TUTELA DEI CONSUMATORI – Frode in commercio – Consegna all’acquirente di un aliud pro alio o di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita – Lealtà e correttezza – Bene giuridico tutelato – Elemento soggettivo – Dolo generico – Differenza con la truffa contrattuale.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 5 Agosto 2021
Numero: 30685
Data di udienza: 30 Giugno 2021
Presidente: RAMACCI
Estensore: LIBERATI
Premassima
TUTELA DEI CONSUMATORI – Frode in commercio – Consegna all’acquirente di un aliud pro alio o di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita – Lealtà e correttezza – Bene giuridico tutelato – Elemento soggettivo – Dolo generico – Differenza con la truffa contrattuale.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 5 agosto 2021 (Ud. 30/06/2021), Sentenza n.30685
TUTELA DEI CONSUMATORI – Frode in commercio – Consegna all’acquirente di un aliud pro alio o di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita – Lealtà e correttezza – Bene giuridico tutelato – Elemento soggettivo – Dolo generico – Differenza con la truffa contrattuale.
Il delitto di frode in commercio, incriminando la consegna all’acquirente di un aliud pro alio o di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita, tutela la lealtà e la correttezza negli scambi commerciali. Il bene giuridico tutelato va individuato nel leale esercizio dell’attività commerciale e la condotta tipica punita consiste nella consegna di una cosa diversa per origine, provenienza, qualità o quantità da quella oggetto del contratto, indipendentemente dal fatto che l’agente abbia usato particolari accorgimenti per ingannare il compratore o dalla circostanza che quest’ultimo potesse facilmente, applicando normale attenzione e diligenza, rendersi conto della difformità tra merce richiesta e consegnata. Il delitto è, poi, configurabile anche nel caso in cui l’acquirente non effettui alcun controllo sulla merce offerta in vendita, essendo irrilevanti sia l’atteggiamento, fraudolento o meno, del venditore, sia la possibilità per l’acquirente di accorgersi della diversità della merce consegnatagli rispetto a quella richiesta. L’elemento soggettivo consiste nel dolo generico, ossia nella consapevolezza di cedere, nell’esercizio del commercio, una cosa mobile che, per origine, provenienza, qualità o quantità, sia difforme da quella dichiarata come posta in vendita. Sicché, la fattispecie della truffa contrattuale si distingue da quella della frode in commercio perché l’una si concretizza quando l’inganno perpetrato nei confronti della parte offesa sia stato determinante per la conclusione del contratto, mentre l’altra si perfeziona nel caso di consegna di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita, ma sul presupposto di un vincolo contrattuale costituito liberamente senza il concorso di raggiri o artifici.
(rigetta il ricorso avverso sentenza del 1/7/2020 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO) Pres. RAMACCI, Rel. LIBERATI, Ric. Michelon
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 05/08/2021 (Ud. 30/06/2021), Sentenza n.30685SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da M. A., nato a Trento;
avverso la sentenza del 1/7/2020 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta Marinelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni depositate dal difensore del ricorrente, avv. Mauro Bondi, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 1 luglio 2020 la Corte d’appello di Trento ha respinto l’impugnazione proposta da Aurelio M. nei confronti della sentenza del 5 novembre 2018 del Tribunale di Trento, con la quale lo stesso M. era stato condannato alla pena di 1.000,00 euro di multa e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in relazione al reato di cui all’art. 515 cod. pen. (ascrittogli per avere, nell’esercizio di una attività commerciale, consegnato all’acquirente, D. D. G., una cosa mobile di qualità diversa da quella pattuita, avendo concordato la vendita di una automobile Jeep Renegade Longitude dotata, tra gli altri accessori, di lettore cd, sedili con regolazione elettrica, controllo automatico del climatizzatore e gommatura stagioni, e poi consegnato all’acquirente una autovettura della medesima marca e modello ma priva di detti accessori, del valore di euro 5.050,00; in Lavis, il 25 ottobre 2016); con la medesima sentenza la Corte d’appello ha anche condannato l’imputato a rifondere alla parte civile le spese processuali dalla stessa sostenute nel giudizio di impugnazione.
2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo.
Dopo aver premesso, in punto di fatto, di essere amministratore della A. A. S.r.l., svolgente attività di vendita di automobili nuove e usate, e di avere, nell’ambito di tale attività, concluso con D. D. G. la vendita di una autovettura Jeep Renegade 2.0, che era stata a lungo visionata dall’acquirente, prima della vendita, sia internamente sia all’esterno, ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’errata applicazione dell’art. 515 cod. pen., per essere stata ritenuta configurabile una ipotesi di frode in commercio, nonostante la vicenda dovesse essere ricondotta alla mera mancanza di qualità della cosa venduta, alla quale ovviare attraverso l’azione civile di riduzione del prezzo.
