parchi (che sarebbero comunque da sottoporre a vaglio costituzionale, perché la tutela dell’ambiente spetta allo Stato e che nella specie non sono state invocate ), si ritiene corretta l’interpretazione rigorosa dell’art. 13 della legge sulle aree protette, che ammette solo nulla osta preventivi.

L’appello va dunque accolto.

La particolarità della causa portano il Collegio a ritenere presenti apprezzabili e sufficienti elementi previsti dalla legge per una compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 7124 del 2019, come in epigrafe proposto, lo accoglie, annulla la sentenza 2160/2019 del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione terza, e per l’effetto, respinge i ricorsi in primo grado. Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2021 con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

Thomas Mathà, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Thomas Mathà

IL PRESIDENTE
Giancarlo Montedoro

IL SEGRETARIO

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