Ha censurato, in particolare, quanto affermato dalla Corte d’appello per giustificare la configurabilità di detto reato, e cioè la rilevanza, sotto il profilo oggettivo, della divergenza qualitativa (derivante dalla mancanza di alcuni optional sul veicolo), e, sul piano soggettivo, della condotta dell’imputato, che aveva accompagnato l’acquirente nel capannone laddove era custodita l’automobile affinché potesse visionarla, in quanto tale condotta non era idonea a cagionare un’offesa a una pluralità consumatori, e quindi a ledere l’interesse protetto dalla norma, costituito dal leale esercizio del commercio e non dall’interesse privato del singolo contraente, con la conseguente erroneità della affermazione della configurabilità del reato, come desumibile anche da tutti i casi in cui lo stesso era stato ritenuto ravvisabile dalla giurisprudenza di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
2. Il delitto di frode in commercio, incriminando la consegna all’acquirente di un aliud pro alio o di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita, tutela la lealtà e la correttezza negli scambi commerciali (v. Sez. 3, n. 14017 del 04/12/2018, dep. 2019, Origlia, Rv. 275357, e anche Sez. 3, n. 32388 del 15/09/2020, Weng, Rv. 280284).
Il bene giuridico tutelato va individuato nel leale esercizio dell’attività commerciale e la condotta tipica punita consiste nella consegna di una cosa diversa per origine, provenienza, qualità o quantità da quella oggetto del contratto, indipendentemente dal fatto che l’agente abbia usato particolari accorgimenti per ingannare il compratore o dalla circostanza che quest’ultimo potesse facilmente, applicando normale attenzione e diligenza, rendersi conto della difformità tra merce richiesta e consegnata (Sez. 2, Ordinanza n. 48026 del 04/11/2014, Puccia, Rv. 261325).
Il delitto è, poi, configurabile anche nel caso in cui l’acquirente non effettui alcun controllo sulla merce offerta in vendita, essendo irrilevanti sia l’atteggiamento, fraudolento o meno, del venditore, sia la possibilità per l’acquirente di accorgersi della diversità della merce consegnatagli rispetto a quella richiesta (Sez. 3, n. 54207 del 18/11/2016, 0 G., Rv. 269591; Sez. 3, n. 2291 del 07/07/1994, Timperi, Rv. 198851). L’elemento soggettivo consiste nel dolo
generico, ossia nella consapevolezza di cedere, nell’esercizio del commercio, una cosa mobile che, per origine, provenienza, qualità o quantità, sia difforme da quella dichiarata come posta in vendita (Sez. 3, n. 13998 del 25/10/2017, dep. 2018, Mallardo, Rv. 272317).
E’ stato anche chiarito che la fattispecie della truffa contrattuale si distingue da quella della frode in commercio perché l’una si concretizza quando l’inganno perpetrato nei confronti della parte offesa sia stato determinante per la conclusione del contratto, mentre l’altra si perfeziona nel caso di consegna di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita, ma sul presupposto di un vincolo contrattuale costituito liberamente senza il concorso di raggiri o artifici (Sez. 3, n. 40271 del 16/07/2015, Manconi, Rv. 265163, relativa a fattispecie di annullamento di sentenza di condanna per il reato ex art. 515 cod. pen., essendo stato ravvisato il diverso reato ex art. 640 cod. pen. nella consegna di autovettura, in cambio di denaro, previa induzione ad acquistarla mediante inganno sulle caratteristiche del motore della stessa).
3. Ora, nel caso in esame, la Corte d’appello di Trento è correttamente pervenuta alla conferma della affermazione di responsabilità del ricorrente per il delitto di frode in commercio contestatogli, sottolineando che le parti, cioè il ricorrente M. e la parte civile D. G., avevano concordato l’acquisto di un’automobile con determinate caratteristiche, analiticamente indicate nell’allegato 1 del contratto di compravendita (costituite dalla presenza di un lettore cd, di sedili con regolazione elettrica, del controllo automatico del climatizzatore e di gomme invernali o comunque adatte alle quattro stagioni), a riprova della loro rilevanza per l’acquirente e della loro incidenza nell’accordo concluso dalle parti, di cui quella consegnata all’acquirente era risultata mancante, evidenziando la difformità del bene consegnato rispetto a quanto pattuito, per la mancanza nello stesso delle qualità promesse, oggetto di espressa pattuizione tra le parti.
Tale condotta è idonea a consentire di ravvisare la consumazione del delitto di frode in commercio, che, richiede, appunto, la consegna di un bene diverso per qualità essenziali e non meramente accessorie rispetto a quanto concordato, pur in assenza di condotte ingannatorie (la cui realizzazione determinerebbe, come notato, la configurabilità del diverso reato di truffa), e può essere ritenuto configurabile anche quando, come nel caso in esame, la condotta sia stata realizzata nei confronti di una sola persona offesa, nell’ambito di una trattativa individuale, trattandosi egualmente di condotta sleale e idonea a pregiudicare la lealtà e la correttezza degli scambi commerciali, che costituiscono l’interesse protetto dalla disposizione incriminatrice, che non richiede quale elemento costitutivo per la configurabilità del reato l’offerta al pubblico o l’idoneità della condotta a trarre in inganno una pluralità di consumatori, con la conseguenza che il delitto di frode nell’esercizio del commercio può essere realizzato anche nell’ambito di una trattativa individuale, allorquando vengano, come nel caso in esame, consegnate cose prive delle qualità promesse, che abbiano assunto carattere di essenzialità nel complessivo assetto di interessi voluto dalle parti e non siano, cioè, meramente accessorie o accidentali.
4. Il ricorso in esame deve, dunque, essere respinto, stante l’infondatezza dell’unico motivo cui è stato affidato, essendo stata correttamente affermata la configurabilità del delitto di frode in commercio.
Consegue l’onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30/6/2021